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La teoria di ARRHENIUS, Acidi & Basi

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view post Posted on 10/1/2010, 18:36     +1   -1




Il primo tentativo di dare una definizione completa e funzionale di acido e di base, in grado anche di interpretare il loro comportamento in soluzione acquosa, fu compiuto da Svante Arrhenius (1859-1927) il quale partì dalla sua teoria sulla dissociazione elettrolitica, e da alcune osservazioni sulla composizione chimica di questi composti.

Tutti sanno, ma soprattutto lo sanno bene le massaie, che il sale nell'acqua per cucinare gli spaghetti va messo dopo che questa ha iniziato a bollire e non prima perché in quel caso il tempo di attesa (e il consumo di gas) sarebbe maggiore: una soluzione bolle infatti a temperatura superiore a quella del solvente puro. D'altra parte tutti avranno anche osservato che durante l'inverno, quando nevica, sulle strade viene sparso del sale allo scopo di prevenire la formazione di ghiaccio in quanto la soluzione che si forma ha un punto di congelamento più basso di quello dell'acqua pura.

Studiando le soluzioni acquose di varie sostanze Arrhenius aveva osservato che la temperatura di solidificazione di una soluzione non dipendeva dalla natura del soluto, ma dal numero di molecole che venivano messe in soluzione. Egli aveva infatti osservato che sciogliendo in un litro di acqua una mole (quindi un numero ben determinato di particelle) di sostanze diverse la temperatura di congelamento delle soluzioni di alcune di esse era di 1,86 gradi sotto lo zero mentre per altre l'abbassamento di temperatura (detto anche abbassamento crioscopico) era maggiore; in alcuni casi questo abbassamento era anche due o tre volte maggiore del minimo osservato. Per interpretare questi risultati il chimico svedese ritenne utile esaminare il comportamento delle stesse soluzioni anche in funzione della conducibilità elettrica.

Nel 1832 l’inglese Michael Faraday (1791-1867) aveva enunciato le famose leggi relative all’elettrolisi ossia al fenomeno che provocava la scissione delle molecole per mezzo della corrente elettrica. Egli erroneamente riteneva infatti che fosse la corrente elettrica a causare la dissociazione del soluto in particelle mobili cariche di elettricità positiva o negativa che chiamò ioni (da un termine greco che significa “viandante”). Inoltre lo scienziato inglese aveva chiamato elettroliti i composti o le soluzioni capaci di far passare la corrente elettrica.

Facendo passare la corrente elettrica attraverso le sue soluzioni Arrhenius poté osservare che quelle che avevano un punto di gelo uguale a - 1,86 °C non conducevano la corrente elettrica mentre quelle che avevano una temperatura di congelamento inferiore a quel valore erano conduttrici della corrente elettrica. Questi esperimenti convinsero Arrhenius che quando alcune sostanze si sciolgono nell'acqua si dissociano immediatamente in particelle cariche di elettricità, cioè in ioni i quali devono quindi essere presenti nella soluzione indipendentemente dal passaggio della corrente. Anzi, il passaggio della corrente nella soluzione, avveniva proprio grazie alla presenza degli ioni. Le sostanze che messe in acqua formano soluzioni che non conducono la corrente elettrica evidentemente non si dissociano in ioni.

Sulla base di questa serie di osservazioni egli definì pertanto elettrolita un qualsiasi soluto che sciogliendosi in acqua forma una soluzione che contiene ioni; al contrario un soluto che in soluzione rimane indissociato fu chiamato non elettrolita. Osservò anche che la maggior parte delle sostanze inorganiche erano degli elettroliti mentre la stragrande maggioranza dei composti organici erano dei non elettroliti.

Arrhenius espose le sue idee nel 1887 in occasione della tesi per la libera docenza presso l’Università di Uppsala (Svezia) dove incontrarono forte resistenza da parte del corpo docente ancora legato alla concezione daltoniana dell’atomo come entità indivisibile e immutabile. A causa di questa incomprensione mancò poco che la sua tesi venisse respinta. A questo proposito è opportuno far notare il fatto che ai tempi in cui Arrhenius esponeva le sue idee nulla si sapeva della struttura dell’atomo e della natura delle particelle responsabili dei fenomeni elettrici. I chimici dell’epoca accolsero con molta perplessità le affermazioni del giovane collega svedese perché immaginavano che un composto, per esempio il cloruro di sodio, di cui si conosceva la formula chimica (NaCl) messo in acqua dovesse scindersi in sodio e cloro cioè in due sostanze molto reattive che avrebbero dovuto provocare un’esplosione a causa della presenza del sodio solido e sviluppo di gas soffocante per la presenza del cloro. Arrhenius però cercava di convincere i colleghi che in acqua non si formavano atomi ma ioni cioè particelle con carica elettrica le cui proprietà erano del tutto diverse da quelle dagli atomi neutri.

Le idee di Arrhenius vennero accettate solo dopo che il fisico inglese Joseph John Thomson nel 1897 riuscì a dimostrare che l’elettrone era una particella con carica elettrica e nel 1903 gli fu conferito il Premio Nobel per la chimica.

Il chimico svedese aveva osservato, fra l’altro, che alcuni acidi allo stato puro non conducevano la corrente elettrica, mentre quando venivano posti in acqua la soluzione diventa conduttrice: ne dedusse che gli acidi allo stato puro sono formati di molecole, mentre in soluzione le molecole si dissociano in ioni. Inoltre aveva notato che tutti gli acidi possiedono nella molecola almeno un atomo di idrogeno mentre le basi contengono sempre almeno un raggruppamento ossidrilico OH.

Ora, poiché un acido a struttura molecolare molto semplice come ad esempio il cloruro di idrogeno la cui formula chimica è HCl, non poteva dissociarsi che in H+ e Cl-, Arrhenius ritenne che fosse prerogativa di tutti gli acidi quella di liberare ioni H+ in soluzione acquosa e che fossero questi ioni H+ a caratterizzare le sostanze acide, così come gli ioni OH- dovevano caratterizzare le basi. Dette allora una prima definizione di acido e di base in questi termini:

Acido è una sostanza che in soluzione acquosa libera ioni idrogeno H+.

Base è una sostanza che in soluzione acquosa libera ioni ossidrilici OH-.

Se indicassimo con HA un acido generico e con BOH una base generica, la dissociazione dell'acido e della base avverrebbe attraverso i due seguenti schemi:

HA(aq) ® H+(aq) + A-(aq) BOH(aq) ® B+(aq) + OH-(aq)

Con il simbolo (aq) si vuole indicare che gli ioni e le molecole in soluzione sono avvolti da molecole di acqua o, come suol dirsi, sono idratati.

Secondo questa teoria, poi, la neutralizzazione di un acido con una base non sarebbe altro che una reazione di combinazione degli ioni H+ dell'uno con gli ioni OH- dell'altra, con formazione di molecole d'acqua. In soluzione rimarrebbero gli ioni negativi dell'acido e quelli positivi della base i quali, essendo fortemente idratati, non avrebbero alcuna tendenza a legarsi fra loro. Facendo però evaporare l'acqua si otterrebbe la formazione di un sale solido. Per esempio, ponendo in soluzione l'acido cloridrico e l'idrossido di sodio, avremmo:

H+(aq) + Cl-(aq) + Na+(aq) + OH-(aq) ® Na+(aq) + Cl-(aq) + H2O

acido base sale

Un sale potrebbe quindi essere considerato anche il prodotto della neutralizzazione di un acido con una base. Si noti però che togliendo il sale dalla reazione, rimane solo l'acqua, la quale rappresenta pertanto il vero prodotto della neutralizzazione.

La definizione di acido e di base data da Arrhenius ha il pregio di essere molto semplice tanto che ancora oggi viene usata con profitto, ma presenta dei limiti che non possono essere ignorati anche perché essi non consentono la generalizzazione della teoria stessa.

La teoria di Arrhenius infatti è valida solo per le soluzioni acquose e quindi gli acidi e le basi non vengono definiti in quanto tali, cioè in base a caratteristiche connesse con la loro particolare struttura chimica, ma solo per il loro comportamento in acqua: la stessa sostanza, in un solvente diverso, potrebbe avere comportamento diverso, e magari opposto. Inoltre, la teoria di Arrhenius non è in grado di giustificare in modo coerente il motivo per il quale alcuni composti che non possiedono nella formula atomi di idrogeno né gruppi OH, producono tuttavia soluzioni acide e basiche. Il carbonato di sodio, Na2CO3, e l'ammoniaca, NH3, ad esempio, danno in acqua soluzioni basiche, ma da dove provengono gli ioni OH-, che pur devono essere presenti in soluzione, se non erano contenuti, in precedenza, nelle molecole di queste sostanze?[/size]


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Edited by .:._Silver_.:. - 7/5/2011, 10:12
 
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