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Parafrasi dell'Inferno della "Divina Commedia" di Dante, 11 - 20

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view post Posted on 9/5/2010, 12:00     +1   -1




Inferno: XI Canto

Sull’orlo di un alto pendio, formato da grandi macigni spaccati disposti circolarmente, Giungemmo al di sopra di una folla sottoposta a più dolorosi tormenti; e qui per lo spaventoso insopportabile fetore che esala il basso inferno, cercammo riparo dietro il coperchio di una grande tomba, sul quale vidi la seguente iscrizione: " Custodisco papa Anastasio, che Fotino allontanò dalla giusta strada ". "Occorre che la nostra discesa sia ritardata, in modo che prima il nostro olfatto si abitui un poco alla pestifera esalazione; dopo non dovremo più prendere, riguardo ad essa, alcuna precauzione." Così parlò Virgilio; e io gli dissi: "Trova un compenso (alla nostra sosta), in modo che il tempo non scorra inutilmente ". E Virgilio: " E’ proprio ciò a cui sto pensando". "Figliolo, all’interno di questa riva pietrosa" prese poi a dire "si trovano tre cerchi piccoli, (rispetto ai precedenti), digradanti come quelli dai quali sei uscito. Sono tutti pieni di anime dannate; ma perché poi ti sia sufficiente soltanto vederle (senza più bisogno di spiegazioni), odi in che modo e per quale motivo si trovano in essi stipate. Lo scopo di ogni cattiva azione, che suscita ira in cielo, è la violazione di un diritto, ed ogni scopo di questo genere (ogni ingiuria) offende qualcuno o con la violenza o con la frode. Ma poiché la frode è malvagità propria dell’uomo, essa spiace maggiormente a Dio; perciò i fraudolenti stanno in basso e sono sottoposti a tormenti maggiori. Il primo dei tre cerchi è interamente occupato dai violenti; ma poiché si compie violenza contro tre specie di persone, esso è stato costruito e suddiviso in tre zone concentriche. Si può usar violenza contro Dio, se stessi, il prossimo, e precisamente tanto contro loro personalmente quanto contro le cose che loro appartengono, come ti sarà spiegato attraverso un ragionamento più chiaro. Al prossimo si possono infliggere morte violenta e dolorose ferite, e ai suoi beni distruzioni, incendi ed estorsioni dannose; perciò il primo girone punisce, divisi in gruppi (per diverse schiere), tutti quanti gli omicidi e chiunque colpevolmente ferisce, i saccheggiatori e i ladroni. Si può usar violenza contro se stessi e contro i propri averi; e perciò è giusto che nel secondo girone si penta inutilmente chiunque priva se stesso della vita, dilapida al gioco e sperpera le sue ricchezze, e (quindi) piange là dove avrebbe dovuto essere lieto. Si può usare violenza contro Dio, rinnegandolo in cuore e apertamente bestemmiandolo, e recando oltraggio alla sua bontà nella natura; perciò il girone più piccolo segna del suo marchio sia Sodoma sia Cahors, sia colui che parla disprezzando Dio nel suo animo (il bestemmiatore). Significativa in proposito è la seguente frase del Boccaccio: "Come l'uomo dice dì alcuno - egli è Caorsino - come s'intende ch'egli sia usuraio". La frode, che offende ogni coscienza, può essere usata tanto contro colui che si fida quanto contro colui che non ha fiducia. Questo secondo tipo di frode sembra distruggere soltanto il vincolo d’amore creato (tra gli uomini) dalla natura; perciò nel secondo cerchio (della città di Dite, ottavo di tutto l’inferno) sono raccolti i peccati di ipocrisia, adulazione e magia, falsificazione, latrocinio e simonia, seduzione, baratteria e colpe ugualmente immonde. L’altro tipo di frode fa dimenticare sia il vincolo dell’amore naturale, sia quello che ad esso si aggiunge in seguito, dal quale nasce la fiducia specifica; perciò,nel cerchio più piccolo, dove si trova il punto dell’universo occupato da Lucifero (Dite), chiunque tradisce è dilaniato da tormenti eterni. " Ed io: " Maestro, il tuo ragionamento si svolge con grande chiarezza, e descrive assai bene questo abisso e le genti in esso contenute. Ma spiegami: quelli della palude melmosa, quelli travolti dal vento, e quelli che la pioggia percuote, e quegli altri che, incontrandosi, così aspramente si insultano, perché non sono puniti dentro la città arroventata, se Dio li ha in odio? e se non li ha, perché si trovano in tali condizioni ? " Non ti ricordi delle parole con le quali I’Etica, libro a te familiare, tratta a fondo le tre inclinazioni che Dio disapprova, l’incontinenza, la malizia e la sfrenata bestialità? e di come l’incontinenza offenda meno Dio, e attiri su di sé una condanna minore? Se tu riesamini attentamente questa affermazione, e ricordi chi sono coloro che vengono puniti nella parte alta dell’inferno, fuori della città di Dite, "O luce che come sole liberi la vista (dell’intelletto) da ogni offuscamento, mi riempi di tanta gioia quando sciogli i miei dubbi, che il dubitare non mi è meno gradito del sapere. Torna ancora un po’ indietro " dissi, " nel punto in cui dici che l’usura oltraggia la bontà di Dio, e chiarisci questa difficoltà. " "A colui che sa capirla " disse " la filosofia dimostra e non in un solo punto, come la natura prende origine dalla mente e dall’opera di Dio; e se tu leggi attentamente la Fisica (di Aristotile), a te ben familiare, troverai, dopo non molte pagine, che l’operato umano imita, per quanto può, la natura, come l’alunno imita il maestro; tanto che il vostro operare è quasi nipote di Dio. Se tu richiami alla tua memoria l’inizio del libro della Genesi, vedrai che è dalla natura e dall’arte che gli uomini devono trarre i mezzi per vivere e migliorare le proprie condizioni; e poiché l’usuraio segue un altro cammino, offende la natura in se stessa e nella sua imitatrice, affidando ad altro la sua speranza. Ma è tempo ormai che tu mi venga dietro, poiché ritengo che dobbiamo incamminarci; la costellazione dei Pesci (che precede di tre ore l’apparizione dell’alba), infatti, sale scintillando sopra l’orizzonte e quella dell’Orsa Maggiore si trova esattamente nella direzione del vento Cauro, e si discende il dirupo assai più in là."

Inferno: XII Canto

Il luogo in cui giungemmo per scendere lungo il dirupo era scosceso e, per di più a causa di ciò che in esso si trovava (il Minotauro), tale, che ogni sguardo lo avrebbe evitato. Quale è la frana che a valle di Trento colpì in una delle sue rive l’Adige, o a causa di un terremoto o per l’erosione del terreno sottostante, in modo che il pendio dalla vetta della montagna, dalla quale la frana si staccò, alla pianura è così inclinato, da offrire una via di discesa a chi si trovasse in alto, tale era la discesa di quel burrone; e nella parte superiore della Costa franata giaceva distesa la vergogna, dei Cretesi che fu concepita nella finta vacca; e quando ci vide, morse se stesso, come colui che è sopraffatto internamente dall’ira. Il mio saggio maestro gli si rivolse gridando: " Pensi forse di trovarti in presenza del signore d’Atene, che sulla terra ti diede la morte? Allontanati, bestia: costui non giunge infatti guidato da tua sorella, ma si reca a vedere i vostri tormenti". Come fa il toro che si scioglie dai nodi che lo legano nell’istante in cui, mortalmente colpito, non è più capace di camminare, ma barcolla qua e là, tale io vidi diventare il Minotauro; e il sagace Virgilio gridò: " Corri al punto di discesa; è bene che tu scenda, mentre è infuriato ". Così ci avviammo attraverso l’ammasso di quelle pietre, che si muovevano spesso sotto i miei piedi per l’insolito peso. Procedevo meditabondo; e Virgilio disse: "Tu pensi forse a questa frana custodita da quella belva irosa che ora ho reso inoffensiva. Voglio dunque che tu sappia che la volta precedente, allorché scesi nella parte inferiore dell’inferno, questo pendio non era ancora franato. Ma, se non mi inganno, senza dubbio poco prima della venuta di colui che tolse a Satana il glorioso bottino del limbo, il profondo abisso immondo tremò in ogni sua parte tanto, che io credetti che l’ universo fosse preso da quell’amore, a causa del quale alcuni ritengono che più di una volta il mondo sia ritornato nel caos; e allora questa antica rupe subì, in questo luogo e altrove (nella bolgia degli ipocriti; Inferno XXI, 106-108), tale franamento. Ma guarda attentamente in basso, poiché si avvicina il fiume di sangue bollente in cui è immerso chiunque rechi danno ad altri con la violenza ". O irragionevole avidità e ira sconsiderata, che a tal punto ci stimoli nella breve vita terrena, e poi in tanto dolore ci immergi in quella eterna! Vidi un largo fossato circolare, in quanto cinge tutto il piano (del settimo cerchio), secondo quello che aveva detto il mio accompagnatore; e tra la base del dirupo e questo fossato, dei centauri correvano raccolti in gruppo, armati di frecce, come solevano fare sulla terra quando andavano a caccia. Vedendoci scendere, ciascuno si fermò, e tre di loro si separarono dalla schiera con archi e frecce scelte in precedenza; e uno gridò da lontano: " Verso quale pena vi dirigete voi che scendete il pendio ? Ditelo dal punto in cui vi trovate; altrimenti tendo l’arco ". Virgilio disse: " Risponderemo a Chirone quando vi saremo vicini: con tuo danno la tua volontà fu sempre così impulsiva ". Poi mi toccò, e disse: "Quello è Nesso, che perdette la vita per amore della bella Deianira e vendicò da sé la propria morte. E quello che sta In mezzo, e tiene lo sguardo abbassato, è il grande Chirone, che educò Achille; l’altro è Folo, che fu così iroso. Girano a migliaia intorno al fossato, colpendo con frecce qualsiasi dannato si trae fuori dal sangue più di quanto il suo peccato gli diede in sorte ". Ci avvicinammo a quegli animali ve1oci: Chirone prese una freccia, e con la cocca trasse indietro la barba sulle mascelle. Quando la grande bocca fu completamente libera disse ai compagni: "Vi siete accorti che colui che sta di dietro è un essere vivente ? E Virgilio, che già gli era di fronte, e arrivava all’altezza del suo petto, là dove le due nature (di uomo e di cavallo) si uniscono, rispose: " E’ veramente vivo, e a lui, a lui solo, devo mostrare l’inferno: ci spinge a ciò la necessità, non il piacere. Dal cielo si mosse qualcuno che mi affidò questo straordinario incarico: non è un ladrone, né io sono l’anima di un ladro. Ma in nome di quel potere divino, ad opera del quale percorro un cammino cosi impervio, dacci uno dei tuoi, a cui possiamo stare vicini, e che ci indichi il punto dove il fiume può essere attraversato e trasporti costui sulla sua groppa, poiché egli non è uno spirito che possa volare ". Chirone si volse a destra, e parlò a Nesso: "Volgiti indietro, e fa loro da guida, e fa scansare qualunque altra schiera s’imbatta in voi". Ci avviammo dunque insieme col sicuro accompagnatore lungo la sponda del sangue bollente, nel quale i dannatì emettevano grida laceranti. Vidi una rnoltitudine immersa fino agli occhi; e Nesso spiegò: "Essi sono tiranni che uccisero e depredarono. Qui si sconta il male arrecato agli altri senza pietà; qui si trovano Alessandro, e il crudele Dionisio, che fu causa alla Sicilia di anni dolorosi. E quella fronte coperta di così neri capelli, è (la fronte) di Ezzelino; quello biondo è invece Obizzo d’Este, il quale davvero fu ucciso in terra dal figlio snaturato ". Allora mi rivolsi a Virgilio, ed egli disse: " Nesso sia ora la tua guida, io verrò secondo ". Poco più oltre il Centauro si arrestò presso una moltitudine che appariva immersa in quel bollore fino alla gola. Ci indicò un’ombra isolata in un angolo e disse: " Quel dannato trafisse in chiesa il cuore che è ancora venerato a Londra ". Guido, conte di Montfort, vicario in Toscana di Carlo I d'Angiò, pugnalò nel 1272, in una chiesa di Viterbo, Arrigo, cugìno del re d'Inghilterra Edoardo I, che gli aveva ucciso il padre. Sulla tomba di Arrigo, posta sul ponte del Tamigi a Londra, una statua dorata, secondo quanto riferisce un antico commentatore, Benvenuto da ImoIa, reggeva un calice contenente il suo cuore imbalsamato. Vidi in seguito una moltitudine che teneva fuori del fiume il capo ed anche tutto il petto; e riconobbi parecchi di costoro. A questo modo il livello del sangue andava sempre più diminuendo, fino a bruciare soltanto i piedi; qui guadammo il fossato. " Così come vedi che il liquido bollente si abbassa progressivamente da questa parte " disse il Centauro, " voglio che tu sappia che dalla parte opposta il suo alveo diventa sempre più profondo, finché si ricongiunge al punto dove è giusto che i tiranni espiino. Da quest’altra parte la giustizia di Dio punisce Attila che sulla terra fu strumento di dolore e Pirro e Sesto; e per l’eternità spreme le lagrime, che fa sgorgare con il supplizio del sangue bollente, a Rinieri da Corneto, a Rinieri dei Pazzi, che resero così pericolose le strade. " Poi si voltò indietro, e riattraversò il pantano.

Inferno: XIII Canto

Nesso non era, ancora arrivato di là (dal guado), quando noi entrammo in un bosco che non aveva alcuna traccia di sentieri. Non c’erano foglie verdi, ma di colore scuro; non rami lisci e diritti, ma nodosi e contorti; non frutti, ma spine con veleno: quegli animali selvaggi che (in Maremma) tra il fiume Cecina e la località di Corneto odiano i luoghi coltivati, non hanno (per loro dimora) macchie così irte e pungentì e così folte. Qui fanno i loro nidi le sozze Arpie, che costrinsero alla fuga dalle isole Strofadi i Troiani con la funesta profezia di mali futuri. Hanno ali larghe, colli e facce di esseri umani, piedi con artigli, e il grande ventre coperto di penne; si lamentano, in modo strano, sugli alberi. E il valente maestro: " Prima che tu ti inoltri, sappi che sei nel secondo girone " cominciò a dirmi, " e vi starai fino a quando tu arriverai all’orribile distesa sabbiosa: perciò guarda ripetutamente e con attenzione; così facendo vedrai cose tali che toglierebbero credito alle mie parole". lo sentivo da ogni parte emettere lamenti acuti, e non vedevo nessuno che li facesse; per questo tutto smarrito mi fermai. Ritengo che Virgilio pensasse che io credessi che voci così numerose uscissero, (passando) tra quegli alberi secchi, da gente che si nasc:ondesse a noi. Perciò il maestro disse: " Se tu spezzi un qualsiasi ramoscello di una di queste piante, i tuoi pensieri si dimostreranno tutti erronei ". Allora stesi la mano un poco in avanti, e colsi un ramoscello da un grande albero spinoso; e il suo tronco gridò: " Perché mi schianti ? " Poi, dopo che si coprì di sangue, ricominciò a dire: " Perché mi strappi ? non hai tu alcun senso di pietà? Fummo uomini, e ora siamo trasformati in piante selvatiche: la tua mano dovrebbe essere anche più pietosa, se fossimo state anime di serpi ". Come da un tizzone verde al quale ad una estremità sia appiccato il fuoco, che dall’altra stilla gocce di umore e stride a causa dell’arla interna che ne esce, allo stesso modo dal ramo rotto uscivano insieme parole e sangue; perciò io lasciai cadere il ramoscello, e rimasi immobile come chi ha paura. "Se egli avesse potuto credere senza provare" rispose il saggio Virgilio: "o anima ferita, ciò che ha veduto soltanto per mezzo della mia poesia, non avrebbe stesa la mano contro di te; ma la cosa, in sé incredibile, mi spinse a indurlo a compiere un atto che rincresce a me per primo. Ma digli chi tu fosti, cosicché invece di un qualche risarcimento ravvivi la tua fama nel mondo dei vivi, dove gli è lecito ritornare. " E il tronco (disse) : " Mi attiri, con l’esca delle tue dolci parole in modo tale, che io non posso tacere; e a voi non pesi se io mi trattengo un poco a discorrere. Io sono colui, che tenni tutte e due le chiavi del cuore di Federico, e che le girai, aprendo e chiudendo, così delicatamente, che esclusi quasi ogni altra persona dalla sua intimità: fui tanto fedele al mio glorioso incarico, che a causa di ciò perdetti la quiete e la salute. L’invidia, rovina di tutti è male delle corti, che mai ha distolto il suo sguardo disonesto dalla corte imperiale, aizzò tutti gli animi contro di me; e gli aizzati aizzarono tanto l’imperatore, che le gloriose onorificenze si convertirono in cupi dolori. Il mio animo, per sprezzante compiacimento, credendo che con la morte si sarebbe sottratto al disprezzo, mi rese ingiusto contro me stesso (che ero invece) giusto. Per le mostruose radici di questo albero vi giuro che mai venni meno alla fedeltà verso il mio signore, che fu tanto degno di rispetto. E se l’uno o l’altro di voi torna nel mondo, renda giustizia alla mia memoria, che è ancora prostrata per il colpo che l’invidia le inferse ". Virgilio attese un poco, e poi mi disse: " Dal momento che egli tace non perdere tempo; ma parla, rivolgigli domande, se hai piacere di sapere di più ". Perciò io dissi a lui: " Domanda ancora tu ciò che credi possa appagarmi; perché io non potrei, da così grande pietà sono toccato nel cuore! " Perciò riprese: " Se ti verrà fatto spontaneamente il favore che le tue parole chiedono in tono di preghìera, spirito prigioniero, ti sia gradito ancora di dirci in che modo l’anima si rapprende in questi duri nodi; e rivelaci, se puoi, se mai qualche anima si libera da simili membra. Allora il tronco soffiò forte, e poi quel soffio si convertì in tali parole " Vi sarà data una risposta breve. Quando l’anima crudele (contro il corpo) si separa dal corpo dal quale essa stessa si è strappata, Minosse la manda al settimo cerchio. Cade nella selva, e non le è prescelto il luogo; ma là dove il caso la scaglia, qui germoglia come seme di frumento. Cresce in forma di virgulto e di pianta selvatica: poi le Arpie, pascendosi delle sue foglie, le procurano dolore, e un varco alle manifestazioni di esso. Come le altre (anime) verremo (nella valle di Giosafàt) a riprendere i nostri corpi, ma non per questo alcuna di noi se ne rivestirà, poiché non è giusto avere ciò di cui ci si è privati. Trascinererno penosamente i nostri corpi (fin qui), ed essi saranno appesi nella mesta selva, ciascuno alla pianta in cui è chiusa la sua anima nemica a se stessa ". Noi eravamo ancora tutti intenti all’albero, credendo che ci volesse dire altre cose, quando fummo sorpresi da un rumore, come colui che sente arrivare il cinghiaie e i cani e i cacciatori al luogo dove si è appostato, e ode le bestie e lo stormire delle fronde. Ed ecco apparire due dal lato sinistro, nudi e pieni di graffi, che scappavano così in fretta, da rompere ogni fronda del bosco. Quello (che correva) davanti (gridava): " Presto corrimi in aiuto, corrimi in aiuto, o morte ! " E l’altro, che si accorgeva di restare pericolosamente indietro, gridava: " Lano, non furono così abili le tue gambe nella battaglia del Toppo! " E poiché forse gli mancava il fiato, di sé e di un cespuglio fece un viluppo annodato strettamente. Dietro di loro c’era la selva piena di nere cagne, bramose e veloci come cani da caccia sguinzagliati in quel momento, Azzannarono quello che si era nascosto (nel cespuglio), e lo lacerarono pezzo per pezzo; poi se ne andarono portando (con sé) quelle membra dolenti. Allora la mia guida mi prese per mano, e mi condusse al cespuglio che piangeva inutilmente attraverso gli squarci sanguinanti. Diceva il cespuglio: " O Giacomo da Sant’Andrea, a che ti è servito farti scudo di me? che colpa ho io della tua vita colpevole? " Quando il maestro si fermò presso di lui, disse: " Chi fosti, che attraverso tante ferite emetti parole dolorose insieme a sangue? " Ed egli (rispose) a noi: " O anime che siete arrivate per vedere lo strazio indecoroso che ha staccato con tanta violenza le mie fronde da me stesso, radunatele ai piedi del cespuglio miserevole. Io fui della città (Firenze) che mutò il primo patrono (Marte) con il Battista (San Giovanni Battista); onde egli (Marte) a causa di ciò sempre la affliggerà con la sua arte (la guerra); e se non fosse che sul ponte dell’Arno rimane ancora un’immagine di lui, quei cittadini che più tardi la fondarono nuovamente sulle ceneri rimaste dopo Attila, avrebbero fatto fare il lavoro inutilmente. Io mi impiccai nella mia casa ".

Inferno: XIV Canto

Poiché l’amore di patria mi riempì di commozione, raccolsi le fronde disperse, e le restituii a quell’anima, che ormai era muta. Giungemmo quindi al confine dove il secondo girone si separa dal terzo, e dove si contempla una spaventosa opera della giustizia. Per spiegare bene le cose qui vedute per la prima volta, dico che arrivammo presso una pianura che respinge dalla sua superficie ogni forma di vegetazione. La triste foresta (dei suicidi) la circonda, come il fiume di sangue circonda quest’ultima: qui ci arrestammo sul margine. Il terreno era una sabbia asciutta e compatta, non dissimile da quella che fu calpestata un tempo da Catone. O castigo di Dio, quanto devi essere temuto da chiunque legge ciò che apparve ai miei occhi! Vidi molte schiere di dannati indifesi che piangevano tutte con grande strazio, e appariva imposta a ciascuna una diversa punizione. Alcuni (i bestemmiatori) giacevano in terra in posizione supina; altri (gli usurai) sedevano tutti rannicchiati, altri ancora (i sodomiti) camminavano senza posa. Quelli che camminavano girando intorno erano più numerosi, mentre quelli che sostenevano il castigo distesi erano in minor numero, ma più pronti a manifestare il dolore. Sulla distesa dì sabbia, per tutta la sua ampiezza, scendevano lentamente, larghe falde di fuoco, come (falde) di neve su una montagna senza vento. Come le fiamme che nelle calde regioni dell’India Alessandro vide cadere compatte fino a terra sul suo esercito, e perciò fece calpestare il terreno dalle schiere, perché il fuoco si spegneva meglio, finché era isolato, allo stesso modo, scendeva il fuoco eterno; e perciò la sabbia si infiammava, come materia infiammabile sotto l’acciarino, per raddoppiare la sofferenza. Il movimento frenetico delle misere mani era incessante, nello scostare dai corpi il fuoco appena caduto. Cominciai a parlare: " Maestro, tu che superi ogni difficoltà, tranne i diavoli ostinati che ci uscirono incontro mentre stavamo per entrare attraverso la porta (di Dite), chi è quel grande che non sembra tenere in considerazione le fiamme e giace sprezzante e torvo, in modo che la pioggia (di fuoco) non sembra fiaccarlo ?" E quello stesso accortosi che chiedevo di lui a Virgilio, gridò: " Come fui da vìvo, così sono da morto. Anche se Giove facesse lavorare fino all’esaurimento delle forze il suo fabbro (Vulcano) dal quale adirato prese il fulmine acuminato con cui mi colpì nell’ultimo giorno della mia vita; anche se facesse stancare gli altri (i Ciclopi), un gruppo dopo l’altro, nella nera fucina dentro l’Etna, invocando: "Esperto Vulcano. Aiuto, aiuto!", così come fece durante la battaglia di Flegra (combattuta tra i giganti che tentavano di scalare l’Olimpo e gli dei), e mi fulminasse con tutta la sua forza, non potrebbe gioire della sua vendetta". Allora Virgilio parlò con tanta veemenza, come non lo avevo udito mai fino allora: " O Capaneo, proprio nel fatto che non si modera la tua superbia, tu sei maggiormente punito: nessun supplizio, all’infuori della tua rabbia, sarebbe una sofferenza adeguata al tuo furore " . Poi si rivolse verso di me con viso più sereno dicendo: "Quello fu uno dei sette re che assediarono Tebe; ed ebbe e sembra abbia Dio in dispregio, e sembra che poco lo stimi; ma, come gli dissi, i suoi atteggiamenti di disprezzo sono ornamenti assai appropriati al suo animo. Seguimi adesso, e stai attento, anche ora, a non mettere i piedi nella sabbia bruciata; ma tieni sempre i piedi a contatto col suolo del bosco ". In silenzio giungemmo, nel punto dove scaturisce dalla selva un fiumicello, il cui colore rosso ancora mi fa raccapricciare. Come dal Bulicame esce un ruscello che le pettinatrici (della canapa) dividono poi fra di loro, similmente quello scorreva attraverso la sabbia. Il suo letto ed entrambe le sponde erano fatti di pietra, come pure gli argini laterali; e perciò mi accorsi che lì era il passaggio (attraverso la sabbia infuocata). " Fra tutte le altre cose che ti ho mostrato, dopo che entrammo attraverso la porta (dell’inferno) il cui ingresso non è precluso a nessuno, i tuoi occhi non videro nessuna cosa notevole come questo corso d’acqua, che sopra di sé smorza tutte le fiammelle. " Queste furono le parole della mia guida; perciò la pregai che mi concedesse il cibo di cui mi aveva dato il desiderio (che mi spiegasse le cose che, dopo il suo accenno, desideravo sapere). " In mezzo al mare si trova una terra desolata " disse Virgilio allora, " che si chiama Creta, sotto il cui re un tempo il mondo fu virtuoso. Vi si trova una montagna una volta allietata da acque e vegetazione, il cui nome fu Ida: ora è abbandonata come cosa vecchia. Rea la scelse una volta come nascondiglio sicuro per suo figlio, e per celarlo meglio, quando piangeva, ordinava di gridare. Dentro il monte sta eretto un gran vecchio, che tiene le spalle volte verso Damiata (Damietta, su una delle foci del Nilo: indica qui l’Oriente) e guarda Roma come fosse il suo specchio, Il suo capo è fatto di oro puro, le braccia e il petto sono di puro argento, poi è di rame fino al punto in cui le gambe si biforcano; da questo punto in giù è tutto di ferro scelto, eccetto il piede destro che è di terracotta; e si appoggia più su questo che sull’altro piede. Ogni parte, fuorché quella d’oro, è incisa da una fessura che stilla lagrime, le quali, raccolte insieme, perforano la roccia. Esse precipitano di roccia in roccia in questo abisso: formano l’Acheronte, lo Stige e il Flegetonte; poi scendono attraverso questo stretto canale fino al punto ove più non si scende: formano il Cocito; e che aspetto abbia quella palude, lo vedrai; perciò adesso non ne parlo." E io: " Se questo fiumicello scaturisce quindi dalla terra, perché ci si mostra soltanto su questo margine ? " E Virgilio: "Tu sai che questo luogo ha forma circolare; benché, scendendo verso il fondo, tu ti sia inoltrato parecchio procedendo sempre a sinistra, non hai ancora compiuto un giro intero: perciò, se appare una cosa nuova, essa non deve apportare un’espressione di stupore sul tuo volto ". E io ancora: " Maestro, dove si trovano il Flegetonte e il Letè ? poiché di uno di questi non parli, e dell’altro dici che ha origine da questa pioggia (di lagrime)". " In tutte le tue domande riscuoti certamente la mia approvazione " rispose; "ma il ribollire dell’acqua rossa doveva ben risolvere uno dei due quesiti che proponi. Vedrai il Letè, ma fuori di questo abisso, là dove le anime vanno a detergersi quando ogni peccato di cui si sono pentite è cancellato. " Quindi disse: " Ormai è tempo di allontanarsi dal bosco; fa in modo di seguire i miei passi: gli argini, che non sono bruciati dal fuoco, indicano la strada, e sopra di loro ogni fiamma si spegne ".

Inferno: XV Canto

Ora ci porta una delle due salde sponde; e il vapore del ruscello fa schermo, in modo da riparare dalle fiamme l’acqua e gli argini. Come la diga che i Fiamminghi, temendo la marea che si scaglia contro di loro, innalzano tra Wissant e Bruges perché il mare si ritiri, e come quella che i Padovani (innalzano) lungo il corso del Brenta, per proteggere le loro città e i loro borghi fortificati, prima che la Carinzia (comprendeva anche la Valsugana dove nasce il Brenta) senta il caldo (che, sciogliendo le nevi, fa ingrossare i fiumi), in tal modo erano costruiti quegli argini, benché l’artefice, chiunque egli fosse stato, non li avesse fatti né così alti né così larghi. Già ci eravamo allontanati dalla selva tanto, che non avrei veduto dove essa era, anche se io mi fossi voltato indietro, quando incontrammo un gruppo di anime che camminavano lungo l’argine, e ognuna ci osservava come ci si scruta di sera nel periodo del novilunio; e aguzzavano lo sguardo verso di noi avvicinando l’una all’altra le palpebre così come il vecchio sarto fa (nello sforzo di introdurre il filo) nella cruna dell’ago. Osservato in tal modo da questa schiera, fui riconosciuto da uno, che afferrò l’orlo della mia veste e gridò: "Quale sorpresa! " E io, allorché tese il suo braccio verso di me, fissai lo sguardo in quei lineamenti bruciati, in modo che il volto ustionato non impedì alla mia mente di riconoscerlo; e chinando il mio viso verso il suo, risposi: "Qui vi trovate, ser Brunetto? " E quello: " Figliolo, non ti rincresca il fatto che Brunetto Latini torni un po’ indietro con te e abbandoni la schiera ". Gli dissi: " Ve ne prego di tutto cuore; e se volete che mi sieda con voi, lo farò, se la cosa incontra l’approvazione di costui insieme al quale cammino ". " Figlio ", disse, " chiunque di questa schiera si ferma per un attiimo, giace poi per cento anni senza poter difendersi quando la pioggia di fuoco lo colpisce. Perciò continua a procedere: io ti camminerò accanto; poi raggiungerò la mia schiera, che sconta dolorosamente la sua pena eterna. " Io non osavo scendere dall’argine (della strada) per camminare al suo stesso livello; ma tenevo la testa china come chi cammina pieno di riverenza. Egli cominciò a parlare: "Quale caso o quale volere divino ti conduce quaggiù prima dell’ultimo giorno (prima della morte)? e chi è costui che indica la strada? " " Lassù, nel mondo luminoso " gli risposi " mi perdetti in una valle, prima che la parabola della mia vita fosse giunta al suo culmine. Soltanto ieri mattina l’ho lasciata: costui mi si mostrò nel momento in cui stavo per rientrare in essa, e mi riconduce a casa (sulla retta via) attraverso questo cammino." Ed egli: " Se tu segui l’ astro che ti guida, non puoi non approdare alla gloria, se non errai nel mio giudizio mentre ero tra i vivi; e se io non fossi morto tanto presto, vedendo il cielo a te così favorevole, ti avrei incoraggiato e sostenuto nella tua opera. Ma quel popolo ingrato e perverso che anticamente scese da Fiesole, e ancora conserva l’indole della rupe e della pietra, diventerà, per il tuo retto agire, tuo nemìco: ed è giusto, poiché il dolce fico non deve produrre i suoi frutti in mezzo ai sorbi aspri. Un antico detto nel mondo dei vivi li definisce ciechi; è gente avara, invidiosa e superba: fa in modo di mantenerti immune dai loro costumi . La tua sorte ti riserva tanto onore, che sia l’uno che l’altro partito (sia i Neri che i Bianchi) vorranno divorarti; ma l’erba sarà lontana dal caprone, Le belve discese da Fiesole facciano foraggio di loro medesime (si divorino fra di loro), e non tocchino l’albero, se in mezzo alla loro sozzura se ne eleva ancor uno, nel quale riviva il sacro seme di quei Romani che lì si fermarono allorché si costituì il covo di tanta malvagità ". " Se la mia preghiera fosse stata interamente esaudita " gli risposi, " voi non sareste ancora morto (dell’umana natura posto in bando: esiliato dalla vita umana). poiché nella mia memoria è impresso, e adesso mi addolora, il caro e buon aspetto paterno che avevate quando in vita di tanto in tanto mi insegnavate come l’uomo acquista gloria imperitura: e quanto (il vostro aspetto) mi sia gradito, è giusto che si veda attraverso le mie parole. Quello che mi raccontate sul corso della mia vita lo annoto nella memoria, e lo conservo per farlo interpretare insieme con un’altra predizione (la profezia di Farinata) da una donna (Beatrìce) che ne sarà capace, se sarò in grado di arrivare fino a lei. Questo soltanto voglio che sappiate: sono preparato ai colpi della Fortuna, comunque voglia colpirmi, purché la mia coscienza non mi rimproveri. Una tale promessa non è nuova al mio udito: perciò la Fortuna giri pure la sua ruota come vuole, e il contadino la sua zappa." Virgilio si volse allora indietro verso destra, e mi fissò; poi disse: "Ascolta con profitto una cosa chi sa ricordarla ". Nondimeno continuo a camminare parlando con ser Brunetto, e chiedo chi siano i suoi compagni più celebri e più egregi. Ed egli: " E’ bene apprendere qualcosa intorno ad alcuni (di loro); degli altri sarà cosa lodevole non fare menzione, poiché il tempo non basterebbe a un discorso così lungo. Sappi in breve che furono tutti ecclesiastici e dotti di grande valore e di grande rinomanza, insozzati in vita da un medesimo peccato. Con quella folla infelice se ne vanno Prisciano e Francesco d’Accorso; e se avessi avuto desiderio di guardare una tale sozzura, avresti potuto vedere in essa colui che dal pontefice fu trasferito da Firenze a Vicenza, dove lasciò la sua vita peccaminosa. Parlerei più a lungo; ma il camminare e il parlare non possono essere prolungati, poiché vedo laggiù levarsi nuova polvere dalla distesa sabbiosa. Si avvicina una schiera alla quale non devo unirmi: ti sia raccomandato il mio Tesoro nel quale sopravvívo, e non chiedo altro ". Poi si voltò, e sembrò uno di quelli che a Verona corrono nella campagna (gareggiando per vincere) il drappo verde; e sembrò quello che tra costoro vince, non quello che perde.

Inferno: XVI Canto

Mi trovavo già in un luogo dal quale si udiva il fragore dell’acqua (del fiumicello) che precipitava nel cerchio seguente, simile a quel ronzio cupo che producono gli alveari, allorché tre ombre si staccarono contemporaneamente, correndo, da una schiera che passava sotto la pioggia del crudele supplizio. Venivano verso di noi, e ciascuna gridava: " Fermati tu che dall’abito ci sembri essere uno della nostra città malvagia ". Ahimè, quali ferite recenti e antiche, aperte dalle fiamme, vidi nelle loro membra! Ne provo ancora dolore soltanto a ricordarmene. Alle loro grida Virgilio fermò la propria attenzione; volse il viso verso di me, e disse: " Aspetta: bisogna essere cortesi con costoro. E se non fosse per le fiamme che la natura del luogo scaglia, direi che converrebbe a te più che a loro l’affrettarsi ". Non appena ci fummo fermati, essi ripresero (a muoversi) nel solito modo; e quando furono giunti presso di noi, si disposero in cerchio tutti e tre, come sono soliti fare i lottatori nudi e unti, nel momento in cui cercano con gli occhi la presa più vantaggiosa, prima di colpirsi e ferirsi a vicenda; e così girando, ciascuno volgeva il viso verso di me, in modo che il collo si muoveva continuamente in direzione opposta a quella dei piedi. E " Se la triste condizione di questo luogo sabbioso e il nostro aspetto annerito e devastato rendono spregevoli noi e le nostre preghiere" cominciò uno di essi " la nostra fama induca il tuo animo a dirci chi sei tu, che così immune da tormenti cammini ancora vivo nell’inferno. Questo, di cui mi vedi calpestare le orme, benché cammini nudo e spellato, fu di condizione più elevata di quanto tu possa credere: fu nipote della virtuosa Gualdrada; ebbe nome Guido Guerra, e nella sua vita si distinse per ingegno e valore, Se io fossi stato al riparo dal fuoco, mi sarei lanciato di sotto in mezzo a loro, e credo che Virgilio lo avrebbe permesso; ma poiché sarei stato arso dalle fiamme, il timore prevalse sul mio lodevole desiderio che mi rendeva bramoso di abbracciarli. Poi cominciai: "La condizione nella quale vi trovate non ha suscitato in me disprezzo, ma un dolore tanto grande che passerà molto tempo prima che io me ne liberi completamente, allorché Virgilio mi disse parole dalle quali argomentai che si avvicinassero anime grandi quali voi siete. Appartengo alla vostra città, e ho sempre appreso e ascoltato le vostre opere e i vostri nomi onorati con commozione. Lascio l’amarezza del peccato e mi dirigo verso i dolci frutti del bene a me promessi dalla mia guida (Virgilio) veritiera; ma occorre che io precipiti prima fino al centro (della terra) ". "Possa tu vivere a lungo" rispose ancora quello, " e la tua fama risplendere dopo la tua morte, ma di’ se nella nostra città abitano ancora cortesia e valore così come solevano, o se sono completamente scomparsi; poiché Guglielmo Borsiere, il quale da poco soffre qui con noi, e cammina là con i compagni, ci addolora molto con le sue parole." " La gente nuova (pervenuta di recente alle cariche politiche e arrivata in gran parte dal contado) e gli improvvisi guadagni hanno prodotto superbia e sfrenatezza, in te, Firenze, tanto che già te ne duoli." Così gridai a testa alta; e i tre, che interpretarono queste parole come una risposta, si guardarono l’un l’altro come ci si guarda quando si ode una verità (che rattrista). " Se ti costa sempre così poco sforzo " risposero tutti " accontentare gli altri, te fortunato se riesci ad esprimerti così bene ! Perciò, possa tu scampare a questi luoghi oscuri e tornare a rivedere le belle stelle, quando ti sarà dolce dire "Io fui (nell’inferno)", (in nome di questo augurio) fa in modo di parlare alla gente di noi. " Quindi ruppero il cerchio, e le loro agili gambe sembrarono ali nel fuggire. Non si sarebbe potuto pronunciare un amen così rapidamente come essi sparirono; e perciò Virgilio giudicò opportuno che ci allontanassimo. lo lo seguivo, ed avevamo percorso poco cammino, quando il fragore dell’acqua ci fu così vicino, che se avessimo parlato ci saremmo uditi appena. Come quel fiume che, per primo (per chi guarda) dal Monviso verso levante, ha (tra i fiumi che nascono) dal versante sinistro dell’Appennino, un corso interamente suo, il quale nella parte superiore si chiama Acquacheta, prima di scendere nel suo alveo in pianura, e a Forlì non ha più quel nome rimbomba sopra San Benedetto dell’Alpe per il fatto che precipita attraverso una sola cascata ove dovrebbe essere ricevuto da mille (cascate), così trovammo che rimbombava quell’acqua oscura, riversandosi attraverso un pendio ripido, in modo tale che avrebbe in poco tempo danneggiato l’udito. Io avevo una corda legata intorno (ai fianchi), e con essa avevo pensato una volta di catturare la lonza dal manto screziato. Dopo essermi completamente slegato, così come mi aveva ordinato Virgilio, gliela porsi stretta e avvolta. Per cui egli si volse verso destra, e la gettò giù in quel profondo precipizio alquanto lontano dalla sponda. " Eppure occorre che qualcosa di nuovo appaia " dicevo fra me stesso " in risposta al segnale inusitato che Vìrgìlio segue con lo sguardo così attentamente. " Ahi quanto prudenti devono essere gli uommi davanti a coloro che non vedono soltanto le azioni, ma penetrano con l’ inteffigenza dentro i pensieri ! Egli mi disse: " Fra poco salirà ciò che attendo e che il tuo pensiero confusamente immagina : fra poco dovrà apparire alla tua vista ". L’uomo deve sempre tacere, finché può, quella verità che ha apparenza di menzogna (per il fatto che è incredibile), poiché essa, senza che egli ne abbia colpa, lo pone nella condizione di vergognarsi; ma a questo punto non posso tacere (la verità); e sui versi di questa commedia, o lettore, ti giuro, così possano essi non essere privi di accoglienza gradita che duri a lungo, che vidi attraverso quell’aria densa e tenebrosa venire nuotando verso l’alto una figura, tale da destare sgomento in ogni animo forte, così come torna alla superficie colui che scende talvolta a disincagliare l’ancora impigliata o in uno scoglio o in altra cosa chiusa nel mare, il quale si tende nella parte superiore del corpo, e si rattrappisce in quella inferiore.

Inferno: XVII Canto

"Ecco il mostro dalla coda acuminata, che varca le montagne, e infrange ogni ostacolo; ecco quello che appesta col suo fetore l’intero universo! " Così cominciò a dirmi Virgilio; e gli fece segno di accostarsi all’orlo del burrone, vicino al termine degli argini pietrosi che avevamo percorso. E quell’immondo simbolo di frode gíunse, e portò sull’orlo la testa e il tronco, ma non depose sulla riva la coda. Il suo volto era volto di uomo onesto, tanto benevolo era il suo aspetto esteriore, e tutto il resto del corpo era quello di un serpente; aveva due zampe artigliate pelose fino alle ascelle; aveva il dorso e il petto e ambedue i fianchi disegnati con nodi e piccoli cerchi: né Tartari né Turchi fecero mai tappeti con più colori, con maggior varietà di fondi e di disegni a rilievo, né simili tele furono tessute da Aracne (espertissima tessitrice della Lidía che sfidò Minerva e fu dalla dea trasformata in ragno). Come a volte le barche sono ferme a riva, con una parte del loro scafo in acqua e una parte sulla terraferma, e come nelle terre abitate dai Tedeschi crapuloni il castoro si dispone a cacciare i pesci, così il peggiore dei mostri, stava sul margine che, pietroso, cinge la distesa di sabbia. L’intera sua coda si agitava nel vuoto, contorcendo in alto la velenosa estremità biforcuta che aveva le punte munite di aculei come quella di uno scorpione. Virgilio disse: " Occorre adesso che il nostro cammino sia deviato un poco fino a quella bestia perversa che si trova là ". Perciò scendemmo verso destra, e percorremmo dieci passi sull’estremità del cerchio, per evitare completamente la sabbia e la pioggia di fuoco. E quando fummo giunti vicino a lei, vidi un po’ più in là sulla sabbia gente che sedeva vicino all’abisso. Qui Virgilio: " Affinché tu abbia una conoscenza completa di questo girone" mi disse, "avvicinati a loro, e osserva la loro condizione. I tuoi discorsi siano lì brevi: finché non sarai tornato, parlerò con questa (bestia), perché ci offra le sue vigorose spalle ". Così me ne andai tutto solo ancora sull’orlo estremo del settimo cerchio, dove sedeva la gente tormentata. Il dolore di questi dannati prorompeva in lagrime attraverso gli occhi; si proteggevano con le mani, agitandole di qua e di là, ora dalle fiamme, e ora dal terreno infuocato: non diversamente fanno i cani d’estate ora con il muso, ora con la zampa, quando sono morsicati o dalle pulci o dalle mosche o dai tafani. Dopo che ebbi fissato lo sguardo nel volto di alcuni, sui quali cade il fuoco tormentatore, non riconobbi nessuno; ma osservai che a ciascuno di loro pendeva dal collo una borsa, che aveva un colore determinato e un determinato disegno, e sembrava che il loro sguardo traesse nutrimento da queste borse. E a mano a mano che li andavo osservando più attentamente, vidi su una borsa gialla dell’azzurro che aveva sembianza e atteggiamento di leone. Poi, mentre il carro dei mio sguardo procedeva, oltre, ne vidi un’altra rossa come sangue, che ostentava un’oca candida più del burro. E uno che aveva disegnata sulla sua borsa bianca una scrofa azzurra e pingue, mi disse: " Che fai in questa voragine? Parla, secondo la maggior parte dei critici, il padovano Reginaldo degli Scrovegni. "L'interrogazione stizzosa - scrive il Torraca - lascia intendere che l'usuraio s'è accorto di aver innanzi un vivo, e ne è scontento". Ora vattene; e poiché sei ancora vivo, sappi che il mio concittadino Vitaliano siederà qui alla mia sinistra. L'usuraio qui menzionato è probabilmente Vitaliano del Dente, podestà a Vicenza nel 1304 e a Padova nel 1307. Insieme a questi fiorentini sono padovano: molte volte mi assordano l’udíto gridando: "Venga il grande cavaliere, che porterà la borsa coi tre caproni !" " A questo punto storse la bocca e tirò fuori la lingua come un bue che sì lecca, il naso. E io, temendo che un ulteriore indugio infastidisse Virgilio che mi aveva raccomandato una breve sosta, tornai indietro (allontanandomi) da quelle anime afflitte. Trovai Virgilio che era già salito sulla groppa del mostro terrificante, e che mi disse: " Ora sii forte e coraggioso. D’ora in poi si scende con tali mezzi: sali davanti, perché io voglio stare nel mezzo, in modo che la coda non possa nuocere ". Come colui che sente così vicino il brivido della malaria, da averne già le unghie livide, e che trema in ogni sua fibra al solo vedere un luogo pieno d’ombra, tale divenni dopo le parole pronunciate (da Virgilio); ma mi ammonì il pudore, il quale rende il servo coraggioso in presenza di un valente padrone. lo mi sedetti su quelle paurose spalle: provai bensì a dire, ma la voce non uscì come credetti: " Fa in modo di cingermi con le tue braccia ". Ma egli, che già altre volte mi aveva aiutato in altri momenti di pericolo, appena fui salito, mi cinse e mi sorresse con le braccia; e disse: " Gerione, è tempo di partire: i giri siano ampi, e la discesa graduale: tieni conto del carico inusitato che trasporti ". Corne la barca si stacca dal punto dove ha attraccato procedendo a ritroso, così si staccò di lì; e dopo che si sentì del tutto a suo agio, volse la coda, là dove prima era il petto, e, tesa, la mosse come un’anguilla, e con le zampe tirò a sé l’aria. Non credo che fosse maggiore la paura quando Fetonte lasciò andare le redini, motivo per cui il cielo, come ancora si vede, fu bruciato; né quando l’infelice Icaro sentì le spalle perdere le penne a causa della cera che si era scaldata, mentre il padre gli gridava: " Fai un percorso sbagliato! ", di quanto fosse la mia, allorché vidi che mi trovavo circondato da ogni parte dall’aria, e vidi scomparire la vista di ogni cosa fuorché quella del mostro. Esso procede nuotando lentamente: scende compiendo cerchi, ma non me ne rendo conto se non per il fatto che l’aria mi colpisce in volto e dal basso. Io sentivo già a destra la cascata (del Flegetonte) fare sotto di noi uno spaventoso fragore, per cui sporsi verso il basso la testa per vedere, Allora temetti maggiormente di cadere, perché vidi fuochi e udii pianti; perciò tremando strinsi fortemente le gambe (al dorso di Gerione). E mi resi conto allora, poiché non me ne ero accorto prima, dello scendere in cerchio a causa dei grandi supplizi che si avvicinavano ora da una parte ora dall’altra. Come il falco che è stato a lungo in volo, il quale, senza aver veduto il richiamo del cacciatore o alcuna preda, fa dire al falconiere " Ahimè, tu stai calando! ", scende stanco verso il luogo dal quale si era mosso agile, con innumerevoli giri, e si posa lontano dal suo padrone, sdegnoso e crucciato, così Gerione ci depose sul fondo, proprio ai piedi della rupe tagliata a picco e, liberatosi del peso dei nostri corpi, sparì come freccia che si stacchi dalla corda dell’arco.

Inferno: XVIII Canto

Vi è nell’inferno un luogo chiamato Malebolge, fatto interamente di una pietra del colore del ferro, come la parete rocciosa che tutt’intorno lo circonda. Proprio nel centro di questo piano malvagio si apre un pozzo molto largo e profondo, del quale descriverò la struttura quando sarà il momento. Quella fascia che resta tra il pozzo e la base dell’alta parete rocciosa è pertanto circolare, e ha la superficie suddivisa in dieci avvallamenti. Quale aspetto presenta, dove numerosi fossati circondano i castelli, per proteggerne le mura, il luogo in cui questi si trovano, tale figura offrivano lì quegli avvallamenti e come tali fortezze hanno dalle loro soglie fino alla riva esterna dell’ultimo fossato dei piccoli ponti, così dalla base della parete partivano ponti di pietra che attraversavano gli argini e i fossati fino al pozzo che li interrompe e nel quale convergono. In questo luogo ci venimmo a trovare, scesi dal dorso di Gerione; e Virgilio si diresse verso sinistra, e io mi avviai dietro di lui. Vidi verso destra nuovo dolore, pene mai prima vedute e fustigatori di nuovo genere, di cui il primo avvallamento era pieno. I dannati stavano nudi nel fondo: dalla metà della bolgia verso l’esterno procedevano in direzione contraria alla nostra, dall’altra parte camminavano nella nostra stessa direzione’, ma più velocemente’, come i Romani a causa della grande folla, nell’anno del giubileo, hanno trovato un espediente per far transitare la moltitudine sul ponte (di Castel Sant’Angelo), in modo che da un lato del ponte tutti avevano la fronte rivolta al Castello e si dirigevano verso San Pietro; dall’altro lato andavano verso il monte (Giordano: collina sta alla sinistra del Tevere). Da tutte le parti, sulla buia pietra vidi diavoli cornuti con grandi fruste, che Ii percuotevano spietatamente sulla schiena. Ahi come facevano loro alzare le calcagna fin dai primi colpi! nessuno certo aspettava i secondi e i terzi. Mentre camminavo, il mio sguardo s’imbatté in uno di loro; e immediatamente dissi: "Non è la prima volta che vedo costui "; perciò per poterlo osservare meglio mi fermai: e la mia cara guida si fermò con me, e acconsentì che tornassi un po’ indietro. E quel frustato credette di nascondersi abbassando il viso; ma a poco gli servì, poiché io gli dissi: " O tu che volgi lo sguardo a terra, se le tue fattezze non sono ingannevoli, tu sei Venedico Caccianemico: ma quale peccato ti conduce a così brucianti supplizi ? " Ed egli: " Lo dico controvoglia; ma mi costringono le tue precise parole, che richiamano alla mia memoria la vita terrena. lo fui colui che indusse Ghisolabella a cedere alle brame del Marchese, comunque venga narrata questa turpe storia. Ma non sono il solo bolognese che qui dolorosamente sconta la sua colpa; al contrario, questo luogo è così pieno di Bolognesi, che attualmente non vi sono tante lingue avvezze a dire "sia" tra i fiumi Sàvena e Reno; e se di questo fatto vuoi una prova sicura, ricordati del nostro animo avido ". Mentre così parlava un diavolo lo colpì con la sua frusta, e disse: " Vattene, ruffiano! qui non ci sono donne da prostituire ". lo mi riaccostai alla mia guida; poi, percorsi pochi passi, arrivammo in un punto dove dalla parete rocciosa si staccava un ponte di pietra. Salimmo su di esso con molta facilità; e, diretti verso destra, su per la sua superficie scheggiata, ci allontanammo da quell’eterno girare. Quando fummo nel punto in cui (il ponte) è vuoto sotto di sé per consentire ai frustati di passare, Virgilio disse: " Fermati, e fa in modo che cada su di te lo sguardo di questi altri sciagurati, dei quali ancora non hai veduto il volto poiché hanno camminato nella nostra stessa direzione ". Dal ponte antico osservavamo la fila che avanzava nella nostra direzione percorrendo l’altra parte della bolgia, e che la frusta sospingeva così come faceva con i ruffiani. E Virgilio, senza che io facessi domande, mi disse: " Guarda quel grande che si avvicina, e che non sembra versare lagrime per il dolore. Quale portamento regale ancora conserva! Quello è Giasone, che con il coraggio e la saggezza privò i Colchi del montone. Egli passò per l’isola di Lemno, dono che le audaci donne senza pietà avevano ucciso tutti i loro uomini. Qui con gesti e con parole lusinghiere ingannò Isifile, la giovane che prima aveva ingannato tutte le altre donne. La abbandonò lì, incinta, sola; questo peccato lo rende meritevole di tale supplizio; e si rende giustizia anche per il male da lui fatto a Medea. Con lui va chi usa l’inganno in tal modo: e basti questa conoscenza della prima bolgia e di coloro che essa strazia ". Ci trovavamo già nel punto dove l’angusto sentiero s’incrocia con il secondo argine, e di questo fa sostegno per un altro arco di ponte. Di qui udimmo gente che emetteva lamenti soffocati nell’altra bolgia e soffiava rumorosamente, e percuoteva se stessa con le palme aperte. Le sponde erano incrostate di muffa, a causa delle esalazioni che, provenendo dal basso vi si solidificavano formando come una pasta, la quale irritava la vista e l’olfatto. Il fondo è così profondo, che non vi è luogo adatto per vedere in esso, a meno di salire sulla sommità dell’arco, là dove il ponticello di píetra è più alto. Arrivammo in quel punto; e di là vidi in basso nella bolgia una moltitudine immersa in uno sterco che sembrava provenire dalle latrine umane. E mentre io percorrevo con lo sguardo il fondo della bolgia, scorsi uno con la testa, così imbrattata di sterco, che non si distingueva se avesse o no la tonsura. Quello mi apostrofò " Perché sei così avido di fermare il tuo sguardo su di me più che sugli altri insozzati ? " E io: " Perché, se ricordo bene, io ti ho già veduto quando i tuoi capelli erano puliti, e sei Alessio Interminelli di Lucca: per questo ti osservo più di tutti gli altri ". Ed egli allora, picchiandosi il capo: " Mi hanno fatto affondare in questo luogo le adulazioni delle quali non ebbi mai sazia la lingua ". Poi Virgilio mi disse: " Fa in modo di spingere lo sguardo un po’ più avanti, in modo da raggiungere con gli occhi la faccia di quella sudicia e scarmigliata donnaccia che si graffia laggiù con le unghie lorde, e ora si siede in terra, e ora è dritta in piedi. E’ Taide, la meretrice che al suo amante, quando costui le chiese "Ho io per te grandi meriti?" rispose: "Più che grandi, straordinari!" E di questo spettacolo i nostri occhi siano sazi ".

Inferno: XIX Canto

O mago Simone, o suoi sciagurati seguaci, che gli uffici sacri, che devono essere uniti alla bontà (dati e ricevuti da chi è buono), voi avidamente prostituite per denaro; è giusto che adesso sia proclamata la vostra condanna, poiché vi trovate nella terza bolgia. Già eravamo saliti, nella bolgia seguente, su quel tratto del ponte che sovrasta perpendicolarmente proprio la parte mediana della bolgia. O sapienza infinita, quanta forza creativa dimostri in cielo, in terra e nell’inferno, e con quanta giustizia il tuo potere distribuisce premi e castighi ! Notai sulle pareti e sul fondo la roccia scura piena di buchi, tutti della stessa ampiezza e tutti circolari. Non mi sembravano meno larghi né più ampi di quelli che si trovano nel Battistero di San Gìovanni, creati perché in essi prendessero posto coloro che somministravano il battesimo; uno dei quali, non molti anni fa, fu da me spezzato a causa di uno che era sul punto di morirvi soffocato: e questa sia testimonianza, che tolga dall’errore ogni persona. Fuori dell’apertura sporgevano sopra ogni buco i piedi e parte delle gambe, fino alla coscia, di un dannato, e il resto dei corpo era conficcato dentro. Entrambe le piante dei piedi di tutti questi peccatori erano cosparse di fiamme; e perciò le loro articolazioni, si agitavano con tanta forza, che avrebbero spezzato funi di vimini e di erbe. Come le fiamme che consumano gli oggetti unti ne sfiorano soltanto la superficie più esterna, così avveniva sulle piante di quei piedi dalle calcagna alle punte (delle dita). " Maestro, chi è colui che manifesta il suo dolore agitando più degli altri suoi compagni di sorte " io domandai, " e che una fiamma più viva consuma ? " E Virgilio: " Se desideri che io ti accompagni laggiù scendendo da quell’ argine che è più basso (più giace: è là via più interna della bolgia, che è più bassa di quella esterna perché il piano di Malebolge declina verso il pozzo centrale), apprenderai da lui chi fu e quali furono i suoi peccati ". E io: " Tutto quello che piace a te mi è gradito: tu sei quello che comanda, e sai che non mi allontano dalla tua volontà, e conosci quello che, da parte mia, è taciuto ". Giungemmo allora sul quarto argine: ci dirigemmo e scendemmo verso sinistra giù nel fondo pieno di fori e malagevole da attraversare, Virgilio non mi pose a terra dal suo fianco, finché non mi accostò al foro di colui che tanto intensamente manifestava il proprio dolore con la gamba. " Chiunque tu sia, che hai la parte superiore del corpo in basso, anima malvagia conficcata come un palo ", presi a dire, " se ti è possibile, parla. " lo stavo nella posizione del frate che raccoglie la confessione del sicario spergiuro, il quale, dopo essere stato confitto in terra, lo richiama, in modo che allontana la morte. Ed egli gridò: " Sei già qui dritto in piedi, sei già qui dritto in piedi, Bonifacio? Il libro del futuro mi ha ingannato di molti anni. Sei tu così presto sazio di quei beni materiali per i quali non esitasti ad impadronirti con l’inganno della Chiesa, e poi a prostituirla ? " lo divenni come quelli che, per il fatto che non comprendono la risposta che viene data loro, restano come confusi, e non sanno rispondere. Allora Virgilio disse: " Digli subito: "Non sono quello, non sono quello che credi" "; e io risposi come mi fu ordinato. Per questo il dannato contorse quanto più poteva i piedi; poi, sospirando e con voce lamentosa, mi disse: " Allora, cosa vuoi sapere da me ? Se a tal punto ti importa conoscere chi io sia, da essere disceso dall’argine per questo motivo, sappi che io fui rivestito del manto papale. e fui davvero degno della famiglia degli Orsini, alla quale appartenni, a tal punto desideroso di rendere potenti gli altri membri della mia famiglia, che nel mondo misi nella borsa le ricchezze, e qui me stesso. Sotto la mia testa, nelle crepe della roccia stanno appiattiti, dopo esser stati trascinati fin li, gli altri (papi) che mi precedettero nel peccato di simonia. Anch’io precipiterò laggiù allorché giungerà colui che io ritenevo tu fossi. quando ti rivolsi l’improvvisa domanda. Ma più lungo è il tempo in cui mi sono bruciato i piedi e sono stato così capovolto, di quello in cui egli starà confitto con i piedi arsi dalle fiamme: poiché dopo di lui verrà da occidente un papa senza rispetto delle leggi umane e divine, dalla condotta ancor più riprovevole, tale da dover ricoprire sia lui (Bonifacio VIII) sia me. Sarà un novello Giasone, del quale si possono avere notizie nel libro dei Maccabei; e come nei confronti di Giasone il suo sovrano si mostrò debole, così si mostrerà debole, nei confronti di questo papa, il re di Francia ". Io non so se a questo punto fui troppo temerario (perché, pur essendo dannato, l’interlocutore era un pontefice), dal momento che gli risposi proprio in questo modo : " Orsù, dimmi adesso: quanta ricchezza pretese Gesù Cristo da San Pietro prima di mettere in suo potere le chiavi (del regno dei cieli)? Sicuramente non gli chiese se non: "Seguimi". Né Pietro né gli altri apostoli si fecero consegnare da Mattia oro e argento, allorché questi ottenne in sorte di occupare il posto perduto dal malvagio Giuda Iscariota. Perciò stattene dove sei, poiché sei giustamente punito; e custodisci con attenzione il denaro sottratto con l’inganno, che ti rese audace contro Carlo. E se non fosse per il fatto che ancora me lo impedisce il rispetto dovuto alle chiavi, simbolo della dignità pontificale, che tu avesti in tuo potere nella vita terrena, ricorrerei a parole ancora più aspre; poiché la vostra avidità corrompe il mondo, calpestando i buoni ed elevando (alle cariche più alte, per simonia) i cattivi. A voi, pontefici, pensò l’evangelista (San Giovanni), allorché quella che siede sulle acque fu da lui veduta fornicare con i re, quella che nacque con le sette teste, e trasse vigore dalle dieci corna, finché al suo sposo fu cara la virtù. Dell’oro e dell’argento avete fatto il vostro Dio: e quale altra differenza c’è tra voi e gli idolatri, se non quella che, per ogni idolo che essi adorano. voi (in quanto adoratori dei denaro, di ogni pezzo d’oro e d’argento) ne adorate un numero sterminato? Ahi, Costantino, di quanto male fu cagione, non la tua conversione (alla fede cristiana), ma quella donazione che ricevette da te il primo papa che fu ricco! " E, mentre gli facevo sentire simili parole, fosse rabbia o rimorso ciò che lo tormentava, scalciava violentemente con entrambi i piedi. Credo davvero che a Virgilio piacesse (quello che avevo detto), tanto soddisfatta era l’espressione con la quale prestò attenzione, per tutta la durata del mio discorso, alle parole veraci da me pronunciate. Perciò mi prese con entrambe le braccia; e dopo avermi sollevato all’altezza del petto, risalì per il cammino dal quale era disceso. Né si stancò di tenermi abbracciato strettamente, finché non mi ebbe portato nel punto più alto del ponte che serve da passaggio dal quarto al quinto argine. Qui depose dolcemente il carico, dolcemente sul ponte irto di sporgenze e ripido che rappresenterebbe anche per le capre un passaggio malagevole. Di lì mi si aprì davanti un’altra bolgia.

Inferno: XX Canto

Devo ora scrivere versi intorno ad una pena mai prima vista e fornire argomento al ventesimo canto della prima cantica, che è quella dei dannati sprofondati (nell’inferno). Io ero già del tutto pronto a scrutare nel fondo visibile (della bolgia), che era bagnato da lagrime d’angoscia; e notai una folla che avanzava nella gran valle circolare, silenziosa e piangente, col passo che tengono nel nostro mondo le processioni. Quando il mio sguardo scese più in basso su di loro, ognuno mi apparve essere rivolto all’indietro in modo mostruoso tra il mento e l’inizio del petto; poiché il viso era girato verso le reni, e dovevano camminare all’indietro, in quanto davanti la vista era loro preclusa. Forse già qualcuno si stravolse così completamente a causa di una paralisi; ma io non lo vidi mai, né credo che ciò avvenga. Lettore, voglia Dio lasciarti trarre profitto dalla tua lettura, (in nome di questo augurio) pensa adesso da te come avrei potuto trattenermi dal piangere, allorché vidi da vicino la nostra figura umana così stravolta, che le lagrime bagnavano la fenditura che si apre tra le natiche. In verità io piangevo, appoggiato ad una delle sporgenze dello scoglio pietroso, così che il mio accompagnatore mi disse: " Fai ancora parte degli altri stolti (che si commuovono di fronte alla punizione dei malvagi) ? Qui la pietà ha valore quando è del tutto spenta: chi é più empio di colui che mostra compassione là dove Dio ha giudicato ? Alza il capo, alzalo, e guarda colui al quale sotto gli occhi dei Tebani si spalancò la terra, così che tutti gridavano: "Dove precipiti, Anfiarao? perché abbandoni la guerra?" E non smise di precipitare in basso fino a Minosse che ghermisce tutti. Osserva come ha trasformato in petto le spalle: poiché volle veder troppo davanti a sé, (ora) guarda all’indietro e cammina a ritroso. Vedi Tiresia, che cambiò aspetto quando si tramutò da maschio in femmina mentre tutte le membra si trasformavano; e dovette poi percuotere nuovamente, con la verga, i due serpenti avvinti prima di riavere le forme maschili. Quello che volge la schiena al ventre di Tiresia è Arunte, il quale nei monti di Luni, dove i Carraresi che abitano in basso dissodano la terra, ebbe come sua dimora la grotta tra i marmi bianchi; dalla quale la vista rivolta alle stelle e al mare non gli era impedita. E colei che si copre il seno, che tu non puoi vedere, con le trecce sciolte, e ha dall’altra parte tutte le parti pelose del corpo, fu Manto, che peregrinò per molti paesi; poi si fermò là dove io nacqui: per cui sarei lieto che tu mi prestassi un po’ d’attenzione. Dopo che il padre morì, e la città di Tebe (di Baco: di Bacco, sacra a Bacco) fu asservita, costei andò per il mondo lungamente. Lassù nella bella Italia vi è un lago, ai piedi dei monti che segnano i confini della Germania sopra il Tirolo, il quale si chiama Benaco. Attraverso mille e più sorgenti, credo, la regione tra il Garda, la Val Camonica e l’Appennino, è irrigata dall’acqua che poi ristagna nel lago suddetto. In mezzo ad esso è un posto dove il vescovo di Trento, quello di Brescia e quello di Verona potrebbero dare la benedizione, se facessero quel percorso. Peschiera, bella e robusta fortezza atta a fronteggiare Bresciani e Bergamaschi, è posta dove la riva intorno è più bassa. Lì (presso Peschiera) necessariamente trabocca tutto quello che non può essere contenuto nel Benaco, e diventa fiume giù per i pascoli verdeggianti. Appena l’acqua ricomincia a correre, non si chiama più Benaco, ma Mincio, fino a Governolo, ove si getta nel Po. Dopo un percorso non lungo, esso trova un avvallamento, nel quale straripa trasformandolo in palude; e talvolta durante l’estate diventa malsano. Passando di lì la vergine crudele scorse della terra, in mezzo alla palude, non coltivata e priva di abitanti. Lì, per evitare ogni contatto umano, si fermò con i suoi servitori ad esercitare le sue pratiche magiche, e lì visse, e vi lasciò il suo corpo esanime. In seguito gli uomini che erano sparsi nei dintorni si radunarono in quel luogo, che era ben fortificato avendo da ogni lato la palude. Costruirono la città dove erano sepolte le ossa di Manto; e in onore di colei che per prima aveva scelto quel luogo, la chiamarono Mantova senza bisogno di ricorrere ad alcun sortilegio. Un tempo i suoi abitanti furono più numerosi nella cerchia delle sue mura, prima che la stoltezza di Alberto da Casalodi fosse tratta in inganno da Pinamonte. Perciò ti avverto che qualora tu udissi spiegare in modo diverso l’origine della mia città, nessuna menzogna deve alterare la verità ". Ed io: " Maestro, i tuoi ragionamenti sono per me a tal punto veritieri e conquistano talmente il mio assenso, che gli altri (ragionamenti) sarebbero per me inefficaci (tizzoni spenti, cioè privi di luce e di calore). Ma dimmi. dei dannati che camminano, se ne scorgi qualcuno degno di considerazione; perché la mia mente si indirizza di nuovo soltanto a ciò ". Allora mi disse: " Colui che lascia scendere dalle guance la barba sulle spalle abbronzate (invece che sul petto), fu, quando la Grecia rimase priva di uomini in modo che ne restarono soltanto nelle culle, un indovino, e in Aulide indicò insieme con Calcante, il momento propizio per recidere la prima gomena. Si chiamò Euripilo, e sotto questo nome lo celebra il mio sublime poema in un suo passo: lo sai bene tu che lo conosci tutto. Quell’altro che è così magro nei fianchi, fu Michele Scotto, il quale fu davvero abile nelle frodi della magia. Vedi Guido Bonatti; vedi Asdente, il quale adesso vorrebbe essersi occupato del cuoio e dello spago, ma si pente troppo tardi. Vedi le sciagurate che abbandonarono l’ago, la spola e il fuso, e si fecero indovine; fecero incantesimi con erbe e con simulacri. Ma vieni via di qui ormai; poiché già la luna occupa il confine dei due emisferi (boreale e australe) e si immerge nel mare nelle vicinanze di Siviglia; e già ieri notte la luna fu piena: te ne devi ben ricordare, poiché ti fu utile una volta nella selva buia ". Così mi parlava, ed intanto camminavamo.



 
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