| A pezzi, come i denti di Grygera e i muscoli di troppi giocatori. Ecco la Juventus di «tinkerman» Ranieri, affondata nelle acque di casa dal Palermo di Davide Ballardini. Senza denti e, peggio ancora, senza personalità.
Il popolo juventino, furibondo, vuole la testa dell’allenatore. Al di là degli infortuni, non tutti casuali, del rosso a Sissoko, più colpevole del tecnico, e del rigore sfilato a Del Piero sull’uno pari, la crisi è solare e la tentazione forte. Per segnare cinque gol, la Juve ha impiegato sei partite. La scorsa stagione, gliene bastò una: la prima. Chi scrive, aveva caldeggiato l’innesto di Giovinco. L’ha avuto: con il Catania, a Minsk, ieri. Morale: due pareggi e una sconfitta. Magari con il Bate erano stati «massacrati» gli equilibri tattici, ma con il Palermo no: carente è stato il rendimento, non il modulo. Non posso chiedere il licenziamento di Ranieri per una mossa che avevo suggerito. Né la panchina di Camoranesi e Nedved, al ritmo di una gara ogni tre giorni, mi era sembrata scandalosa. Se poi lo zoccolo duro non è contento, giochi in modo da giustificare eventuali paturnie.
La Juve è diventata una «cosa» che rimbalza da una formazione all’altra senza lasciare tracce che non siano, nella migliore delle ipotesi, i risultati. Di Ranieri, in generale, non ho mai capito i cambi: o meglio, per dirla col Trap, la «tempistica» di alcuni. Non siamo vicini ai sei minuti messicani di Rivera, ma quasi. Mancano i gol di Trezeguet, manca un faro a metà campo (Zanetti ne ha sempre una), e spesso manca persino Iaquinta, il cui limite è proprio ciò che dovrebbe essere la sua forza: il fisico. Ad agosto, solo le milanesi parevano più toste di «questa» Juve in barba agli allarmi manifesti: cementare le fasce, reclutare un regista (Xabi Alonso), scendere a patti con il dilagante rambismo. Come non detto: Poulsen non è l’aguzzino millantato, ma neppure il radar che serviva. Qui sì che Ranieri, come nella scelta di Andrade e Tiago, ha grosse responsabilità. La rissa con il Toro per Knezevic (ripeto: Knezevic) avrebbe dovuto aprire occhi dormienti.
Amauri che elemosina munizioni è la trama del film. I Del Piero, Camoranesi e Nedved che lanciano messaggi in codice, la colonna sonora. Ranieri sta invano cercando di «sposare» i nuovi (De Ceglie, Marchisio, Giovinco) con i vecchi, poco inclini a risparmiare sulla dote. In questi casi - dedicato a Blanc, Cobolli Gigli e Secco - c’è bisogno di dirigenti con gli attributi, capaci di difendere, non solo o non tanto a parole, la credibilità del progetto e l’autorevolezza del mister. La sosta azzurra cade a fagiolo. Il calendario, alla ripresa, ha in serbo un menù micidiale: a Napoli, Real, derby, a Bologna, Roma, ancora Real (a Madrid). Campionato, Champions: un mese di fuoco. O dentro o fuori. Con Ranieri in panchina, perché fino al 21 settembre, vittoria a Cagliari, la Juve non incantava ma funzionava. Possibile che nel giro di due settimane il tecnico sia diventato un pirla, tanto per scimmiottare Mourinho, e gli anziani della tribù gliel’abbiano giurata per un banale turn over? La caccia al capro espiatorio tira molto, in Italia. Peccato che, spesso, allontani la soluzione e moltiplichi i problemi.
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