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Leonardo da Vinci

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view post Posted on 7/12/2010, 23:57     +1   -1




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Leonardo di ser Piero da Vinci (Vinci, 15 aprile 1452 – Amboise, 2 maggio 1519) è stato un artista, scienziato e pittore italiano. Uomo d'ingegno e talento universale del Rinascimento italiano, incarnò in pieno lo spirito della sua epoca, portandolo alle maggiori forme di espressione nei più disparati campi dell'arte e della conoscenza. Fu pittore, scultore, architetto, ingegnere, scenografo, anatomista, letterato, musicista[e inventore. È considerato uno dei più grandi geni dell'umanità.

Biografia
« Fu tanto raro e universale, che dalla natura per suo miracolo esser produtto dire si puote: la quale non solo della bellezza del corpo, che molto bene gli concedette, volse dotarlo, ma di molte rare virtù volse anchora farlo maestro. Assai valse in matematica et in prospettiva non meno, et operò di scultura, et in disegno passò di gran lunga tutti li altri. Hebbe bellissime inventioni, ma non colorì molte cose, perché si dice mai a sé medesimo avere satisfatto, et però sono tante rare le opere sue. Fu nel parlare eloquentissimo et raro sonatore di lira [...] et fu valentissimo in tirari et in edifizi d'acque, et altri ghiribizzi, né mai co l'animo suo si quietava, ma sempre con l'ingegno fabricava cose nuove. »
(Anonimo Gaddiano, 1542)

Giovinezza (1452–1481)
La casa natale di Leonardo ad Anchiano (frazione di Vinci)Le origini e la famiglia
Leonardo fu il figlio primogenito del venticinquenne notaio ser Piero da Vinci, di famiglia facoltosa, avuto da una relazione illegittima con una certa Caterina di estrazione inferiore. La notizia della nascita del primo nipote venne annotata dal nonno Antonio, padre di Piero e pure notaio, su un antico libro notarile trecentesco, usato ormai come raccolta di "ricordanze" della famiglia[4], indicando: «Nacque un mio nipote, figliolo di ser Piero mio figliolo a dì 15 aprile in sabato a ore 3 di notte [attuali 22.30]. Ebbe nome Lionardo. Battizzollo prete Piero di Bartolomeo da Vinci, in presenza di Papino di Nanni, Meo di Tonino, Pier di Malvolto, Nanni di Venzo, Arigo di Giovanni Tedesco, monna Lisa di Domenico di Brettone, monna Antonia di Giuliano, monna Niccolosa del Barna, monna Maria, figliuola di Nanni di Venzo, monna Pippa di Previcone»[5]. Nel registro non è indicato il luogo di nascita di Leonardo, che si ritiene comunemente essere la casa che la famiglia di ser Piero possedeva, insieme con un podere, ad Anchiano, dove la madre di Leonardo andrà ad abitare. Il battesimo avvenne nella vicina parrocchiale di Santa Croce, ma sia il padre che la madre erano assenti, poiché sconvenientemente non sposati[4]. Per Piero si stavano preparando ben altre nozze, mentre per Caterina venne cercato, nel 1453, un marito che accettasse di buon grado la sua situazione compromessa, trovando un contadino di Campo Zeppi, vicino Vinci, tale Piero del Vaccha da Vinci, detto l'Attaccabriga, forse anche mercenario come il fratello Andrea[4].

Nel frattempo, già nel 1452, il padre Piero si era sposato con Albiera di Giovanni Amadori, dalla quale non avrà figli. La lieta accoglienza del bambino, nonostante il suo status illegittimo, è testimoniata, oltre che dall'annotazione del nonno, anche dalla sua presenza nella casa paterna di Vinci[4]. Ciò si legge nella dichiarazione per il catasto di Vinci dell'anno 1457, redatta sempre dal nonno Antonio, ove si riporta che il detto Antonio aveva 85 anni e abitava nel popolo di Santa Croce, marito di Lucia, di anni 64, e aveva per figli Francesco e Piero, d'anni 30, sposato ad Albiera, ventunenne, e con loro convivente era «Lionardo figliuolo di detto ser Piero non legittimo nato di lui e della Chaterina che al presente è donna d'Achattabriga di Piero del Vacca da Vinci, d'anni 5[6]».

La matrigna Albiera morì appena ventottenne nel 1464, quando la famiglia risiedeva già a Firenze, venendo sepolta in San Biagio. Ser Piero si risposò altre tre volte: una seconda (1464) con la quindicenne Francesca di ser Giuliano Manfredini, che pure morì senza progenie, una terza con Margherita di Francesco di Jacopo di Guglielmo (1475), che gli diede finalmente sei figli; altri sei ne ebbe con il quarto e ultimo matrimonio[4].

Leonardo ebbe così dodici tra fratellastri e sorellastre, tutti molto più giovani di lui (l'ultimo nacque quando Leonardo aveva quarantasei anni), con i quali ebbe pochissimi rapporti, ma che gli diedero molti problemi dopo la morte del padre nella contesa sull'eredità[4].

L'educazione
Ser Piero aveva già lavorato a Firenze e nel 1462, a dire del Vasari,[7] vi ritornò con la famiglia, compreso il piccolo Leonardo. Il padre Piero avrebbe mostrato all'amico Andrea del Verrocchio alcuni disegni di tale fattura che avrebbero convinto il maestro a prendere Leonardo nella sua bottega; in realtà è alquanto improbabile che un apprendistato iniziasse ad appena dieci anni, per cui l'ingresso di Leonardo nella bottega del Verrocchio viene oggi ritenuto posteriore[4].

Si pensa infatti che Leonardo restasse in campagna nella casa dei nonni, dove avvenne la sua educazione, piuttosto disordinata e discontinua, senza una programmazione di fondo, a cura del nonno Antonio, dello zio Francesco e del prete Piero che lo aveva battezzato[8]. Il fanciullo imparò infatti a scrivere con la sinistra e a rovescia, in maniera del tutto speculare alla scrittura normale[8]. Vasari ricordò come il ragazzo nello studio cominciava "molte cose [...] e poi l'abbandonava", e nell'impossibilità di avviarlo ormai alla carriera giuridica, il padre decise di introdurlo alla conoscenza dell'abaco, anche se "movendo di continuo dubbi e difficultà al maestro che gl'insegnava, bene [che] spesso lo confondeva"[7].

L'arrivo a Firenze
Il nonno Antonio morì novantaseienne nel 1468, citando nell'eredità "Lionardo", assieme alla nonna Lucia, al padre Piero, alla nuova matrigna Francesca Lanfredini, e agli zii Francesco e Alessandra. L'anno dopo la famiglia del padre, divenuto notaio della Signoria fiorentina, insieme con quella dello zio Francesco, che era iscritto all'Arte della Seta, risultava domiciliata in una casa fiorentina, abbattuta già nel Cinquecento, nell'attuale via dei Gondi, accanto a piazza della Signoria.

Nella bottega di Verrocchio
Paesaggio con fiume (1473)Diventando ormai sempre più evidente l'interesse del giovane Leonardo nel "disegnare et il fare di rilievo, come cose che gl'andavano a fantasia più d'alcun'altra"[7], ser Piero mandò infine il figlio, dal 1469 o 1470, nella bottega di Andrea del Verrocchio, che in quegli anni era una delle più importanti di Firenze, nonché una vera e propria fucina di nuovi talenti[9]. Tra gli allievi figuravano nomi che sarebbero diventati i grandi maestri della successiva generazione, quali Sandro Botticelli, Pietro Perugino, Domenico Ghirlandaio e Lorenzo di Credi, e la bottega espletava un'attività poliedrica, dalla pittura alle varie tecniche scultoree (su pietra, fusione a cera persa e intaglio ligneo), fino alle arti "minori". Soprattutto veniva stimolata la pratica del disegno, portando tutti i collaboratori a un linguaggio pressoché comune, tanto che ancora oggi può risultare molto difficile l'attribuzione delle opere uscite dalla bottega alla mano del maestro oppure a un determinato allievo[10]. Si conoscono vari esempi di disegni di panneggi usciti dalla sua bottega, che derivano da esercizi che il maestro faceva fare copiando le pieghe dei tessuti sistemati su modelli di terra[10]. Inoltre gli allievi apprendevano nozioni di carpenteria, meccanica, ingegneria e architettura[10].

Leonardo si trova menzionato nella Compagnia di San Luca, dei pittori fiorentini, nel 1472: «Lyonardo di ser Piero da Vinci dipintore de' dare per tutto giugnio 1472 sol. sei per la gratia fatta di ogni suo debito avessi coll'Arte per insino a dì primo di luglio 1472 [...] e de' dare per tutto novembre 1472 sol. 5 per la sua posta fatta a dì 18 octobre 1472[11]». Ciò significa che a quell'epoca era già riconosciuto come pittore autonomo, la cui esperienza formativa poteva dirsi conclusa, sebbene la sua collaborazione col maestro Verrocchio si protraesse ancora per diversi anni.

Il 5 agosto 1473 Leonardo datò la sua prima opera certa, il Paesaggio con fiume, un disegno con una veduta a volo d'uccello della valle dell'Arno, oggi al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi. L'attenzione verso una descrizione autentica del mondo naturale fu una caratteristica costante di Leonardo, soprattutto evidente nella fase giovanile. Ciò gli è valso l'assegnazione di alcuni contributi a opere uscite dalla bottega di Verrocchio, come l'Arcangelo Raffaele e Tobiolo[12] (Londra, National Gallery), in cui la realistica squamosità del pesce o l'energia scattante del cagnolino sono state proposte come dettagli leonardeschi, anche se si tratta di attribuzioni non universalmente condivise[13]. Lo stesso vale per il paesaggio della Madonna col Bambino e angeli[14] (sempre a Londra), con un picco roccioso che ricorderebbe proprio il Paesaggio con fiume[13].

Flora scultura in cera già attribuita a Leonardo o comunque ispirata al suo stileTestimonia il confronto serrato col maestro il Battesimo di Cristo degli Uffizi, dipinto a più mani. Secondo l'indicazione di Vasari, confermata poi anche dalla critica moderna, è da assegnare a Leonardo l'angelo in primo piano a destra e il morbido paesaggio sullo sfondo, oltre a una sistemazione generale dello stile per amalgamare almeno tre mani di personalità diverse (Verrocchio, un allievo poco dotato e Leonardo stesso). In quest'opera sono già evidenti alcuni motivi dello stile leonardesco, che superano i limiti degli insegnamenti di bottega: la decorazione basata su motivi fluenti, l'attenzione agli elementi vegetali o all'espressività dei volti, spesso ritratti con un sorriso ambiguo[13]; nuova è inoltre la resa spaziale ed atmosferica unificata, nonché i primi accenni a uno stile sfumato[15].

Sempre secondo Vasari, la bravura di Leonardo nella prova del Battesimo avrebbe spinto Verrocchio, restio a un confronto diretto che iniziava a vederlo perdente, a dedicarsi esclusivamente alla scultura. In realtà l'aneddoto è scartato dalla critica moderna, propensa a ritenerlo un'enfatizzazione arbitraria del tema letterario dell'"allievo che supera il maestro" operata dallo storico aretino[16].

Leonardo scultore
Vasari ricordò come Leonardo operò anche "nella scultura, facendo, nella sua giovanezza, di terra alcune teste di femine che ridono, che vanno, formate per l'arte di gesso, e parimente teste di putti, che parevano usciti di mano d'un maestro". Non si conosce tuttavia alcuna opera scultorea sicura di Leonardo, nonostante varie proposte attributive avanzate in passato. Di recente Alessandro Parronchi gli ha assegnato un Busto di putto, in collezione privata fiorentina[17].

Numerose sono comunque le coincidenze, anche molto stringenti, tra alcuni disegni o schizzi di Leonardo e le opere scultoree di Verrocchio, come il Profilo di capitano antico (1475 circa, Londra, British Museum), simile ai bassorilievi di capitani antichi scolpiti per Mattia Corvino, o lo Studio di mani (1475 circa, Windsor, Royal Library), ritenuto uno studio per il Ritratto di Ginevra de' Benci e molto somigliante alla posizione delle mani del busto della Dama col mazzolino[15]. Alla fine l'unico esperimento sicuro con la scultura di Leonardo fu l'incompiuto monumento a Francesco Sforza.

Prime opere indipendenti
Madonna Dreyfus (1469 circa) Madonna del Garofano (dettaglio, 1473 circa)Le primissime opere indipendenti di Leonardo vengono oggi datate tra il 1469 e i primi anni settanta, ancora prima del Battesimo. In questi lavori, su cui il dibattito critico è stato molto acceso, l'artista mostra una forte adesione al linguaggio comune degli allievi di Verrocchio, complicando gli studi attributivi. La piena autografia della piccola Madonna Dreyfus (1469 circa, National Gallery of Art, Washington) è una constatazione recente della critica, che in passato aveva oscillato anche sui nomi di Verrocchio e Lorenzo di Credi: stretta è infatti la vicinanza stilistica con la successiva Madonna del Garofano (1473 circa, Alte Pinakothek, Monaco), con gli incarnati delicati e quasi trasparenti, la gestualità familiare tra madre e figlio, l'ambientazione su uno sfondo scuro in cui si aprono "alla fiamminga" due finestre su un luminoso paesaggio[16].

Proviene dalla bottega del Verrocchio la contemporanea Annunciazione degli Uffizi, ma la sua paternità – se pure può considerarsi di unica mano – è stata a lungo disputata dalla critica, per assestarsi infine sul nome di Leonardo. L'Angelo annunciante appare infatti prossimo alla fattura dell'angelo del Battesimo, ed esistono due disegni certi di Leonardo: uno Studio di braccio alla Christ Church di Oxford e uno Studio di drappeggio con le gambe della Madonna al Louvre, che fanno preciso riferimento, rispettivamente, all'arcangelo e alla Vergine. Nonostante si stia formando uno stile personale, affiorano ancora motivi verrocchieschi, come il leggio-altare con zampe leonine, che ricordano da vicino la Tomba di Giovanni e Piero de' Medici[16]. Il dipinto contiene un "errore" di prospettiva, nel braccio destro eccessivamente lungo della Vergine, difetto che risulta attenuato assumendo un punto di vista leggermente a destra dell'opera[18].

La Madonna del Garofano (1475-1480) mostra già con evidenza una veloce maturazione dello stile dell'artista, indirizzato a una maggiore fusione tra i vari elementi dell'immagine, con trapassi luminosi e di chiaroscuro più sensibili e fluidi; la Vergine infatti emerge da una stanza in penombra contrastando con un lontano e fantastico paesaggio che appare da due bifore sullo sfondo[19].

Al 1474 al 1478 risale il Ritratto di donna di Washington, identificata con Ginevra de' Benci - così si spiega il ginepro dipinto alle sue spalle. Si tratta della figlia di un importante mercante fiorentino, il che dimostra come Leonardo potesse accedere a commissioni da parte della ricca borghesia fiorentina. L'opera mostra sempre più chiari gli influssi dell'arte fiamminga, nelle luminescenze della capigliatura, nell'attenzione alla resa luminosa tramite il colore. Vi si trova però anche la caratteristica resa atmosferica tra personaggio in primo piano e paesaggio, oltre alla particolare tecnica di sfumare coi polpastrelli i colori, soprattutto nella realistica epidermide[16].

Quattro anni di silenzio
Dal gennaio 1474 all'autunno 1478 non si conoscono opere di Leonardo. Questo silenzio è particolarmente strano se si considera come negli anni immediatamente precedenti la carriera di Leonardo stesse definitivamente decollando, con alle spalle un padre influente e facoltoso, che lo mantenne almeno fino al 1480 e che sicuramente poteva aiutarlo nel procurarsi le commissioni[18].

Si è ipotizzato quindi che il poco più che ventenne Leonardo fosse ancora incerto sul proprio futuro, avvicinandosi al mondo della scienza con la frequentazione dell'anziano geografo e astronomo Paolo dal Pozzo Toscanelli. Probabilmente ebbe modo di approfondire l'anatomia assistendo alla dissezione dei cadaveri nelle camere mortuarie degli ospedali, ma dovette studiare anche la fisica e la meccanica tramite esperimenti diretti[18].

L'8 aprile 1476 venne presentata una denuncia anonima agli Ufficiali di notte e de' monasteri contro diverse persone, tra le quali Leonardo, per sodomia consumata verso il diciassettenne Jacopo Saltarelli, residente in via Vacchereccia (accanto piazza della Signoria). Anche se nella Firenze dell'epoca c'era una certa tolleranza verso l'omosessualità, la pena prevista in questi casi era severissima: l'evirazione per i sodomiti adulti e la mutilazione di un piede o della mano per i giovani[20]. Oltre a Leonardo, tra gli altri inquisiti vi erano l'orefice Bartolomeo di Pasquino, il farsettaio (sarto) Baccino, residente in via de' Cimatori presso Orsanmichele, e soprattutto Leonardo Tornabuoni che è annotato come vestito di "nero" (la stoffa più costosa, prerogativa dell'alta società): egli era infatti un giovane rampollo della potentissima famiglia imparentata con i Medici[20]. Un'identica denuncia fu presentata anche nel giugno dello stesso anno[20]. Fu proprio il coinvolgimento del Tornabuoni che avrebbe giocato a favore degli accusati: l'accusa venne infatti archiviata e gli imputati furono tutti assolti "cum conditione ut retumburentur", salvo che non vi siano altre denunce in merito[20]. La denuncia riporta come comunque Leonardo a quella data fosse ancora a bottega da Verrocchio.

Il ritorno alla pittura
Madonna Benois (dettaglio)Il 10 gennaio 1478 ricevette il primo incarico pubblico, una pala per la cappella di San Bernardo nel palazzo della Signoria; incassò dai Priori 25 fiorini ma forse non iniziò nemmeno il lavoro, affidato poi nel 1483 a Domenico Ghirlandaio e poi a Filippino Lippi, che lo completò nel 1485 (la Pala degli Otto, oggi agli Uffizi). In questa pala l'espressione "leonardesca", cioè ambiguamente sorridente, della Madonna aveva in passato confuso alcuni critici che l'avevano attribuita a Leonardo.

Nel frattempo il desiderio di dedicarsi alla pittura dovette tornare a farsi sentire, come testimonia un'annotazione, parzialmente mutila, in cui l'artista ricorda come a fine del 1478[21] incominciò due Madonne. Una di queste è riconosciuta nella Madonna Benois, oggi all'Ermitage di San Pietroburgo, che il Bocchi nel 1591 menzionò nella casa fiorentina di Matteo e Giovanni Botti: «tavoletta colorita a olio di mano di Leonardo da Vinci, di eccessiva bellezza, dove è dipinta una Madonna con sommo artifizio et con estrema diligenza; la figura di Cristo, che è bambino, è bella a maraviglia: si vede in quello un alzar del volto singolare et mirabile lavorato nella difficultà dell'attitudine con felice agevolezza»; descrizione che però potrebbe riferirsi anche alla Madonna del Garofano.

Ancora al 1475-1478 circa è databile la piccola Annunciazione del Louvre, probabilmente parte della predella della Madonna con Bambino e santi di Lorenzo di Credi del Duomo di Pistoia, che avrebbe compreso anche la Nascita del Bambino del Perugino, ora all'Art Gallery di Liverpool e il San Donato e il gabelliere dello stesso Lorenzo, ora all'Art Museum di Worcester. L'unità di composizione, la coerenza e l'individualità della piccola tavola, posteriore ma lontana dall'Annunciazione di Firenze, ne confermano l'attribuzione concorde a Leonardo. Intanto, almeno dal 1479 non viveva più nella famiglia del padre Piero, come attesta un documento del catasto fiorentino.

L'avvicinamento ai Medici
Disegno del cadavere di Bernardo Bandini (1479)A questi anni risale probabilmente anche l'avvicinamento a Lorenzo il Magnifico e alla sua cerchia, della quale faceva parte il suo maestro Verrocchio. Alcuni fogli dei codici vinciani mostrano studi per consulenze militari e ingegneristiche, richieste probabilmente da Lorenzo. Il 29 dicembre 1479 Leonardo ritrasse il cadavere impiccato di uno dei responsabili della congiura dei Pazzi, Bernardo di Bandino Baroncelli (l'assassino di Giuliano de' Medici), confermando un legame con la Casa Medici[18]. Si tratta di un disegno di impiccato, con annotazioni, conservato al Musée Bonnat di Bayonne.

L'Anonimo Gaddiano inoltre ricorda la sua frequentazione, verso il 1480, del Giardino di San Marco, una sorta di museo all'aperto in cui era esposta la collezione di statue antiche dei Medici e l'anziano scultore Bertoldo di Giovanni teneva una scuola d'arte[18] a cui partecipò anche, quasi dieci anni dopo, il giovane Michelangelo Buonarroti[7]. L'annotazione recita: «stette [...Leonardo] col Magnifico Lorenzo et, dandoli provisione per sé, il faceva lavorare nel giardino sulla piazza di San Marco a Firenze»: l'acquisto del terreno da parte di Lorenzo fu di quell'anno e pertanto Leonardo dovette eseguirvi lavori di scultura e restauro.

L'Adorazione dei Magi
Se dell'incompiuto San Girolamo della Pinacoteca Vaticana non si ha nessuna testimonianza documentaria, dell'Adorazione dei Magi, ora agli Uffizi, si sa che gli fu commissionata nel marzo 1481 dai monaci di San Donato a Scopeto, come pala dell'altare maggiore, da compiere entro trenta mesi; la commissione, la più importante ricevuta da Leonardo fino ad allora, venne probabilmente facilitata dal padre ser Piero, che era notaio per i monaci[22]. Leonardo però non consegnò mai l'opera e solo quindici anni dopo fu sostituita con un dipinto dello stesso soggetto, opera di Filippino Lippi.

L'opera, rimasta allo stato di abbozzo, in bruno lumeggiato con biacca, fu lasciata da Leonardo, in partenza per Milano, all'amico Amerigo Benci, il padre di Ginevra, nel 1482. In essa Leonardo avviò una riflessione più profonda sul tema, così frequente nell'arte fiorentina del XV secolo, sottolineando il momento dell'"Epifania" nel significato greco originario di "manifestazione". Gesù Bambino rivela infatti la sua natura divina sorprendendo gli astanti[23]. «Nulla rimane dell'Epifania tradizionale, e ai pastori e ai re è sostituita la più vasta moltitudine delle mani, dei volti intensamente caratterizzati, dei panni guizzanti da un lato fuori dalle ombre della siepe umana, succhiati dall'altro da un sospeso pulviscolo luminoso. Non sono magi, non sono guardiani d'armenti: sono le creature viventi, tutte le creature con la fede e col dubbio, con le passioni e con le rinunce della vita, aureolate dalla luce creatrice di questo capolavoro in cui il colore non avrebbe luogo» (Angela Ottino).

A Milano (1482–1500)
La partenza
Fra la primavera e l'estate del 1482 Leonardo si trovava già a Milano, una delle poche città in Europa a superare i centomila abitanti, al centro di una regione popolosa e produttiva. Le ragioni della sua partenza da Firenze sono molteplici. Sicuramente, come testimoniano l'Anonimo Gaddiano e Vasari, l'invio dell'artista fu usato da Lorenzo il Magnifico nell'ambito delle sue politiche diplomatiche con le signorie italiane, in cui i maestri fiorentini erano inviati come "ambasciatori" del predominio artistico e culturale di Firenze. Così i fratelli da Maiano e Antonio Rossellino erano partiti per Napoli e un gruppo di pittori era partito per decorare la nuova cappella pontificia di Sisto IV.

Leonardo ebbe la missione di portare al duca Ludovico il Moro un omaggio. Scrisse l'Anonimo: «[Leonardo] aveva trent'anni che dal detto Magnifico Lorenzo fu mandato al duca di Milano a presentarli insieme con Atalante Migliorati una lira,[24] che unico era in suonare tale strumento». Vasari tramanda che fosse un grandissimo musicista[3][7] e che avesse costruito questa lira in argento, in parte a forma di una testa di cavallo «cosa bizzarra e nuova, acciò ché l'armonia fosse con maggior tuba e più sonora di voce[7]». Arrivato, Leonardo partecipò a una gara musicale con quello strumento indetta alla corte sforzesca, «laonde superò tutti i musici, che quivi erano concorsi a sonare»[7].

In quell'occasione Leonardo scrisse una famosa "lettera d'impiego" di ben nove paragrafi[25], in cui descriveva innanzitutto i suoi progetti di ingegneristica, di apparati militari, di opere idrauliche, di architettura, e solo alla fine, di pittura e scultura, di cui occuparsi in tempo di pace, tra cui il progetto di un cavallo di bronzo per un monumento a Francesco Sforza[26].

Appare chiaro che Leonardo fosse intenzionato a restare a Milano, città che doveva affascinarlo per la sua apertura alle novità scientifiche e tecnologiche, causata dalle continue campagne militari. L'ambiente fiorentino doveva infatti procurargli ormai un certo disagio: da un lato non si doveva riconoscere nella cultura neoplatonica della cerchia medicea, così imbevuta di ascendenze filosofiche e letterarie, lui che si definiva "omo sanza lettere"[26]; dall'altro la sua arte stava divergendo sempre di più dal linearismo e dalla ricerca di una bellezza rarefatta e idealizzata degli artisti dominanti sulla scena, già suoi compagni nella bottega di Verrocchio, quali Perugino, Ghirlandaio e Botticelli. Dopotutto la sua esclusione dai frescanti della Sistina rimarca la sua estraneità a quel gruppo[26].

La Vergine delle Rocce
Vergine delle rocce (prima versione, 1486 circa), particolare, Parigi, LouvreI documenti sembrano indicare che l'accoglienza di Leonardo nell'ambiente milanese fu piuttosto tiepida, non ottenendo inizialmente gli esisti sperati nella famosa lettera al duca[26]. L'artista ebbe anche diverse difficoltà con la lingua parlata dal popolo (ai tempi la lingua italiana quale "toscano medio" non esisteva, tutti parlavano solo il proprio dialetto), sebbene gli esperti ritrovino poi nei suoi scritti degli anni successivi addirittura dei "lombardismi".

Per una prima commissione l'artista dovette infatti attendere il 25 aprile 1483, quando con Bartolomeo Scorione, priore della Confraternita milanese dell'Immacolata Concezione, stipulò il contratto per una pala da collocare sull'altare della cappella della Confraternita nella chiesa di San Francesco Grande (oggi distrutta)[26]. Al contratto presenziarono anche i fratelli pittori Evangelista e Giovanni Ambrogio De Predis, che ospitavano Leonardo nella loro abitazione vicino Porta Ticinese.

Si tratta della pala della Vergine delle Rocce che, stando al dettagliatissimo contratto, doveva essere lo scomparto centrale di un trittico. La tavola centrale avrebbe dovuto rappresentare una Madonna col Bambino con due profeti e angeli, le altre due, quattro angeli cantori e musicanti, dipinte poi dai De Predis; la decorazione doveva essere ricca, con abbondanti dorature[26] e l'opera doveva essere consegnata entro l'8 dicembre per un compenso complessivo di 800 lire da pagarsi a rate fino al febbraio 1485.

Leonardo, nonostante la strettezza dei termini contrattuali, interpretò il programma iconografico in maniera originalissima, raffigurando la scena del leggendario incontro tra san Giovannino e il Bambin Gesù nel deserto, e celando riferimenti all'Immacolata Concezione nell'arido sfondo roccioso e nel modo in cui la Madonna vi si fonde attraverso un anfratto che sembra rievocare il mistero legato alla maternità[26].

In una supplica a Ludovico il Moro, databile al 1493, dalla quale si evince che l'opera era stata compiuta almeno entro il 1490 – ma la critica la considera comunque finita entro il 1486 – Leonardo e Ambrogio De Predis (Evangelista morì alla fine del 1490 o all'inizio del 1491) chiedevano un conguaglio di 1200 lire, rifiutato dai frati. La lite giudiziaria si trascinò fino al 27 aprile 1506, quando i periti stabilirono che la tavola era incompiuta e, stabiliti due anni per terminare il lavoro, concessero un conguaglio di 200 lire; il 23 ottobre 1508 Ambrogio incassò l'ultima rata e Leonardo ratificò il pagamento.

Sembrerebbe che Leonardo, dato il mancato pagamento delle 1.200 lire da parte della Confraternita, avesse venduto per 400 lire la tavola, ora al Louvre, al re di Francia Luigi XII, mettendo a disposizione, durante la lite giudiziaria, una seconda versione della Vergine delle Rocce, che rimase in San Francesco Grande fino allo scioglimento della Confraternita nel 1781 ed è ora conservata alla National Gallery di Londra, insieme con le due tavole del De Predis. Per completezza va detto che non per tutti l'esemplare di Londra è di Leonardo: per alcuni, fra cui Carlo Pedretti, pur abbozzato dal maestro, fu condotto con l'ausilio degli allievi; che possa essere intervenuto Ambrogio de' Predis per completare l'opera è plausibile.[27].

Giulio Carlo Argan evidenzia come per Leonardo tutto è "immanenza". Egli guarda la realtà e la natura con gli occhi dello scienziato. Il paesaggio di quest'opera "non è un paesaggio veduto né un paesaggio fantastico: è l'immagine della "natura naturans", del farsi e del disfarsi, del ciclico trapasso della materia dallo stato solido, al liquido, all'atmosferico: la figura non è più l'opposto della natura, ma il termine ultimo del suo continuo evolvere".[28]

Nella cerchia del Moro
Belle Ferronnière (1490–1495), Parigi, LouvreNei primi anni milanesi Leonardo proseguì con gli studi di meccanica, le invenzioni di macchine militari, la messa a punto di varie tecnologie[29]. Verso il 1485 doveva essere già entrato nella cerchia di Ludovico il Moro, per il quale progettò con versatilità sistemi d'irrigazione, dipinse ritratti, approntò scenografie per feste di corte, ecc. Una lettera di quegli anni ricorda però come l'artista fosse insoddisfatto per i compensi ricevuti, descrivendo anche il suo stato familiare all'epoca. Scrisse infatti Leonardo al duca che in tre anni aveva ricevuto solo cinquanta ducati, troppo pochi per sfamare "sei bocche": si tratta della sua, di quelle dei tre allievi Marco d'Oggiono, Giovanni Boltraffio e Gian Giacomo Caprotti detto il Salaì, di un uomo di fatica e, dal 1493, di una domestica di nome Caterina, forse la madre naturale di Leonardo al seguito del figlio dopo essere rimasta vedova[30]. Il Salaì, da Oreno, al servizio di Leonardo dal 1490, quando aveva dieci anni, ebbe il suo soprannome da un diavolo del Morgante del Pulci: Leonardo definì poi l'assistente "ladro, bugiardo, ostinato, ghiotto",[31] ma lo trattò sempre con indulgenza.

Conclusa la Vergine delle Rocce Leonardo dovette dedicarsi ad alcune Madonne. Una fu probabilmente quella d'"optimo pittore" da inviare in dono al re d'Ungheria Mattia Corvino nel 1485 (descritta come "figura di Nostra Donna quanto bella excelente et devota la sapia più fare, senza sparagno di spesa alcuna" in una lettera ducale datata 13 aprile 1485)[32]. Un'altra fu probabilmente la Madonna Litta, eseguita in massima parte dagli assistenti, soprattutto Boltraffio e Marco d'Oggiono.

Un altro tema ricorrente del periodo milanese è il ritratto, in cui l'artista poté mettere a frutto gli studi anatomici avviati a Firenze, interessandosi soprattutto ai legami tra le fisionomie e i "moti dell'animo", cioè gli aspetti psicologici e le qualità morali che trasparivano puntualmente dalle caratteristiche esteriori. Una delle prime prove su questo tema che ci sia pervenuta è il Ritratto di musico, forse il maestro di Cappella del duomo milanese Franchino Gaffurio. Notevoli sono in quest'opera l'attenzione analitica e il risvolto psicologico nello sguardo sfuggente dell'effigiato[32]. Un altro famoso ritratto di questo periodo è la cosiddetta Belle Ferronière, una dama, forse legata alla corte sforzesca, dall'intenso sguardo che evita aristocraticamente lo sguardo dello spettatore[32].

Sicuramente legato alla committenza ducale è il Ritratto di Cecilia Gallerani, detto la Dama con l'ermellino. La presenza dell'animale, oltre a richiamare il cognome della donna (galé in greco), alludeva anche all'onorificenza dell'Ordine dell'Ermellino, ricevuta proprio nel 1488 dal Moro da parte di Ferrante d'Aragona[32].

Le nozze tra Gian Galeazzo Sforza e Isabella d'Aragona
Nei due anni successivi le commissioni ducali si fecero sempre più frequenti[32]. Ricevette ad esempio pagamenti per il progetto del tiburio del duomo di Milano.

Nei primi mesi del 1489 si occupò delle decorazioni, nel Castello Sforzesco, per le nozze di Gian Galeazzo Sforza e Isabella d'Aragona, presto sospese per la morte della madre della sposa, Ippolita d'Aragona, e rimandate all'anno successivo, come Leonardo scrisse sul libro titolato de figura umana[33].

I festeggiamenti ripresero solo il 13 gennaio 1490; per essi, come scrisse il poeta Bernardo Bellincioni nel 1493, «v'era fabbricato, con il grande ingegno et arte di Maestro Leonardo da Vinci fiorentino, il paradiso con tutti li sette pianeti che giravano e li pianeti erano rappresentati da homini»[34]. Un altro documento, redatto poco dopo la celebrazione e conservato nella Biblioteca Estense di Modena, ricorda l'emozione della messa in scena, il pubblico, gli attori e lo sfarzo degli abiti: «El Paradiso era facto a similitudine de uno mezzo uovo, el quale dal lato dentro era tottu messo a horo, con grandissimo numero de lumi ricontro le stelle, con certi fessi dove stava li sette pianeti, segondo el loro grado alti e bassi. A torno l'orlo de sopra del dito mezo tondo era li XII signi, con certi lumi dentro del vedro, che facevano un galante et bel vedere: nel qual Paradiso era molti canti et soni molto dolci et suavi»[34].

Il "cielo" inventato da Leonardo, mettendo a frutto la lunga tradizione delle sacre rappresentazioni fiorentine, doveva essere ricco di effetti speciali, giochi di luci e suoni, che restarono a lungo vivi nella memoria dei contemporanei[32].

Il monumento equestre a Francesco Sforza
Per approfondire, vedi la voce Cavallo di Leonardo.

In quegli anni Leonardo avviò il grandioso progetto per un monumento equestre a Francesco Sforza, come testimonia un pagamento a titolo di anticipo per le spese per un modello, pagate per conto del Duca dal sovrintendente all'erario di corte, Marchesino Stanga. Il 22 luglio 1489, inoltre, Pietro Alamanni comunicò a Lorenzo il Magnifico la richiesta di Ludovico di ottenere la collaborazione di fonditori in bronzo fiorentini: «un maestro o due apti a tale opera et benché gli abbi commesso questa cosa in Leonardo da Vinci, non mi pare molto la sappia condurre»[35].

L'impresa era colossale, non solo per le dimensioni della statua, che doveva essere fusa in bronzo, ma anche per l'intento di scolpire un cavallo nell'atto di impennarsi ed abbattersi sul nemico[32]. L'artista spese mesi interi nello studio dei cavalli, frequentando le scuderie ducali per studiare da vicino l'anatomia di questi animali, soprattutto riguardo al rilassamento ed alla tensione dei muscoli durante l'azione. L'impresa venne sospesa per riprendere le celebrazioni del matrimonio Sforza-d'Aragona[32].

A Pavia
Il 21 giugno 1490 andò a Pavia, su richiesta dei fabbricieri del Duomo per una consulenza. Vi si recò con Francesco di Giorgio Martini, architetto e autore del Trattato di architettura, che riprendeva il De architectura di Vitruvio. Leonardo dovette trovare particolarmente stimolante la rielaborazione in volgare del testo latino, approfondendo lo studio dell'architettura: di quegli anni è infatti il cosiddetto Manoscritto B (Parigi, Institut de France), dedicato all'urbanistica, all'architettura religiosa e militare[36].

Risalgono allo stesso periodo anche gli studi sul corpo umano e sulle sue perfette proporzioni, che culminarono nell'esecuzione del celeberrimo disegno dell'Uomo Vitruviano[36].

La fusione del Colosso
Una riproduzione moderna del Cavallo di Leonardo, a Grand Rapids, in MichiganRientrato a Milano si dedicò a varie attività, tra cui i festeggiamenti per le nozze di Anna Maria Sforza e Alfonso I d'Este (1491) e per quelle di Ludovico il Moro e Beatrice d'Este (1494).

Lentamente portò avanti il progetto di un monumento equestre a Francesco Sforza che Ludovico il Moro voleva dedicare alla memoria del padre. Il progetto che passò attraverso diverse versioni era dimensioni colossale, arrivando, nel 1491, alla fase finale della messa in opera del modello definitivo (in cera e poi in terracotta) che attendeva la successiva fusione a cera persa del bronzo. L'impresa si presentava estremamente difficile, per la grande necessità di bronzo fuso da versare, per questo l'artista si dedicò a calcoli minuziosi in fase progettuale.

Nel frattempo, nel 1493, fu per un tratto al seguito del corteo che accompagnava in Germania Bianca Maria Sforza, sposa dell'imperatore Massimiliano d'Asburgo; si recò sul Lago di Como (dove studiò la celebre fonte intermittente presso la villa Pliniana, a Torno), visitò la Valsassina, la Valtellina e la Valchiavenna.

Rientrato a Milano il 13 luglio di quell'anno ricevette forse la visita della madre Caterina. Alla fine del 1493 tutto era pronto per la fusione del "Colosso". In Corte Vecchia, sede da anni dell'officina di Leonardo (sul luogo dell'attuale Palazzo Reale), il modello di creta era ormai pronto e visibile, ma una notizia improvvisa bloccò la disponibilità del metallo: l'imminente calata di Carlo VIII di Francia in Italia, per la guerra contro il Regno di Napoli degli Aragonesi (1494), rese infatti impellente la domanda di bronzo per la fabbricazione di armi, vanificando il progetto di Leonardo, il quale fu profondamente deluso e amareggiato anche per i nuovi problemi di natura economica causati dalla mancata commissione[36].

L'Ultima Cena
L'Ultima Cena, dopo il restauroNel 1494 Leonardo ricevette però una nuova commissione, legata al convento di Santa Maria delle Grazie, luogo caro al Moro, destinato alla celebrazione della famiglia Sforza, in cui aveva da poco finito di lavorare Bramante. I lavori procedettero con la decorazione del refettorio, un ambiente rettangolare dove i frati domenicani consumavano i pasti. Si decise di affrescare le pareti minori con temi tradizionali: una Crocifissione, per la quale fu chiamato Donato Montorfano che elaborò una composizione tradizionale, già conclusa nel 1495, e un'Ultima Cena affidata a Leonardo[36]. In tale opera, che lo sollevò dai problemi economici imminenti, Leonardo riversò come in una summa tutti gli studi da lui compiuti in quegli anni, rappresentandone il capolavoro[37].

Il novelliere Matteo Bandello, che ben conosceva Leonardo, scrisse di averlo spesso visto «la matina a buon'hora a montar su'l ponte, perché il Cenacolo è alquanto da terra alto; soleva dal nascente Sole sino all'imbrunita sera non levarsi mai il pennello di mano, ma scordatosi il mangiare et il bere, di continovo dipingere. Se ne sarebbe poi stato dui, tre e quattro dì, che non v'averebbe messo mano, e tuttavia dimorava talhora una o due ore al giorno e solamente contemplava, considerava et essaminando tra sé, le sue figure giudicava. L'ho anche veduto (secondo che il capriccio o ghiribizzo lo toccava) partirsi da mezzogiorno, quando il Sole è in Leone, da Corte Vecchia ove quel stupendo Cavallo di terra componeva, e venirsene dritto a le Gratie: et asceso sul ponte pigliar il pennello, et una o due pennellate dar ad una di quelle figure e di subito partirse et andare altrove[38]».

Leonardo attinse alla tradizione fiorentina dei cenacoli, reinterpretandola però in maniera estremamente originale con una maggiore enfasi sul momento drammatico in cui Cristo afferma «Qualcuno di voi mi tradirà» e sui "moti dell'animo" degli apostoli turbati. Essi sono ritratti a gruppi di tre, come una serie di onde emotive successive, con al centro la figura isolata e dominante del Cristo[37].

Come è noto Leonardo non si trovava a suo agio con la tecnica dell'affresco, poiché i veloci tempi di asciugatura dell'intonaco richiedevano un tratto deciso e rapido, non compatibile con i lunghi studi, le successive velature e la sua finissima pennellata. Per questo Leonardo inventò una tecnica mista di tempera e olio su due strati di intonaco, che rallentò le fasi di esecuzione dell'opera consentendogli di rendere una maggiore armonia cromatica e gli effetti di luce e di trasparenze a lui cari[37]. L'opera era conclusa nel 1498, quando venne ricordato nel De divina proportione di Luca Pacioli[39]. L'esperimento si rivelò però drammaticamente inadatto a un ambiente umido come il refettorio, con la parete comunicante con le cucine: già nel 1517 Antonio de Beatis annotò le prime perdite di colore[39], che all'epoca di Vasari erano già evidenti, da allora si susseguirono restauri e ridipinture, oltre ad eventi estremamente drammatici durante l'occupazione napoleonica e la seconda guerra mondiale, che avevano consegnato un capolavoro estremamente compromesso, a cui ha posto rimedio, per quanto possibile, il capillare restauro concluso nel 1999[40].

La Danae e i lavori al Castello Sforzesco
Il 31 gennaio 1496, il successo della messa in scena del Paradiso venne replicato dall'allestimento della Danae di Baldassarre Taccone, rappresentata a Milano in casa del conte di Caiazzo Francesco Sanseverino. Sul verso di un folio leonardesco, conservato al Metropolitan Museum, si trova uno studio preparatorio per l'impianto scenico: al centro di una nicchia si trovava un personaggio, forse Giove, fiammeggiante e in una mandorla, circondato da un palcoscenico con ali ricurve, forse riservate ai musici. Altre fonti ricordano come gli dei dell'Olimpo calassero dall'alto, rimanendo sospesi nel vuoto tra effetti luminosi che simulavano un cielo stellato; un sistema di argani e carrucole dava agli attori la capacità di muoversi con disinvoltura[34].

In quel periodo Leonardo lavorò contemporaneamente alla decorazione dei camerini in Castello Sforzesco che interruppe nel 1496; in quest'anno, da una sua nota di spese [41] per una sepoltura, si è dedotta la morte della madre.

Dell'opera resta oggi solo la decorazione della volta della Sala dell'Asse, con una fitta trama vegetale di notevole sensibilità naturalistica, oggi apprezzabile solo a livello generale per via delle ridipinture rese necessarie a più riprese per coprire le lacune[39].

Del 2 ottobre 1498 è l'atto notarile col quale Ludovico il Moro gli donò una vigna tra il convento di Santa Maria delle Grazie e il monastero di San Vittore al Corpo. Intanto nubi minacciose si addensavano sull'orizzonte milanese: nel marzo 1499 Leonardo si sarebbe recato a Genova insieme con Ludovico, sul quale incombeva la tempesta della guerra che egli stesso aveva contribuito a provocare; mentre il Moro era a Innsbruck, cercando invano di farsi alleato l'imperatore Massimiliano, il 6 ottobre 1499 Luigi XII conquistava Milano. Il 14 dicembre Leonardo fece depositare 600 fiorini nello Spedale di Santa Maria Nuova a Firenze e abbandonò Milano.

Il periodo errabondo (1499–1508)
La partenza da Milano, occupata dai francesi, segnò l'inizio di un periodo di viaggi e peregrinazioni, che lo condussero a visitare più corti e città, tornando per brevi periodi a Firenze[42].

A Mantova
Riparò a Mantova, ospite di Isabella d'Este, la quale aveva visto la Dama con l'ermellino restandone colpita. Essa commissionò a Leonardo un ritratto mai completato, del quale si conserva il cartone preparatorio, oggi al Louvre[42].

Nonostante le lusinghe di Isabella, che voleva fare di Leonardo il pittore di corte sostituendo l'anziano Mantegna, del quale non apprezzava l'arte nel ritratto, Leonardo ripartì presto, trovando l'ambiente mantovano forse troppo soffocante e tutto sommato con limitate prospettive di guadagno per i continui problemi economici del piccolo ducato.

A Venezia
Giunse così a Venezia nel marzo 1500. Qui venne incaricato di progettare alcuni sistemi difensivi contro la continua minaccia turca. Leonardo ideò una diga mobile, da collocare sull'Isonzo e sul Vilpacco, in grado di provocare inondazioni sui presidi in terraferma del nemico. In ogni caso anche da Venezia ripartì presto[42].

Il ritorno a Firenze
Dopo aver visitato Roma e Tivoli, nell'aprile 1501 tornò a Firenze, dove non metteva piede da vent'anni. Trovò accoglienza presso il canonico Amadori a Fiesole, fratello della matrigna Albiera, nonostante suo padre Piero fosse ancora vivo; probabilmente l'artista si sarebbe trovato a disagio nella casa piena dei fratellastri che non conosceva nemmeno e che si rivelarono poi a lui ostili dopo la morte del padre, riguardo all'eredità.

Durante la sua assenza, Firenze era cambiata sia sul piano politico che sulla scena artistica. Morto il Magnifico e cacciato suo figlio Piero nel 1494, si era restaurata la piena Repubblica, con a capo dal 1502 il gonfaloniere a vita Pier Soderini. Nuove "stelle" erano salite alla ribalta, tra cui quella di Michelangelo, di oltre vent'anni più giovane di Leonardo, con il quale non corse mai buon sangue[43].

Leonardo era tormentato da problemi economici e bisognoso di lavorare. Fu così che l'amico Filippino Lippi, che in passato aveva ricevuto commissioni lasciate incompiute da Leonardo, rinunciò in suo favore all'incarico di dipingere per i frati Serviti una pala d'altare per l'altare maggiore della Santissima Annunziata. Leonardo, col Salaì, si trasferì allora nel convento, ma ancora una volta non riuscì a completare l'opera affidatagli. I frati si dovettero accontentare di un cartone con la Sant'Anna, poi perduto, che godette di una straordinaria fama tra i contemporanei. Ne resta una vivace descrizione del Vasari:

« Finalmente fece un cartone dentrovi una Nostra Donna et una S. Anna, con un Cristo, la quale non pure fece maravigliare tutti gl’artefici, ma finita ch’ella fu, nella stanza durarono due giorni d’andare a vederla gl’uomini e le donne, i giovani et i vecchi, come si va a le feste solenni, per veder le maraviglie di Lionardo, che fecero stupire tutto quel popolo. »
(Giorgio Vasari, Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568), Vita di Lionardo da Vinci.)

Pare ormai assodato che l'opera non sia il Cartone di sant'Anna oggi a Londra, che è invece un'opera dipinta forse per Luigi XIII poco dopo, entro il 1505, e proveniente dalla casa milanese dei conti Arconati[44].

La Madonna dei Fusi
Madonna dei Fusi (1501 circa), New York, collezione privataIsabella d'Este nel frattempo cercava di ottenere i servigi di Leonardo per il suo studiolo e per un ritratto, secondo il suo progetto di far competere i maggiori pittori dell'epoca, che doveva coinvolgere anche Giovanni Bellini, Giorgione e altri. Con l'intercessione del carmelitano Pietro da Novellara chiese il ritratto e in subordine, «un quadretto de la Madonna devoto e dolce como è il suo naturale», ma il frate le rispose che «li suoi isperimenti matematici l'hanno distratto tanto dal dipingere che non può patire il pennello».

Nella lettera datata 14 aprile 1501 il frate le comunicò che Leonardo stava eseguendo un "quadrettino" per il segretario del re di Francia Florimond Robertret, che raffigurava la Vergine nell'atto di "inaspare i fusi" e il Bambino mentre afferra l'aspo come se fosse una croce. Si tratta sicuramente della Madonna dei Fusi, della quale esistono molte versioni, nessuna pienamente autografa. Le più vicine alla mano leonardesca sono ritenute quella nella collezione del duca di Buccleuch nel Drumlaring Castle presso Edimburgo, forse la più antica, e quella in una collezione privata a New York[45].

Le lettere testimoniano comunque che Leonardo fosse ormai, anche a Firenze, pienamente occupato come pittore[45].

Al servizio di Cesare Borgia
Pianta di Imola disegnata per Cesare Borgia, Museo Vinciano, VinciNel 1502 Leonardo venne assoldato da Cesare Borgia in veste di architetto e ingegnere militare. I due avevano già avuto modo di conoscersi a Milano nel 1499. Il figlio di papa Alessandro VI, detto "duca del Valentino", fu uno dei tiranni più feroci del momento ed occupò Leonardo, che era giunto a Cesena, in varie mansioni legate alle continue campagne militari, come rilevare e aggiornare le fortificazioni delle città di Romagna conquistate. Per lui mise a punto un nuovo tipo di polvere da sparo, formata da una miscela di zolfo, carbone e salnitro, studiò macchine volanti e strumenti per la guerra sottomarina[45]. In agosto soggiornò a Pavia, da dove partì per ispezionare le fortezze lombarde del Borgia; disegnò inoltre mappe dettagliate per facilitare le mosse strategico-militari dell'esercito[45].

Al seguito del Valentino assistette a una delle più sanguinose e crudeli campagne dell'epoca, l'attacco a tradimento contro Urbino[45]. Proprio a Urbino Leonardo strinse rapporti d'amicizia con Niccolò Machiavelli, probabilmente già conosciuto a Firenze[45].

La Battaglia di Anghiari
Studio per la Battaglia di AnghiariDal marzo 1503 fu nuovamente a Firenze, scampando per poco al crollo dei domini del Borgia. Ad aprile Pier Soderini gli affidò l'incarico di decorare una delle grandi pareti del nuovo Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio, opera grandiosa per dimensioni e per ambizione, a cui avrebbe atteso nei mesi successivi. In luglio, intanto, la Repubblica gli affidò un complesso progetto idraulico-militare per lo sbarramento dell'Arno in modo da farlo deviare contro la ribelle Pisa: Leonardo si recò nella città assediata dai fiorentini, insieme a Gerolamo da Filicaja e Alessandro degli Albizi, ma il suo progetto fallì per un errore di calcolo, che mandò su tutte le furie il gonfaloniere Soderini[45].

Tornato in città, si dedicò allora al progetto in Palazzo Vecchio. Nel Salone dovevano essere raffigurate alcune vittorie militari dei fiorentini, celebranti il concetto di libertas repubblicana contro nemici e tiranni. A Leonardo venne affidato un episodio degli scontri tra esercito fiorentino e milanese del 29 giugno 1440, la Battaglia di Anghiari, mentre sulla parete opposta avrebbe dovuto lavorare Michelangelo Buonarroti, con la Battaglia di Cascina (29 luglio 1364, contro i Pisani)[45]. Per ragioni diverse nessuna delle due pitture murali venne portata a termine, né si sono conservati i cartoni originali, anche se ne restano alcuni studi autografi e copie antiche di altri autori.

Leonardo in particolare studiò una nuova tecnica che lo sollevasse dai tempi brevi dell'affresco, recuperando dalla Historia naturalis di Plinio il Vecchio l'encausto. Come per l'Ultima Cena anche questa scelta si rivelò drammaticamente inadatta quando era ormai troppo tardi[45]. La vastità del dipinto non permise infatti di raggiungere coi fuochi una temperatura sufficiente a far essiccare i colori, che colarono sull'intonaco, tendendo ovvero ad affievolirsi, se non a scomparire del tutto. Nel dicembre 1503 l'artista interruppe così il trasferimento del dipinto dal cartone alla parete, frustrato da un nuovo insuccesso[45].

Tra le migliori copie tratte dal cartone di Leonardo c'è quella di Rubens, oggi al Louvre[45]. Perduto anche il cartone, le ultime tracce dell'opera furono probabilmente coperte nel 1557 dagli affreschi del Vasari.

La Gioconda
La Gioconda (1503-1506), Parigi, Musée du LouvreIn questo periodo iniziò il capolavoro che lo rese celebre nei secoli, la Gioconda. L'artista tenne con sé l'opera fin quando in Francia fu vista ancora nel Castello di Cloux, residenza di Leonardo, e descritta da Antonio de Beatis, il 10 ottobre 1517, come «certa donna Fiorentina, facta di naturale ad istantia di quondam magnifico Juliano de' Medici», mentre Cassiano dal Pozzo a Fontainebleau, nel 1625, scrisse di «un ritratto della grandezza del vero, in tavola, incorniciato di noce intagliato, a mezza figura ed è ritratto di tal Gioconda. Questa è la più completa opera che di questo autore si veda, perché dalla parola in poi altro non gli manca».

Identificata tradizionalmente come Lisa Gherardini, nata nel 1479 e moglie di Francesco Bartolomeo del Giocondo (da cui il nome "Gioconda"), il dipinto, considerato il ritratto più famoso del mondo, va ben oltre il limiti tradizionali del genere ritrattistico. Come scrisse Charles de Tolnay (1951) «nella Gioconda, l'individuo - una sorta di miracolosa creazione della natura - rappresenta al tempo stesso la specie: il ritratto, superati i limiti sociali, acquisisce un valore universale. Leonardo ha lavorato a quest'opera sia come ricercatore e pensatore sia come pittore e poeta; e tuttavia il lato filosofico-scientifico restò senza seguito. Ma l'aspetto formale - l'impaginazione nuova, la nobiltà dell'atteggiamento e la dignità del modello che ne deriva - ebbe un'azione risolutiva sul ritratto fiorentino delle due decadi successive [...] Leonardo ha creato con la Gioconda una formula nuova, più monumentale e al tempo stesso più animata, più concreta, e tuttavia più poetica di quella dei suoi predecessori. Prima di lui, nei ritratti manca il mistero; gli artisti non hanno raffigurato che forme esteriori senza l'anima o, quando hanno caratterizzato l'anima stessa, essa cercava di giungere allo spettatore mediante gesti, oggetti simbolici, scritte. Solo nella Gioconda emana un enigma: l'anima è presente ma inaccessibile.[46]»

Giulio Carlo Argan evidenzia come per Leonardo tutto è "immanenza". Egli guarda la realtà e la natura con gli occhi dello scienziato. Il paesaggio di quest'opera "non è un paesaggio veduto né un paesaggio fantastico: è l'immagine della "natura naturans", del farsi e del disfarsi, del ciclico trapasso della materia dallo stato solido, al liquido, all'atmosferico: la figura non è più l'opposto della natura, ma il termine ultimo del suo continuo evolvere".[47]

La morte del padre e il Trattato delli uccelli
Il 9 luglio 1504 morì il padre Piero; Leonardo annotò più volte la circostanza, in apparente agitazione: «Mercoledì a ore 7 morì ser Piero da Vinci, a dì 9 luglio 1504, mercoledì vicino alle ore 7[48]» e ancora, «Addì 9 di luglio 1504 in mercoledì a ore 7 morì Piero da Vinci notaio al Palagio del Podestà, mio padre, a ore 7. Era d'età d'anni 80. Lasciò 10 figlioli maschi e due femmine[49]». Il padre non lo fece erede e, contro i fratelli che gli opponevano l'illegittimità della sua nascita, Leonardo chiese invano il riconoscimento delle sue ragioni: dopo la causa giudiziale da lui promossa, solo il 30 aprile 1506 avvenne la liquidazione dell'eredità, dalla quale Leonardo fu escluso.

Nella primavera del 1505 iniziò a scrivere il Trattato delli uccelli, opera incompiuta che avrebbe dovuto avere uno svolgimento sistematico su tutto l'argomento, compreso lo studio del volo e delle sue regole fisiche. Nei tre anni successivi Leonardo sviluppò ulteriormente i suoi studi sull'anatomia dei volatili e sulla resistenza dell'aria e, attorno al 1515, sulla caduta dei pesi e sui moti dell'aria[34]. Da queste conoscenze cercò poi di costruire originali macchine volanti, in alcuni casi messe in opera, come sembra confermare un appunto autografo di data imprecisata: «Piglierà il primo volo del grande uccello sopra del dosso del suo magno Cecero empiendo l'universo di stupore, empiendo di sua fama tutte le scritture e gloria eterna al luogo dove nacque»[50]. Si crede che Leonardo abbia fatto sperimentare il volo a un suo attendente fidato, Tommaso Masini detto "Zoroastro", dalla collina di Fiesole, senza però ottenere un successo: pare infatti che il malcapitato cadde rovinosamente rompendosi anche una gamba[34].

Leonardo e Michelangelo
Il rapporto tra i due geni del Rinascimento, Leonardo e Michelangelo, fu difficile, spesso teso, a causa della differenza generazionale (Michelangelo era 23 anni più giovane di Leonardo), dei caratteri diversi e degli ideali artistici inconciliabilmente lontani: il primo fu riflessivo, poliedrico e interessato al mondo naturale; il secondo più impulsivo, notoriamente riottoso e idealista[51]. Non vi sono prove dirette della loro inimicizia, ma svariati indizi e testimonianze indirette. Nel Trattato della pittura, ad esempio, Leonardo condannò gli "eccessi anatomici e la retorica muscolare"[52] che fanno parte dello stile michelangiolesco e dei suoi seguaci, pur senza mai citare direttamente il rivale.

L'Anonimo Gaddiano li ricorda in una novella, in cui i due artisti, presso piazza Santa Trinita, si incontrarono e Michelangelo, sprezzante e polemico, incalzò Leonardo circa l'interpretazione di un verso dantesco, oggetto della discussione. La reticenza di Leonardo nell'accettare la provocazione generò l'ira di Michelangelo, che lo dileggiò circa il fallito progetto del cavallo di bronzo terminando: "et che t'era che creduto da que' caponi de' Milanesi?"[51]

Le incomprensioni e la rivalità dovettero accendersi anche durante la doppia commissione ufficiale in Palazzo Vecchio, ma, forse per la mancata concretizzazione del progetto, le fonti tacciono a riguardo[51].

Prima di partire da Firenze ci fu un altro episodio che riguardò i due: Michelangelo aveva infatti completato il suo David e gli artisti fiorentini vennero chiamati in commissione a decidere per la collocazione della statua in piazza della Signoria, il 25 gennaio 1504. Tra Botticelli, Andrea della Robbia, il Cronaca, Filippino Lippi, il Perugino, Lorenzo di Credi, Giuliano e Antonio da Sangallo, Leonardo prese la parola per consigliare, seguendo un'idea di Giuliano, una posizione defilata per la statua, nella Loggia della Signoria, a ridosso della parete breve incorniciata magari da una nicchia "in modo che non guasti le cerimonie delli ufficiali". La sua presa di posizione, che provocò evidentemente la contrarietà del Buonarroti, ebbe un seguito minoritario, prevalendo infine l'ipotesi di Filippino Lippi, per una collocazione di massimo risalto all'aperto, dominante e autorevole davanti a Palazzo Vecchio, l'edificio più importante della città, nonché cuore nevralgico della politica e della vita sociale fiorentina[53].

Gli ultimi anni (1508–1519)
Castello di Clos-LucéIl secondo soggiorno milanese
A Firenze Leonardo iniziò ad essere lusingato dal governatore francese di Milano, Charles d'Amboise, che lo sollecitava, fin dal 1506, ad entrare al servizio di Luigi XII. L'anno successivo fu lo stesso re a richiedere espressamente Leonardo, che infine accettò di tornare a Milano dal luglio 1508. Il secondo soggiorno milanese, durato fino al 1513, con alcuni viaggi dall'ottobre 1506 al gennaio 1507 e dal settembre 1507 al settembre 1508, fu un periodo molto intenso[54]. Dipinse la Sant'Anna, la Vergine e il Bambino con l'agnellino, completò, in collaborazione col De Predis, la seconda versione della Vergine delle Rocce e si occupò di problemi geologici, idrografici e urbanistici[55]. Studiò fra l'altro un progetto per una statua equestre in onore di Gian Giacomo Trivulzio, quale artefice della conquista francese della città[55].

Viveva nei pressi di San Babila e sul suo stato finanziario resta l'annotazione di una provvigione ottenuta per quasi un anno di 390 soldi e 200 franchi dal re di Francia[56]. Il 28 aprile 1509 scrisse di aver risolto il problema della quadratura dell'angolo curvilineo e l'anno dopo andò a studiare anatomia con Marcantonio della Torre, giovanissimo professore dell'università di Pavia; allo scopo, scrisse, di dare «la vera notizia della figura umana, la quale è impossibile che gli antichi e i moderni scrittori ne potessero mai dare vera notizia, sanza un'immensa e tediosa e confusa lunghezza di scrittura e di tempo; ma, per questo brevissimo modo di figurarla» - ossia rappresentandola direttamente con disegni, «se ne darà piena e vera notizia. E acciò che tal benefizio ch'io do agli uomini non vada perduto, io insegno il modo di ristamparlo con ordine»[57].

Durante i suoi brevi viaggi visitò Como, poi scalò il Monte Rosa, poi con il Salaì e il matematico Luca Pacioli soggiornò a Vaprio d'Adda, presso Bergamo, dove gli venne affidato dal padre il giovane Francesco Melzi, l'ultimo e il più caro dei suoi allievi che lo seguì fino alla morte[55].

Nel 1511 morì il suo sostenitore Charles d'Amboise. Due anni dopo la nuova guerra della Lega di Cambray scacciò i Francesi da Milano, che tornò agli Sforza[55].

A Roma
Mappa dell'Agro Pontino, Royal Library, WindsorNell'incertezza della situazione il 24 settembre 1514 Leonardo partì per Roma, portandosi gli allievi più vicini, il Melzi e il Salaì[58]. Qui Giuliano de' Medici, fratello del papa Leone X gli accorda il suo favore, ottenendo per lui un alloggio negli appartamenti del Belvedere al Vaticano[55]. Qui l'artista si dedicò ai suoi studi scientifici, meccanici, di ottica e di geometria[59] e cercò fossili sul vicino Monte Mario,[60] ma si lamentò con Giuliano che gli venissero impediti i suoi studi di anatomia nell'Ospedale di Santo Spirito. Non ottenne commissioni pubbliche, ma ebbe modo di rivedere Bramante e Giuliano di Sangallo, che si stavano occupando della fabbrica di San Pietro, Raffaello, che affrescava gli appartamenti papali, e forse anche Michelangelo, dal quale lo divideva l'antica inimicizia.

Si occupò del prosciugamento delle Paludi pontine, i cui lavori erano stati appaltati da Giuliano de' Medici - il progetto venne approvato da Leone X il 14 dicembre 1514, ma non fu eseguito per la morte sia di Giuliano che del papa di lì a pochi anni - e della sistemazione del porto di Civitavecchia[61]. Con Giuliano e il papa fece un viaggio a Bologna, dove ebbe modo di conoscere direttamente Francesco I di Francia[55].

Leda e il cigno, ChatsworthSecondo il Vasari, durante questa sua breve permanenza a Roma, fece «per messer Baldassarre Turini da Pescia, che era datario di Leone, un quadretto di una Nostra Donna col figliuolo in braccio con infinita diligenza e arte» e ritrasse «un fanciulletto che è bello e grazioso a maraviglia, che sono tutti e due a Pescia», ma delle due opere si è persa ogni traccia, unitamente alla Leda con il cigno, celebre al tempo, e vista ancora da Cassiano dal Pozzo nel 1623 a Fontainebleau: «una Leda in piedi, quasi tutta ignuda, col cigno e due uova al piè della figura».

A Roma cominciò anche a lavorare a un vecchio progetto, quello degli specchi ustori che dovevano servire a convogliare i raggi del sole per riscaldare una cisterna d'acqua, utile alla propulsione delle macchine. Il progetto però incontrò diverse difficoltà soprattutto perché Leonardo non andava d'accordo con i suoi lavoranti tedeschi, specialisti in specchi, che erano stati fatti arrivare apposta dalla Germania. Contemporaneamente vennero ripresi i suoi studi di anatomia, già iniziati a Firenze e Milano, ma questa volta le cose si complicarono: una lettera anonima, inviata probabilmente per vendetta dai due lavoranti tedeschi, lo accusò di stregoneria. In assenza della protezione di Giuliano de' Medici e di fronte ad una situazione fattasi pesante, Leonardo si trovò costretto, ancora una volta, ad andarsene. Questa volta aveva deciso di lasciare l'Italia. Era anziano, aveva bisogno di tranquillità e di qualcuno che lo apprezzasse e lo aiutasse.

L'ultima notizia del suo periodo romano data all'agosto 1516, quando misurava le dimensioni della basilica di San Paolo fuori le mura[62], dopodiché dovette accettare gli inviti del re di Francia[55].

In Francia, al servizio di Francesco I
Nel 1517 Leonardo partì per la Francia, dove arrivò in maggio, insieme con Francesco Melzi e il servitore Battista de Vilanis, venendo alloggiato dal re nel castello di Clos-Lucé[55], vicino ad Amboise, e onorato del titolo di premier peintre, architecte, et mecanicien du roi, con una pensione di 5000 scudi. Francesco era un sovrano colto e raffinato, amante dell'arte soprattutto italiana, come dimostrò anche negli anni successivi accogliendo con onori altri artisti (Primaticcio, Rosso Fiorentino, Andrea del Sarto, Benvenuto Cellini).

Gli ultimi tre anni passati in Francia furono sicuramente il periodo più sereno della sua vita, assistito dai due fedeli allievi e, sebbene indebolito dalla vecchiaia e da una probabile trombosi cerebrale che gli paralizzò la mano destra, poté continuare con passione e dedizione i propri studi e le ricerche scientifiche[55].

L'alta considerazione di cui godette è dimostrata anche dalla visita ricevuta, il 10 ottobre, del cardinale d'Aragona e del suo seguito: Leonardo gli mostrò «tre quadri, uno di certa donna Fiorentina facta di naturale ad istantia del quondam mag.co Juliano de Medici, l'altro de San Joane Bap.ta giovane et uno de la Madona et del figliolo che stan posti in grembo di S.ta Anna tucti perfectissimi, et del vero che da lui per esserli venuta certa paralesi ne la dextra, non se ne può expectare più bona cosa. Ha ben facto un creato Milanese chi lavora assai bene, et benché il p.to M. Lunardo non possa colorir con quella dulceza che solea, pur serve a far disegni et insegnar ad altri. Questo gentilhomo ha composto de notomia tanto particularmente con la demonstratione de la pictura sì de membri come de muscoli, nervi, vene, giunture, d'intestini tanto di corpi de homini che de done, de modo non è stato mai facto anchora da altra persona [...] Ha anche composto la natura de l'acque, de diverse machine et altre cose, secondo ha riferito lui, infinità di volumi et tucti in lingua vulgare, quali se vengono in luce saranno proficui et molto dilectevoli».[63]

Progettò il palazzo reale di Romorantin, che Francesco I intendeva erigere per la madre Luisa di Savoia. Si trattava del progetto di una cittadina, per la quale previde lo spostamento di un fiume che l'arricchisse d'acque e fertilizzasse la vicina campagna: «El fiume di mezzo non riceva acqua torbida, ma tale acqua vada per li fossi di fori della terra, con quattro molina dell'entrata e quattro all'uscita [...] il fiume di Villafranca sia condotto a Romolontino, e il simile sia fatto del suo popolo [...] se il fiume mn [ Bonne Heure ], ramo del fiume Era [ Loira ] si manda nel fiume di Romolontino, colle sue acque torbide esso grasserà le campagne sopra le quali esso adacquerà, e renderà il paese fertile».[64]

Partecipò alle feste per il battesimo del Delfino e a quelle per le nozze di Lorenzo de' Medici. Tra i lavori come curatore di feste e apparati si ricorda quello messo in scena a Lione nel 1515 e ad Argenton nel 1517, in entrambi i casi per festeggiare la presenza di Francesco I. Si trattava dell'automa del leone, che era in grado di camminare e poi fermarsi aprendosi il petto "tutto ripieno di gigli e diversi fiori, [...] che fu di tanta meraviglia a quel re"[65].

L'ultima data presente su un manoscritto di Leonardo risale al giugno del 1518: preso da calcoli di geometria, gli studi sono bruscamente interrotti con un "eccetera, perché la minestra si fredda"! Si tratta di una rara annotazione istintiva di vita quotidiana, che rende la dimensione umana del personaggio che, incalzato dai richiami di qualcuno, deve rompere la concentrazione per mangiare[66].

La morte
La tomba di Leonardo, castello d'AmboiseIl 23 aprile 1519 redasse il testamento davanti al notaio Guglielmo Boreau, alla presenza di cinque testimoni e dell'inseparabile Francesco Melzi: dispose di voler essere sepolto nella chiesa di San Fiorentino, con una cerimonia funebre accompagnata dai cappellani e dai frati minori, oltre che da sessanta poveri, ciascuno reggente una torcia; richiese la celebrazione di tre messe solenni, con diacono e sottodiacono, e di trenta messe "basse", a San Gregorio, a Saint-Denis e nella chiesa dei francescani[66].

A Francesco Melzi, esecutore testamentario, lasciò «li libri [...] et altri Instrumenti et Portracti circa l'arte sua et industria de Pictori», oltre alla collezione dei disegni e del guardaroba[66]; al servitore De Vilanis e al Salaì la metà per ciascuno di «uno iardino che ha fora de le mura de Milano [...] nel quale iardino il prefato Salay ha edificata et constructa una casa»; alla fantesca Maturina dei panni e due ducati; ai fratellastri fiorentini il suo patrimonio nella città toscana, cioè 400 scudi depositati in Santa Maria Nuova e un podere a Fiesole[67].

Leonardo morì di lì a poco, il 2 maggio. Francesco I, a Saint-Germain-en-Laye dove si trovava, apprese la notizia della scomparsa direttamente dal Melzi e si lasciò andare a un pianto sconsolato[66].

Il 12 agosto un registro ricorda come «fu inumato nel chiostro di questa chiesa [Saint-Florentin ad Amboise] M. Lionard de Vincy, nobile milanese e primo pittore e ingegnere e architetto del Re, meschanischien di Stato e già direttore di pittura del duca di Milano».[68] Cinquant'anni dopo, violata la tomba, le sue spoglie andarono disperse nei disordini delle lotte religiose tra cattolici e ugonotti[55].

Trent'anni prima aveva scritto delle parole che suonano profetiche nel suo caso:

« Sì come una giornata bene spesa dà lieto dormire, così una vita bene usata dà lieto morire. »
(Trattato della pittura, 27 r.)

La pittura e la scienza
Studio di testa femminile, Windsor, Raccolte Reali Per approfondire, vedi la voce Trattato della pittura.

Copie di scritti di Leonardo sulla pittura circolavano già nel Cinquecento: il Vasari riferisce di un anonimo pittore milanese che gli mostrò «alcuni scritti di Lionardo, pur di caratteri scritti con la mancina a rovescio, che trattano della pittura e de' modi del disegno e del colorire»; Benvenuto Cellini possedeva scritti di Leonardo sulla prospettiva.

Grazie all'impegno di Cassiano dal Pozzo, una raccolta di manoscritti di Leonardo, redazione estremamente abbreviata di quella messa insieme dall'allievo ed erede Francesco Melzi, fu pubblicata per la prima volta a Parigi nel 1651, insieme con la traduzione francese, con incisioni tratte da disegni di Nicolas Poussin; un'altra edizione italiana del Trattato della pittura fu pubblicata a Napoli nel 1733.

La pittura, per Leonardo, è scienza, rappresentando «al senso con più verità e certezza le opere di natura», mentre «le lettere rappresentano con più verità le parole al senso». Ma, aggiunge Leonardo riprendendo un concetto aristotelico, è «più mirabile quella scienza che rappresenta le opere di natura, che quella che rappresenta [...] le opere degli uomini, com'è la poesia, e simili, che passano per la umana lingua»[69].

Leonardo studiò anche per primo in Europa la possibilità di proiettare immagini dal vero su un foglio dove potevano essere facilmente ricopiate, con la cosiddetta camera oscura leonardiana. Egli inoltre fu tra i pionieri dell'uso della pittura a olio in Italia, che usava essenzialmente in tecniche miste, soprattutto per i ritocchi[70].

Lo scienziato
« So bene che, per non essere io letterato, che alcuno prosuntuoso gli parrà ragionevolmente potermi biasimare coll'allegare io essere omo sanza lettere. Gente stolta! Non sanno questi tali ch'io potrei, sì come Mario rispose contro a' patrizi romani, io sì rispondere, dicendo: ”Quelli che dall'altrui fatiche se medesimi fanno ornati, le mie a me medesimo non vogliono concedere”. Or non sanno questi che le mie cose son più da esser tratte dalla sperienza, che d'altrui parola, la quale fu maestra di chi bene scrisse, e così per maestra la piglio e quella in tutti i casi allegherò »
(Codice Atlantico a 119 v)

"Omo sanza lettere" sta per uomo che non conosce il latino: ma non gli occorre la conoscenza del latino perché «Io ho tanti vocaboli nella mia lingua materna, ch'i' m'ho piuttosto da doler del bene intendere le cose, che del mancamento delle parole, colle quali bene esprimere il concetto della mente mia»; e se il volgare ha piena capacità di esprimere ogni concetto, il problema resta quello della verità di ciò che si argomenta.

Studio di proporzionalità di un corpo umano, Venezia, AccademiaSecondo il pensiero di Leonardo, una prima verità si trae dall'esperienza diretta della natura, dall'osservazione dei fenomeni: «molto maggiore e più degna cosa a leggere» non è allegare l'autorità di autori di libri ma allegare l'esperienza, che è la maestra di quegli autori. Coloro che argomentano citando l'autorità di altri scrittori vanno gonfi «e pomposi, vestiti e ornati, non delle loro, ma delle altrui fatiche; e le mie a me medesimo non concedano; e se me inventore disprezzeranno, quanto maggiormente loro, non inventori, ma trombetti e recitatori delle altrui opere, potranno essere biasimati».[71] Se poi costoro lo criticano sostenendo che «le mie prove esser contro all'alturità d'alquanti omini di gran riverenza appresso a' loro inesperti iudizi», è perché non considerano che «le mie cose esser nate sotto la semplice e mera sperienza, la quale è maestra vera»[72].

« Io credo che invece che definire che cosa sia l'anima, che è una cosa che non si può vedere, molto meglio è studiare quelle cose che si possono conoscere con l'esperienza, poiché solo l'esperienza non falla. E laddove non si può applicare una delle scienze matematiche, non si può avere la certezza. »


Se l'esperienza fa conoscere la realtà delle cose, non dà però ancora la necessità razionale dei fenomeni, la legge che è nascosta nelle manifestazioni delle cose: «la natura è costretta dalla ragione della sua legge, che in lei infusamene vive» e «nessuno effetto è in natura sanza ragione; intendi la ragione e non ti bisogna sperienza», nel senso che una volta che si sia compresa la legge che regola quel fenomeno, non occorre più ripeterne l'osservazione; l'intima verità del fenomeno è raggiunta.

Le leggi che regolano la natura si esprimono mediante la matematica: «Nissuna umana investigazione si può dimandare vera scienza, s'essa non passa per le matematiche dimostrazioni»[69], restando fermo il principio per il quale «se tu dirai che le scienze, che principiano e finiscano nella mente, abbiano verità, questo non si concede, ma si niega, per molte ragioni; e prima, che in tali discorsi mentali non accade sperienza, senza la quale nulla dà di sé certezza»[69].

Il rifiuto della metafisica non poteva essere espresso in modo più netto. Anche la sua concezione dell'anima consegue dall'approccio naturalistico delle sue ricerche: «nelle sue [della natura] invenzioni nulla manca e nulla è superfluo; e non va con contrapesi, quando essa fa li membri atti al moto nelli corpi delli animali, ma vi mette dentro l'anima d'esso corpo contenitore, cioè l'anima della madre, che prima compone nella matrice la figura dell'uomo e al tempo debito desta l'anima che di quel debbe essere abitatore, la qual prima restava addormentata e in tutela dell'anima della madre, la qual nutrisce e vivifica per la vena umbilicale» e con prudente ironia aggiunge che «il resto della difinizione dell'anima lascio ne le menti de' frati, padri de' popoli, li quali per ispirazione sanno tutti i segreti. Lascio star le lettere incoronate [le Sacre Scritture] perché son somma verità»[73].

Ma ribadisce: «E se noi dubitiamo della certezza di ciascuna cosa che passa per i sensi, quanto maggiormente dobbiamo noi dubitare delle cose ribelli ad essi sensi, come dell'essenza di Dio e dell'anima e simili, per le quali sempre si disputa e contende. E veramente accade che sempre dove manca la ragione suppliscono le grida, la qual cosa non accade nelle cose certe».

Riconosce validità allo studio dell'alchimia, «partoritrice delle cose semplici e naturali», considerata non già un'arte magica ma «ministratrice de' semplici prodotti della natura, il quale uffizio fatto esser non può da essa natura, perché in lei non è strumenti organici, colli quali essa possa operare quel che adopera l'omo mediante le mani», ossia scienza dalla quale l'uomo, partendo dagli elementi semplici della natura, ne ricava dei composti, come un moderno chimico; l'alchimista non può però creare alcun elemento semplice, come testimoniano gli antichi alchimisti, che mai «s'abbatero a creare la minima cosa che crear si possa da essa natura» e sarebbero stati meritevoli dei massimi elogi se «non fussino stati inventori di cose nocive, come veneni e altre simili ruine di vita e di mente».

È invece aspramente censore della magia, la «negromanzia, stendardo ovver bandiera volante mossa dal vento, guidatrice della stolta moltitudine». I negromanti «hanno empiuti i libri, affermando che l'incanti e spiriti adoperino e sanza lingua parlino, e sanza strumenti organici, sanza i quali parlar non si pò, parlino e portino gravissimi pesi, faccino tempestare e piovere, e che li omini si convertano in gatte, lupi e bestie, benché in bestia prima entran quelli che tal cosa affermano».[74]

Leonardo è conosciuto soprattutto per i suoi dipinti, per i suoi studi sul volo, probabilmente molto meno per le numerose altre cose in cui è stato invece un vero precursore, come ad esempio nel campo della geologia. È stato tra i primi, infatti, a capire che cos'erano i fossili, e perché si trovavano fossili marini in cima alle montagne. Contrariamente a quanto si riteneva fino a quel tempo, cioè che si trattasse della prova del diluvio universale, l'evento biblico che avrebbe sommerso tutta la terra, Leonardo immaginò la circolazione delle masse d'acqua sulla terra, alla stregua della circolazione sanguigna, con un lento ma continuo ricambio, arrivando quindi alla conclusione che i luoghi in cui affioravano i fossili, un tempo dovevano essere stati dei fondali marini. Anche se con ragionamenti molto originali, la conclusione di Leonardo era sorprendentemente esatta.

Il contributo di Leonardo a quasi tutte le discipline scientifiche fu decisivo: anche in astronomia ebbe intuizioni fondamentali, come sul calore del Sole, sullo scintillio delle stelle, sulla Terra, sulla Luna, sulla centralità del Sole, che ancora per tanti anni avrebbe suscitato contrasti ed opposizioni. Ma nei suoi scritti si trovano anche esempi che mostrano la sua capacità di rendere in modo folgorante dei concetti difficili; a quel tempo si era ben lontani dall'aver formulato le leggi di gravitazione, ma Leonardo già paragonava i pianeti a calamite che si attraggono vicendevolmente, spiegando così molto bene il concetto di attrazione gravitazionale. In un altro suo scritto, sempre su questo argomento, fece ricorso ad un'immagine veramente suggestiva; dice Leonardo: immaginiamo di fare un buco nella terra, un buco che l'attraversi da parte a parte passando per il centro, una specie di "pozzo senza fine"; se si lancia un sasso in questo pozzo, il sasso oltrepasserebbe il centro della terra, continuando per la sua strada risalendo dall'altra parte, poi tornerebbe indietro e dopo aver superato nuovamente il centro, risalirebbe da questa parte. Questo avanti e indietro durerebbe per molti anni, prima che il sasso si fermi definitivamente al centro della Terra. Se questo spazio fosse vuoto, cioè totalmente privo d'aria, si tratterebbe, in teoria, di un possibile, apparente, modello di moto perpetuo, la cui possibilità, del resto, Leonardo nega, scrivendo che «nessuna cosa insensibile si moverà per sé, onde, movendosi, fia mossa da disequale peso; e cessato il desiderio del primo motore, subito cesserà il secondo».[75]

Anche nella botanica Leonardo compì importanti osservazioni: per primo si accorse che le foglie sono disposte sui rami non casualmente ma secondo leggi matematiche (formulate solo tre secoli più tardi); è una crescita infatti, quella delle foglie, che evita la sovrapposizione per usufruire della maggiore quantità di luce. Scoprì che gli anelli concentrici nei tronchi indicano l'età della pianta, osservazione confermata da Marcello Malpighi più di un secolo dopo.

Osservò anche l'eccentricità nel diametro dei tronchi, dovuta al maggior accrescimento della parte in ombra. Soprattutto scoprì per primo il fenomeno della risalita dell'acqua dalle radici ai tronchi per capillarità, anticipando il concetto di linfa ascendente e discendente. A tutto questo si aggiunse un esperimento che anticipava di molti secoli le colture idroponiche: avendo studiato idraulica, Leonardo sapeva che per far salire l'acqua bisognava compiere un lavoro; quindi nelle piante, in cui l'acqua risale attraverso le radici, doveva compiersi una sorta di lavoro. Per comprendere il fenomeno tolse la terra, mettendo la pianta direttamente in acqua, e osservò che la pianta riusciva ancora a crescere, anche se più lentamente.

Si può trarre un conclusivo giudizio sulla posizione che spetta a Leonardo nella storia della scienza citando Sebastiano Timpanaro:[76] «Leonardo da Vinci attinge dai Greci, dagli Arabi, da Giordano Nemorario, da Biagio da Parma, da Alberto di Sassonia, da Buridano, dai dottori di Oxford, dal precursore ignoto del Duhem, ma attinge idee più o meno discutibili. È sua e nuova la curiosità per ogni fenomeno naturale e la capacità di vedere a occhio nudo ciò che a stento si vede con l'aiuto degli strumenti. Per questo suo spirito di osservazione potente ed esclusivo, egli si differenzia dai predecessori e da Galileo. I suoi scritti sono essenzialmente non ordinati e tentando di tradurli in trattati della più pura scienza moderna, si snaturano. Leonardo (bisogna dirlo ad alta voce) non è un super-Galileo: è un grande curioso della natura, non uno scienziato-filosofo. Può darsi che qualche volta vada anche più oltre di Galileo, ma ci va con un altro spirito. Dove Galileo scriverebbe un trattato, Leonardo scrive cento aforismi o cento notazioni dal vero; mentre Galileo è tanto coerente da diventare in qualche momento conseguenziario. Leonardo guarda e nota senza preoccuparsi troppo delle teorie. Molte volte registra il fatto senza nemmeno tentare di spiegarlo».

L'inventore
Progetto di macchina volanteIl 25 novembre 1796 i manoscritti di Leonardo sottratti alla Biblioteca Ambrosiana giungevano a Parigi e dalla loro analisi il fisico italiano Giovanni Battista Venturi, allora in Francia, traeva un Essai sur les ouvrages physico-mathématiques de Leonard de Vinci, escludendo da questo gli studi vinciani sul volo, giudicandoli probabilmente solo una bizzarria chimerica.

Nel 1486 Leonardo aveva espresso la sua fede nella possibilità del volo umano: «potrai conoscere l'uomo colle sue congegnate e grandi alie, facendo forza contro alla resistente aria, vincendo, poterla soggiogare e levarsi sopra di lei». Dal 14 marzo al 15 aprile 1505 scrive parte di quello che doveva essere un organico Trattato delli uccelli, dal quale avrebbe voluto estrarre il segreto del volo, estendendo nel 1508 i suoi studi all'anatomia degli uccelli e alla resistenza dell'aria e, verso il 1515, vi aggiunge lo studio della caduta dei gravi e i moti dell'aria.

Chiama moto strumentale il volo umano realizzato con l'uso di una macchina: individua nel paracadute il mezzo più semplice di volo: «Se un uomo ha un padiglione di pannolino intasato, che sia di 12 braccia per faccia e alto 12, potrà gittarsi d'ogni grande altezza sanza danno di sé». Dall'analogia col peso e l'apertura alare degli uccelli cerca di stabilire l'apertura alare che la macchina dovrebbe avere e quale forza dovrebbe essere impiegata per muoverla e sostenerla.

La fede di Leonardo nel volo umano sembra essere rimasta immutata per tutta la sua vita, malgrado gli insuccessi e l'obiettiva difficoltà dell'impresa: «Piglierà il primo volo il grande uccello sopra del dosso del suo magno Cecero (il monte Ceceri, presso Firenze), empiendo l'universo di stupore, empiendo di sua fama tutte le scritture e gloria eterna al loco dove nacque». Un esperimento in tale senso si svolse veramente e fece da cavia il suo amico Tommaso Masini.

I suoi appunti contengono numerose invenzioni in campo militare: gli scorpioni, una macchina «la quale po' trarre sassi, dardi, sagitte» che può anche distruggere la macchine nemiche; i cortaldi, cannoncini da usare contro le navi; le serpentine, adatte contro le «galee sottili, per poter offendere il nimico di lontano. Vole gittare 4 libre di piombo»; le zepate, zattere per incendiare le navi nemiche ormeggiate in porto, e progetta navi con spuntoni che rompano le carene nemiche e bombe incendiarie composte di carbone, salnitro, zolfo, pece, incenso e canfora, un fuoco che «è di tanto desiderio di brusare, che seguita il legname sin sotto l'acqua».

Un altro progetto avrebbe compreso il palombaro - vi è chi ha pensato addirittura al sottomarino - a proposito del quale scrive però di non volerlo divulgare «per le male nature delli omini, li quali userebbono li assassinementi ne' fondi mari col rompere i navili in fondo e sommergerli insieme colli omini che vi son dentro». Pensa all'attuale bicicletta, all'elicottero, un modello del quale è stato realizzato nel parco del castello di Clos-Lucé, a un apparecchio a ruote dentate che è stato interpretato come il primo calcolatore meccanico, a un'automobile spinta da un meccanismo a molla e a un telaio automatico, ricostruito dal Museo nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano, che tesse 2 centimetri di tela al minuto.

Negli anni trascorsi in Vaticano ideò un uso industriale dell'energia solare, mediante l'utilizzo di specchi concavi per riscaldare l'acqua.

Gli studi d'anatomia
Anatomia femminile, Windsor, Raccolte RealiGli scritti di anatomia precedenti l'opera leonardesca, come quelli di Mondino de' Luzzi o di Guy de Chauliac, riproponevano la tradizione di Galeno ed erano pertanto privi di ogni verifica sperimentale.

L'insaziabile desiderio di conoscere, di capire tutto ciò che vedeva, portava Leonardo ad esplorare ogni cosa. Anche il corpo umano lo affascinava quale macchina perfetta e ben più complicata delle macchine fatte di ingranaggi. Leonardo voleva capire cosa c'era dentro, come funziona e cosa succede quando si ferma definitivamente con la morte. Per questo, prima a Milano, alla fine del Quattrocento, e poi a Firenze, agli inizi del Cinquecento, era solito recarsi negli obitori e usando forbici e bisturi sezionava cadaveri; almeno trenta, secondo quanto riportano i suoi contemporanei. Nei suoi disegni mostra anche gli strumenti allora usati dai chirurghi, seghe e divaricatori. L'anatomia era ai primordi, le idee sul corpo umano erano molto confuse. Egli può a buon diritto essere considerato il fondatore di tale scienza, unitamente almeno con il belga Andrea Vesalio (1514-1564), la cui opera De humani corporis fabrica doveva apparire nel 1543.

È noto l'appunto su una di queste sue esperienze fiorentine: «questo vecchio, di poche ore innanzi la sua morte, mi disse lui passare i cento anni, e che non si sentiva alcun mancamento ne la persona, altro che debolezza; e così standosi a sedere sopra uno letto nello Spedale di Santa Maria Nova di Firenze, sanza altro movimento o seguito d'alcuno accidente, passò di questa vita. E io ne feci notomia, per vedere la causa di sì dolce morte».[77]

Leonardo studiò anatomia in tre distinti periodi: a Milano, tra il 1480 e il 1490, se ne occupò, interessandosi in particolare dei muscoli e delle ossa, in funzione della propria attività artistica; successivamente a Firenze, tra il 1502 e il 1507, si applicò in particolare della meccanica del corpo, e infine, dal 1508 al 1513, a Milano e a Roma, s'interessò allo studio degli organi interni e della circolazione del sangue.

Movimento del braccioLeonardo fu il primo a rappresentare l'interno del corpo umano con una serie di disegni; si trattava anche di un modo del tutto nuovo per "guardare dentro" il corpo, rompendo tra l'altro antichi tabù. Sono centinaia i disegni conservati oggi al Castello di Windsor e di proprietà della regina d'Inghilterra, che visualizzano quello che prima era soltanto descritto a parole e in modo poco chiaro. Scrisse Leonardo: «Con quali lettere descriverai questo core, che tu non empia un libro, e quanto più lungamente scriverai alla minuta, tanto più confonderai la mente dello uditore, e sempre avrai bisogno di sponitori o di ritornare alla sperienzia, la quale in voi è brevissima e dà notizie di poche cose rispetto al tutto del subbietto di che desideri integrar notizia».[78]

Leonardo inventò l'illustrazione anatomica. Inventò anche un modo di illustrare che ancora oggi viene usato dai moderni disegnatori, la cosiddetta "immagine esplosa": un esempio si ha guardando come Leonardo rappresentava una testa sezionata, disegnando il cranio e il cervello in sequenza in modo da mostrare come entrano l'uno dentro l'altro. Studiò le ossa, i muscoli, le arterie, le vene, i capillari; riuscì a capire le alterazioni senili e persino ad intuire l'arteriosclerosi. Gli sfuggì invece il ruolo del cuore, studiato a Roma fino al 1513: «Tutte le vene e arterie nascano dal core, e la ragione è che la maggiore grossezza che si trovi in esse vene e arterie è nella congiunzione che esse hanno col core, e quanto più se removano dal core, più si assottigliano e si dividano in più minute ramificazioni» [79] e questa convinzione gli deriva dall'analogia con le piante, le quali hanno le radici nella loro parte inferiore ingrossata: «è manifesto che tutta la pianta ha origine da tale grossezza, e per conseguenza le vene hanno origine dal core, dov'è la lor maggior grossezza» [80]

Allo stesso modo i suoi studi di botanica lo sviarono, facendogli ritenere che la circolazione sanguigna funzionasse come la linfa delle piante, con una linfa ascendente e una discendente. Del cuore aveva bensì individuato la natura di muscolo: «il core è un muscolo principale di forza, ed è potentissimo sopra li altri muscoli» [81] ma anche come equivalente di una stufa per dare calore al corpo: «Il caldo si genera per il moto del core; e questo si manifesta perché, quando il cor più veloce si move, il caldo più multiplica, come c'insegna il polso de' febbricitanti, mosso dal battimento del core» [82]

Tra i suoi disegni anatomici, i più spettacolari ed impressionanti rimangono quelli che mostrano un feto prima della nascita: erano immagini del tutto nuove per l'epoca e, certamente, sconvolgenti.

Leonardo studiò anche i meccanismi dell'occhio per capire come funziona la visione tridimensionale, dovuta alla sovrapposizione di due immagini leggermente sfalsate. Fece bollire un occhio di bue in una chiara d'uovo, in modo da poterlo sezionare e vedere ciò che si trova all'interno. Scoprì così la retina e il nervo ottico, e riportò queste osservazioni nei suoi disegni.

Le opere idrauliche
Studi di acque, ca 1508Nel Seicento, Francesco Arconati, figlio del conte Galeazzo, trasse dagli scritti vinciani da questi donati alla Biblioteca Ambrosiana, un trattato che intitolò Del moto e misura dell'acqua, che tuttavia verrà pubblicato solo nel 1826.

Leonardo si dedicò a studi idraulici a partire dalla sua permanenza a Milano, già ricca di navigli, e in Lombardia, solcata da un'ampia rete di canali.

Collaborò con la Repubblica di Venezia per la sistemazione dell'assetto del fiume Brenta, per evitarne le inondazioni e renderlo navigabile, ma non si conoscono opere realizzate su suoi progetti, alcuni dei quali, particolarmente grandiosi, sono attestati dai suoi scritti: un canale che unisca Firenze con il mare, ottenuto regolando il corso dell'Arno; il prosciugamento delle Paludi Pontine, nel Lazio, che si sarebbe dovuto realizzare deviando il corso del fiume Ufente; la canalizzazione della regione francese della Sologne, con la deviazione del fiume Cher, presso Tours.

Leonardo progettò anche macchine per l'uso dell'energia idraulica, per il prosciugamento e per l'innalzamento delle acque. Secondo il suo costume, egli studia la natura dell'acqua: «infra i quattro elementi il secondo men grieve e di seconda volubilità. Questa non ha mai requie insino che si congiunge al suo marittimo elemento dove, non essendo molestata dai venti, si stabilisce e riposa con la sua superfizie equidistante al centro del mondo»,[83] la sua origine, il movimento, certe caratteristiche, come la schiuma: «l'acqua che da alto cade nell'altra acqua, rinchiude dentro a sé certa quantità d'aria, la quale mediante il colpo si sommerge con essa e con veloce moto resurge in alto, pervenendo a la lasciata superfizie vestita di sottile umidità in corpo sperico, partendosi circularmente dalla prima percussione».[84]

Osserva gli effetti ottici sulla superficie dell'acqua e trova che «il simulacro del sole si dimostrerrà più lucido nell'onde minute che nelle onde grandi» e che «il razzo del sole, passato per li sonagli [le bolle] della superfizie dell'acqua, manda al fondo d'essa acqua un simulacro d'esso sonaglio che ha forma di croce. Non ho ancora investigato la causa, ma stimo che per cagion d'altri piccoli sonagli che sien congiunti intorno a esso sonaglio maggiore».[85]

Si occupa dei fossili che si trovano sui monti e ironizza con coloro che credono nel Diluvio universale: «Della stoltizia e semplicità di quelli che vogliono che tali animali fussin in tal lochi distanti dai mari portati dal diluvio. Come altra setta d'ignoranti affermano la natura o i celi averli in tali lochi creati per infrussi celesti [...] e se tu dirai che li nichi [ le conchiglie ] che per li confini d'Italia, lontano da li mari, in tanta altezza si vegghino alli nostri tempi, sia stato per causa del diluvio che lì li lasciò, io ti rispondo che credendo che tal diluvio superassi il più alto monte di 7 cubiti - come scrisse chi 'l misurò! - tali nichi, che sempre stanno vicini a' liti del mare, doveano stare sopra tali montagne, e non sì poco sopra la radice de' monti».[86]

È convinto che con il tempo la terra finirà con l'essere completamente sommersa dall'acqua: «Perpetui son li bassi lochi del fondo del mare, e il contrario son le cime de' monti; séguita che la terra si farà sperica e tutta coperta dall'acque, e sarà inhabitabile».[87]

L'ingegneria civile e l'architettura di Leonardo
Progetto di chiesa a pianta centrale, Parigi, Institut de FranceScrive il Vasari che Leonardo «nell'architettura ancora fe' molti disegni così di piante come d'altri edifizii e fu il primo ancora che, giovanetto, discorresse sopra il fiume Arno per metterlo in canale da Pisa a Fiorenza», testimonianza che, a parte che nell'occasione del progetto di deviazione dell'Arno, avvenuto nel 1503, Leonardo non era affatto "giovanetto", mostra che gli interessi di Leonardo o le richieste a lui rivolte riguardavano soprattutto progetti di idraulica o di ingegneria militare. In compenso, nella nota lettera indirizzata a Ludovico il Moro nel 1492, Leonardo vanta le sue competenze di natura militare ma aggiunge che in tempo di pace crede di «satisfare benissimo a paragone de omni altro in architectura, in composizione di edifici pubblici e privati, et in conducer acqua de uno loco ad un altro».

A Milano avrà in effetti solo il titolo di "ingegnarius", mentre nel suo secondo soggiorno fiorentino potrà fregiarsi del titolo di architetto e pittore.

È certo che per l'approfondimento delle nozioni ingegneristiche si giovasse della conoscenza personale del senese Francesco di Giorgio Martini e dei suoi scritti: possiede e postilla una copia del suo Trattato di architettura militare e civile; progetta fortificazioni con bastioni spessi e irti di angoli che possano opporsi alle artiglierie nemiche.

Sono noti suoi disegni sia per la cupola del Duomo di Milano sia per edifici signorili, per i quali pensa a giardini pensili e a innovative soluzioni interne, quali scale doppie e quadruple e nell'interno delle case «col molino farò generare vento d'ogni tempo della state; farò elevare l'acqua surgitiva e fresca, la quale passerà pel mezzo delle tavole divise [...] e altra acqua correrà pel giardino, adacquando li pomeranci e cedri ai lor bisogni [...] farassi, mediante il molino, molti condotti d'acque per casa, e fonti in diversi lochi, e alcuno transito dove, chi vi passerà, per tutte le parti di sotto salterà l'acque allo insù».

Ma si occupa anche della moderna ideazione di "una polita stalla", per giungere a immaginare una città ideale, strutturata su più livelli stradali, ove al livello inferiore scorressero i carri, e in quello superiore avessero agio i pedoni.

Nel 1502 Leonardo da Vinci produsse il disegno di un ponte a campata unica di 300 metri, come parte di un progetto di ingegneria civile per il Sultano ottomano Bayazed II. Era previsto che un pilone del ponte sarebbe stato collocato su uno degli ingressi alla bocca del Bosforo, il Corno d'Oro, ma non fu mai costruito. Il governo turco, nei primi anni del XXI secolo ha deciso la costruzione di un ponte che segua il progetto leonardesco.

La personalità di Leonardo
Ritratto di Gian Giacomo Caprotti, detto Salaì, di anonimo, ca 1495, Vaduz, Fondazione AloisI contemporanei riferivano di una presunta omosessualità di Leonardo, a partire dalla denuncia anonima del 1476 (per altro conclusasi con assoluzione), dalla mancanza di relazioni con donne, dalle note sulla sua ambiguità del Vasari e dal rapporto con i suoi allievi Melzi e Caprotti, molto più giovani di lui e avvenenti[20].

Dalla nota dello stesso Leonardo, «ne la mia prima ricordazione della mia infanzia è mi parea che, essendo io in culla, che un nibbio venissi a me e mi aprissi la bocca colla sua coda, e molte volte mi percotessi con tal coda dentro alle labbra»,[88] derivò l'interpretazione di Sigmund Freud, nel suo libro Un ricordo d'infanzia di Leonardo da Vinci, pubblicato nel 1910, come fantasia di un atto sessuale orale, mentre il nibbio rappresenterebbe androginicamente la madre; dalla curiosità sessuale infantile dell'artista deriverebbe la sua curiosità artistica e scientifica mai soddisfatta e conclusa[20].

Se l'omosessualità di Leonardo resta probabile per quanto non certa, con tutte le possibili disquisizioni su quanto questo possa aver influito o meno sulla sua arte[20], la sua irreligiosità e scetticismo sono indubbi, legati alle osservazioni del Vasari, per il quale «tanti furono i suoi capricci, che filosofando de le cose naturali, attese a intendere la proprietà delle erbe, continuando et osservando il moto del cielo, il corso della luna e gli andamenti del sole. Per il che fece ne l'animo un concetto sì eretico, che è non si accostava a qualsivoglia religione, stimando per avventura assai più lo esser filosofo che cristiano».

L'Aretino, secondo il suo costume di inventare anche fatti che rendessero edificante la vita dei biografati per i quali provava stima e simpatia, scrive che «vedendosi vicino alla morte, disputando de le cose cattoliche, ritornando nella via buona, si ridusse a la fede cristiana con molti pianti. Laonde confesso e contrito, se bene è non poteva reggersi in piedi, volse devotamente pigliare il Santissimo Sacramento fuor de 'l letto», morendo poi nelle braccia del re Francesco I.

Angelo, dettaglio del Battesimo di Cristo, ca 1473Molte sue note mostrano disprezzo verso gli uomini di Chiesa: sui preti che dicono messa: «Molti fien quelli che, per esercitare la loro arte, si vestiran ricchissimamente, e questo parrà esser fatto secondo l'uso de' grembiuli»;[89] sulle chiese: «Assai saranno che lasceranno li esercizi e le fatiche e povertà di vita e di roba, e andranno abitare nelle ricchezze e trionfanti edifizi, mostrando questo esser il mezzo di farsi amico a Dio»;[80] sul vendere il Paradiso: «Infinita moltitudine venderanno pubblica e pacificamente cose di grandissimo prezzo, senza licenza del padrone di quelle, e che mai non furon loro, né in lor potestà, e a questo non provvederà la giustizia umana» [80] o anche «Le invisibili monete [ le promesse di vita eterna ] faran trionfare molti spenditori di quelle»;[80] o sui conventi: «Quelli che saranno morti [ i santi ], dopo mille anni, fien quelli che daranno le spese a molti vivi [ i frati ]»;[90] o ironizza sui riti: «Quelli che con vestimente bianche andranno con arrogante movimento minacciando con metallo e foco [ il turibolo con l'incenso ] chi non faceva lor detrimento alcuno» [91] e sulla devozione delle immagini: «Parleranno li omini alli omini che non sentiranno; aran gli occhi aperti e non vedranno; parleranno a quelli e non fie lor risposto; chiederan grazie a chi arà orecchi e non ode; faran lume a chi è orbo».[92]

Disegno eroticoIl Vasari riferisce della sua generosità, della sua grandezza d'animo e del suo orgoglio: «andando al banco per la provvisione ch'ogni mese da Pier Soderini soleva pigliare, il cassiere gli volse dare certi cartocci di quattrini, ed egli non li volse pigliare, rispondendogli: "Io non sono dipintore da quattrini"»; della piacevolezza della sua conversazione e del suo amore per gli animali: «spesso passando dai luoghi dove si vendevano uccelli, di sua mano cavandogli di gabbia, e pagatogli a chi li vendeva il prezzo che n'era chiesto, li lasciava in aria a volo, restituendogli la perduta libertà». E questa sua compassione e tenerezza nei confronti degli animali si lega alla notizia, riferita da Andrea Corsali, sul fatto che Leonardo fosse vegetariano.[93]

Ma dai suoi scritti traspare l'immagine di un uomo molto meno socievole di quello che l'agiografia vasariana voglia imporre: «se tu sarai solo, tu sarai tutto tuo, e se sarai accompagnato da un solo compagno, sarai mezzo tuo, e tanto meno quanto sarà maggiore la indiscrezione della sua pratica. E se sarai con più, cadrai di più in simile inconveniente», e altrove scrive ancora che «salvatico è quel che si salva», e in tante parti dei suoi manoscritti appare la sfiducia e il pessimismo nei confronti dell'"umana spezie". Le sue ricerche e i suoi lavori venivano infatti preferibilmente espletati in solitudine, come ricorda la vivace descrizione del maestro all'opera al Cenacolo di Matteo Bandello nella sua novella LVIII[94]. Non era solito seguire regole rigide o abitudini prefissate, preferendo assecondare l'estro e l'ispirazione del momento[51]. La sua ricerca quasi maniacale della perfezione, con infiniti ritocchi e modifiche (come avvenne per la Gioconda) derivano dalla sua convinzione per cui la pittura, a differenza della musica, è destinata a restare e non a esaurirsi nella singola performance: «la pittura non muore immediate dopo la sua creazione come fa la musica, ma lungo tempo darà testimonianza dell'ignoranza tua [...] ma se studierai [...] tu lascerai opere che ti daranno più onore che la pecunia»[95].

Considerato per la vastità dei suoi interessi la massima e irripetibile manifestazione del Rinascimento, Leonardo, non legato a nessuna città, Stato o principe, è il primo esempio del cosmopolitismo degli intellettuali italiani, unico in Europa, espressione di una frattura fra cultura e popolo destinata a prolungarsi fino ai nostri giorni.

Edited by .:._Silver_.:. - 8/12/2010, 00:42
 
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Le invenzioni di Leonardo Da Vinci

001 ~ Ponte Autoportante ~ Codice Atlantico,
f. 69ar e 71v (1487-1489)
 



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001_ca69r_03
 Il ponte autoportante arcuato
è un modello leggero e forte che sta in piedi grazie alla geniale
tecnica di incastro pensata da Leonardo. Costruito con travi di legno,
grazie alla sua forma arcuata, distribuisce le forze di carico in
modo che i pezzi longitudinali si stringano a forbice su quelli trasversali
mantenendo in piedi l'intera struttura.


002 ~ Ponte Girevole ~ Codice Atlantico, f. 855r (1487-1489)
 



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002_ca312r_02



002_ca312r_03
 Per
mezzo di un articolato sistema di argani e rulli di scorrimento, il
ponte viene fatto ruotare di 90° permettendo il passaggio
d'imbarcazioni.


003 ~ Gru Saliscendi ~ Codice Atlantico, f. 3r e 4r (1503,1504)
 



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003_ca4r_04
 



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 Leonardo progetta questa macchina per
velocizzare le operazioni di rimozione della terra durante gli scavi
per la realizzazione di canali. Essa è in grado di spostarsi
grazie a un ingegnoso sistema di rotaie e viti per seguire l' avanzamento
dei lavori. Si tratta di un'enorme gru a doppio braccio azionata
da una sola corda che funziona sul principio del saliscendi: le squadre
di scavatori lavorano su tre livelli sincronizzando le loro operazioni
in modo che ogni volta che un contenitore di terra è pieno
viene sollevato rispedendo in basso il contenitore scarico per mezzo
del peso dei lavoratori, che lo utilizzano come ascensore per tornare
sul posto di lavoro. Il lavoro era organizzato nel seguente modo:
mentre una squadra di scavatori riempiva il cassone in basso, un'
altra squadra scaricava il cassone legato all'altro capo della corda
fuori dal canale. Quando il cassone in basso era riempito, la squadra
all'esterno, che nel frattempo aveva recuperato energie, saltava dentro
il cassone raggiungendo il proprio posto di lavoro, mentre gli operai
in basso uscivano dal canale e andavano a scaricare il cassone pieno
di terra.

004 ~ Sega Idraulica Automatica ~ Codice Atlantico, f. 1078r (1500)




 



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004_ca1078_03
 L'abbinamento del motore idraulico con
il dispositivo biella manovella permise di automatizzare il movimento
delle macchine operatrici. Il disegno più antico di sega idraulica
si trova nel taccuino dell'architetto ingegnere medievale Villard
de Honnecourt (1270). Il modello di Leonardo, derivato da Francesco
di Giorgio, è dotato di un particolare dispositivo di fermo
che mantiene il pezzo di legno in lavorazione aderente alla lama durante
il taglio.

005 ~ Barca a Pale a manovella ~ Codice Atlantico, f. 945r (1487-1489)
 



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005_ca1063r_03
 Se una ruota a pale sfruttando l'energia
dell'acqua corrente permetteva di mettere in movimento gli alberi
motori delle macchine operatrici, era possibile anche il contrario:
mettendo in movimento manualmente l'albero a gomito era possibile
usare le pale della ruota come una serie di remi che in successione
colpivano l'acqua facendo avanzare la barca. Anche questa speciale
imbarcazione è un invenzione medievale e Leonardo ce ne offre
una versione aggiornata che prevede il montaggio di due volani sull'
asse delle manovelle di azionamento.

006 ~ Vascello Corazzato ~ Codice Atlantico, f. 172r (1487-1489).
 



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006_ca172r_05



006_ca172r_06
 Questa speciale barca da assalto rientra,
probabilmente, in quella serie di progetti che Leonardo presentò
a Ludovico il Moro per ottenere un incarico da ingegnere. Si tratta
del disegno di un'imbarcazione leggera dotata di una prua corazzata
in metallo, che serve per speronare l'imbarcazione nemica, e uno scudo
ruotante, che si apre nel momento dell'arrembaggio. Il sistema di
propulsione non è disegnato, ma possiamo immaginare un dispositivo
a pale ruotanti.

007 ~ Cannone a Vapore ~ Manoscritto
B
, f. 33v (1488).
 



007_ca33v_ 01


 

007_ca33v_02



007_ca33v_03
 Questo cannone, che fu realmente costruito
duecento anni dopo che Leonardo ne aveva fermata l'idea sulla carta
(durante la guerra di secessione americana), funziona utilizzando
come propulsione l'espansione del vapore. Quando la culatta del cannone
è incandescente, attraverso una valvola, vi si immette dell'acqua
che, trasformandosi immediatamente in vapore, si espande generando
la forza necessaria al lancio del proiettile.

008 ~ La Città Ideale ~ Manoscritto B, f. 37v (1488).
 



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008_mB37v_03
 Il mito rinascimentale della città
ideale in Leonardo si concretizza in un disegno urbanistico che, oltre
al rigore geometrico, si caratterizza per la perfetta integrazione
con una rete di canali che doveva servire sia per scopi commerciali
sia come sistema fognario. Gli edifici, inoltre, erano concepiti come
delle macchine idrauliche che, per mezzo di sistemi meccanici di sollevamento,
distribuivano l'acqua in tutte le stanze e nelle botteghe artigiane
dove l' energia idraulica azionava vari tipi di macchine operatrici.
 
_1
Macchine e studi sul volo
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_2xx Macchine da guerra
101 ~ Vite Aerea ~ Manoscritto B, f. 83v (1489).


 



101_mB83v_01
 

101_mB83v_02



101_mB83v_03
 Fra le macchine volanti concepite da
Leonardo, la vite aerea costituisce un'alternativa ai modelli ad ala
battente. La particolarità di questa macchina consiste nell'ipotesi
tecnico-scientifica su cui si basa la possibilità di volare:
l'enorme vela ad elica ruotando doveva avvitarsi nell'aria sollevando
la macchina. Leonardo si richiama qui al principio della vite dal
quale fu affascinato fin dalla gioventù quando, a Firenze,
aveva visto all'opera le macchine per il sollevamento dei pesi ideate
da Brunelleschi. Questa ipotesi del volo presuppone anche l'idea che
l'aria abbia un certo spessore materiale, necessario perché
la vite possa procedere attraverso esso.




102 ~ Esperimento Con Ala Battente ~ Manoscritto
B
, f. 88v
(1487-1489).


 





102_mB88v_01
 

102_mB88v_02





102_mB88v_03
 Macchina
sperimentale utilizzata per verificare la capacità della forza umana di
battere con sufficiente energia l'ala della macchina. Secondo un'altra
interpretazione, la stessa macchina potrebbe essersi dimostrata utile
per verificare anche il comportamento dell'ala stessa durante i forti
movimenti che avrebbe dovuto compiere in fase di utilizzo.


103 ~ Struttura Alare ~ Manoscritto
B
, f. 74r
(1488).


 



103_mB74r_01
 

103_mB74r_02


 Dopo lunghissime osservazioni sul volo
e sull' anatomia degli uccelli, Leonardo concepisce questa struttura
ad imitazione dello scheletro di un pipistrello.


104 ~ Meccanismi per Ali ~ Codice Atlantico, f.
1051r (1480-1485)
.
 



104_ca1051r_01
 




 La vite doppia inversa consente di velocizzare
le corse rettilinee necessaria per far muovere l'ala: con mezzo giro
della leva la corsa viene duplicata. La campanella è il punto
dove viene agganciata l'estremità inferiore dell'ala.


105 ~ Studio della Libellula ~ Codice di Ashburnham I, f. 10v.
 



105_man-Bx-10v_01


 

105_man-Bx-10v_01



105_man-Bx-10v_01
 In
origine si trattava del primo foglio del Manoscritto B, opera di
Leonardo dedicata soprattutto allo studio di possibili macchine
volanti. Si presume che il genio di Vinci abbia iniziato gli studi di
queste macchine partendo da un'ispirazione di natura biologica,
osservando insetti e animali volanti, come in questo caso una
libellula.


106 ~ Studio per Ali Artificiali ~ Codice Atlantico, f.
844r .
 



106_ca844r_01


 

106_ca844r_02



106_ca844r_03
 Questo
è lo studio delle strutture meccaniche per imitare il movimento delle
ali degli uccelli. Leonardo sembra intenzionato a sperimentare questi
meccanismi realizzando un modellino in scala ridotta ricoperto di penne
d’uccello. Quando l’asta inferiore viene messa in moto, l’ala viene
mossa su e giù, contemporaneamente vengono tirati dalla carrucola i
tiranti che piegano le punte finali dell’ala.


107 ~ Macchina Volante ~ Manoscritto B, f. 74v - 75r .


 



107_Man-B-075r_01


 

107_Man-B-075r_02



107_Man-B-075r_03
 

Una delle versioni di macchina volante
progettata da Leonardo.

La posizione del pilota era supina e i meccanismi venivano azionati
con due pedali.


108 ~ Struttura alare articolata ~ Manoscritto B, f. 74v - 75r .
 



108_ca858r_01


 

108_ca858r_02



108_ca858r_03
 

Una delle diverse versioni di macchina
volante progettata da Leonardo.

Questo aliante poteva muovere le ali in su ed in giù tramite
il movimento alternato di due pedali.


109 ~ Aliante ~ Codice di Madrid I, f. 64r


 



109_mad64r_01


 
 

Il
progetto dell'aliante è tra i più originali tra quelli sul volo. Il suo
funzionamento è molto simile a quello di un moderno aquilone: la
struttura planante in tela è manovrabile tramite due coppie di corde
che permettono di spostarla a destra/sinistra e su/giù in modo da
direzionare il mezzo.


110 ~ Macchina volante - aliante ~ Codice Atlantico, f. 70r .
 



110_ca70r_01


 

110_ca70r_02



110_ca70r_03
 

Nel foglio 70r
troviamo il progetto per una macchina volante: in alto, i disegni
rappresentano la piegatura delle ali viste lateralmente; al centro, un
disegno molto leggero presenta la vista complessiva frontale con una
sagoma umana posta al centro; in basso, c’è il disegno dettagliato
dell’ala sinistra e a lato i particolari d’aggancio alla struttura
centrale.


111 ~ Ornitottero ~ Manoscritto B, f. 80r .
 



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111_B80r_02



111_B80r_03
 

 


112 ~ Studi sul volo degli uccelli ~ Codice sul volo, f. 15v


 
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MiSsBlackWhitE
view post Posted on 8/12/2010, 00:21     +1   -1




fantastico O.O
 
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.:._Silver_.:.
view post Posted on 8/12/2010, 00:23     +1   -1





_2
Macchine da guerra
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_2xx Macchine da guerra
201 ~ Bombarda Multipla ~ Codice
Atlantico
, f. 1ar (1503-1505).
 



201_ca1r_01


   Si tratta di una speciale casamatta
capace di sparare a ripetizione proiettili su più fronti. Dal
disegno si possono ipotizzare varie destinazioni d’uso: navali
e terrestri. Questo modello la rappresenta nella versione montabile
su una torre.



202 ~ Bombarda a frammentazione ~ Codice
Atlantico
, f. 33r (1504).
 



202_ca1r_01


 

202_ca1r_02



202_ca1r_03
 Questa enorme bombarda che ricorda la
forma del mortaio, lancia proiettili esplosivi che in aria si frammentano
cadendo a grappolo sui nemici.


203 ~ Ponte d'Assalto ~ Codice
Atlantico
, f. 1074r (1500).
 



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203_ca1074r_02



203_ca1074r_03
 Nel
manoscritto ci sono due versioni di un ponte militare d’assalto.
Studiato per essere trainato o spinto sull’altra sponda di un fiume,
proteggeva i soldati con lo scudo frontale e con la copertura in legno.
Nella seconda versione, la punta è apribile dall’interno ed il ponte si
muove con una manovella posteriore.


204 ~ Circumtronico ~ Manoscritto B, f. 82v (1503,1505).
 



204_mB82v_01


 

204_mB82v_01
 Questa particolare imbarcazione che
sembra dotata di una serie di bombarde a ripetizione, è in
realtà un'ipotesi, una sorta di esperimento mentale per neutralizzare
gli effetti dell'contraccolpo. Diversamente a quanto lascia credere
il disegno, Leonardo annota che lo sparo deve avvenire simultaneamente
in due bombarde contrapposte.


205 ~ Carroarmato ~ London, British Museum, Popham n. 1030 (1485).
 



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205_BB1030_02



205_BB1030_03
 Il carro armato può essere visto come
un circumtronico terrestre. Si muove su quattro ruote motrici azionate
da un sistema di leveraggi a manovella e, come una casamatta, può
sparare in ogni direzione.

206 ~ Carro Falciante ~ Torino, Biblioteca Reale, f. 15583r (1485).
 





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206_BB1030_02



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 Il carro falciante è una micidiale
arma da combattimento campestre di tradizione antica. Il modello di
Leonardo monta delle micidiali lame ruotanti in orizzontale azionate
per mezzo di una trasmissione che prende il moto dall'asse delle ruote.
Una variante prevede l'azionamento per mezzo di una giostra manuale.

207 ~ Bombarda Smontabile ~ Codice Atlantico, f. 154br (1478-1485).
 



207_ca154r_01


 

207_ca154r_02
 La bombarda è un cannone fuso in più
parti le quali vengono montate insieme per mezzo di un accoppiamento
filettato. Le enormi dimensioni rendevano difficile il trasporto e
la messa in opera. Anche il sistema di puntamento non era agevole
e fu presto abbandonata in favore delle artiglierie di calibro minore
realizzate in monofusione.

208 ~ Artiglieria con Alzata a Pioli ~ Codice Atlantico, f. 32r (1482)
 



208_ca32r_


   Questa soluzione permette di variare l'altezza
di tiro agevolmente spostando i fermi lungo la ghiera forata.

209 ~ Balestra Gigante ~ Codice Atlantico, f. 149r (1500)
 




209_ca149r_01



 

209_ca149r _02
 Si tratta dello studio fantastico di un'enorme
balestra destinata più a suscitare stupore che ad essere effettivamente
costruita. Per caricarla Leonardo prevedeva l'utilizzo di un tenditore
a vite.

210 ~
Cannone a Vapore
~ Manoscritto B, f. 33v (1488).
 



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007_ca33v_02





007_ca33v_03
 Questo
cannone, che fu realmente costruito duecento anni dopo che Leonardo ne
aveva fermata l'idea sulla carta (durante la guerra di secessione
americana), funziona utilizzando come propulsione l'espansione del
vapore. Quando la culatta del cannone è incandescente, attraverso una
valvola, vi si immette dell'acqua che, trasformandosi immediatamente in
vapore, si espande generando la forza necessaria al lancio del
proiettile.

211 ~ Catapulta ~ Codice Atlantico, f. 140abr (1485-1490)
 



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211_ca140r_02
 Molti
sono i progetti di catapulte. Questa sfrutta un particolare congegno a
doppia balestra che produce una quantità di energia molto elevata per
scagliare i proiettili, di pietra o di materiale incendiario, a
distanze anche considerevoli. Le operazioni di carica delle due grosse
balestre avvenivano attraverso una manovella posta sul lato della
catapulta stessa.

212 ~ Mitragliatrici ~ Codice Atlantico, f. 157r (1482)
 



212_ca157r_01


 

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212_ca157r_03
 Questo
mitragliere era dotato di una notevole capacità di tiro. I cannoni, una
volta caricati e pronti all'esplosione, garantivano la copertura di un
ampio raggio di azione. La struttura era facile da trasportare e
quindi, se necessario, poteva essere puntata su un obiettivo diverso.
La regolazione dell'altezza di tiro dei cannoni avveniva per mezzo di
una manovella posizionata nella parte posteriore della macchina.

213 ~ Fortezza ~ Codice Atlantico, f. 117r (1507-1510)
 



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 Progetto di una fortezza in grado di imporre
una grande resistenza agli attacchi nemici.

214 ~ Sistema di fortificazione ~ Codice Atlantico, f. 139r (1482-1510)
 





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214_ca139r_03
 Sistema
difensivo per castelli con le mura dritte di tipo medioevale.
All'interno del castello sono posti i meccanismi che, tramite trazione
a corda o a manovella, fanno leva su un grosso pettine che spinge fuori
dalle mura una sbarra trasversale. In questo modo vengono spinti giù
dalle mura gli assalitori che tentano di entrare con lunghe scale.

215 ~ Vascello Corazzato ~ Codice Atlantico, f. 172r (1487-1489).
 



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215_ca172r_06
 Questa speciale barca da assalto rientra,
probabilmente, in quella serie di progetti che Leonardo presentò
a Ludovico il Moro per ottenere un incarico da ingegnere. Si tratta
del disegno di un'imbarcazione leggera dotata di una prua corazzata
in metallo, che serve per speronare l'imbarcazione nemica, e uno scudo
ruotante, che si apre nel momento dell'arrembaggio. Il sistema di
propulsione non è disegnato, ma possiamo immaginare un dispositivo
a pale ruotanti.

216 ~ Pianale con ruote chiodate ~ Biblioteca Reale, f. 1030 (1485).
 



216_BB1030_01




   Progetto del Pano per la movimentazione del
carroarmato a trazione umana dotato di ruote chiodate per una migliore
presa sul terreno.

217 ~ Spingarda a mantello ~ Codice Atlantico, f. 32r.
 



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 Arma dotata di una tettoia per proteggere l'artigliere.

218 ~ Carro da guerra con pallo di piombo ~ Windsor, Royal Library, f. 12653r (1485).
 



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   Variante del carro falciate, arma da combattimento
campestre di tradizione antica. Questo modello di Leonardo monta dei
micidiali palli di piombo.

219 ~ Carro da guerra con mazze ~ Windsor, Royal Library, f. 12653r (1485).
 



219_BB1030_01




   Variante del carro falciante, arma da combattimento
campestre di tradizione antica. Questo modello di Leonardo monta delle
micidiali mazze.

220 ~ Accendi cannone ~ Codice Atlantico, f. 158r
 



220_ca158r_01




   Meccanismo
per aprire il cartoccio e, nello stesso tempo, dar fuoco alla carica.
La miccia è stretta dalle ganasce del "serpente" e viene accesa quando
si tira il grilletto.

221 ~ Armi e armature ~ Manoscritto B.
 



221_B_01




 

221_B_02



221_B_03
  


 
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_3
Macchine idrauliche e su acqua
top
 

_2xx Macchine da guerra
301 ~ Ponte a due Piani ~ Manoscritto
B
, f. 23r
 



301_mB20r_01


 

301_mB20r_02



301_mB20r_03
 Questa soluzione ci sorprende per la
sua modernità e richiama alla memoria i ponti di alcune metropoli
di oggi. Leonardo non ci dice la sua destinazione, ma il disegno parla
chiaramente e fa pensare ad un sistema per organizzare la circolazione
nei due sensi di marcia senza che si creino intralci al traffico dovuti
al doppio senso. Molto probabilmente Leonardo ha qui in mente la sua
città ideale dove gli spazi destinati al lavoro e quelli destinati
al tempo libero sono realizzati su due livelli separati.



302 ~ Ponte
girevole su barche
~ Codice Atlantico, f. 857r
 



302_ca857r_01


 

302_ca857r_02



302_ca857r_03
 Il ponte di barche è una soluzione
pensata per l'attraversamento di fiumi con acque tranquille. Costruito
sopra una fila di barche o botti, per mezzo di un argano, il ponte
può essere fatto ruotare fino a farlo alloggiare in un'apposita
nicchia ricavata sull'argine.


303 ~ Trafilatrice ~ Codice
Atlantico
, f. 10r (1500).
 



301_mB20r_01


 

301_mB20r_02



301_mB20r_03
 Studio
di una macchina alimentata da un motore idraulico per trafilare doghe
di ferro destinate alla produzione di armi da fuoco. Grazie al sistema
di viti e ruote, i meccanismi di trazione e compressione sono
sincronizzati in modo da produrre un profilato a sezione decrescente.
Interessanti sono anche i suggerimenti di Leonardo che spiega come
moltiplicare la potenza di trafilatura aggiungendo più ingranaggi.

304 ~ Elevatore
d'acqua pneumatico
~ Codice Atlantico, f. 5r (1500).
 



_304_ca5r_01


 
 Un mantice spinge all'interno di una
conduttura un flusso d'aria intermittente sollevando l'acqua dal
fondo del pozzo, dotato di opportune valvole di ritegno, nella vasca
di raccolta in alto.



305 ~ Sega Idraulica Automatica ~ Codice Atlantico, f. 1078r (1500).




 



305_ca1078_01


 

305_ca1078_02



305_ca1078_03
 L'abbinamento del motore idraulico con
il dispositivo biella manovella permise di automatizzare il movimento
delle macchine operatrici. Il disegno più antico di sega idraulica
si trova nel taccuino dell'architetto ingegnere medievale Villard
de Honnecourt (1270). Il modello di Leonardo, derivato da Francesco
di Giorgio, è dotato di un particolare dispositivo di fermo
che mantiene il pezzo di legno in lavorazione aderente alla lama durante
il taglio.

306 ~ Pompa
perpetua a stantuffo
~ Codice Atlantico, f. 7v (1500).
 



306_ca7v01


 

306_ca7v_02



306_ca7v_03
 Il peso dei contenitori riempiti dall'acqua
pompata dal pozzo fa ruotare le camme che generano il movimento alternato
dei pistoni della pompa. Questa macchina dovrebbe muoversi di moto
perpetuo. Molti ingegneri rinascimentali si impegnarono nella realizzazione
di questo progetto che era destinato a rimanere un sogno tecnologico.
Sarà Leonardo che dopo attenti studi e non pochi esperimenti
ne dimostrerà l'impossibilità (CA 922v).




307 ~ Elevatore
d'acqua a coclea o "vite d'Archimede"
~ Codice Atlantico, f. 386r (1500).
 





307_ca386r_01


 

307_ca386r_02
 Grazie all'integrazione di un motore
idraulico con due viti d'Archimede, Leonardo riesce ad automatizzare
il riempimento di un serbatoio (torre), avendo sempre a disposizione
una scorta d'acqua da poter essere distribuita agli utilizzatori.




308 ~ Pompa
a catena
~ Manoscritto B, f. 45v (1500).
 





308_msB45v_01


 

308_msB45v_02



308_msB45v_03
 Per mezzo di una ruota calcatoria si
aziona la catena di sfere; queste, essendo calibrate sul diametro
della conduttura, sollevano l'acqua fino alla superficie.




309 ~ Ponte
Canale
~ Codice Atlantico, f. 126v (1500).
 





309_ca127r_01


 

309_ca127r_02
 Questo
ponte è una struttura fondamentale per la realizzazione di canali
artificiali navigabili, il cui percorso si trova ad intercettare fiumi
o torrenti.




310~
Ponte Girevole
~ Codice Atlantico, f. 855r
 



310_ca312r_03
 

310_ca312r_02



310_ca312r_03
 Per
mezzo di un articolato sistema di argani e rulli di scorrimento, il
ponte viene fatto ruotare di 90° permettendo il passaggio
d'imbarcazioni.


311 ~ Ponte su cavalletti ~ Codice Atlantico, f. 55r
 



311_ca16v_01


 

311_ca16v_02



311_ca16v_03
 Concepito per scopi militari, questo ponte viene costruito a sbalzo di
campata in campata legando le travi orizzontali ai cavalletti
verticali.

312 ~ Contatore
per Acqua
~ Manoscritto G, f. 93v
 





312_MsG93v_01


 

312_MsG93v_02



312_MsG93v_03
 Sistema per calcolare l'acqua consumata
o per calcolare l'acqua venduta.

313 ~ Sottomarino ~ Codice Atlantico, f. 811r
 



313_ca881_01


 

313_ca881_02



313_ca881_03
 Progetto di una barca sommergibile per
il trasporto di persone.

314 ~ Barca a Pale a manovella ~ Codice Atlantico, f. 1063 r (1487-1489).
 



314_ca1063r_01
 

314_ca1063r_02



314_ca1063r_03
 Se una ruota a pale sfruttando l'energia
dell'acqua corrente permetteva di mettere in movimento gli alberi
motori delle macchine operatrici, era possibile anche il contrario:
mettendo in movimento manualmente l'albero a gomito era possibile
usare le pale della ruota come una serie di remi che in successione
colpivano l'acqua facendo avanzare la barca. Anche questa speciale
imbarcazione è un invenzione medievale e Leonardo ce ne offre
una versione aggiornata che prevede il montaggio di due volani sull'
asse delle manovelle di azionamento.

315 ~ Ponte
sul Corno d'Oro
~ Manoscritto L, f. 66r.
 





315_L66r_01


 

315_L66r_02





315_L66r_03
 Questo ponte "che si fa spalla da se medesimo" fu ideato da Leonardo su incarico del sultano Bajaset II per il collegamento di Istanbul con Galata.

316 ~ Svuotacanale ~ Codice Atlantico, f. 156r .
 





316_ca156r_01


   Dispositivo per lo svuotamento di canali
artificiali

317 ~ La "Draga Lacustre" ~ Manoscritto E, f. 75v.
 



317_MsE75v_01


 

317_MsE75v_02



317_MsE75v_03
 

Una macchina studiata per eliminare i depositi
di fango che in inverno si accumulano nei porti e sul letto dei
fiumi,ostacolando la navigazione.

Costituita da due barche parallele sulla quale sono montati quattro
bracci regolabili in altezza.

La draga disegnata da Leonardo Propone una struttura simile al "cavafango"
di Francesco di Giorgio, differenziandosi però da essa per
il sistema di azionamento, una manovella montata sull'asse della
ruota avvolge una corda che ancorata sulla sponda permette l'avanzamento
della lavorazione.


318 ~ Barca a pale a pedali ~ Codice Atlantico, f. 945 r.
 



318_ca945r_01


 

318_ca945r_02



318_ca945r_03
 

Questo
progetto è molto simile alla barca a pale azionate da manovelle; in
questo caso il dispositivo a pale rotanti è azionato da un congegno a
propulsione a pedali.


319 ~ Cavalletti e giunture cordate ~ Codice Atlantico, f. 58v.
 



319_ca58v_01


 

319_ca58v_02
 

In
questi fogli, in tutto cinque di cui quattro uniti assieme, sono
presenti numerosi cavalletti. Leonardo studia il modo in cui tenere
compatti dei cavalletti, forse per realizzare ponti o strutture.
Suggerisce di non usare chiodi, che col tempo lascerebbero la presa.
Cerca di trovare un modo efficiente di utilizzare delle corde e dei
nodi speciali che mantengano la presa, stabile, ferma e automordente.



 
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319_ca58v_02
 

In
questi fogli, in tutto cinque di cui quattro uniti assieme, sono
presenti numerosi cavalletti. Leonardo studia il modo in cui tenere
compatti dei cavalletti, forse per realizzare ponti o strutture.
Suggerisce di non usare chiodi, che col tempo lascerebbero la presa.
Cerca di trovare un modo efficiente di utilizzare delle corde e dei
nodi speciali che mantengano la presa, stabile, ferma e automordente.


_4
Macchine da lavoro ed edili
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_2xx Macchine da guerra
401 ~ Meccanismo per lo studio del moto
alternato
~ Codice Atlantico, f.
30v
 



401_ca30_v01


 

401_ca30v_02



401_ca30v_03
 Un
progetto di studio per la trasformazione del moto alternato in moto
continuo. In questa macchina lo sforzo era compiuto per il sollevamento
di un grave da terra. Un operatore, muovendo una leva in avanti e
indietro, attivava il meccanismo per cui una fune poteva avvolgersi
attorno a un perno centrale in rotazione.




402 ~ Trivellatrice ~ Codice Atlantico, f.
1089v


 



402_ca1089v_01


   Realizzazione di una macchina trivellatrice
dotata di mandrino autocentrante.

403 ~ Macchina automatica per l'intaglio di lime ~ Codice Atlantico, f.
24v
 



403_ca24r_01


 

403_ca24r_02



403_ca24r_ 03
 Questa
macchina produceva lime in modo automatico. Un corpo sospeso ad una
fune, in virtù del suo peso e quindi per la forza di gravità, la faceva
scorrere. Azionando vari meccanismi, la lima poteva avanzare e,
contemporaneamente, essere percossa dal martello collegato. Ad ogni
percussione del martello di ferro si formava un intaglio nel metallo.

404 ~ Escavatrice ~ Manoscritto L, f. 76v
 



104_ca1051r_01


 




 Dispositivo studiato per la realizzazione
di canali.

405 ~ Gru Saliscendi ~ Codice Atlantico, f. 3r e 4r (1503,1504)
 



405_ca4r_01





405_ca4r_04
 



405_ca4r_02



405_ca4r_03



405_ca4r_05



405_ca4r _06



 Leonardo
progetta questa macchina per velocizzare le operazioni di rimozione
della terra durante gli scavi per la realizzazione di canali. Essa è in
grado di spostarsi grazie a un ingegnoso sistema di rotaie e viti per
seguire l' avanzamento dei lavori. Si tratta di un'enorme gru a doppio
braccio azionata da una sola corda che funziona sul principio del
saliscendi: le squadre di scavatori lavorano su tre livelli
sincronizzando le loro operazioni in modo che ogni volta che un
contenitore di terra è pieno viene sollevato rispedendo in basso il
contenitore scarico per mezzo del peso dei lavoratori, che lo
utilizzano come ascensore per tornare sul posto di lavoro. Il lavoro
era organizzato nel seguente modo: mentre una squadra di scavatori
riempiva il cassone in basso, un' altra squadra scaricava il cassone
legato all'altro capo della corda fuori dal canale. Quando il cassone
in basso era riempito, la squadra all'esterno, che nel frattempo aveva
recuperato energie, saltava dentro il cassone raggiungendo il proprio
posto di lavoro, mentre gli operai in basso uscivano dal canale e
andavano a scaricare il cassone pieno di terra.

406 ~ Mola per specchi concavi ~ Codice
Atlantico
, f. 87r .
 





406_ca87r_01


 

406_ca87r_02



406_ca87r_03
 Azionando
una sola manovella, il moto rotatorio si trasferiva contemporaneamente
a due dischi di pietra su due assi diversi. Questi dischi, combinando i
rispettivi moti rotatori, sortivano l'effetto di scavare e levigare lo
specchio posto sul disco orizzontale.

407 ~ Gru girevole ~ Codice Atlantico
 



407_01


   Il
disegno potrebbe non essere di Leonardo e mostra il progetto di una gru
in grado di ruotare attorno ad un perno. La macchina ricalca le gru
diffuse nel periodo rinascimentale, del tipo utilizzate anche dal
Brunelleschi.


408 ~ Gru rotante a base circolare ~ Codice
Atlantico
 



408_01


   Gru
elevatrice in grado di ruotare attorno ad una base di forma circolare.
Il disegno potrebbe non essere di Leonardo ed è forse la copia della
macchina utilizzata dal Brunelleschi per montare la palla dorata sul
Duomo di Firenze.

409 ~ Test per la resistenza dei fili ~ Codice
Atlantico
, f. 222r
 



409_01


   Macchina
per testare la resistenza dei fili. Il filo da testare viene appeso al
braccio della macchina e viene fissato alla sua estremità un secchio;
questo viene riempito gradualmente con sabbia o altro materiale
proveniente dalla cassa tramite un foro. La crescente tensione dovuta
al peso spezzerà ad un certo punto il filo, la cui resistenza è quindi
rappresentata dal peso del secchio nel momento della rottura.


410 ~ Scala ~ Codice Atlantico, f. 30v
 



410_ca30v_01


   Nel
foglio 30v, dedicato al moto alternato, si trova un piccolo disegno che
rappresenta delle scale a pioli modulari con sistema di aggancio a
incastro per variare le altezze.


411 ~ Cuscinetti a sfera
~
Codice di Madrid, f. 101v
 



411_mad101v_01


  Progetto di cuscinetti a sfera di Leonardo.
I cuscinetti sono di varie fogge per sostenere un'asse verticale.
Leonardo introdusse ciò che oggi si chiama "spinta sostenuta":
varie tipologie di forme portanti sostengono il peso di un albero
verticale.

412 ~
Cuscinetto
a tre sfere
~
Codice di Madrid, f. 101v
 



412_mad101v_01


   

Leonardo introdusse quello che oggi
si chiama "cuscinetto di spinta". Nel Codice di Madrid si introduce
l'impiego di cuscinetti a sfere e a rulli e vi è uno schizzo
ove viene presentato un cuscinetto paragonabile ai moderni cuscinetti
di spinta a sfere.

Il perno conico impaccato in un gruppo compatto di tre cuscinetti
a sfere è il meccanismo reinventato negli Anni '20 per la
strumentazione degli aerei per il volo cieco.


413 ~ Cuscinetto a coni
~
Codice di Madrid, f. 101v
 



413_mad101v_01


   

Nel Codice di Madrid, il testo estremamente
interessante di Leonardo dimostra la sua conoscenza dei problemi
di attrito nei cuscinetti a rulli.

Leonardo realizza uno studio dei cuscinetti a rullo ed è
favorevole alla soluzione che incorpora tre rulli conici che sostengono
un perno munito di testa conica della stessa misura e forma dei
rulli.


414 ~ Cuscinetto cilindrico
verticale ~
Codice di Madrid, f. 101v
 



414_mad101v_01


   

Al tempo di Leonardo venivano largamente
impiegate per il sollevamento di carichi pesanti le binde, azionate
girando una vite. La loro utilità era però limitata
perchè, sotto una forte pressione, si sviluppava un grande
attrito fra il dado girante e il disco su cui esso pesava.

Tra gli studi di Leonardo per ridurre l'attrito fra il dado girante
e la placca della binda, vi è anche la tipologia del cuscinetto
cilindrico verticale .


415 ~ Cuscinetto cilindrico
orizzontale ~
Codice di Madrid, f. 101v
 



415_mad101v_01


   Nei suoi studi, Leonardo giunse a formulare
parecchi principi generali sull'attrito e inventò veri e propri
cuscinetti a sfere e a rulli, anticipando sin nei particolari quelle
componenti così essenziali ai meccanismi moderni, dai pattini
a rotelle alle automobili. Una di queste è il cuscinetto cilindrico
orizzontale.

416 ~ Cambio velocità ~ Codice di Madrid, f.
9r .
 





416_mad9r_01



   


417 ~ Cordatrice a 3 fili con peso ~ Codice Atlantico, f.
13r .
 





417_ca13r_01



 

417_ca13r_02



417_ca13r_03
 Con
la stessa cura estetica del foglio 12, qui viene presentata una
cordatrice con tre fili messi in torsione da un’unica manovella. Il
peso a destra mantiene in tensione la bobina e le corde mentre queste
vengono attorcigliate. Le rifiniture del disegno fanno pensare che sia
stato realizzato per una presentazione.

 
 
_5
Macchine sceniche
top
 

_2xx Macchine da guerra
501 ~ L'automobile di Leonardo ~ Codice Atlantico, f.
812r
(1478-1480).
 



501_ca812r_01


 

501_ca812r_02



501_ca812r_03
 

Il
famoso disegno che presenta un carro semovente è, in realtà, un
complesso sistema per un automa, un effetto scenico teatrale. Il
disegno superiore presenta un primo progetto abbandonato. Al centro, la
vista superiore dell’automa programmabile. Il sistema è caricato a
molla, le balestre sono sistemi ausiliari e le rotelline inferiori sono
il sistema di scappamento. I particolari disegnati intorno alla figura
centrale sono studi sui sistemi di freno e ancoraggio dei sistemi
ausiliari.



L'automobile" di Leonardo on-line



http://brunelleschi.imss.fi.it/automobile/index.htm



Virtual exibit


502 ~ Allestimento teatrale per l'Orfeo ~ Codice Arundel, f. 231v (1507)
 



502_ca50r_01


 

502_ca50r_02



502_ca50r_03
 

Leonardo progettò molti apparecchi
teatrali. Qui vengono rappresentate le ingegnose quinte a scomparsa
che apparivano durante le scene teatrali.
Questa in particolare venne allestita per la rappresentazione dell'Orfeo.



503 ~ Camera degli specchi ~ Manoscritto B, f. 28r
 



503_mB28r_01


   Si tratta di un dispositivo che permetteva
di studiare i segreti della riflessio


 
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_6
Macchine per la musica
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_2xx Macchine da guerra
601 ~ Tamburo automatico ~ Codice Atlantico, f.
837r .
(1503-1505).
 



601_ca837r_01


 

601_ca837r_02



601_ca837r_03
 Il
progetto rappresenta un carro dotato di un sistema a tamburo
automatico. Trainato o messo in funzione con una manovella, gli
ingranaggi fanno ruotare i due tamburi laterali dotati di pioli
(camme). Questi pioli, riposizionabili, fanno muovere i dieci bastoni,
cinque per lato, che battono sul grosso tamburo posteriore. Cambiando
la posizione dei pioli cambia il ritmo della musica.


602 ~ Lira a forma di teschio ~ Codice di Asburnham I, f. Cr
 



602_codAsb_01


 

602_codAsb_02
 Un progetto di una lira destinato probabilmente
ad un utilizzo più scenico che strumentale. L'idea di utilizzare
parti di animali come cassa di risonanza per strumenti musicali ha
origini preistoriche.


603 ~ Piano - Viola ~ Codice Atlantico, f.
93r
(1503-1505).
 



603_ca93r_01


 

603_ca93r_02



603_ca93r_03
 Nel foglio 93r
sono presenti i meccanismi che definiscono uno strumento musicale
portatile. In basso al centro se ne vede l’aspetto esterno. Si indossa
sulla vita e viene suonato con entrambe la mani su una tastiera simile
a un pianoforte. All’interno, un complesso sistema a pulegge e camme
avvicina di volta in volta le corde a un crine in movimento, producendo
un suono simile a una viola. Il crine interno è in continuo movimento
grazie a un sistema con pulegge e volano, azionato dalle gambe del
suonatore. Si tratta di una piano-viola automatica scoperta solo
recentemente.

604 ~ Tromba a doppio mantice ~ Codice Madrid II , f. 76r
 



604_MII76r_01


 

604_MII76r_02
  


 
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_7
Macchine varie
top
 

_2xx Macchine da guerra
701 ~ Torchio a stampa ~ Codice Atlantico, f.
995r
(1478-1482).
 



701_ca995_01


 

701_ca995_02



701_ca995_03
 Il
torchio è messo in funzione dalla leva a destra che, fatta ruotare,
schiaccia la pressa con una grossa vite. Contemporaneamente, la grossa
ruota dentata superiore fa girare una carrucola, che tira sotto la
pressa il piano su cui appoggiare la carta. Con un solo gesto la pressa
carica il foglio e imprime la pagina.


702 ~ Odometro ~ Codice Atlantico, f.
1r
(circa1504).
 



702_ca4r_01


 

702_ca4r_02



702_ca4r_03
 L'odometro
è un piccolo carro con ingranaggi, che serviva a misurare le distanze
percorse tramite il conteggio di sassolini e di battiti sonori.

703 ~ Compassi ~ Codice Atlantico, f.
696r
(1514-1515).


 



703_ca696r_01


 

703_ca696r_02



703_ca696r_03
 Compasso a branche con anello circolare esterno,
senza perno.



Compasso con sistema di apertura a bracci mobili. L'ultimo dei 3 perni
si incassa al centro.

704 ~ Il cavallo in bronzo degli Sforza ~ Codice di Madrid a, f. 157r - Codice
Atlantico
, f. 147r (1500)


 



704_mad157r_01


 

704_mad157r_02



704_mad157r_03
 Modello del cavallo per la realizzazione del
monumento equestre di Francesco Sforza. Sembra che nel 1493 il modello
fosse già pronto ma la fusione in bronzo non fu mai realizzata

705 ~ Strumenti per la realizzazione del cavallo degli Sforza (Anima strutturale interna) ~ Codice di Madrid f. 157v (1500)


 



705_mad157v_01


 

705_mad157v_02


 Si tratta dell'anima strutturale interna del
cavallo degli Sforza.




706 ~ Strumenti per la realizzazione del cavallo degli Sforza (Meccanismo di colata) ~ Codice di Madrid f. 149r (1500)


 



706_mad149r_01


 

705_mad149r_02



705_mad149r_03
 Si tratta del meccanismo di colata del bronzo
per la realizzazione del cavallo degli Sforza.




707 ~ Strumenti per la realizzazione del cavallo degli Sforza (Forno) ~ Codice
di Madrid
f. 154r (1500)


 



707_mad154r_01


 

705_mad154r_02



705_mad154r_03
 Si tratta del forno per la realizzazione del
cavallo degli Sforza.




708 ~ Strumenti per la realizzazione del cavallo degli Sforza (Macchina Piegacavallo) ~ Codice di Madrid f. 154r (1500)


 



708_mad154r_01


 

708_mad154r_02


 Si tratta di un particolare dispositivo meccanico
che consente la piegatura del cavallo.




709 ~ Strumenti per la realizzazione del cavallo degli Sforza (Sollevatore) ~ Codice
di Madrid
f. 157r (1500)


 



709_mad157r_01


 

709_mad157r_02
 Si tratta di un particolare dispositivo meccanico
che funziona da sollevatore.




710 ~ Lampadario ad olio ~

 



710_01


   Lampadario da muro. Quattro contenitori ad
olio erano appesi tramite catene al soffitto.

711 ~ Valvola ~ Codice
di Madrid
 



711_01


   L'immagine
mostra un tubo in sezione con applicato il meccanismo pensato da
Leonardo. Se l'acqua si muove dal basso verso l'alto, la valvola si
sposta nella stessa direzione, permettendo il passagio di liquido; in
caso contrario si sposterà verso il basso in modo tale che il cono
ostruisca il tubo.

712 ~ Elevatore trasportabile articolato ~

 



712_01


   Carrello con piano regolabile grazie ad un
martinetto a vite che permette l'apertura o la chiusura a forbice
dei montanti verticali.

713 ~ Girrarosto ~ Codice
Atlantico
, f. 21 (1500).
 



713_01


   Leonardo
pensa a due tipologie di girarrosti: nel primo gli spiedi vengono
azionati da un complesso cinematismo a ingranaggi messi in rotazione da
un motore a pesi. Curioso è il sistema di freno costituito da un
mulinello munito di quattro penne. Nel secondo modello lo spiedo è
azionato grazie alla forza della corrente d’aria calda che sale nel
camino, che mette in movimento una ventola alla quale è collegato un
sistema di trasmissione del moto.

714 ~ Prospettografo con sfera armillare ~
 



714_01


  La
sfera armillare è una rappresentazione dell'universo così come
concepita secondo il sistema Tolemaico: la Terra è posta al centro e,
attorno ad essa, ruotano, nell'ordine, la Luna, i pianeti e il Sole.

Il prospettografo è un meccanismo per la riproduzione prospettica di
figure 3D su un piano che permette di copiare su una lastra trasparente
quello che si vede da un buco.

715 ~ Trivella ~ Codice Madrid I, f. 25v . (1500)
 



715_01


   Sistema di trapanazione idraulico per realizzare
tubazioni modulari. Curioso è il sistema a contrappeso pensato
per regolare in maniera automatica la discesa del modulo di legno:
variando il contrappeso varia la pressione del tronco sopra la trivella.

716 ~ Ricostruzione del castello di Vinci ~

 



716_01


   Tipico castello medioevale sito in Vinci.

717 ~ Sedia Savonarola ~

 



717_01


   Modello di sedia detta "Savonarola".
Realizzato sui rilievi dei modelli che si trovano al Castello Sforzesco
di Milano.

718 ~ Cassapanca ~

 



718_01


   Cassapanca realizzata sui rilievi dei modelli
che si trovano al Castello Sforzesco di Milano.

719 ~ Bracere ~

 



719_01


   Bracere realizzato sui rilievi dei modelli
che si trovano al Castello Sforzesco di Milano.

720 ~ Castelletto ~

 



720_01


    

721 ~ Distillatore ~ Codice Atlantico, f. 1114r


 



721_01


    

722 ~ Interfono ~ Manoscritto B, f. 23r
 



722_msB23r_01


    

723 ~ Studio di cattedrali a pianta centrale ~ Manoscritto B

 



723_msB_01


 



723_msB_02
  


 
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view post Posted on 8/12/2010, 00:40     +1   -1





_8
Studi Geometrici
top
 
_2xx Macchine da guerra
801 ~ Mazzocco ~ Codice Atlantico, f.
710r
 



801_ca710r_01


 
 Questo
disegno, chiamato dallo stesso Leonardo “Mazzocchio”, è composto di 32
sezioni con base ottagonale. Il disegno in assonometria è molto
complesso, perché tutte le facce sono bucate e mostrano la struttura
sottostante. Non è solo un esercizio grafico: a fianco, Leonardo
suggerisce dei metodi per costruirne una versione in cartone e cera e
una in piombo. Leonardo rappresenta anche la sezione di uno dei 512
componenti. I pezzi totali necessari sono 2048.
_2xx Macchine da guerra

802 ~ Prisma ~ Codice Atlantico, f. 518r
 



802_ca518r_01


 








 La
figura tridimensionale è una struttura a icosaedro. Probabilmente, si
tratta di un esercizio di disegno per poi realizzare quella definitiva
nel libro di Luca Pacioli, De divina proportione.

_2xx Macchine da guerra

803 ~ Ellissografo ~ Codice Atlantico, f. 1093r
 



803__01


 








 
_2xx Macchine da guerra

804 ~ Solido tridimensionale ~ Codice Atlantico, f.709r
 



804_ca709r_01


 



804_ca709r_02



804_ca709r_03




  

Le
Macchine di altri Ingegneri Rinascimentali
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_Baldassarre Peruzzi

_2xx Macchine da guerra
BP01 ~ Dighe ~


 



BP01_01


 

BP01_02
 Baldassarre Peruzzi dedicò diverso
tempo alla progettazione di dighe; qua vediamo rappresentate rispettivamente
due tipologie: la diga "Primo Modo" e diga "Quinto
modo" .
 
_Francesco Di Giorgio

_2xx Macchine da guerra
FDG01 ~ Barca "Battipalo" ~ Manoscritto 197.b.21, f.48v.
 



Fdg01_01


 

Fdg01_02



Fdg01_03
 

Questa macchina è essenzialmente
una piattaforma costruita sopra due barconi , sulla quale è
montato il motore per l'azionamento e l'incastellatura verticale
dove scorre il battipalo.

Il battipalo galleggiante serve per piantare grossi pali sul fondo
dei fiumi e dei laghi, trovando un impiego in operazioni come il
consolidamento degli argini, la costruzione degli sbarramenti fluviali
e dei ponti.


FDG02 ~ La barca cavafango ~ Manoscritto Saluzziano 148,
f. 64v
 



Fdg02_01


 

Fdg02_02



Fdg02_03
 Una macchina studiata per eliminare i depositi
di fango che in inverno si accumulano nei porti e sul letto dei fiumi,ostacolando
la navigazione.

Costituita da due barche parallele sulla quale sono montati quattro
bracci regolabili in altezza.

_Mariano di Jacopo, detto "il Taccola"

_2xx Macchine da guerra
MDJ01 ~ La "Barca Biscia" ~
 



Mdj01_01


 

Mdj01_02



Mdj01_03
 Progetto di un sistema di barche galleggianti
a giunti snodati.

MDJ02 ~ Cassone per fondare in acqua ~ Manoscritto Lat.
7239
, f. 13r.
 



Mdj02_01


 

Mdj02_02



Mdj02_03
 Attrezzatura semplice ed efficace con la quale
si potevano realizzare le fondamenta in acqua dei ponti e delle dighe.

Questa macchina è una piattaforma galleggiante con un'apertura
centrale attraverso la quale si cala in acqua un cassone di legno
impermeabilizzato che, successivamente, viene riempito di pietre.

MDJ03 ~ Barca "Cavapalo" ~ Manoscritto Palatino
766
, f. 35r.
 



Mdj03_01


 

Mdj03_02


 Si tratta di un semplice dispositivo a leva
montato su una barca che uno o più uomini possono azionare
facendo da contrappeso a una pinza autobloccante che, quando è
messa in trazione, si chiude sul palo estraendolo, ad esempio, dal
fondo di un lago.


_Vannoccio Biringuccio

_2xx Macchine da guerra
VB01 ~ Alesatrice ~

 



Vb01_01


 

Vb01_02



Vb01_03
 Macchina idraulica con la funzione di lavorare
e rendere liscio l'intero delle canne di armi da fuoco.
 
_Altre applicazioni di ingegneria rinascimentale.

_2xx Macchine da guerra
Va01 ~ Ruota ad impatto ~

 



Va01_01


 

Va01_02



Va01_03
 Le ruote verticali sono di tre tipi e si differenziano
secondo il modo in cui sono alimentate: ruote a impatto inferiore,
a impatto laterale, a impatto superiore.

Lo sviluppo di questo tipo di ruote idrauliche in età moderna
ha portato alla costruzione delle turbine idrauliche verticali che
vengono utilizzate quando sono disponibili alti dislivelli.

Va02 ~ Tastatore ~

 



Va02_01


 
 Un sistema di rilevazione per figure complesse
che veniva utilizzato già nell'antichità , può
essere considerato come precursore dei moderni sistemi di rilievo
ottici.

 
_Ricomposizione virtuale
delle pagine del Codice Atlantico

_2xx Macchine da guerra

 








 

Sono queste immagini inedite, ricostruzioni
composte di più fogli del Codice Atlantico e delle loro
parti mancanti. Si tratta del restauro virtuale del manoscritto
deteriorato dal tempo attraverso una sua ripulitura digitale dalla
polvere e da varie macchie provocate dal tempo.



















Codice Atlantico, foglio 132 recto unito al foglio 133 recto.





























Codice Atlantico, foglio 132 verso unito al foglio 133 verso.



 

 








 



























Codice Atlantico, foglio 266 recto unito al suo frammento della Collezione
di Windsor.





























Codice Atlantico, foglio 266 verso unito al suo frammento della Collezione
di Windsor.

 

 








 





























Codice Atlantico, foglio 44 verso unito al suo frammento tratto da
una Collezione Privata.


 
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Le opere di Leonardo Da Vinci


 
image  1469 - 1470 Madonna Dreyfus

15,7 x 12,8 - olio su tavola - National Gallery of Art, Washington



Conservata alla National Gallery di Washington, è attribuita da alcuni
a Leonardo e da altri a Lorenzo di Credi. Esiste, infatti, a Dresda un
disegno preparatorio per il panneggio attribuito a Lorenzo di Credi.



L'attribuzione a Leonardo è comunque incerta perché questa, come tutte
le opere realizzate nella bottega del Verrocchio, è un'opera realizzata
a più mani. Non è escluso comunque che Leonardo non abbia partecipato.



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Percentuale di attribuzione

Non
tutte le opere attribuite a Leonardo sono storicamente certe. Alcune
sono supposte, altre documentate, altre ancora sono state eseguite a
più mani.

  Cronologia Dipinti di Leonardo da Vinci

La
barra grafica restituisce visivamente la posizione cronologica
dell'opera in riferimento all'anno e alla vita di Leonardo. Poiché
nessuna datazione è certa, la sfumatura sull'indicatore vuole
significare il periodo in cui è stata eseguita l'opera.



image  1470 - 1473 Madonna del garofano

62 x 47,5 cm - olio su tavola -


Alte Pinakothek, Monaco di Baviera



L' attribuzione a Leonardo di questa tavola conservata a Monaco è
relativamente recente. Si basa su considerazioni tecniche (la craquelure
è dello stesso tipo di altri dipinti di Leonardo) e valuta le affinità
esistenti con altre opere dell'autore dello stesso periodo, come l'Annunciazione degli Uffizi. La Madonna
presenta analogie nella testa e nel trattamento del ricco panneggio.
Comunque storicamente è stata impostata dallo stesso Verrocchio e poi
forse affidata ai giovani allievi, tra i quali probabilmente c'era
anche Leonardo.



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image  1470-1475 Annunciazione

98 x 217 cm - olio e tempera su tavola - Galleria degli Uffizi - Firenze



II dipinto è opera di Leonardo e della bottega del Verrocchio. Presenta
diversi livelli di qualità con dettagli talvolta differenti. Alcune
architetture non sono riconducibili alla mano dell'artista, invece i
particolari del porto con i profili delle navi sono stati eseguiti
certamente da lui. Molti hanno notato il difetto anatomico della
vergine: il suo braccio destro è in una posizione anatomicamente
difettosa in quanto per raggiungere l'angolo del libro sul leggio è
stato allungato e piegato in modo non naturale. Al centro del dipinto,
nel paesaggio, è utilizzata la tecnica di velatura per simulare la
profondità; questa tecnica è caratteristica di Leonardo.



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image  1473 - 1478 Battesimo di Cristo

177 x 151cm - particolare - Galleria degli Uffizi - Firenze



Il Battesimo di Cristo
del Verrocchio è un dipinto ad olio e tempera su tavola realizzato tra
il 1473 ed il 1478 Il dipinto è opera del Verrocchio ma Leonardo
disegna l'angelo che regge la tunica, in basso a sinistra. È conservato
alla Galleria degli Uffizi di Firenze. Il primo a menzionare
l'intervento di Leonardo in questa tavola del Verrocchio fu Giorgio
Vasari. Tutte le parti eseguite ad olio appartengono a Leonardo: il
volto dell'angelo di profilo e alcuni riccioli dell'altro angelo.



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Angelo inferiore sinistro di Leonardo

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1474 - 1476 Ritratto di Ginevra Benci

38,8 x 36,7cm - tempera ed olio su tavola - fronte e retro - National Gallery of Art, Washington



È un dipinto a tempera e olio su tavola realizzato tra il 1474 ed il
1476. È conservato alla National Gallery di Washington. C'è la
possibilità che la tavola sia stata tagliata, subendo l'asportazione
della parte inferiore del busto. E' stato dipinto in occasione delle
nozze di Ginevra con Luigi di Bernardo di Lapo Niccolini. La donna è
ripresa con tutto il suo chiarore diafano, contro un ginepro fortemente
in controluce. Leonardo ha usato le dita per sfumare il colore del
volto, lasciando così sulla tavola le sue impronte digitali.



Anche il retro della tavola è dipinto. Lo stendardo recita: " VIRTVTEM FORMA DECORAT".



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1478 - 1482 Madonna col Bambino - Madonna Benois

48 x 31cm - dipinto ad olio su tavola trasportato su tela - Museo dell'Hermitage, San Pietroburgo



La Madonna Benois
è un dipinto a olio su tavola trasportato su tela di 48 x 31cm,
realizzato tra il 1478 e il 1482. È conservato al Museo dell'Hermitage
di San Pietroburgo. La piccola tavola venne acquistata dal mercante
Sapoznikov ad Astrakan nel 1824 e, successivamente, pervenne in
possesso della famiglia Benois. Dal 1914 è esposto al Museo
dell'Hermitage. L'aureola potrebbe essere stata aggiunta
successivamente. La finestra in alto a destra era originariamente
dipinta con un paesaggio poi ricoperto di bianco.



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 1480 San Gerolamo

103 x 75 cm - tempera e olio su tavola - Pinacoteca Vaticana, Roma



Il San Gerolamo
è un dipinto a tempera e olio su tavola di 103 x 75 cm realizzato nel
1480. È conservato nella Pinacoteca Vaticana di Città del Vaticano.
Questo dipinto raffigura San Gerolamo in atto di percuotersi il petto,
inginocchiato.
La tavola è stata ricomposta dopo aver ritrovato
il pezzo con il volto del santo asportata. Si racconta che il pezzo a
forma quadrata con il volto al centro fosse utilizzato come base per
uno sgabello.



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view post Posted on 8/12/2010, 01:24     +1   -1




 1482 Adorazione dei Magi

246 x 243 cm - olio su tavola - Galleria degli Uffizi, Firenze



È un dipinto a olio su tavola di 246 x 243 cm realizzato tra il 1481 ed
il 1482. Questa tavola era stata commissionata nel marzo del 1481 dai
monaci di San Donato a Scopeto ma, poiché non venne mai portata a
termine, essa rimase, alla partenza di Leonardo per Milano, nella
stanza della casa del suo amico Amerigo Benci. Passò successivamente
nella collezione della famiglia de' Medici per poi arrivare alla
Galleria degli Uffizi. In primo piano, al centro la Madonna col Bambino
circondata da una folla di personaggi fra cui anche i Magi. Sullo
sfondo, in alto a destra sono presenti cavalli impennati che derivano
dai disegni di Leonardo dei cavalieri contro il drago.









 






 



1483 -1486
La Vergine delle rocce - Parigi


189,5 x 120 cm - olio su tavola - Museo del Louvre, Parigi



È un dipinto a olio su tavola di 189,5 x 120 cm realizzato tra il 1495
e il 1508. È conservato al Louvre di Parigi. Fu commissionato a
Leonardo il 25 aprile 1483 dai fratelli de Predis. Di questo quadro
esistono due versioni, la seconda delle quali è conservata a Londra .



Differenze tra il dipinto del Louvre e quello della National Gallery di Londra:

- in questo quadro l'angelo (senza ali ma con un mantello rosso) indica con il dito San Giovannino

- San Giovannino non ha la croce

- lo sguardo dell'angelo si posa sul Bambino accanto a lui mentre
nell'altra versione lo sguardo si perde oltre il quadro

- la Vergine, il Bambino e San Giovannino non hanno le aureole che invece compaiono nel quadro a Londra

- i colori di questa versione sono più cupi di quelli utilizzati da Leonardo nel quadro che dipinse successivamente









 









1486 Ritratto di musico

43 x 31 cm - olio su tavola - Pinacoteca Ambrosiana, Milano



È un dipinto a olio su tavola di 43 x 31 cm realizzato nel 1486. È
conservato alla Pinacoteca Ambrosiana. L'uomo raffigurato dovrebbe
essere Franchino Gaffurio, maestro di cappella del Duomo di Milano dal
1484 nonché frequentatore della corte ducale e certamente in rapporti
amichevoli con Leonardo. Nel 1904 fu decisa la rimozione dello strato
di vernice in basso che ricopriva la mano destra ed il cartiglio, sul
quale sono evidenti righe e note di una partitura musicale. Le parti
realizzate velocemente, come il vestito, non dovrebbero essere di
Leonardo; nel corso degli anni quest'opera ha subito varie ridipinture.









 






 1488 - 1490 La dama con l'ermellino - Cecilia Gallerani

54,8 x 40,3 cm - olio su tavola - Czartoryski Muzeum, Cracovia



È un dipinto a olio su tavola di 54,8 x 40,3 cm realizzato tra il 1488
ed il 1490. È conservato al Czartoryski Muzeum di Cracovia. In alto a
sinistra è presente la scritta apocrifa "LA BELE FERONIERE LEONARD DA
VINCI". Dovrebbe essere il ritratto di Cecilia Gallerani, una della
amanti del duca Ludovico Sforza, protettore di Leonardo a Milano, in
quanto Ludovico aveva come emblema araldico l'ermellino. Per il suo
pelo bianco, l'animale era considerato simbolo di purezza. Dai raggi X
emerge che dietro la spalla sinistra della dama era anticamente dipinta
una finestra.









 






 1490-1495 Ritratto di dama - La Belle Ferronnière

63 x 45 cm - olio su tavola - Museo del Louvre, Parigi



La Belle Ferronnière
è un dipinto a olio su tavola di 63 x 45 cm realizzato tra il 1490 ed
il 1495. È conservato al Museo del Louvre di Parigi. Il titolo con cui
il dipinto è universalmente noto, "La Belle Ferronnière" ( "la bella
moglie di un mercante di ferramenta") altro non è che il risultato di
un equivoco che si generò nel corso del Settecento, nel momento in cui,
inventariandolo, esso venne confuso con un altro ritratto di dama.
L'identificazione della dama ha oscillato tra la stessa Cecilia
Gallerani, Elisabetta Gonzaga e Lucrezia Crivelli.









 






 1494-1498 Il Cenacolo

460 x 880 cm - dipinto murale con tempera ed olio - Santa Maria delle Grazie, Milano



L'ultima cena (detta anche Il Cenacolo)
è un dipinto a tempera e olio su due strati di preparazione gessosa
stesi su intonaco, di 460 x 880 cm realizzato tra il 1494 e il 1497.
Luca Pacioli lo menziona come già finito nella lettera dedicatoria a
Ludovico il Moro del suo trattato De divina proportione dell'8 febbraio 1498.

Il Cenacolo
è il più grande tra i dipinti di Leonardo ed il suo unico affresco
sopravissuto.Viene rappresentata l'Eucaristia nel momento in cui Cristo
proferisce la frase: "Uno di voi mi tradirà". Giuda si sente chiamato
in causa. San Giacomo il Maggiore spalanca le braccia attonito; vicino
a lui San Filippo porta le mani al petto. San Pietro si china
impetuosamente avanti, mentre Giuda, davanti a lui, indietreggia con
aria colpevole. All'estrema destra del tavolo, da sinistra a destra,
San Matteo, San Giuda Taddeo e San Simone esprimono con gesti concitati
il loro smarrimento e la loro incredulità. Al centro è raffigurato
Cristo con le braccia aperte. La scena si svolge in uno spazio virtuale
che estende la parete del refettorio. La luce virtuale proveniente da
sinistra coincide con la luce reale del refettorio dove, proprio sulla
parete di sinistra, sono poste le finestre.









 






 1497-1499 Sala delle asse - Castello Sforzesco

Soffitto della Sala delle Asse - pennello su intonaco - Castello Sforzesco, Milano



Il soffitto dipinto da Leonardo e da alcuni suoi aiutanti nella Sala
grande delle Asse del Castello Sforzesco raffigura una grande allegoria
dei "Vinci". Al culmine dell'intreccio vegetale la glorificazione del
buon governo del Moro è rappresentata dallo stemma araldico degli
Sforza. E' probabile che Leonardo si sia avvalso di aiutanti e
discepoli per completare l'opera.







 






 1499-1500 Isabella d'Este

63 x 46 cm - gessetto e sanguigna su carta - Museo del Louvre, Parigi



A Mantova Leonardo riceve la richiesta per un dipinto che ritragga
Isabella d'Este. Il quadro, più volte richiestogli, non fu mai
realizzato. Questo è il disegno preparatorio.







 






 1501 Madonna dei fusi

48,3 x 36,9 cm - olio su tavola - collezione Buccleuch



Noto da una lettera di Pietro da Novellara a Isabella d'Este del 1501,
questo quadro viene descritto come "Madonna che siede come se volesse
inaspare fusi" mentre il Bambino gioca con l'aspo che suggerisce la
forma della croce. Se ne conoscono tre versioni; questa, che si trova a
New York in una collezione privata, sembra essere quella di Leonardo.
Alcuni sostengono che già in questo quadro siano numerosi gli
interventi degli allievi di Leonardo a cui comunque è attribuito il
quadro.









 






 1501 Sant'Anna, la Madonna, il Bambino e San Giovannino

141,5 x 104 cm - gessetto nero, biacca e sfumino su carta - National Gallery, Londra



Sant'Anna, la Madonna, il Bambino e San Giovannino
(Cartone di Burlington House) è un dipinto a gessetto nero, biacca e
sfumino su carta di 141,5 x 104 cm, realizzato tra il 1501 ed il 1508.
È conservato alla National Gallery di Londra. Sono rappresentate le tre
generazioni della famiglia di Cristo: Sant'Anna tiene sua figlia Maria
sulle sue ginocchia e quest'ultima trattiene il Figlio, che si rivolge
verso San Giovannino. Il dipinto ad olio non fu mai eseguito da
Leonardo.









 





 
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view post Posted on 8/12/2010, 01:27     +1   -1




  1495 -1508 La Vergine delle rocce - Londra

189,5 x 120 cm - olio su tavola - National Gallery, Londra



È un dipinto a olio su tavola di 189,5 x 120 cm realizzato tra il 1495
ed il 1508. È conservato alla National Gallery di Londra. Fu venduto
nel 1785 al pittore Gavino Hamilton e poi, dopo altri passaggi di
proprietà, nel 1880 alla National Gallery. E' un dipinto della bottega
di Leonardo, che ormai si avvale degli aiuti degli allievi. La croce
appoggiata sulle spalle del Gesù bambino sembra realizzata
successivamente, come pure le aureole. Il motivo che ha portato
Leonardo a ridipingere quet'opera è economico. Mentre lo dipingeva
sotto una commessa degli scolari della confraternita di "Solum ducati
XXV", ricevette un'offerta di cento ducati. Quindi, sia per il
pagamento quattro volte superiore, sia perchè comunque alcune soluzioni
non vennero accettate, Leonardo ridipinse questa versione, poi
accettata, quasi 10 anni dopo la commessa. Non è escluso l'intervento
di Giovan Antonio Boltraffio.









 






 1503 - 1514 Monna Lisa del Giocondo - La Honda

77 x 53 cm - olio su legno di pioppo - Museo del Louvre, Parigi



La Monna Lisa
mostra una donna con un'espressione pensierosa e un leggero sorriso.
Dipinto a olio su legno di pioppo, misura 77 x 53 cm. Venne eseguita
tra il 1503 e il 1506. Attualmente è esposta al Museo del Louvre di
Parigi dove costituisce l'attrazione principale. È probabile che si
tratti di Monna Lisa Gherardini, una cortigiana proveniente dalla
piccola nobiltà rurale vissuta tra la fine del '400 e l'inizio del '500.



Altra cosa è la "Gioconda", non un quadro di Leonardo da Vinci, ma un
fenomeno di comunicazione giornalistica. La "Gioconda" è il simbolo del
Louvre, talmente venerata e ricercata che nessuno ne osserva realmente
il dipinto. Molto è stato detto su improbabili misteri che nasconde e
sul sorriso, aspetti, questi, che nulla hanno a che vedere con il
bellisimo ritratto di dama.









 








 

1510 - 1513 Sant'Anna, la Madonna, il Bambino e l'agnellino

168 x 130 cm - olio su tavola - Museo del Louvre, Parigi



Il dipinto a olio si trova al Louvre ed è molto danneggiato. Presenta
in una successione armoniosa Sant'Anna, poi la madonna piegata verso il
bambino che trattiene un agnellino.










 








 1510 - 1517 Bacco - San Giovanni

177 x 115 cm - olio su tavola - Museo del Louvre, Parigi



È un dipinto a tempera e olio su tela di 177 x 115 cm realizzato tra il
1510 ed il 1517. È conservato al Museo del Louvre di Parigi. Secondo
una parte della critica, il dipinto rappresentava in origine un San
Giovanni Battista nel deserto. Sembra che tra il 1683 e il 1695 siano
stati aggiunti degli attributi di Bacco (la corona di pampini, la pelle
di pantera e il grappolo d'uva).









 








 1510 - 1517 San Giovanni Battista

69 x 57 cm - olio su tavola - Museo del Louvre, Parigi



Il San Giovanni Battista è un dipinto a olio su tavola di 69 x 57 cm. È
conservato al Museo del Louvre di Parigi. La figura è avvolta in una
morbida ombra. La posizione del capo, il braccio sollevato con l'indice
puntato verso l'alto, la rotazione del busto, la capigliatura fluente,
il sorriso un po' beffardo e l'ambigua sensualità lo ha fatto scambiare
per un Bacco.









 





 
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11 replies since 7/12/2010, 23:57   1136 views
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