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Fototerapia

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view post Posted on 2/2/2010, 10:42     +1   -1




L’impiego della radiazione elettromagnetica (REM) a scopi medici risale ai primi anni del ‘900, ma solo da alcuni decenni le frequenze delle radiazioni luminose, dall’infrarosso (IR) all’ultravioletto (UV), sono diventate di uso comune nella cura di diverse patologie, avendone conosciuti gli aspetti fotobiologici che le caratterizzano. Sin dagli anni ’70 vi è stato un forte impiego della radiazione UVA (320-400 nanometri), utilizzata per attivare molecole fotosensibilizzanti: la P-UVA terapia, in particolare, é tutt’oggi impiegata specialmente nei trattamenti di Psoriasi e Vitiligine.

Con il tempo si è cercato di limitare gli effetti collaterali relativi all’assunzione sistemica degli psoraleni (8-MOP e TMP), gli agenti fotosensibilizzanti responsabili di tossicità epatica e renale, oltre che dei rischi legati alla maggior sensibilità degli occhi e della pelle alle radiazioni luminose. Valori ematici scostanti, nausea, vertigine e vomito, eritemi e ustioni, quando non cataratte e reazioni fotoallergiche, sono in parte ridotti quando le somministrazioni non avvengano per via sistemica ma attraverso l’uso di creme da applicare soltanto sulle lesioni da trattare (cream- PUVA), oppure mediante bagni in soluzione idroalcolica (bath- PUVA).

Pur nella constatazione della sua efficacia, la PUVA terapia deve purtroppo tener conto delle dosi massime accumulabili, stimate in 1500J/cmq, per l’aumento di rischio di contrarre cheratosi attiniche, epiteliomi spinocellulari e probabilmente anche basocellulari: anche precedenti trattamenti a base di arsenico, UVB o methotrexate ne sconsigliano l’impiego, per l’accertata azione carginogenetica. Tutto ciò si scontra con la necessità di trattamenti a lungo termine, come nel caso della Vitiligine, oppure di patologie recidivanti, come la Psoriasi, rendendo di fatto limitativo l’uso della PUVA terapia, sia per numero di soggetti eleggibili al primo ciclo che per coloro che nel tempo si ritrovassero a superare le dosi cumulative massime consigliate dal protocollo.

A partire dagli anni ’80 si è poi cercato di studiare gli effetti fotobiologici delle altre frequenze, e specialmente quelle comprese nei campi dell’ultravioletto B: nuove sorgenti con emissioni di banda comprese tra i 300 e i 330 nm sono state testate, sino diventare un nuovo standard in alcune aree del mondo (USA e Nord Europa). La forte azione eritemigena degli UVB consente però soltanto esposizioni moderate, con dosaggi appena sufficienti per risultare efficaci a fronte di un rischio carcinogenetico importante. E’ dagli anni ’90 che PHILIPS produce dei tubi ad emissione particolarmente selettiva, che forniscono il 97% dell’energia fotonica compresa tra i 311 e i 313 nm: tale banda di emissione, essendo così ristretta, viene appunto denominata “UVB a banda stretta”.

L’immagine che segue riproduce lo spettro di emissione di alcuni tubi che emettono lo spettro nel campo degli UV, contrassegnati da un codice colore che le contraddistingue. Il codice 10 ha emissioni comprese nel campo degli UVA, tra i 350 e i 400 nm, ma non viene solitamente usato in fototerapia in cui si preferisce il codice colore 52, per la cura dell’ittero neonatale, oppure altri codici colore che meglio rappresentano i picchi nel campo dell’UV-A che più interessano a scopo terapeutico. Più interessanti sono i grafici che rappresentano i 2 tipi di tubi ad emissione principale di UV-B, e cioè il codice colore 12 (Broad Band) e 01 (Narrow Band, altrimenti detto “banda stretta”).



Si può notare come la selettività dell’emissione sia spinta nel codice 01, per fornire l’energia fotonica quasi esclusivamente su quelle frequenze comprese tra i 311 e i 313 nanometri, che hanno dimostrato la maggior efficacia terapeutica a fronte dei minimi effetti collaterali.

I TL (Tubi lineari) 01 sono disponibili esclusivamente nel formato da 20 Watt, con lunghezza di circa 60 cm, e da 100 Watt, lunghi 180 cm: i primi permettono la dotazione di attrezzature ad esposizione parziale, mentre i secondi permettono esposizioni a tutta altezza, sempre fornendo le stesse emissioni selettive utili a chi deve sottoporsi a trattamento di fototerapia UVB a banda stretta. Questa forma di fototerapia è diventata nel tempo il nuovo standard, soppiantando totalmente gli UVB a banda larga (Broad Band), per la minore azione eritemigena e per la minore fototossicità. Anche la P-UVA terapia è stata quasi del tutto sostituita dall’UVB a banda stretta, che presenta diversi aspetti vincenti nel confronto: UVB a banda stretta P-UVA terapia agisce senza assumere farmaci necessità l’assunzione di psoraleni gli effetti collaterali sono minimi effetti collaterali importanti i raggi UVB si fermano allo strato basale i raggi UVA penetrano a fondo fino al derma i dosaggi sono ridotti l’energia richiesta è alta permette trattamenti di lungo termine pone limiti di dose cumulativa massima.

Fototerapia UVB a banda stretta: studio sulle applicazioni


In buona sostanza, gli effetti collaterali degli UVB a banda stretta sono tutti presenti nella P-UVA terapia, cui però si aggiungono quelli degli psoraleni, decisamente antipatici: se si tiene conto che i risultati sono praticamente sovrapponibili, e comunque a favore degli UVB a banda stretta, pare evidente come questi godano di una maggior popolarità, anche se alcune strutture, più che altro per scarso aggiornamento tecnologico, continuino a proporre la P-UVA terapia senza alternativa. E’ il caso riscontrato analizzando i risultati del report 2006 del progetto PSOCARE, in cui ai trattamenti mediante farmaci derivati dalla biologia molecolare, i cosiddetti farmaci biologici (il cui appellativo falsamente induce a pensare a prodotti naturali), si contrappone sovente la fotochemioterapia (P-UVA) e solo raramente la fototerapia UVB a banda stretta. Il risultato è una scarsa compliance del paziente e una alta percentuale di abbandono per l’intolleranza degli effetti collaterali, mentre se si fossero più ampiamente usati gli UVB a banda stretta si sarebbero notati risultati sensibilmente più positivi, anche a fronte di costi decisamente inferiori.

Tale situazione fornisce dunque delle conclusioni falsate, che induce Pazienti e Medici a scegliere principalmente le terapie cosiddette “biologiche”, a scapito della fototerapia UVB a banda stretta, o comunque a non rappresentarne equamente le potenzialità reali.

La reazione della pelle all’esposizione si evidenzia con un arrossamento, da leggero a evidente, che compare circa 4/6 ore dopo l’esposizione e scompare entro le 24 ore successive: se l’arrossamento è troppo importante significa che si è somministrato un dosaggio troppo alto in relazione al fototipo oppure che l’incremento è stato troppo rapido. E’ meglio progredire più lentamente ma non arrivare mai all’eritema: questo assunto, tipico del protocollo americano, viene invece ignorato sovente in molti centri italiani, creando delle condizioni di disagio al Paziente, quando non di aumento del rischio di fotocarcinogenesi, legato sia alla dose assunta che alle possibili reazioni fotoindotte da una cura inappropriata. In genere, la fototerapia produce i propri risultati partendo dall’alto del corpo e andando verso il basso, e dal centro verso l’esterno.

Si è notato come vi siano dei fattori che incidono sui risultati ottenibili con la fototerapia, che agiscono sia sui tempi di risposta alla cura che sulla percentuale di remissione ottenibile:

* pregressi trattamenti a base di steroidi topici
* obesità o al contrario peso scarso
* etilismo o dipendenze psicofisiche
* localizzazione delle lesioni in zone non fotoesponibili
* assunzione di farmaci scatenanti

Tali situazioni possono indurre a trattamenti che si protraggono nel tempo anche per oltre 30/60 gg oltre la media. Nel caso di assunzione di farmaci scatenanti (betabloccanti, calcioantagonisti, interferone, etc.) così come in caso di infezione da streptococco può esservi una percentuale di recidiva superiore, e anche dei tempi di latenza positiva nettamente ridotti.

Di norma i trattamenti di fototerapia UVB a banda stretta sono ben tollerati, ma è bene ricordare che vi sono soggetti che faticano più di altri ad arrivare alla MED, con reazioni di fotosensibilizzazione più marcata: ciò accade sovente con il fototipo II, ma anche con fototipi meno fotosensibili se per lungo tempo non hanno sottoposto la cute al sole. Esistono poi degli effetti collaterali, tutti legati agli effetti di immunosoppressione creata dagli UV: la comparsa di Herpes Symplex (H. labiale) non è insolita, e comunque è bene tener presente che durante i trattamenti il Paziente è maggiormente esposto all’attacco di agenti patogeni esterni.

Una integrazione vitaminica è suggerita, in particolare nel trattamento della Vitiligine. Se durante la cura compare febbre o altra condizione che necessiti l’assunzione temporanea di farmaci è bene sospendere la fototerapia per il tempo di risposta ai farmaci, in modo da evitare che l’organismo di trovi in condizioni di scarsa risposta immunitaria quando invece le fosse necessaria. Resta contrastato il parere dei Dermatologi riguardo alla fotoprotezione di occhi e genitali durante le esposizioni: la scuola americana parte dall’assunto che a dosaggi inferiori alla soglia di eritema non sia necessario indossare dispositivi di protezione, naturalmente tenendo gli occhi chiusi, mentre in Italia si usa una maggior cautela al riguardo: in linea di massima i dispositivi di protezione non disturbano più di tanto la terapia, per cui il suggerimento è sempre di usarli, evidentemente qualora non impediscano l’irradiazione di zone colpite.

In conclusione, la fototerapia UVB a banda stretta è una tecnica di trattamento efficace e risolutiva nella maggior parte dei casi, e contribuisce ad un notevole miglioramento del livello di qualità della vita del paziente psoriasico: è importante sapere che ogni centro di fototerapia ha le proprie caratteristiche, per cui i trattamenti ottenibili non sono tutti uguali. Capita a volte che alcuni centri propongano delle sospensioni nel periodo estivo, molte volte giustificate dalla situazione clinica e altre solo da esigenze di organizzazione interna del centro.

Anche gli orari di fruibilità del servizio inducono a volte i Pazienti ad altre opzioni terapeutiche, quando la disponibilità o i tempi di attesa non siano compatibili con la propria vita privata e professionale: in questi casi la scelta di una attrezzatura per fototerapia domiciliare può essere una soluzione anche economicamente vantaggiosa. Orami esistono in commercio attrezzature che offrono prestazioni interessanti a prezzi accessibili sia per esposizioni parziali che a corpo intero.

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L'angolo dell'esperto - La fototerapia con UVB
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A cura del Prof.Addonisio, dermatologo, docente universitario, direttore della scuola quadriennale di medicina estetica IAF-Sim.ben e presidente della Società italiana di Medicina del Benessere. Argomento di aprile: La fototerapia con UVB nella cura di alcune dermatiti


Per fototerapia (f.) con UVB si intende l’utilizzo a scopo terapeutico di radiazioni ultraviolette, con lunghezza d’onda compresa tra 315 e 280 nm.

La f. con UVB è, oggi ampiamente utilizzata con risultati incoraggianti nel trattamento di molte affezioni cutanee. Questa metodica è stata, infatti applicata con successo nella cura della psoriasi, della vitiligine e di altre comuni malattie della pelle, come l’acne o la dermatite seborroica. L’origine della moderna fototerapia risale all’antico Egitto, dove i benefici effetti dell’esposizione solare erano ben noti. Attraverso i secoli, l’idea di utilizzare le radiazioni solari a fini terapeutici, diede un grande impulso per lo sviluppo della tecnica attuale. La prima fonte di luce artificiale venne utilizzata, all’inizio del novecento, nel trattamento del lupus vulgaris da Niels Finsen. In seguito nel 1925 Goeckerman, introdusse l’uso combinato di un unguento a base di catrame minerale e di radiazioni UV emesse da una lampada al vapore di mercurio. Di contro, Ingram nel 1952 promosse gli effetti sinergici dell’associazione antralina con radiazioni UV.

I regimi di Goeckerman e Ingram, divennero la terapia di eccellenza in pazienti affetti da psoriasi, per più di mezzo secolo.

Un ulteriore passo avanti nello sviluppo della fototerapia, si ebbe nei primi anni ’60, con la costruzione di una lampada al vapore di mercurio a bassa pressione provvista di un fosforo, in grado di assorbire radiazioni di 254 nm e di riemetterle in uno spettro continuo a lunghezza d’onda superiore.

Questa lampada fu successivamente sostituita da una nuova lampada a raggi UVB fluorescente, con un massimo di emissione a 311-313 nm, definite radiazioni a banda stretta, che risultarono molto più efficaci rispetto alle precedenti a banda larga. Sono numerose le lampade utilizzate per la fototerapia, tutte con spettro centrato dai 308 ai 313 nm, in modo da ottenere la massima azione terapeutica.







Aspetti Biomolecolari



I vantaggi ottenuti e gli apprezzabili miglioramenti in patologie quali la psoriasi e la vitiligine, alimentano un crescente interesse nei riguardi della fototerapia. Per questo oggi, molti ricercatori focalizzano la propria attenzione su tale terapia innovativa e i lori sforzi sono rivolti alla totale comprensione del suo meccanismo d’azione. I raggi UVB raggiunta la cute, sono in gran parte assorbiti dallo strato corneo, totalmente dallo strato malpighiano e dal derma. Precedenti lavori hanno riportato che a livello molecolare la radiazione emessa dalla sorgente luminosa viene assorbita da cromofori endogeni, ed in particolar modo dal Dna nucleare. Gli UVB infatti, sono un agente mutageno ben noto, in grado di indurre la formazione di fotoprodotti nel Dna; i dimeri di pirimidina. Le lesioni al Dna e l’interazione con la sua sintesi, sembrano prender parte al processo di riduzione dell’iperproliferazione caratteristica delle cellule epidermiche nelle lesioni psoriasiche. Inoltre, le radiazioni UVB regolano il prodotto del gene soppressore dei tumori p53, coinvolto nel controllo del ciclo cellulare, suggerendo un ruolo importante sia nell’apoptosi in cellule dell’eritema che nell’insorgenza di tumori della pelle. Altri rilevanti bersagli dei raggi UVB sono l’induzione del rilascio delle prostaglandine e l’alterazione dell’espressione delle citochine, in particolar modo della IL-6 e IL-10, implicate nella fototossicità da UV e nella soppressione del sistema immunitario. Evidenze sperimentali in topi, riportano che gli UV causano scomparsa dell’allergia da contatto, ritardo dell’ipersensibilità e della sorveglianza immune contro il carcinoma. E’ dunque evidente come i suddetti meccanismi, siano ugualmente importanti sia per l’efficacia terapeutica che per gli effetti collaterali. Infine sono stati osservati ma non del tutto chiariti, effetti molecolari indipendenti dal danno al Dna, in grado anch’essi di regolare l’espressione genica, mediante interazione con recettori di membrana. Anche se alcuni aspetti relativi ai meccanismi di azione della fototerapia sono tuttora oggetto di studio e discussione, la fototerapia si è comunque rivelata come uno dei più validi strumenti terapeutici con vasti campi di applicazione.



La Fototerapia nella Psoriasi



Le radiazioni UVB a banda stretta sono correntemente utilizzate nel trattamento della psoriasi, dove sono stati ottenuti successi sorprendenti in molti casi. La psoriasi è una malattia cutanea ad andamento cronico, che colpisce il 4-5% della popolazione , caratterizzata da papule e placche desquamanti, argentee e ben circoscritte determinate da un aumentato turnover cellulare(2-7gg). L’estensione dell’interessamento cutaneo può variare da aree localizzate di modeste dimensioni, fino al coinvolgimento dell’intera superficie corporea. Esistono numerose forme cliniche della psoriasi e la sua eziologia rimane sconosciuta. La scelta del regime fototerapeutico deve essere fatta considerando la risposta precedente del paziente al trattamento, il tipo di pelle e la gravità della malattia. Esistono diversi schemi terapeutici di trattamento, in genere i pazienti sono irradiati con una frequenza di 2-5 volte alla settimana, partendo con una dose iniziale che raggiunge il 75-100% della dose minima eritematogena (DME), che viene aumentata del 15-30% ogni giorno. L’eritema compare entro 24 ore dall’esposizione, e sebbene può intensificarsi con il crescere delle dosi durante il trattamento, è auspicabile mantenere una reazione eritematosa appena percettibile da utilizzare come dosimetro clinico. Gli effetti collaterali acuti della fototerapia sono simili a quelli di una esposizione eccessiva alla luce solare, consistono in un eritema ritardato, edema e bolle, secchezza, prurito e ricorrenti eruzioni di herpes simplex, mentre quelli a lungo termine sono più gravi e comprendono il fotoinvecchiamento e il cancro della pelle. Solitamente la f. con UVB viene utilizzata in associazione con diverse sostanze topiche come steroidi, catrami, antralina, calcipotriolo e tazarotene o combinato con altri approcci fotorapeutici. In particolare uno di questi agenti; il calcitriolo è stato utilizzato per il trattamento della psoriasi fin dal 1994, ma in realtà non è stata osservato alcuna prova a favore. In un studio retrospettivo sono stati messi a confronto per efficacia e sicurezza tre modalità differenti per il trattamento della psoriasi; gli UVB, i PUVA e i bathPUVA. I risultati dell’esperimento non hanno evidenziato alcuna differenza significativa, se non per la comparsa degli effetti collaterali acuti, più frequenti negli UVB e PUVA rispetto nel bathPUVA. In conclusione esiste dunque un buon compromesso tra effetti collaterali ed esiti terapeutici che accrescono sempre più l’uso della fototerapia nella psoriasi.



La Fototerapia nella Vitiligine e in altre dermatiti



La vitiligine è una patologia acquisita e talvolta a carattere familiare caratterizzata da una riduzione nella produzione di melanina. Questo tipo di ipopigmentazione si manifesta con la comparsa di chiazze bianche sulla pelle, colpisce lo 0.5-4% della popolazione mondiale, senza distinzione di sesso e razza. La causa della carenza dei melanociti, è sconosciuta ma può essere imputata ad un difetto genetico coinvolgente il sistema immunitario sul quale possono agire numerose concause quali stress, traumi fisici, o malattie virali. Le ipotesi maggiormente attendibili si riferiscono alla teoria autoimmune, ovvero alla produzione di autoanticorpi diretti contro i melanociti o alla promozione dell’apoptosi nelle stesse cellule. I metodi più interessanti per la cura della vitiligine e di altri disturbi cutanei come l’acne, sono rappresentati dalla terapia PUVA e soprattutto dall’irradiazione con raggi UVB a banda stretta. In uno studio comparativo recente, un gruppo di pazienti affetti da vitiligine sono stati trattati per 4 mesi sia con terapia locale PUVA che con raggi UVB separatamente. Nei risultati, il trattamento con UVB mostra un buon livello di ripigmentazione pari al 67% dei casi, rispetto al 46% dei pazienti trattati con PUVA. Un possibile meccanismo coinvolto nella ripigmentazione sembra sia determinato dalla capacità dei raggi UVB a banda stretta di indurre la proliferazione dei melanociti, stimolando la liberazione di citochine e mediatori infiammatori. Gli studi attuali mirano ad identificare i potenziali effetti di sostanze additive. Fin ora è certo che l’uso di una crema a base di un composto inorganico; la pseudocatalase, in combinazione con gli UVB a banda stretta non sembra apportare miglioramenti. Un’altra ricerca simile considera invece il valore della f. con UVB da sola o in associazione con la vitamina B12 e l’acido folico, deficitarie in alcuni casi di vitiligine. Si suppone che queste due sostanze siano coinvolte nella biosintesi della melanina. In realtà i risultati indicano che il livello di ripigmentazione non differisce nei due trattamenti.



Conclusioni



I raggi solari costituiscono da sempre un naturale rimedio e stimolazione per la nostra pelle. Lo scopo della fototerapia è quella di riprodurne nel modo più autentico, gli effetti benefici, limitandone però i rischi. Ci sono sufficienti evidenze che confermano, la fototerapia con UVB a banda stretta come la principale e maggiormente valida monoterapia per il trattamento di molte dermatiti. Il valore terapeutico della fototerapia è oggi ben documentato, tuttavia i rischi, gli effetti collaterali e i meccanismi biomolecolari sono ancora poco conosciuti. Attualmente la ricerca è rivolta all’identificazione di possibili sostanze additive in grado di incrementare l’attività dei raggi UV e di ridurre la dose cumulativa d’esposizione.



Prof. Tommaso Addonisio

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Esistono diversi Centri di fototerapia, sia pubblici che privati: alcuni centri operano con un protocollo particolarmente specializzato per la psoriasi e la vitiligine, il cosiddetto protocollo “americano”.
Centri per la fototerapia



* Cuneo
presso il Centro Medico Europeo
Corso Nizza, 10 – 12100 CUNEO
tel. 0171 64416
* Savigliano
presso Poliambulatorio SALUCOM srl
via Cuneo, 27 A/B (primo piano) – 12038 SAVIGLIANO (CN)
tel. 0172 21992
* Genova
presso PRODES MEDICA srl
via G. D’Annunzio, 2/10 (zona Piazza Dante) – 16121 GENOVA
tel. 010 5705573
* Milano
presso NEWSTART srl
via A. Veniero, 21 (zona P.le Lotto) – 20148 MILANO
tel. 02 33008080
* Mestre
presso Poliambulatorio
FLEMING viale Garibaldi, 50 – 30173 MESTRE (VE)
tel. 041 5349340
* Colleferro
presso STE-LAR srl
Via Fontana Bracchi, 61/c – 00034 COLLEFERRO (RM)
tel. 06 97234024
* Napoli
presso Centro Dermatologico BELSITO
Piazza Salvatore Di Giacomo, 149 (Posillipo) – 80123 NAPOLI
tel. 081 7691020
* Telese
presso Impresa A. MINIERI s.p.a. Piazza A. Minieri, 1 – 82037 TELESE TERME (BN)
tel. 0824 976888
* Palmi
presso Studio Medico Associato GENERAL MEDICAL CENTER
via C. Battisti, 23 – 89132 PALMI (RC) tel. 0966 24540 – 21022
* Torino
presso PROMED srl via Arquata, 5/N (zona Osp. Mauriziano)
10134 TORINO
tel. 011 3017134
* Bologna
presso Poliambulatorio SAN DOMENICO via Fossolo, 28 -
40138 BOLOGNA
tel. 051 6360967
* Alessandria
presso Poliambulatorio CENTO CANNONI
Corso Cento Cannoni, 8 – 15100 ALESSANDRIA
tel. 0131 263050

nota aggiuntiva:

esiste una relazione tra dieta e PSO

ALIMENTAZIONE
"Il cibo sia la tua migliore medicina, e la tua medicina sia il cibo" Ippocrate
" siamo mentalmente quello che pensiamo, fisicamente quello che mangiamo"

Nella cura della psoriasi l'alimentazione gioca un ruolo fondamentale.Assumere o evitare certi alimenti è essenziale, per avere dei miglioramenti è essenziale modificare il proprio stile alimentare, per un periodo sufficientemente lungo, in quanto occorre del tempo per depurarsi.
E' di fondamentale importanza mantenere l'equilibrio acido-alcalino, per mantenere il proprio stato di salute è bene stare di più verso l'alcalinità.piuttosto che verso l'acidità. Occorre che il pH vada da 7,3 a 7,5, in questo modo avremo un sistema immunitario efficente ( giornalmente assumere 80% di cibi a reazione alcalina e 20% di cibi a reazione acida) in questo modo non solo migliora la psoriasi, ma anche le articolazioni diventano più flessibili e meno doloranti.
Fegato, reni, pelle e polmoni sono i nostri maggiori emuntori, il fegato elimina le tossine solide attraverso gli intestini, se il fegato ha problemi questo compito viene svolto dalla pelle, mentre i reni eliminano le tossine liquide attraverso la vescica che elimina l'urea, i polmoni eliminano le tossine gassose ed intervengono quando i reni sono sotto accumulo, è chiaro che i polmoni non possono sostituire il lavoro dei reni, nè la pelle può sostituire il lavoro del fegato. Se ci sono accumuli tossici a livello renale i polmoni intervengono sotto forma di bronciti, polmoniti, tubercolosi nel tentativo di disintossicare l'organismo. Lo stesso avviene quando il fegato non funziona adeguatamente nella eliminazione delle tossine della bile, interviene la pelle, e possiamo soffrire di irritazioni cutanee, di catarri a livello delle mucose, foruncoli, pustole. Avvelenare un'area porta all'avvelenamento di un'altra, purificando un'area si purificherà anche l'altra. Chi soffre di Psoriasi ha bisogno di purificare l'intero sistema.
Seguire l'alimentazione sana è alla base del processo di guarigione dalla Psoriasi....è essenziale ! la persona affetta da psoriasi deve essere collaborativa per poter guarire.

Per la Psoriasi è utile una dieta vegetariana, povera di poteine animali, ricca di frutta e verdura, priva di cibi raffinati, con pochi grassi e con un alto contenuto di fibre, mantenere equilibrio tra quantità e qualità.

Da tenere presente che la persona affetta da Psoriasi, ha un eccesso di acidità e di tossiemia, quindi è fondamentale tenere il sangue verso l'alcalinità

Cibi Alcalini
I cibi a reazione alcalina sono la frutta, la verdura ed i loro succhi

RAPPORTI ALIMENTARI GIUSTI

80 % ALCALINO - 20% ACIDO

FIBRE
Le fibre sono essenziali per il transito intestinale, come verdure : fagiolini, cavolfiore, carote, lattuga, sedano, verza; pectina: mele, agar, psillio, guar, estratto di malto, olio di oliva, assumere le fibre con abbondante acqua. ( l'acqua è essenziale alla psoriasi).


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Guarire dalla Psoriasi

La causa della psoriasi Guardare
la pelle per cercare le cause della psoriasi è come guardare la cima
di un iceberg e presumere che esso sia l’intera struttura.
Si può mozzarne la punta ma l’iceberg non scomparirà mai.
Perché?
Perché
la parte più importante della sua intera struttura è celata sotto la
superficie, e fintanto che rimarrà nascosta, continuerà ad esistere.
Così è anche la psoriasi.
Quello che si vede all’esterno è un’evidenza fisica di qualcosa che
accade dentro al corpo. Si può trattare l’esterno, ma la malattia
continuerà a ritornare ancora e ancora, mese dopo mese, anno dopo anno,
fintanto che il paziente avrà esaurito tutte le vie di soccorso
disponibili.
A chi si rivolgerà?
Esiste veramente un rimedio a questa irritante, spesso devastante
malattia cronica della pelle? È possibile per una vittima essere libera
per sempre dal dolore, dalla deturpazione e dai considerevoli costi?
La
risposta a queste domande è un inequivocabile SÌ! Ci sono risposte
all’enigma della psoriasi, risposte che mi hanno guidato verso
un’efficace gestione della malattia tramite una via sicura e naturale.
Se
un ricercatore si rivolge alla medicina ortodossa per avere una
spiegazione delle cause della psoriasi, incontrerà ancora a tutt’oggi
la stessa vecchia dichiarazione che «non ci sono cause conosciute o
cure per la psoriasi».
Soltanto una
convinzione interiore che ci deve essere una risposta, sebbene per il
momento sconosciuta, gli darà una motivazione per continuare a cercare
una soluzione.
                                                                  Ho fatto proprio questo quando, rivolgendomi agli studi di Edgar Cayce,
trovai quello che suonava come una logica spiegazione della malattia.
«C’è una cura… » dichiarava Cayce. E proseguiva citando la causa e
suggeriva un rimedio.
Rimaneva, comunque, la questione relativa alla dimostrazione delle sue teorie. Questo
mi condusse ad una ricerca concentrata che m’impegnò per un periodo di
quindici anni. In quello spazio di tempo convinsi i miei pazienti,
così come me stesso, che le ultime informazioni fornite da Edgar Cayce
erano certamente valide e degne di una considerevole considerazione,
sia per quanto riguarda il trattamento che per la gestione della
malattia.
Tutto dipende dall’atteggiamento
del paziente. Quello che sembra facile per qualcuno, può essere visto
da qualcun altro enormemente difficile.
In ogni caso, consiglio a tutti di affrontare il problema della psoriasi  in modo rilassato e fiducioso. L’ansia
non fa parte del programma! Uno dei miei pazienti è migliorato in
quattordici mesi, dopo aver sofferto di psoriasi per quattordici anni.
Egli espresse la sua gratitudine dicendo: «Quattordici mesi dopo
quattordici anni: non è niente male».

Al momento, otto anni dopo la guarigione, è ancora soddisfatto dei risultati.
Un’altra
ammalata, dopo essere stata a regime per due settimane ha protestato
dicendo: «Se avessi saputo che era così difficile, non avrei mai
iniziato».
Inutile dire che il suo caso non è stato risolto.
Per prima cosa il paziente deve comprendere la psoriasi per quello che è;
in secondo luogo, è importante mettersi sulla pista giusta per potersi sbarazzare della malattia;
terzo, il paziente deve armarsi di PAZIENZA e PERSISTENZA!
L’origine della psoriasi Com’è
stato menzionato precedentemente, per capire la ragione delle
manifestazioni esterne della psoriasi, si deve entrare nel corpo per
trovarne le origini.
Secondo le teorie fornite
da Cayce, l’origine è da cercare nel TRATTO INTESTINALE. Questo è il
posto in cui la psoriasi ha inizio, e fintanto che questa realtà non
sarà completamente compresa e la terapia non sarà basata su questa
premessa, io credo con estrema certezza che le condizioni
persisteranno.
Quello che accade è che le pareti in alcune aree del
tratto intestinale diventano sottili e porose. Quando ciò avviene,
sostanze tossiche, che normalmente dovrebbero passare attraverso
l’intestino ed eventualmente essere eliminate dall’organismo, filtrano
attraverso queste pareti, entrano nel sistema linfatico ed invadono il
flusso sanguigno.
Il
sistema naturale di purificazione dell’organismo, quindi, soprattutto
il fegato ed i reni, cerca di filtrare queste tossine che si formano
nel sangue. Questa azione prende il suo tempo ma prima o poi l’accumulo
di elementi tossici diventerà più di quanto questi organi possano
effettivamente sopportare.
Quando
questo livello viene raggiunto, il secondo sistema di purificazione, o
sistema di supporto, si associa nel tentativo di aiutare il processo
di eliminazione.
Allorché il fegato, la ghiandola filtro più
importante dell’organismo, è sovraccarico, la pelle viene in soccorso
per aiutare l’eliminazione delle tossine.
Quando si è abusato troppo dei reni, entrano in gioco i polmoni.
                                                            Una breve lezione di anatomia coinvolta dalla psoriasi Il
tratto digestivo, l’area che per prima viene coinvolta nell’origine
della psoriasi, è un tubo cavo con pieghe e curve da un capo all’altro
dell’intestino tenue, che espleta varie funzioni lungo tutto il suo
corso, dall’ingestione del cibo fino all’eliminazione delle scorie.
Quando
il cibo entra nella bocca, certi enzimi iniziano il processo di
demolizione per un finale assorbimento e assimilazione nell’intestino
tenue. Prima che il cibo raggiunga l’intestino tenue, esso deve
scendere attraverso un lungo tubo cavo chiamato esofago per entrare poi
nello stomaco. Qui rimane anche per ore, venendo elaborato da altri
enzimi e da alcuni acidi prima di passare nella prima parte
dell’intestino tenue, il duodeno, che è lungo soltanto circa 30,5 cm.
In seguito il cibo s’immette nella parte successiva del tenue, chiamata
digiuno, che conduce verso l’ileo. È proprio in queste zone,
specialmente dove il duodeno incontra il digiuno, che le pareti
dell’intestino della persona affetta da psoriasi, diventano sottili e
lisce, agevolando il passaggio delle tossine.
Il cibo, conosciuto
come chimo a questo punto della digestione, continua a muoversi verso
l’ileo, la porzione più lunga dei 7 metri di cui è costituito in toto
l’intestino tenue. Qui i nutrienti vengono assorbiti e gli scarti
vengono passati nell’intestino crasso, nel colon ed alla fine eliminati.
Le PIEGHE lungo il tratto intestinale

Tutte
le pareti di gran parte del tratto intestinale dovrebbero avere delle
pieghe sempre presenti, per aiutare l’assorbimento e il movimento dei
contenuti di passaggio. Queste pieghe iniziano dalla seconda metà del
duodeno, continuano nel digiuno, e finiscono all’incirca a metà
dell’ileo. Esse sono per la maggior parte concentrate alla curva
duodeno-digiunale.
Secondo le informazioni fornite da Cayce le
pieghe che, nella persona afflitta da psoriasi, diventano lisce, come
se si fossero assottigliate, permettendo, così, un’infiltrazione di
tossine attraverso le pareti ed infine nel flusso sanguigno.
In anatomia queste pieghe sono chiamate “plicae circulares” (valvole di Kerckring).
Sebbene
il trasporto delle tossine avvenga prima di tutto alla curva
duodeno-digiunale, nello psoriasico questa infiltrazione di veleni può
manifestarsi, e probabilmente lo fa, per tutta la lunghezza sia
dell’intestino tenue sia del crasso.
L’idea, quindi, in questo nuovo
approccio alla malattia, è quella di diminuire o meglio ancora
eliminare l’ingestione di sostanze inquinanti e di rafforzare allo
stesso tempo le porosità delle pareti intestinali.
 Per quale motivo le pareti intestinali si assottigliano Medical
Research Division della Fondazione Edgar Cayce, riferisce che
l’assottigliamento delle pareti intestinali non ha sempre la stessa
causa, ma è più spesso dovuto alla coordinazione impropria dei sistemi
di eliminazione.
Se è vero che le pareti intestinali contribuiscono allo sviluppo della psoriasi, la domanda logicamente conseguente è:
perché queste pareti sono sottili e porose?
Le seguenti ragioni spiccano come fattori primari:
- Scarsa eliminazione;
- Dieta inappropriata;
- Vertebre non allineate;
- Insufficiente apporto giornaliero di acqua;
- Emozioni negative;
- Fattori ereditari;
 Nel
procedimento ci ritroveremo ad aver a che fare con ciascuna di tali
cause. Senza dubbio alcune di queste condizioni si sovrappongono,
contribuendo ad un accumulo di tossine e causando un aumento di acidi
nel sangue, il quale dovrebbe invece essere alcalino: il contenuto
quindi di acidità nel sangue deve essere ridotto.
L’”accumulo
di tossine” al quale mi riferisco non è dovuto soltanto a quegli
elementi che ho già identificato come aventi un effetto “avvelenante”
nell’organismo, come il monossido di carbonio, il biossido di azoto,
gli idrocarburi, il ciclamato e tanti altri. Vi sono sostanze che sono
più comuni ma meno sospette, in special modo certi alimenti che non
necessariamente interessano le persone in generale, ma sono distruttivi
negli affetti da psoriasi. Queste sostanze agiscono come allergeni e
trasformano la loro vita in un inferno.
Il controllo della malattia,
quindi, si ottiene principalmente imparando ad identificare questi
cibi, causa di una reazione tossica iper-acida nel corpo, e mantenendo
come priorità l’evitarli a tutti i costi.
Fintanto che questo
concetto non è pienamente compreso, il paziente combatte una battaglia
perdente. Le applicazioni esterne sotto forma di pomate, creme e
persino di raggi ultravioletti, aiutano in molti casi a ripulire la
pelle, ma sono, nella migliore delle ipotesi, palliativi, e dopo un po’
di tempo le condizioni patologiche generalmente ritornano, spesso
peggio di prima.
Ai pochi pazienti che hanno avuto l’esperienza di
una remissione spontanea della malattia senza aver avuto più un ritorno
dei sintomi, dico che dovrebbero ringraziare la loro buona stella.
Per
ragioni che forse non saranno mai conosciute, questi fortunati
individui si sono liberati di un periodo di vita caratterizzato da
ansietà e dolore.
A quelli meno fortunati,
comunque, dico: CORAGGIO! Non tutto è perduto. C’è una via di uscita
naturale dal vostro dilemma che ha dimostrato di avere avuto successo
in molti, molti casi.

                         
           Breve storia di un paziente guarito della psoriasi

«Dottore lei deve aiutarmi, non posso continuare a vivere così».
 Queste sono state le prime parole che il sig. A. pronunciò quando lo accolsi alla mia porta.
Era
un uomo sulla sessantina, cordiale e amabile. A giudicare dalle sue
apparenze esteriori si sarebbe supposto che non ci fosse nulla che non
andasse, invece qualcosa di sbagliato in effetti c’era, di radicalmente
sbagliato! Quando il sig. A. si spogliò, vidi la ragione del suo
tormento: era vittima di uno dei mali più vecchi dell’umanità, la
PSORIASI.
 Egli ne soffriva da trent’anni.
Aveva raggiunto il punto in cui più dell’ottanta per cento del suo
corpo era coperto da squame argentee e spesse che gli causavano dolore,
sanguinamento ed un intollerabile prurito.
Aveva avuto il mio
recapito dal gestore di un negozio locale di alimenti naturali, il
quale gli aveva riferito che avevo aiutato diverse persone sofferenti
di psoriasi.
Avendo egli esaurito tutti gli altri mezzi disponibili
per combattere la malattia, si rivolse a me nella speranza che gli
risolvessi il problema.
Avevo già risolto un buon numero di casi
simili, ma il suo era così grave che esitai nell’accettarlo per paura
di fornirgli una falsa speranza. In ogni caso non ebbi scelta quando
egli implorò: «Dottore, non ho nessun altro cui rivolgermi».
Oggi
sono felice del fatto che egli mi abbia persuaso ad accoglierlo come
paziente perché egli dimostrò di cooperare interamente: seguì alla
lettera le mie indicazioni. Con mia e sua grande sorpresa nell’arco di
trenta giorni fu completamente ripulito dalle lesioni mentre la maggior
parte dei pazienti necessitano dai tre ai sei mesi per mostrare
risultati.
Questo paziente è stato, ed è tuttora, il caso, del quale
sono stato testimone, che ha ottenuto la risposta più rapida e qualche
anno dopo egli fece la sua apparizione di fronte ad un gruppo di miei
pazienti per dimostrare con prove il suo successo di guarigione: fu
un’ispirazione per tutti coloro che lo incontrarono.
Il
traguardo fu raggiunto da lui, e successivamente, da molti altri che
ho avuto il privilegio di trattare, seguendo un regime di terapia
basata su una teoria mai riconosciuta prima o neanche solo seriamente
considerata da parte della comunità scientifica.



www.macrolibrarsi.it/speciali/psoriasi



Edited by .:._Silver_.:. - 29/6/2011, 23:08
 
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