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Milan, Gattuso-show in conferenza stampa: "Addio, era il momento di andare"

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^debby89^
view post Posted on 13/5/2012, 10:26     +1   -1




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Gennaro Gattuso saluta il Milan, lo fa con una conferenza stampa ufficiale in cui il guerriero rossonero a stento ha trattenuto le lacrime: basta col Diavolo dopo 467 apparizioni in partite ufficiali (contro il Novara, domani, toccherà dunque quota 468) condite da 11 gol. Una lunga storia d’amore quella tra Ringhio e il club di via Turati, arrivata però al capolinea in maniera quasi fisiologica: “Anni fantastici; è stato un sogno, 13 anni non sono pochi. Quando indossi la maglia che sognavi da indossare da bambino. Ma la vita continua. Voglio battagliare ancora. Non sono morto calcisticamente. Qui invece mi sentivo vuoto. Non mi sentivo più il giocatore battagliero. Mi sentivo la mascotte, il gagliardetto. Se ritornerò? Era arrivato il momento di andare. Ho deciso di prendere un’altra strada. Dopo vedremo. Ora vedremo dove andare a giocare ma sicuramente non andrei mai alla Juventus e all’Inter: per l’amore che ho per questa società e per questi colori. Non mi vogliono loro e non ci andrei io“. Gattuso è un fiume in piena:

“Ringrazio la Società per quello che è stato fatto. Ho visto che alcuni miei compagni si son fatti da parte. Dentro di me sentivo il bisogno di lasciare, così come ha fatto lo zoccolo duro della squadra. Non mi voglio sentire un peso. Quando ho visto la conferenza stampa di Nesta ho capito che era arrivato anche il mio momento. Ora spero per il Milan che Ibra e Thiago restino. Spero che la squadra resti competitiva nonostante la crisi economica. Ma la società ce la metterà tutta. Che dire, si è chiuso un ciclo come quello degli olandesi e quello di Maldini e Costacurta. Spero che questa cosa continui: spero che continua l’educazione nello spogliatoio”.

Quale sarà il futuro di Rino?

“Ho una famiglia, ho 60 persone che lavorano per me. Devo parlare con mia moglie. E’ lei che comanda dentro la casa. Prenderemo insieme la decisione. Lo farò con tranquillità. Certamente è giusto che io stia anche un po’ con papà e mamma: il tempo passa anche per loro. Prima non avevo un pelo, ora ho i capelli bianchi. Amo la Calabria, anche se mi fermerò a vivere qua. Il punto di riferimento è Gallarate. Inizierò inoltre l’avventura a Coverciano, da lunedì: faremo un corso di terza e seconda categoria. Poi vedremo. Un sogno a dire il vero però ce l’ho: indossare la maglia dei Rangers. Sono andato via a 19 anni per la Salernitana. Mi son fatto conoscere grazie al Glasgow: peccato però che ci siano diversi casini là a livello economico. Penso sarebbe una scelta di cuore e bella. Voglio partire da dove sono partito”.

Quando finisce un connubio durato 13 anni è inevitabile che con la mente si rivivono momenti esaltanti e cocenti delusioni, così come nascono rapporti che vanno oltre la professionalità, come quello con Carlo Ancelotti:

“Carletto è Carletto. Che devo dire. Gli dicevo che si meritava la statua vicino a Nereo Rocco e lui si toccava. Diceva che gufavo. Lui non è stato solo un allenatore. Era tutto. Litigavi con la moglie? Parlavi con lui e ti rassicurava. E’ stato l’emblema del Milan di quegli anni. Lo amavi, lo stimavi, per lui davi l’anima. E quando preparava la partita con la sua lavagnetta non ce n’era. Voi scendete in campo che la partita ve la faccio vincere io, diceva. Parlano tutti del Barcellona, ma noi in Europa avevamo lo stesso rispetto del Barça. Poco feeling con Allegri? No, l’anno scorso con lui abbiamo fatto una grandissimo campionato: mi ha dato la possibilità di giocare con continuità. Sono due persone totalmente diverse. Il momento più brutto? A Istanbul ho visto Gesù e la Madonna, ho avuto gli incubi per cinque mesi. Mi svegliavo durante il sonno e festeggiavo sul 3 a 0. Il più bello? La Champions del 2003: battere Inter in semifinale e la Juve in finale vale più di una coppa”.

Standing-ovation per Gattuso.

 
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