| Gli avessero chiesto di spargere del sale sulle ferite originate, con un evidente "concorso" di colpa, nella disastrosa partita casalinga con il Palermo, forse il rancore di Claudio Ranieri avrebbe avuto una giustificazione più plausibile, e meno banale, di quella professatoa all'alba della prima vera crisi della Juventus dopo la desertificazione provocata da "calciopoli". In assenza di un crollo verticale e virtuoso, come quello denunciato nella prima domenica autunnale, nel mese in cui le foglie cambiano colore, l'apnea patita al cospetto della Sampdoria e del Bate Borizov, modesta accozzaglia di podisti, avrebbe pur potuto rappresentare una forma di graduale conoscenza dei problemi di gestione legati ad un'annata lunga ed estenuante. Addolcita dall'atteso rientro in Coppa dei Campioni, quanto impoverita, e non poco, dall'infortunio di "Hannibal" Trezeguet, oltre che dagli acciacchi di Cristiano Zanetti, Chiellini e Camoranesi.
Vittima di una condizione fisica perfettibile, oltre che di una condizione psicologica non ottimale, anche a causa dell'atmosfera un'atmosfera, surreale, che parrebbe dominare gli stanzoni, tutt'altro che silenziosi, della sede di Corso Galileo Ferraris, la squadra bianconera sembra aver perso la grinta e la determinazione che avevano incoraggiato l'inizio della scorsa stagione. Mai in grado di realizzare due reti consecutive, se non nel gelido inferno bielorusso di Minsk, in una più che fortunosa rimonta originata dalla creatività di "Gollum" Giovinco, sempre più vicino al rinnovo contrattuale sino al 2013, più dei risultati negativi, accumulati come i confetti nelle confezioni da battesimo, a destare maggiore preoccupazione è la pochezza espressiva, oltre che tattica, denunciata dalla Juventus al cospetto di avversari tutto sommati abbordabili. Come testimoniano le due ghiotte occasioni sciupate contro il Catania ed il Palermo, entrambe affrontate nel ventre scoperto dello stadio "Comunale".
Le responsabilità, da ripartire secondo il consueto, quanto inesatto, assioma maoista del "colpirne uno per educarne cento", non dovrebbero però ricadere sul solo Ranieri. Colpevole, senza dubbio alcuno, di una più che succinta interpretazione del 4-4-2, quanto di una scellerata gestione del turnover e della scelta degli uomini da inserirvi, ma di certo non unico mandante del rovinoso avvio di campionato, nel quale sono emerse le problematiche di un organico mal assortito. Trovandosi nella scomoda situazioni di chi, improvvisatosi giardiniere in un granaio pieno di corvi, con piantine non ancora forti come arbusti, è chiamato a raccogliere i frutti di stagione anticipando i tempi, lunghi, della naturale maturazione. Certo, insistere senza ritegno su Sissoko anche quando il centrocampista africano sembrerebbe aver lasciato i "trampoli" in soffitta, patendo più del dovuto il periodo del ramadan, o su Poulsen, vittima di un principio di pubalgia, conferendo una fiducia a cottimo, chissà poi per quale motivo, al giovane Giovinco, rappresenterà pure una solida base di partenza sulla quale edificare le critiche nei confronti di un tecnico, Ranieri, forse non in grado di reggere le pressioni di una grande squadra.
O di dialogare, senza per forza creare casi diplomatici, con i "senatori" pluridecorati, e per questo non eterni, di uno spogliatoio non ancora da rivoluzionare, ma quantomeno da rimodellare nel rispetto di esigenze nuove. Figlie dell'età di capitan Del Piero e del prossimo addio di Nedved, per il quale il rinnovo contrattuale siglato in estate, anche alla luce di prestazioni non sempre all'altezza, parrebbe riecheggiare gli spettri di una sudditanza psicologica difficile da comprendere a certe latitudini. Soprattutto quando, soltanto sino a qualche estate fa, la possibilità di ingaggiare Van Der Vaart, accasatosi al Real Madrid per la medesima somma versata dalla società bianconera all'Olympique Lione per Tiago, era ben più alta del crollo delle borse europee. E se, con la conferma di Ranieri, a gennaio non dovessero arrivare rinforzi…
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