| Cobolli Gigli: «Ibra e Del Piero? Una coppia impossibile»
«Mi domando cosa sarebbe stato di Del Piero se Ibra fosse rimasto ancora con noi». Giovanni Cobolli Gigli è l’uomo delle battute che a volte ti spiazzano e pare una bestemmia dubitare che quei due avrebbero finito per pestarsi i piedi e quelli di Alex avrebbero sofferto di più: sono i fenomeni del momento, hanno pilotato l’Inter in testa alla classifica e la Juve fuori dalla crisi, già in grado di confrontarsi sabato per lo scudetto. Vederli insieme, in questo stato di grazia, è un sogno da calciofili e la frase di Cobolli ricorda quella della volpe che non riusciva a cogliere l’uva. Ma se avesse ragione lui? Della diaspora che seguì i processi e la retrocessione, Ibrahimovic è l’unico che ha lasciato nei tifosi della Juve una ferita insanabile.
Fischiano Cannavaro, ignorano Zambrotta, hanno dimenticato Emerson e Thuram, glissano su Vieira, invece quando guardano lo svedese il rimpianto e la rabbia si fondono con la percezione di aver perso un giocatore che sarebbe entrato nel filone dei grandissimi, da Boniperti a Platini. L’idea che abbia scelto l’Inter, poi, è ancora insopportabile come un ascesso. Pochi accettano la verità per cui, anche senza Calciopoli, Ibra se ne sarebbe andato perché chiedeva un contratto come solo Moratti in Italia gli poteva concedere. Meno gli offriva il Milan, la Juve stava più sotto: sarebbe arrivato il divorzio, magari a un anno di distanza e al prezzo di polemiche devastanti. «È stato lui a volersene andare, non noi a chiedergli di farlo», ribadisce Cobolli alla trasmissione «La politica nel pallone» ed è la differenza rispetto a Cannavaro e agli altri cui è stata aperta la porta con la speranza di liberarsi delle spese. Da quando è partito Ibra, però, Del Piero ha ripreso a segnare come non aveva più fatto negli ultimi 10 anni.
Cobolli sostiene di «vederlo più agile, il matrimonio e la nascita del figlio lo hanno reso più maturo, più uomo», insinua che la rinascita non sia casuale e avanza l’ipotesi di una coppia impossibile. La nutriva già Capello. Nella sua Juve lo svedese era intoccabile come lo è oggi per Mourinho. Alex era invece il comprimario dell’attacco e andava centellinato con la frottola dell’età: in realtà il ct dell’Inghilterra pensava che il partner ideale per Zlatan fosse una prima punta come Trezeguet, che gli permetteva di muoversi lungo la linea di attacco sfruttando l’estro senza fissarsi sul cercare la porta. I numeri descrivono una convivenza fortunata tra lo svedese e Del Piero, 51 gol in 65 partite giocate insieme nella Juve forse più forte che si sia mai vista. Il ricordo rilancia invece l’idea di due campioni che si integravano per la classe, meno per le caratteristiche.
Alla lunga, è probabile che ne avrebbe patito Alex che ha sette anni di più e una sensibilità speciale. «Del Piero ha bisogno di avvertire completa fiducia attorno. Per questo nella Juve ha fatto sempre più che in Nazionale», ha spiegato Luca Vialli. Ibra è meno esposto ai colpi di vento. Questione di nascita. «Quando giocavo nella squadra del mio quartiere, a Malmoe, in casa non perdevamo mai - ha raccontato -: venivano quei ragazzini biondi, vedevano le facce dei nostri tifosi e avevano già conosciuto il loro destino». Zlatan è sfrontato, quando stava all’Ajax litigò con i giocatori più influenti, anche a Torino ebbe qualche scontro, e in uno quasi ci rimise un occhio Zebina. Del Piero è il simbolo e lo stile della Juve, Ibra non ne conosceva neppure il passato: «da giovane tifavo Inter», ha detto, con frase vagamente ruffiana. Da separati saranno le primedonne di San Siro, uniti probabilmente si sarebbero rubati la scena. Anche se ai tifosi della Juve piacerebbe vederli ancora così.
p.s. Non si puo nemmeno fare un paragone tra il re del calcio e quel brutto coso....
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