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Parafrasi del Purgatorio della "Divina Commedia" di Dante, 11 - 20

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view post Posted on 9/5/2010, 12:42     +1   -1




Purgatorio: XI Canto

«Padre nostro, che stai nel cielo, non perché limitato da questo, ma per il maggiore amore che tu nutri per i cieli e gli angeli (primi effetti di là su: le prime opere create dà Dio), il tuo nome e la tua potenza siano oggetto di lode da parte di tutte le creature, così come è giusto rendere grazie al tuo amoroso spirito. Ci sia concessa la pace del tuo regno, perché noi con le nostre sole forze, per quanto ci adoperiamo, non possiamo pervenire ad essa, se non ci viene incontro. Come i tuoi angeli sottomettono a te la loro volontà, acclamandoti, così siano pronti a fare gli uomini della loro. Donaci oggi la grazia divina, senza la quale retrocede colui che più si sforza di procedere attraverso le difficoltà del mondo, E come noi perdoniamo a ciascun nostro nemico il male che abbiamo ricevuto, anche tu perdona a noi con misericordia, senza guardare i nostri meriti insufficienti. Non mettere alla prova la nostra forza che facilmente si abbatte, con le tentazioni del demonio, ma liberala da lui che con tanta insistenza la spìnge (al male). L'ultima parte della preghiera, o dolce Signore, non è più fatta per noi, dal momento che essa per noi non è più necessaria, ma per coloro che abbiamo lasciato sulla terra.» Così quelle ombre innalzando una preghiera di buon augurio per sé e per gli uomini, procedevano sotto il peso dei massi, peso simile a quello che talvolta ci opprime nell'incubo di un sogno, girando tutte intorno al monte lungo la prima cornice, travagliate in modo diverso (disparmente: secondo la gravità del peccato) e sfinite, purificandosi delle brutture del peccato. Se nel purgatorio pregano sempre per noi, quali preghiere e quali opere si potrebbero fare nel mondo per le anime penitenti da parte di coloro la cui volontà di suffragio nasce da un cuore in grazia di Dio? E' giusto aiutarle a cancellare le macchie di peccato che hanno portato dal mondo, in modo che, purificate e prive di peccato, possano salire al cielo. « Possano la giustizia e la misericordia liberarvi presto dal peso, in modo che possiate iniziare il volo, che vi innalzi dove desiderate, (in nome di questo augurio) indicateci da quale parte si giunge prima alla scala (che porta al secondo girone); e se esistono più passaggi, mostrateci quello che sale meno ripido, perché questo che procede con me, a causa del peso del corpo di cui è rivestito, è lento nel salire, di contro al suo desiderio.» Le parole, che risposero a quanto aveva detto la mia guida, non si capì da quale anima fossero pronunciate; ma si dìsse: « Seguiteci a destra lungo la parete, e troverete il passaggio che può essere salito da un vivente. E se io non fossi impedito dal masso che piega il mio capo superbo, per cui sono costretto a tenere il viso abbassato, guarderei costui, che è ancora vivo e non ha detto il proprio nome, per vedere se lo conosco, e per ispirargli pietà di questo peso. Io fui italiano e fui figlio di un grande toscano: mio padre fu Guglielmo Aldobrandesco; non so se il suo nome sia mai arrivato alle vostre orecchie. L'antichità della mia famiglia e le azioni illustri dei miei antenati mi resero così superbo, che, non pensando che unica è la madre di tutti, la terra, disprezzai a tal punto il mio prossimo, che ciò fu causa della mia morte; e come essa avvenne, lo sanno i Senesi e a Campagnatico lo sa ogni essere parlante. Sono Omberto; e la superbia ha recato danno non solo a me, perché essa ha trascinato con sé nel male (in vita e dopo la morte) tutti i miei consanguinei (consorti: nel significato medievale di membri di famiglie provenienti dallo stesso ceppo). Ed è necessario che io qui porti questo peso a causa della superbia, fin tanto che la giustizia divina abbia ricevuto soddisfazione, qui tra i morti, dal momento che non l'ho fatto mentre ero vivo ». Per ascoltare abbassai il viso; e una di quelle anime, non quella che parlava, si torse sotto il peso che le opprimeva, e mi vide e mi riconobbe e mi chiamò per nome, tenendo faticosamente fissi gli occhi su di me che procedevo con loro tutto chinato. « Oh! » gli dissi, « non sei Oderisi, il vanto di Gubbio e il vanto di quell'arte che a Parigi è chiamata illuminare (alluminar: miniare) ? » « Fratello », mi rispose « sono più belle le opere che dipinge il bolognese Franco: la gloria ora è tutta sua, e a me ne resta solo una parte. Certamente, mentre ero in vita, (nell'ammettere la superiorità di un altro) non sarei stato così generoso, a causa del grande desiderio di eccellenza al quale il mio animo era tutto rivolto. Qui si sconta la pena di questa superbia; e non mi troverei neppure qui (sarei ancora nell'antipurgatorio), se non fosse che mi pentii, mentre (essendo in vita) potevo ancora peccare. Oh quanto è vana la gloria dell'umano valore! quanto poco tempo resta rigogliosa sulla cima del suo albero, se non è seguita da un periodo di decadenza! Cimabue credette di essere senza rivali nella pittura, ed ora è di Giotto tutta la fama, cosicché la sua è oscurata: così Guido Cavalcanti ha strappato a Guido Guinizelli il primato nell'uso della lingua volgare; e forse è nato chi oscurerà la loro fama. La gloria umana non è altro che un soffio di vento, che ora spira da una parte ed ora spira dall'altra, e cambia nome ogni volta chi cambia direzione. Quale fama più grande avrai, se muori vecchio, di quella che avresti se fossi morto prima.di abbandonare il linguaggio dei bimbi (il pappo e il dindì rappresentano la storpiatura infantile di « Pane » e « moneta »), prima che siano trascorsi mille anni? perché (mille anni) rispetto all'eternità costituiscono un periodo di tempo più breve di un battito di ciglia rispetto al movimento del cielo che ruota più lentamente degli altri (al cerchio che più tardi in cielo è torto: il cielo delle stelle fisse che impiega 360 secoli a compiere la sua rivoluzione). Colui che cammina a passi così brevi davanti a me, fece risuonare del suo nome tutta la Toscana; ed ora a malapena è ricordato a Siena, della quale era signore quando venne distrutta la baldanza fiorentina, che a quel tempo fu superba così come ora è avvilita. La vostra fama è come il colore dell'erba, che appare e scompare, e viene seccata dal sole ad opera del quale esce dalla terra ancora immatura.» Ed io gli dissi: « Le tue veraci parole mi infondono un sentimento di buona umiltà, e appianano il mio animo gonfio di grande superbia: ma chi è colui del quale ora stavi parlando? » « Quello » disse « è Provenzano Salvani; e si trova qui perché ebbe la superba presunzione di impadronirsi di tutta Siena. Così curvo ha camminato e cammina. senza riposo, dal momento in cui è morto: tale pena deve pagare chi nel mondo ha troppo presunto di sé.» Ed io: « Se l'anima che aspetta, prima di pentirsi l'ultimo istante di vita, resta qui sotto (nell'antipurgatorio) e non può salire il monte se non l'aiuta la preghiera di un cuore in grazia di Dio, prima che sia passato tanto tempo quanto visse, per quale motivo a Provenzano fu concesso di accedere (al purgatorio vero e proprio) ? » « Quando era nel momento più glorioso della sua vita » disse, « messo da parte ogni sentimento di vergogna, di sua spontanea volontà si piantò sulla piazza del Campo di Siena (la più importante piazza della città); e lì, per liberare un suo amico dalla pena che soffriva nelle prigioni di Carlo d'Angiò, si ridusse (a mendicare) tremando (per l'umiliazione) in ogni fibra. Non ti dirò altre cose, e so che le mie parole sono oscure; ma passerà poco tempo, che i tuoi concittadini ti metteranno in condizione di poter in terpretare le mie parole. Questa azione gli evitò la sosta nel l'antipurgatorio (li tolse queí confini).»

Purgatorio: XII Canto

Io camminavo con Oderisi oppresso dal peso, curvo come lui, come procedono i buoi aggiogati, finché lo permise il mio dolce maestro; ma quando disse: «Lascia i superbi e procedi oltre, perché nel purgatorio è necessario che ciascuno, quanto più può, con ogni mezzo porti avanti la sua barca (cioè il suo cammino)», mi raddrizzai nella persona così come si deve fare per camminare, sebbene i miei pensieri continuassero a restare umili e privi del turgore della superbia. Io mi ero incamminato, e seguivo con gioia i passi della mia guida, ed entrambi già mostravamo (camminando spediti) quanto eravamo privi di ogni peso; ed egli mi disse: «Abbassa gli occhi a terra: ti sarà utile, per distrarti dalla fatica del cammino, osservare il pavimento sul quale appoggi i piedi », Come le pietre sepolcrali a livello del suolo, per ricordare i morti, recano effigiato quello che il sepolto era prima di morire, per cui lì si torna spesso a piangerlo per la fitta dolorosa del ricordo, il quale però fa soffrire (dà delle calcagne: come il cavaliere pungola il cavallo con il calcagno che porta lo sprone) solo gli animi pietosi, allo stesso modo io potei lì osservare coperto di sculture, ma con un migliore risultato rispetto all'esecuzione artistica, tutto il piano che sporge dal monte per servire da strada. Vedevo da una parte della via Lucifero, che fu creato più perfetto di ogni altra creatura, precipitare dal cielo come una folgore. Vedevo dall'altra parte Briareo, trafitto dalla freccia divina, giacere, gravando sulla terra con il suo corpo senza vita. Vedevo Timbreo, vedevo Pallade e Marte, ancora con le armi in mano, guardare, stando intorno a Giove, i corpi dei giganti sparsi sul campo di battaglia. Vedevo Nembrot stare come smarrito ai piedi della grande torre, e osservare coloro che a Sennaar ebbero la sua stessa superbia. O Niobe, con quali occhi pieni di dolore io ti vedevo raffigurata sulla via, tra i tuoi quattordici figli morti! O Saul, come qui apparivi morto, ucciso dalla tua stessa spada a Gelboè, che dopo questo fatto non ebbe più il dono della pioggia e della rugiada! O folle Aracne, così io ti vedevo gìà diventata ragno per metà, (giacere) angosciata sui resti della tela che era stata da te tessuta per il tuo male. O Roboamo, davvero qui la tua figura non sembra più minacciare; ma un carro la trasporta piena di spavento, senza che alcuno la insegua. Il pavimento di marmo mostrava ancora come Almeone fece sembrare pagata a caro prezzo (perché pagata con la morte) a sua madre la infausta collana. Mostrava come i figli si gettarono su Sennacherib all'interno del tempio, e come lo abbandonarono lì morto. Mostrava la strage dell'esercito e il crudele scempio del cadavere di Ciro che fece Tamiri, quando gli disse: « Fosti assetato di sangue, ed io ti sazio di sangue ». Mostrava come gli Assiri fuggirono sconfitti, dopo la morte di Oloferne, e (mostrava) anche i resti dello scempio fatto (relíquie del martiro: cioè il cadavere decapitato di Oloferne). Vedevo Troia ridotta in cenere e in rovine: o rocca di Ilio, come ti presentava distrutta e degna di derisione la raffigurazione che lì si vedeva! Quale pittore o quale disegnatore ci fu mai che sapesse ritrarre l'aspetto e i contorni delle figure, che in quelle immagini desterebbero l'ammirazione anche dell'intenditore più raffinato? I morti apparivano veramente morti e i vivi veramente vivi: colui che vide realmente quei fatti non vide meglio di me tutto quanto io calcai con i miei piedi, finché procedetti a capo chino. Ora insuperbitevi, e continuate pure a camminare a testa alta, o figli d'Eva, e cercate di non meditare in modo da vedere la strada sbagliata che seguite! Avevamo già percorso una parte del monte e avevamo speso una parte di tempo più grandi di quanto pensasse il mio animo intento (ad osservare i bassorilievi), quando Virgilio che procedeva attento a guardare sempre davanti a sé, disse: « Solleva il capo; non bisogna più camminare così assorto. Osserva da quella parte un angelo che si accinge a venire verso di noi; vedi che l'ora sesta se ne torna dopo aver prestato il suo servizio al giorno. Prepara il tuo volto e il tuo atteggiamento a un sentimento di riverenza, in modo che all'angelo piaccia permetterci di salire; pensa che questo tempo non tornerà più! » Io ero talmente abituato ai suoi continui ammonimenti intorno alla necessità di non perdere il tempo, che su questo argomento non mi poteva più parlare in modo oscuro. Veniva verso di noi la bella creatura, vestita di bianco e (cosi splendente) nel volto come appare scintifiando la stella del mattino (Venere). Aperse le braccia, e poi aperse le ali: disse: « Venite: qui vicino ci sono i gradini della scala, e ormai si può salire facilmente (dopo aver eliminato il peccato della superbia) ». Pochissime anime rispondono a questo invito: o uomini, creati per volare in alto, perché vi abbattete così anche davanti a poche tentazioni? Ci condusse dove la roccia presentava un passaggio: qui batté con le ali la mia fronte; poi mi promise che il cammino sarebbe stato libero da impedimenti. Come dalla parte destra, per salire al monte dove si trova la chiesa che domina Firenze (la ben guidata: detto in senso ironico) dalla parte del ponte di Rubaconte, l'ardito slancio della salita viene interrotto per mezzo di una scalinata che si fece in un tempo in cui i registri pubblici e le pubbliche misure di capacità non venivano falsificati, allo stesso modo diventa più agevole il pendio che qui scende ripidissimo dal girone superiore; ma (la scala è così stretta che) dall'una e dall'altra parte l'alta parete rocciosa sfiora (chi sale). Mentre noi ci volgevamo verso quella scala, una voce cantò « Beati i poveri in spirito! » con tale dolcezza, che non si potrebbe esprirnerla con nessuna parola umana. Ah quanto sono diverse queste entrate da quelle infernali! perché in queste si procede accompagnati da canti, e in quelle da gemiti di dolore e di ira. Già noi stavamo salendo lungo i santi gradini, e mi pareva di essere molto più leggiero di quanto non mi sembrava (di esserlo) prima nella parte piana del girone. Per questo dissi: « Maestro, spiegami, quale peso mi è stato tolto, che quasi non avverto alcuna fatica, mentre procedo?» Rispose: « Quando i P che sono rimasti ancora sulla tua fronte, anche se quasi svaniti, saranno completamente cancellati come (lo è stato) il primo, i tuoi piedi saranno così guidati dalla tua buona volontà, che non solo non sentiranno più fatica, ma sarà per loro una gioia essere spinti a salire », Allora mi comportai come coloro che camminano portando in testa qualcosa senza saperlo, finché i gesti degli altri li mettono in sospetto; per cui la mano si sforza di accertarlo, e cerca e trova e compie la funzione che non si può esercitare con la vista; e con le dita della mano destra allargate costatai che erano solo sei i segni che l'angelo portiere mi aveva inciso sulla fronte: Virgilio sorrise vedendo il mio gesto.

Purgatorio: XIII Canto

«Eravamo giunti al termine della scala (che porta al secondo girone), dove viene tagliato per la seconda volta il monte che purifica dal male chi lo ascende lì una (seconda) cornice cinge tutt'intorno il monte, così come la prima; salvo che la sua curvatura (poiché la montagna si restringe man mano verso l'alto) è più stretta. Qui non appaiono anime né figurazioni scolpite; si mostrano la parete e il piano nudo e liscio col colore livido della pietra. « Se qui aspettiamo le anime per chiedere informazioni » osservava Virgilio, « io temo che forse la nostra scelta della via tarderà troppo. » Poi rivolse intento lo sguardo verso il sole; (per volgersi a destra dove si trovava il sole, essendo già passato mezzogiorno) fece perno sul suo fianco destro, e fece girare il fianco sinistro. « O dolce luce nella quale fidando io procedo nella nuova strada, guidaci » diceva Virgilio « come è necessario guidare in questo girone. Tu riscaldi il mondo, tu risplendi sopra di esso: se un altro motivo non spinge a seguire una via contraria, i tuoi raggi devono essere sempre di guida.» Avevamo già percorso nel girone tanto spazio, quanto nel mondo si calcola per un miglio, in breve tempo, grazie al nostro ardente desiderio, quando si sentirono volare verso di noi, ma non si videro, degli spiriti che pronunciavano cortesi inviti alla carità. La prima voce che passò volando pronunciò in tono alto « Non hanno vino », e passando oltre noi continuò a ripetere quelle parole. E prima che non si udisse più per il fatto che si allontanava, un'altra voce passò gridando « Io sono Oreste », e anche questa non si arrestò. « Oh! » dissi, « padre mio, che voci sono queste? » E non appena ebbi fatto questa domanda, ecco la terza voce che diceva: « Amate coloro dai quali avete ricevuto il male ». E il valente maestro: « Questo girone punisce il peccato d'invidia, e perciò le corde di cui è fatta la sferza che punisce (le corde della ferza: cioè gli esempi) sono vibrate dall'amore. Il freno (cioè l'esempio per non cadere nel peccato) deve essere di contenuto opposto al peccato: a mio giudizio, penso che udrai questo esempio prima di giungere alla scala che porta al terzo girone (al passo del perdono: dove sarà perdonato il peccato d'invidia). Ma ficca lo sguardo con attenzione attraverso l'aria, e vedrai un gruppo di anime sedere davanti a noi, e ciascuna è appoggiata alla roccia». Allora osservai con maggior attenzione; guardai davanti a me, e vidi anime ricoperte di manti dello stesso colore della pietra. E quando ci fummo portati un poco più avanti, udii gridare: « Maria, prega per noi! »; udii gridare « Michele » e « Pietro », e « Tutti i santi ». Gli invidiosi recitano le litanie dei santi, nelle quali all'inizio è invocata per tre volte la Vergine, nella parte centrale gli angeli (tra cui Michele) e gli apostoli (tra cui Pietro) , mentre alla fine l'invocazione si estende a tutti i santi. Non credo che nel mondo esista oggi un uomo tanto duro, da non essere mosso a compassione da quanto io vidi in seguito, poiché, quando giunsi così vicino ad essi, che la loro persona mi appariva distinta, dagli occhi uscì con le lagrime il dolore che mi gravava l'animo. (I penitenti) mi sembravano coperti di una povera veste dura e pungente, e uno sosteneva l'altro con la spalla, e tutti erano sostenuti dalla parete: nello stesso atteggiamento i ciechi, a cui manca il necessario, se ne stanno davanti alle chiese durante le feste in cui si concedono indulgenze per chiedere l'elemosina, e l'uno abbandona il capo sulla spalla dell'altro, affinché la pietà penetri subito nel cuore della gente, non solo per il suono lamentoso delle parole, ma anche per l'aspetto che chiede pietà non meno (delle parole). E come ai ciechi il sole non giova, così qui la luce del cielo non vuole concedersi alle anime, di cui ora sto parlando, perché un filo di ferro trapassa e cuce le palpebre a tutti i penitenti nello stesso modo in cui si cuciono agli sparvieri selvatici, quando non rimangono tranquilli. Mi sembrava, mentre camminavo. di compiere un atto scortese, perché io vedevo gli altri, ma non ero da loro visto: perciò mi rivolsi al mio saggio consigliere. Egli già sapeva che cosa volevo dire io che tacevo; e per questo non aspettò la mia domanda, ma disse: « Parla, e cerca di essere breve e chiaro». Virgilio rispetto a me procedeva dalla parte esterna della cornice, poiché questa non è munita di nessuna sponda;dall'altra parte (cioè a sinistra) avevo le anime penitenti, le quali premevano con tale forza attraverso l'orribile cucitura, che bagnavano (di lagrime) le guance. Mi rivolsi a loro e incominciai a dire: « O anime sicure di vedere la divina luce che è l'unico oggetto del vostro desiderio, possa la Grazia disperdere presto le tracce impure della vostra coscienza, così che attraverso essa il fiume dei ricordi possa scendere in tutta la sua purezza (chiaro: cioè non intorbidato da nessuna memoria della colpa), ditemi (in nome di questo augurio), dal momento che mi sarà gradito e caro, se tra di voi c'è qualche anima italiana; e forse (potendo io procurarle suffragi) le sarà utile se io lo saprò ». « Fratello, ciascuna di noi è cittadina della città di Dio; ma tu vuoi sapere di qualcuna che lontana dalla vera patria sia vissuta in Italia. » Mi parve di udire come risposta queste parole un poco più oltre il posto in cui mi trovavo, per cui io (avanzando) mi feci sentire ancora più in là. Tra le altre vidi un'anima che nel suo atteggiamento pareva aspettare; e se qualcuno mi domandasse "Come (lo mostrava)?", (risponderei che) sollevava il mento come fa un cieco (quando aspetta). « O anima » dissi « che ti sottometti alla pena per poter salire, se tu sei quella che mi hai risposto, fatti conoscere o attraverso la patria o attraverso il nome.» « lo fui senese » rispose, « e con queste altre anime purifico qui la mia vita peccaminosa, supplicando in lagrime Dio affinché ci conceda di vederLo. Non fui saggia, sebbene il mio nome fosse Sapia, e provai maggior gioia del male altrui che del mio bene (lui delli altrui danni più lieta assai che di ventura mia). E affinché tu non creda che io t'inganni, ascolta se non sono stata, come ti dico, folle, mentre l'arco della mia vita stava già declinando (e avrei dovuto essere saggia). I miei concittadini presso Colle erano venuti a battaglia con i loro nemici, ed io pregavo Dio che fossero sconfitti (di quel ch'e' volle: di quello che egli volle, perché furono realmente vinti). Qui furono sconfitti e conobbero l'amarezza della fuga; e vedendo l'inseguimento fatto dai nemici, ne derivai una gioia non paragonabile a nessun'altra, tanto che levai verso il cielo il volto con folle audacia, gridando a Dio: "Ormai non ti temo più (avendo ricevuto soddisfazione)!", come fa il merlo quando vede un po' di sereno. Mi riconciliai con Dio alla fine della mia vita; e il mio debito verso di Lui non sarebbe ancora risarcito per mezzo della penitenza, se non fosse avvenuto questo, che mi ricordò nelle sue sante preghiere Pier Pettinaio, il quale per carità ebbe pietà di me. Ma chi sei tu che vai interrogandoci sulla nostra condizione, e porti gli occhi non cuciti, così come penso (Sapìa si è accorta che Dante è riuscito ad individuarla), e parli come un vivo?» « Gli occhi » dissi « mi saranno anche qui tolti, ma per breve tempo, perché poca è l'offesa che essi hanno fatta (a Dio) per essersi volti a guardare con invidia (il prossimo). Maggiore è il timore che tiene sospesa la mia anima a causa della pena del girone precedente (di sotto: dove si espia il peccato della superbia), tanto che già sento gravarmi addosso il peso di quei massi. » Ed ella mi rispose: « Chi ti ha dunque guidato qua su tra noi, se ritieni di dover ritornare tra i superbi? » Ed io: « Questo che è con me, ma non parla. E sono ancora vivo; e perciò chiedimi pure, o anima destinata alla salvezza, se desideri che in terra mi adoperi (mova... ancor li mortai piedi) per procurarti suffragi (per te) ». « Oh, questa è una cosa così insolita ad udirsi » rispose, « che è una grande manifestazione dell'amore di Dio verso di te; perciò cerca di aiutarmi qualche volta con le tue preghiere. E ti chiedo, in nome di quello che tu più desideri (cioè: in nome della salvezza), che, se mai ti avvenga di passare per la Toscana, riabiliti la mia fama presso i miei parenti. Tu li troverai fra quella gente sciocca che spera in Talamone, e vi perderà più illusioni che non a cercare di trovare la Diana;ma più speranze ancora vi perderanno i comandanti di nave. »

Purgatorio: XIV Canto

Quanto percorso compie il sole che (oscillando nel suo moto apparente fra i due tropici) pare sempre giocare come un fanciullo, tra l'inizio del giorno e la fine dell'ora terza, altrettanta parte del suo cammino, sembrava ormai gli fosse rimasta per arrivare al tramonto; nel purgatorio era il vespero, e in Italia era mezzanotte. E i raggi del sole ci colpivano in pieno viso, perché avevamo percorso ( da oriente ad occidente) tanta parte del monte, che ora camminavamo verso occidente in linea retta, allorché sentii i miei occhi abbassarsi di fronte alla luminosità (dell'angelo) molto più di prima (davanti alla luce del sole), e questa cosa nuova mi era motivo di stupore: per cui portai le mani all'altezza dei miei occhi, e mi riparai dal sole, con un gesto che attenua l'eccesso della luce. Come quando un raggio di sole (che è stato riflesso) rimbalza dalI'acqua o dallo specchio, nella parte opposta (a quella da cui era venuto), risalendo in base alla stessa leggeper cui era disceso, e si allontana dalla perpendicolare di uno spazio uguale a quello di cui si era allontanato cadendo, secondo quanto dimostrano l'esperienza e la scienza, con la stessa intensità di quel raggìo mi sembrò di essere colpito da una luce riflessa che si trovava dinanzi a me; per la qual cosa i miei occhi furono pronti a sottrarvisi. « Che luce è, dolce Virgilio, quella da cui non posso difendere la vista in modo da poterla sostenere » dissi, « e che sembra avanzare verso di noi? » « Non ti stupire, se gli angeli ti abbagliano ancora (non essendo completa la tua purificazione)» mi rispose: « è un messaggero celeste che giunge ad invitare all'ascesa. Presto accadrà che non ti sarà più faticosa la vista di queste cose, ma ti sarà piacevole nella misura in cui le tue facoltà naturali ti permetteranno di sentire. » Dopo che giungemmo davanti all'angelo benedetto, egli con voce lieta ci disse: « Procedete da questa parte », per una scala meno ripida delle altre due. Noi salivamo, dopo esserci già allontanati da lì, quando dietro a noi l'angelo cantò: « Beati i misericordiosi! » e « Godi tu che vinci (il peccato)! » Nel secondo girone, quello degli invidiosi, viene cantata la quinta beatitudine del discorso della montagna (Matteo V. 7), contrapponendo all'invidia la misericordia; l'espressione Godi tu che vinci è da alcuni commentatori rìferita alla seconda parte della beatitudine ("perché otterranno misericordia"), da altri, e più giustamente, alle parole conclusive di tutte le beatitudini: "rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieIi" (Matteo V, 12). Il mio maestro, ed io, soli, salivamo entrambi; ed io pensai, mentre continuavo a camminare, di trarre profitto mediante le sue parole; allora mi rivolsi a lui con questa domanda: « Che cosa volle dire l'anima del romagnolo Guido del Duca, accennando a "divieto" e "partecipazione" ? » Per cui egIi: « Ora conosce gli effetti dannosi del suo peccato principale (di sua maggior magagna, cioè l'invidia); e perciò non sia motivo di meraviglia se egli rimprovera gli uomini affinché ne possano piangere dì meno le conseguenze. L'invidia vi fa sospirare, perché i vostri desideri si rivolgono verso i beni terreni dove per il fatto che altri vi parteciparlo diminuisce la parte che tocca a ciascuno. Ma se l'amore dei beni spirituali piegasse verso l'alto i vostri desideri, nel vostro cuore non vi sarebbe quel timore (di essere privati dagli altri di una parte dei vostri beni materiali), poiché, in paradiso, quanto più numerosi sono coloro che posseggono il bene comune (per quanti si dice più... "nostro": quanto più numerosi sono coloro che dicono "nostro"), tanta più grande è la quantità di bene che possiede ciascuno, e tanto più intenso è l'amore che arde in quella comunità ». « Sono più insoddisfatto » risposi, « di quanto sarei se prima avessi taciuto, perché la mia mente ha ora dubbi più grandi. Come può avvenire che un bene distribuito fra più possessori li renda possessori di una quantità più grande, che non se viene diviso fra pochi?» Ed egli mi rispose: « Per il fatto che tu continui a tenere rivolta la mente solo ai beni terreni, raccogli solo tenebre dalla luce di verità delle mie parole. Dio, quel bene infinito ed indicibile che è nei cieli, si concede prontamente all'anima che arde d'amore così come un raggio di sole corre verso un corpo capace di rifletterlo. Tanto più si concede quanto più grande è l'ardore (dell'anima verso di Lui); così che, nella misura in cui l'amore si dispiega nell'anima, cresce sopra di essa la luce divina. E quanto più numerosi sono coloro che in paradiso si amano, tanto più si crea la possibilità di un santo amore, e tanto più si amano tra di loro, e l'uno riflette sull'altro la luce ricevuta da Dio come uno specchio. E se il mio ragionamento non ti soddisfa vedrai Beatrice, ed ella scioglierà completamente questo e qualsiasi altro dubbio. Cerca in ogni modo che ti siano presto cancellati, come lo sono già stati i primi due, i cinque segni. che si rimarginano solo con il dolore del pentimento ». Nel momento in cui volevo dire "Mi hai persuaso", mi accorsi di essere giunto nell'altro girone, per cui il desiderio di vedere mi fece tacere. Lì mi parve di essere improvvisamente rapito in estasi, e di vedere numerose persone raccolte in un tempio;e (mi parve di vedere) una donna, sulla soglia che con il tenero atteggiamento di una madre diceva: «Figlio mio, perché hai agito tosi verso di noi ? Ecco che tuo padre ed io, addolorati, ti stavamo cercando ». E non appena la voce a questo punto tacque: la prima visione scomparve. Poi mi apparve un'altra donna con il volto rigato dalle lagrime che il dolore suscita quando (nell'animo) nasce un grande sdegno verso gli altri, e diceva: « Se tu sei signore della città per il cui nome gli dei gareggiarono accanitamente tra loro, e dalla quale risplende nel mondo ogni scienza,vendicati, o Pisistrato, di quelle braccia che osarono stringere nostra figlia». E vedevo il sovrano, benevolo e mite,risponderle con volto atteggiato a moderazione: «Che cosa faremo a chi desidera il nostro male, se condanniamo chi ci ama? » Poi vidi un gruppo di persone accecate dall'ira che lapidavano un giovanetto, gridandosi forte, reciprocamente: «.Uccidi, uccidí! » E lo vedevo accasciarsi, per la morte che già gli era sopra a terra, ma teneva gli occhi sempre aperti verso il cielo, pregando Dio, in tanta sofferenza, di perdonare ai suoi persecutori, con quell'atteggiamento che suscita la pietà.Quando la mia anima ritornò a percepire le cose che fuori di essa hanno una loro realtà, compresi che le visioni erano irreali (errori: cioè non esistenti di per sé), ma effettivamente viste. La mia guida, che mi poteva vedere nello stesso atteggiamento di un uomo che si scioglie dal sonno, disse; « Che hai che non puoi reggerti bene,ma per più di mezza lega hai camminato con gli occhi semichiusi e con le gambe quasi legate, come un uomo vinto dal vino o dal sonno? » « O dolce Virgilio, se tu mi presti ascolto, io ti descriverò » dissi ,«ciò che. mi apparve quando mi fu a quel modo tolto l'uso normale delle gambe. » Ed egli: « Anche se tu avessi il volto celato da cento maschere, i tuoi pensieri, per quanto piccoli, non mi resterebbero nascosti. Le visioni apparvero affinché tu non rifiuti di aprire il tuo cuore al sentimento di mansuetudine che sgorga dalla fonte eterna di Dio. Non, ho chiesto "Che cos'hai" per la ragione per la quale lo domanda colui che, quando un altro giace col corpo privo di forze, vede solo con l'occhio materiale (l'occhio che non vede, cioè l'occhio capace di cogliere solo gli aspetti esteriori, ma non quelli interiori, delle cose e che; in questo caso, non può capire il motivo per cui il corpo è disanìmato); ma ho fatto quella domanda per spronare il tuo piede: così è necessario stimolare i pigri, che sono lenti a riprendere la loro attività quando essa (dopo un periodo di sonno o di smarrimento) ritorna ». Noi procedevamo nella sera, intenti a guardare davanti a noi per quanto potevano spingersi lontano i nostri occhi che avevano di fronte gli ultimi ma luminosi raggi del sole. Ed ecco avvicinarsi a noi a poco a poco un fumo scuro come la notte; e non c'era un luogo dove ripararsida quello: questo fumo ci tolse la vista delle cose e l'aria pura.

Purgatorio: XV Canto

Quanto percorso compie il sole che (oscillando nel suo moto apparente fra i due tropici) pare sempre giocare come un fanciullo, tra l'inizio del giorno e la fine dell'ora terza, altrettanta parte del suo cammino, sembrava ormai gli fosse rimasta per arrivare al tramonto; nel purgatorio era il vespero, e in Italia era mezzanotte. E i raggi del sole ci colpivano in pieno viso, perché avevamo percorso ( da oriente ad occidente) tanta parte del monte, che ora camminavamo verso occidente in linea retta, allorché sentii i miei occhi abbassarsi di fronte alla luminosità (dell'angelo) molto più di prima (davanti alla luce del sole), e questa cosa nuova mi era motivo di stupore:bper cui portai le mani all'altezza dei miei occhi, e mi riparai dal sole, con un gesto che attenua l'eccesso della luce. Come quando un raggio di sole (che è stato riflesso) rimbalza dalI'acqua o dallo specchio, nella parte opposta (a quella da cui era venuto), risalendo in base alla stessa legge per cui era disceso, e si allontana dalla perpendicolare di uno spazio uguale a quello di cui si era allontanato cadendo, secondo quanto dimostrano l'esperienza e la scienza,bcon la stessa intensità di quel raggìo mi sembrò di essere colpito da una luce riflessa che si trovava dinanzi a me; per la qual cosa i miei occhi furono pronti a sottrarvisi. « Che luce è, dolce Virgilio, quella da cui non posso difendere la vista in modo da poterla sostenere » dissi, « e che sembra avanzare verso di noi? » « Non ti stupire, se gli angeli ti abbagliano ancora (non essendo completa la tua purificazione)» mi rispose: « è un messaggero celeste che giunge ad invitare all'ascesa. Presto accadrà che non ti sarà più faticosa la vista di queste cose, ma ti sarà piacevole nella misura in cui le tue facoltà naturali ti permetteranno di sentire. » Dopo che giungemmo davanti all'angelo benedetto, egli con voce lieta ci disse: « Procedete da questa parte », per una scala meno ripida delle altre due. Noi salivamo, dopo esserci già allontanati da lì, quando dietro a noi l'angelo cantò: « Beati i misericordiosi! » e « Godi tu che vinci (il peccato)! » -Nel secondo girone, quello degli invidiosi, viene cantata la quinta beatitudine del discorso della montagna (Matteo V. 7), contrapponendo all'invidia la misericordia; l'espressione Godi tu che vinci è da alcuni commentatori rìferita alla seconda parte della beatitudine ("perché otterranno misericordia"), da altri, e più giustamente, alle parole conclusive di tutte le beatitudini: "rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieIi" (Matteo V, 12). Il mio maestro, ed io, soli, salivamo entrambi; ed io pensai, mentre continuavo a camminare, di trarre profitto mediante le sue parole; allora mi rivolsi a lui con questa domanda: « Che cosa volle dire l'anima del romagnolo Guido del Duca, accennando a "divieto" e "partecipazione" ? » Per cui egIi: « Ora conosce gli effetti dannosi del suo peccato principale (di sua maggior magagna, cioè l'invidia); e perciò non sia motivo di meraviglia se egli rimprovera gli uomini affinché ne possano piangere dì meno le conseguenze. L'invidia vi fa sospirare, perché i vostri desideri si rivolgono verso i beni terreni dove per il fatto che altri vi parteciparlo diminuisce la parte che tocca a ciascuno. Ma se l'amore dei beni spirituali piegasse verso l'alto i vostri desideri, nel vostro cuore non vi sarebbe quel timore (di essere privati dagli altri di una parte dei vostri beni materiali), poiché, in paradiso, quanto più numerosi sono coloro che posseggono il bene comune (per quanti si dice più... "nostro": quanto più numerosi sono coloro che dicono "nostro"), tanta più grande è la quantità di bene che possiede ciascuno, e tanto più intenso è l'amore che arde in quella comunità ». « Sono più insoddisfatto » risposi, « di quanto sarei se prima avessi taciuto, perché la mia mente ha ora dubbi più grandi. Come può avvenire che un bene distribuito fra più possessori li renda possessori di una quantità più grande, che non se viene diviso fra pochi?» Ed egli mi rispose: « Per il fatto che tu continui a tenere rivolta la mente solo ai beni terreni, raccogli solo tenebre dalla luce di verità delle mie parole. Dio, quel bene infinito ed indicibile che è nei cieli, si concede prontamente all'anima che arde d'amore così come un raggio di sole corre verso un corpo capace di rifletterlo. Tanto più si concede quanto più grande è l'ardore (dell'anima verso di Lui); così che, nella misura in cui l'amore si dispiega nell'anima, cresce sopra di essa la luce divina. E quanto più numerosi sono coloro che in paradiso si amano, tanto più si crea la possibilità di un santo amore, e tanto più si amano tra di loro, e l'uno riflette sull'altro la luce ricevuta da Dio come uno specchio. E se il mio ragionamento non ti soddisfa vedrai Beatrice, ed ella scioglierà completamente questo e qualsiasi altro dubbio. Cerca in ogni modo che ti siano presto cancellati, come lo sono già stati i primi due, i cinque segni. che si rimarginano solo con il dolore del pentimento ». Nel momento in cui volevo dire "Mi hai persuaso", mi accorsi di essere giunto nell'altro girone, per cui il desiderio di vedere mi fece tacere. Lì mi parve di essere improvvisamente rapito in estasi, e di vedere numerose persone raccolte in un tempio; e (mi parve di vedere) una donna, sulla soglia che con il tenero atteggiamento di una madre diceva: «Figlio mio, perché hai agito tosi verso di noi ? Ecco che tuo padre ed io, addolorati, ti stavamo cercando ». E non appena la voce a questo punto tacque: la prima visione scomparve. Poi mi apparve un'altra donna con il volto rigato dalle lagrime che il dolore suscita quando (nell'animo) nasce un grande sdegno verso gli altri, e diceva: « Se tu sei signore della città per il cui nome gli dei gareggiarono accanitamente tra loro, e dalla quale risplende nel mondo ogni scienza, vendicati, o Pisistrato, di quelle braccia che osarono stringere nostra figlia». E vedevo il sovrano, benevolo e mite, risponderle con volto atteggiato a moderazione: «Che cosa faremo a chi desidera il nostro male, se condanniamo chi ci ama? » Poi vidi un gruppo di persone accecate dall'ira che lapidavano un giovanetto, gridandosi forte, reciprocamente: «.Uccidi, uccidí! » E lo vedevo accasciarsi, per la morte che già gli era sopra a terra, ma teneva gli occhi sempre aperti verso il cielo, pregando Dio, in tanta sofferenza, di perdonare ai suoi persecutori, con quell'atteggiamento che suscita la pietà. Quando la mia anima ritornò a percepire le cose che fuori di essa hanno una loro realtà, compresi che le visioni erano irreali (errori: cioè non esistenti di per sé), ma effettivamente viste. La mia guida, che mi poteva vedere nello stesso atteggiamento di un uomo che si scioglie dal sonno, disse; « Che hai che non puoi reggerti bene, ma per più di mezza lega hai camminato con gli occhi semichiusi e con le gambe quasi legate, come un uomo vinto dal vino o dal sonno? » « O dolce Virgilio, se tu mi presti ascolto, io ti descriverò » dissi ,«ciò che. mi apparve quando mi fu a quel modo tolto l'uso normale delle gambe. » Ed egli: « Anche se tu avessi il volto celato da cento maschere, i tuoi pensieri, per quanto piccoli, non mi resterebbero nascosti. Le visioni apparvero affinché tu non rifiuti di aprire il tuo cuore al sentimento di mansuetudine che sgorga dalla fonte eterna di Dio. Non, ho chiesto "Che cos'hai" per la ragione per la quale lo domanda colui che, quando un altro giace col corpo privo di forze, vede solo con l'occhio materiale (l'occhio che non vede, cioè l'occhio capace di cogliere solo gli aspetti esteriori, ma non quelli interiori, delle cose e che; in questo caso, non può capire il motivo per cui il corpo è disanìmato); ma ho fatto quella domanda per spronare il tuo piede: così è necessario stimolare i pigri, che sono lenti a riprendere la loro attività quando essa (dopo un periodo di sonno o di smarrimento) ritorna ». Noi procedevamo nella sera, intenti a guardare davanti a noi per quanto potevano spingersi lontano i nostri occhi che avevano di fronte gli ultimi ma luminosi raggi del sole. Ed ecco avvicinarsi a noi a poco a poco un fumo scuro come la notte; e non c'era un luogo dove ripararsida quello: questo fumo ci tolse la vista delle cose e l'aria pura.

Purgatorio: XVI Canto

Le tenebre dell'inferno e di una notte priva di luna e di stelle, osservata da una stretta valle con orizzonte limitato, e oscurata quanto più possibile da nuvole, non stesero mai sui miei occhi un velo così denso, né così pungente e fastidioso a sentirsi, come quel fumo che lì ci avvolse, così che gli occhi non riuscirono a restare aperti: perciò la mia guida esperta e sicura si accostò a me e mi offerse (come appoggio) la sua spalla. Allo stesso modo in cui un cieco segue la sua guida per non smarrire la via e non urtare contro qualcosa che gli faccia male, o forse anche lo uccida, io camminavo attraverso quel fumo acre e nero, ascoltando la mia guida che mi diceva di continuo: "Sta attento a non separarti da me". Io udivo delle voci, e ciascuna sembrava pregare per ottenere pace e misericordia l'Agnello di Dio che toglie i peccati. Sempre "Agnello di Dio" era il loro inizio; tutte recitavano la stessa preghiera e con la stessa intonazione, cosicché tra di loro appariva il più perfetto accordo. "Maestro, quelli che io ascolto sono anime?" domandai. E Virgilio mi rispose: "Tu hai colto nel segno, e si stanno purificando dal peccato dell'iracondia". "Chi sei tu che passando tagli il nostro fumo, e parli di noi proprio come se tu fossi ancora vivo (partissi ancor lo tempo per calendi: dividessi ancora il tempo per mesi)?" Così fu detto da una voce; perciò il mio maestro, mi disse: « Rispondi, e chiedi se da questa parte si può salire». E io: « O creatura che ti purifichi per tornare; ridiventata bella, al tuo Creatore, se mi accompagni udrai da me cosa degna di meraviglia ». « Io ti accompagnerò fin dove mi è permesso » rispose; « e se il fumo non ci permette di vederci, invece della vista ci terrà uniti l'udito. » Allora cominciai a dire: « Sto salendo verso l'alto con quel corpo che la morte dissolverà, e sono arrivato qui attraversando i tormenti dell'inferno. E se è vero che Dio mi ha avvolto nella sua Grazia, tanto da volere che io salga a contemplare la corte celeste in un modo del tutto inusitato nel nostro tempo, non nascondermi chi tu fosti prima della morte, ma dimmelo, e dimmi anche se sono sulla via giusta per il passaggio (che conduce al girone superiore): e le tue parole saranno la nostra guida ». « Fui lombardo, e mi chiamai Marco: fui esperto delle cose del mondo, e amai quella virtù al cui possesso oggi nessuno tende più l'arco del suo desiderio. Sei nella direzione giusta per salire. » Cosi rispose, e soggiunse: « Ti supplico di pregare per me quando sarai lassù in cielo ». E io gli dissi: « Mi impegno con giuramento a fare quello che mi chiedi; ma sono tanto angustiato da un dubbio che io scoppio, se non me ne libero. Prima il mio dubbio era semplice, ma ora si è fatto più grave per le tue parole, che mi convincono, udendole qui da te e altrove da altri, di quella corruzione del mondo alla quale si riferisce il dubbio stesso. Il mondo è proprio tutto spoglio di ogni virtù, così come tu mi dici, e saturo e coperto di malvagità; ma ti prego d'indicarmi la causa, in modo che io la possa vedere e mostrare agli altri, poiché alcuni la pongono nell'influsso degli astri, e altri nella volontà degli uomini ». sospiro profondo, che il dolore trasformò in un lamento; e poi cominciò: «Fratello, il mondo è cieco, e tu vieni proprio da lui. Voi mortali attribuite la causa di tutto solo al cielo, proprio come se esso con il suo movimento determinasse necessariamente tutto (tutto movesse seco di necessitate). Se così fosse, in voi sarebbe distrutto il libero arbitrio, e non ci sarebbe giustizia nell'avere la beatitudine eterna se si fa il bene, e la dannazione eterna se si fa il male. L'influsso dei cieli accende gli istinti; e non dico tutti, ma anche se lo dicessi, vi è stato dato il lume della ragione per distinguere il bene e il male, e una volontà libera (di scegliere l'uno o l'altro); essa, anche se incontra difficoltà nel combattere gli impulsi suscitati dagli influssi celesti (nelle prime battaglie col ciel), vince poi ogni contrasto, se viene ben educata. Pur restando liberi, voi siete soggetti a una potenza più grande e a una natura migliore (cioè a Dio); e Dio crea in voi l'anima intellettiva, che non è sottoposta all'influsso dei cieli ('l ciel non ha in sua cura). Perciò, se il mondo presente esce fuori dal giusto cammino, la causa è in voi, e in voi si ricerchi; e io stesso te ne sarò verace rivelatore (vera spia). Esce dalle mani di Dio che la contempla prima che essa esista, comportandosi come una fanciulla che si rattrista e si rallegra (senza ragione) come i pargoli, l'anima ingenua la quale è ignara di tutto, salvo che, mossa da Dio, somma felicità, si volge volentieri a ciò che la diletta. Gusta dapprima i beni limitati della terra; e qui cade in inganno, e corre dietro ad essi, se una guida o un freno non indirizzano sulla retta via il suo amore. Perciò fu necessario stabilire la legge come un freno; fu necessario avere un sovrano per guida, il quale sapesse discernere almeno la giustizia del mondo ideale. Le leggi esistono, ma chi opera per farle osservare? Nessuno, perché il pastore che guida il gregge, è capace di interpretare la Scrittura, ma non possiede il retto discernimento del bene e del male nell'amministrare la giustizia (non ha l'unghie fesse: non ha le unghie divise, cioè non distingue il bene dal male) e perciò l'umanità, che vede la sua guida tendere solo a quei beni materiali di cui essa stessa è avida, si pasce soltanto di tali beni, e non chiede altro. Puoi ben vedere come il malgoverno dei pontefici sia la causa che ha reso peccatore il mondo, e non la natura umana che in voi sia corrotta (dall'influsso degli astri). Roma, che un tempo diede al mondo la pace e la giustizia, soleva avere due autorità, le quali indicavano le due strade, quella della felicità materiale (del mondo) e quella della felicità spirituale (di Deo). In seguito l'autorità papale ha spento l'autorità imperiale; e il potere civile è congiunto (nella stessa persona) con quello religioso, ma uniti insieme con un atto arbitrario devono necessariamente svolgersi male, perché, stando uniti nelle stesse mani, l'uno non rispetta più l'altro: se non vuoi credere alle mie parole, considera i frutti che ne derivano, poiché ogni pianta si conosce dal frutto. Nella regione che l'Adige e il Po bagnano, si era soliti incontrare valore militare e liberalità, prima che Federico II avesse contrasti con la Chiesa: ora invece chiunque evitasse (di passare nell'Italia settentrionale) per vergogna di parlare con le persone oneste o di avvicinarle può passare per quella regione sicuro (di non incontrarne alcuna). Vero è che ci sono ancora tre vecchi nei quali la generazione passata rimprovera la nuova, ma (vi si trovano tanto a disagio che) sembra loro tardare troppo l'ora in cui Dio li chiamerà a una vita migliore: Corrado da Palazzo e il valente Gherardo da Camino e Guido da Castello, che è più conosciuto col soprannome, foggiato alla francese, di leale Lombardo. Puoi concludere ormai che la Chiesa di Roma, confondendo in sé i due poteri, cade nel fango e insozza se stessa e il potere civile che si è assunto ». Io dissi: « O Marco mio, tu parli bene; e ora capisco perché i figli di Levi furono esclusi dall'eredità di beni materiali. Ma chi è quel Gherardo che tu dici essere rimasto come un esempio della generazione passata, quasi vivente rimprovero del vizioso tempo presente? » Mi rispose: « O io m'inganno nell'interpretare le tue parole, o esse mi tentano (per farmi ancora parlare), perché, pur parlando toscano, pare che tu non sappia nulla riguardo all'eccellente Gherardo. Io non saprei indicarlo con altra denominazione se non con quella desunta da sua figlia Gaia (cioè dall'essere egli il padre di Gaia). Dio vi accompagni, perché non posso venire oltre con voi. Vedi come la luce del giorno che traspare attraverso il fumo incomincia a biancheggiare, e io devo tornare indietro - là c'è l'angelo - prima che gli compaia davanti». Così detto si volse, e non volle più ascoltarmi.

Purgatorio: XVII Canto

Cerca di ricordare, o lettore, se mai fosti sorpreso in montagna dalla nebbia, attraverso la quale tu vedessi come vede la talpa attraverso la membrana che vela i suoi occhi (per pelle: era opinione comune nel Medioevo, come già nell'antichità, che la talpa fosse completamente cieca), come, allorché i vapori umidi e densi della nebbia cominciano a diradarsi, la luce del sole penetra attraverso di essi debolmente: e allora la tua immaginazione ti aiuterà agevolmente ad arrivare a percepire in che modo io (uscendo dal fumo) in un primo momento rividi il sole, che già era vicino a tramontare. Così, andando di pari passo col mio fidato maestro uscii fuori da quella nube, alla vista dei raggi solari ormai scomparsi daIle parti basse della montagna. O fantasia che talvolta ci sottrai a tal punto alle impressioni esteriori, che non ci si accorge anche se intorno a noi squillano mille trombe, che cosa mai ti stimola ad operare, se le percezioni dei sensi non ti offrono le immagini? Certo ti muove una luce che prende forma, in cielo, per forza propria o per volontà di Dio che guida tale luce sulla terra. Nella mia fantasia apparve l'immagine dell'atto empio di Progne, che mutò la sua forma umana in quella dell'uccello che più di tutti si diletta nel canto:be su questa visione la mia mente a tal punto si concentrò in sé, che dalla realtà esteriore non giungeva impressione alcuna che fosse da lei accolta. Poi nella mia fantasia ormai sublimata apparve l'immagine di un uomo, crocifisso, sdegnoso e fiero nell'aspetto, e in quell'atteggiamento lo vedevo morire:battorno a lui stavano il grande Assuero, la sua sposa Ester e il giusto Mardocheo, che fu così onesto nelle parole e nelle opere. E non appena questa visione si dissolse da sé, come si dissolve una bolla d'aria quando si rompe il velo d'acqua entro il quale si è formata,sorse nella mia fantasia la visione di una fanciulla che piangeva disperatamente, e diceva: « O regina, perché per un impeto d'ira hai voluto annientarti? Ti sei uccisa per non perdere la tua Lavinia: ora mi hai perduta davvero! Sono proprio io ora che piango, o madre, per la tua morte prima che per quella di Turno ». Come si rompe il sonno, quando d'improvviso una luce nuova percuote gli occhi chiusi, il quale però, sebbene interrotto, persiste un poco prima di dileguarsi del tutto, allo stesso modo la mia visione disparve non appena colpì il mio volto una luce, assai più intensa di quella (la luce del sole) che siamo abituati a vedere. Io mi guardavo attorno per vedere dove fossi, quando una voce disse: « Si sale da questa parte », la quale distolse la mia mente da ogni altro pensiero, e rese il mio desiderio tanto impaziente di vedere chi era colui che aveva parlato, che non si sarebbe placato, se non venendo di fronte a ciò che desiderava. Ma come accade di fronte al sole che abbaglia l'occhio umano e che per l'eccesso della sua luce si rende invisibile, non diversamente la mia capacità visiva era li vinta (dallo splendore dell'angelo). «Questo è un angelo, che senza essere pregato ci indirizza per la via che sale, e si nasconde nella propria luce. Si comporta con noi con la stessa prontezza con cui l'uomo soddisferebbe i suoi desideri; perché chi vede la necessità e aspetta di essere pregato, si dispone già con malignità a rifiutare l'aiuto. Ora accordiamo i nostri passi a un cosi autorevole invito: cerchiamo di salire prima che diventi buio, perché poi non sarebbe più possibile, finché non ritorna la luce del giorno (secondo la legge del purgatorio: cfr. canto VII, versi 43-60). » Così disse la mia guida, ed insieme ci dirigemmo verso una scala; e appena fui sul primo gradino, sentii vicino a me come il muoversi di un'ala e sul mio viso un soffio di vento e udii dire: « Beati i pacifici, che sotto privi dell'ira irragionevole! ». Gli ultimi raggi del sole ai quali succede la notte, si erano già tanto ritirati sopra di noi (il sole, cioè, è già sceso sotto l'orizzonte), che da più parti apparivano le stelle. Ed io, sentendo che mi era venuta a mancare temporaneamente la forza delle gambe, andavo dicendo fra me: « O mio vigore, perché ti dilegui così? Noi eravamo giunti alla sommità della scala, ed eravamo immobili, proprio come una nave che giunge a riva. Stetti un poco in ascolto, se mai udissi qualcosa nel nuovo girone; quindi mi volsi al mio maestro, e dissi: «Dolce padre, dimmi, che peccato si sconta qui nel girone dove ci troviamo? Anche se i piedi devono restare immobili, non s'arresti il tuo parlare» Ed egli mi rispose: « Proprio qui si ripara l'accidia, che è amore del bene inferiore a quello che dovrebbe essere; qui si batte con maggior lena il remo che era stato mosso con dannosa lentezza (il mal tardato remo: si ripara con la sollecitudine la tiepidezza con cui in vita si agì nei confronti dei beni spirituali). Ma perché tu intenda ancora più chiaramente, volgi a me la tua attenzione, e raccoglierai qualche buon frutto da questa nostra sosta ». Cominciò: « Figliolo, né il Creatore né alcuna creatura furono mai senza amore, o istintivo, o per libera scelta; e tu lo sai bene. L'amore istintivo è sempre esente da errore, ma l'altro può errare o perché si volge a un oggetto cattivo oppure (quando si volge a un oggetto buono) perché vi tende con vigore superiore a quello giusto o con vigore troppo scarso. Finché l'amore d'elezione si dirige a Dio, primo Bene, e verso i beni creati si mantiene nei giusti limiti, non può essere causa di un piacere colpevole; ma quando si volge al male, o corre al bene creato con vigore maggiore o minore del giusto, allora la creatura opera contro il suo Fattore. Da qui puoi comprendere come in voi uomini necessariamente l'amore sia il germe di ogni opera virtuosa e di ogni opera che merita punizione. Ora, siccome l'amore non può mai distogliere lo sguardo dal bene di colui che è il soggetto dell'amore stesso (cioè ogni creatura non può che volere il proprio bene), ne segue che tutti gli esseri sono immuni dall'odio contro se stessi; e poiché nessun essere può venire concepito per sé stante e diviso da Dio, Essere primo, ne segue che ogni creatura è distolta dall'odiare l'Essere primo. Se ragionando per distinzioni giudico rettamente, resta che quando si ama un male, questo è il male del prossimo; e questo amore del male può nascere in tre modi nella vostra natura impastata. di fango. Vi è il superbo che spera di eccellere per il fatto che il suo prossimo è umiliato, e solo per questo brama che il prossimo sia abbattuto dalla sua grandezza: c'è poi l'invidioso che teme di perdere potenza, favori, onore e gloria per il fatto che altri lo superi, e per questo si rattrista tanto da desiderare che gli altri subiscano il contrario; e c'è l'iracondo che per l'ingiuria ricevuta appare adirarsi, tanto da diventare avido di vendetta, e divenuto tale è indotto necessariamente a preparare il male agli altri. Queste tre forme di amore del male sono scontate nei gironi inferiori: ora voglio che tu conosca l'altro amore che si rivolge al bene in modo disordinato. Ogni uomo vagheggia in modo confuso e desidera un bene sommo nel quale l'animo trovi la sua pace; per questo ciascuno di sforza di raggiungerlo. Se à conoscere o a conseguire questo sommo bene (che é Dio stesso) vi spinge un amore debole, questa cornice, dopo il dovuto pentimento, vi darà la pena adeguata. Vi sono altri beni (quelli terreni e perciò limitati) che non rendono l'uomo felice; essi non sono la felicità, non sono il bene per essenza, il quale è compimento e principio d'ogni bene. L'amore che si abbandona con troppo vigore a questi beni, viene espiato nei tre cerchi superiori; ma come questo amore si può dividere mediante il ragionamento in tre specie; tralascio di dirtelo, affinché tu lo ricerchi da te stesso ».

Purgatorio: XVIII Canto

Il maestro di alti insegnamenti aveva terminato la sua dimostrazione, e guardava attentamente nei miei occhi (per vedere) se io apparivo soddisfatto; ed io, che ero stimolato ancora da un nuovo desiderio di sapere, non parlavo, ma dentro di me dicevo: « Forse le numerose domande che faccio lo infastidiscono ». Ma quel paterno maestro di verità, che si accorse del mio desiderio che per timidezza non si manifestava, incominciando a parlare, mi incitò a farlo a mia volta. Per questo io: « Maestro, il mio intelletto si illumina a tal punto nella luce della tua dottrina, che io comprendo chiaramente quanto il tuo ragionamento proponga o analizzi. Perciò ti prego, o dolce padre caro, di definirmi che cosa sia quell'amore, al quale fai risalire ogni azione buona e cattiva » . « Volgi a me » disse « gli occhi penetranti della tua mente, e, ti apparirà evidente l'errore di quei ciechi che pretendono di farsi guide agli altri (sostenendo che ogni amore è sempre buono) L'animo, che è creato con una disposizione naturale ad amare, è pronto a muoversi verso ogni cosa piacevole, non appena è messo in attività da questo piacere. La vostra facoltà conoscitiva deriva dalla realtà esterna l''immagine, e la elabora dentro di voi, così che fa (volgere l'animo verso quella immagine) e se l'animo, dopo aver considerato quella immagine, si inclina verso di lei, quella inclinazione è amore, è una disposizione naturale che per opera della cosa piacevole incomincia a vivere concretamente in voi per la prima volta. Poi, come il fuoco tende a muovi verso l'alto per la sua naturale essenza, che è fatta salire alla sfera del fuoco dove, essendo nel suo elemento si conserva più a lungo, così l'animo preso da amore (per cosa piacevole) avverte il desiderio essa, desiderio che è movimento spirituale, e non trova più pace finché il possesso della cosa amata non gli dà la gioia desiderata. Ora ti può essere chiaro quanto sia nascosta la verità a coloro i quali sostengono che ogni forma di amore in se stessa è cosa buona, (affermando questo) forse in base al fatto che la disposizione naturale ad amare appare sempre buona (poiché tende al bene o a ciò che appare tale); ma non ogni impronta è buona, benché sia buona la cera su cui è impressa (cioè: anche se la disposizione naturale ad amare è buona, non sempre sono tali l'oggetto e il modo in cui essa vi tende) « Le tue parole e la mia mente che le ha seguite attentamente » gli risposi « mi hanno chiarito l'essenza dell'amore, ma ciò mi ha riempito ancora di più di dubbi , poiché se l'amore è determinato da oggetti che stanno al di fuori dell'anima, e l'anima non può operare in modo diverso (non va con altro piede: è solo attratta da cose esterne), non è sua la responsabilità, se procede nel bene o nel male. » Ed egli mi rispose: « Io ti posso dire quanto la ragione umana riesce a spiegare intorno a questo problema; affidati solo a Beatrice per ciò che supera i limiti della ragione, poiché si tratta di argomento di fede. Ogni anima, che è distinta dal corpo pur essendo a quello unita, ha in sé raccolta la disposizione propria della sua specie, la quale disposizione non è avvertita se non quando incomincia ad operare, né si manifesta se non attraverso i suoi effetti, allo stesso modo in cui la potenza vitale di una pianta appare nelle sue fronde verdi. Perciò (dal momento che la virtù specifica dell'anima, cioè la capacità di conoscere e la disposizione ad amare, è avvertita solo quando entra in attività) l'uomo non sa da dove provenga la conoscenza delle nozioni innate, e l'amore dei primi beni desiderabili, che è solo in voi uomini, così come nell'ape c'è la tendenza istintiva a fare il miele; e questa prima disposizione non è suscettibile di lode o di biasimo (per il fatto che è innata). Ora affinché a questo primo impulso naturale (che è buono in sé perché viene dalla natura) si accordino tutti gli altri, è innata in voi la ragione (la virtù che consiglia intorno al bene o al male), che deve vigilare l'assenso solo alle cose buone. La presenza della ragione è il fondamento da cui deriva il giudizio del nostro merito o demerito, secondo che essa accolga e scelga gli amori buoni e cattivi. I filosofi che con la ragione investigarono fino in fondo il problema dell'anima umana, notarono questa libertà innata; per questo lasciarono in retaggio al mondo la dottrina morale. Quindi, ammesso che ogni amore che si accende in voi sorga naturalmente (di necessitate: indipendentemente dalla vostra volontà), è anche in noi la facoltà di trattenerlo o no. Beatrice (la dottrina teologica) chiama questa nobile virtù libero arbitrio, e perciò cerca di ricordartelo, se ella incomincerà a parlartene ». La luna, che aveva tardato. a levarsi fin quasi a mezzanotte, ci faceva apparire meno numerose le stelle (velandole con la sua luce), ed era simile ad un secchione di rame tutto splendente; e compiva il suo corso in direzione contraria al moto apparente del cielo (contra 'l ciel: procedendo cioè da occidente a oriente) per quel cammino che il sole riscalda nel periodo in cui chi abita a Roma lo vede tramontare tra la Sardegna e la Corsica. Quella nobile anima per cui Pietole (l'antica Andes, patria di Virgilio) è più famosa della città di Mantova, si era liberata dal peso di cui l'avevo gravata con le mie domande; per la qual cosa io, che avevo accolto dentro di me il ragionamento chiaro e semplice di Virgilio intorno alle mie domande, ero nella stessa situazione di un uomo che nel sonno vaneggia. Ma questa sonnolenza mi venne tolta all'improvviso da una schiera di anime che (sopraggiungendo) dietro le nostre spalle già si dirigeva verso di noi. Quale era la tumultuosa calca di gente che un tempo videro correre di notte lungo le loro rive i fiumi Ismeno e Asopo, tutte le volte che i Tebani avevano bisogno della protezione di Bacco, tale, per quello che potei vedere (per l'oscurità), era (la tumultuosa calca) che avanzava correndo a grandi falcate in quel girone, di coloro che venivano, i quali erano spronati dalla buona volontà e dal giusto amore (verso Dio). Presto ci raggiunsero, perché tutta quella grande schiera procedeva correndo; e due anime davanti alle altre gridavano piangendo: « Maria si affrettò ad andare dove abitava Elisabetta: e Cesare, per soggiogare Lerida, dette un primo colpo a Marsiglia e poi corse in Spagna » « Presto, presto, che non si perda il tempo per fiacco amore» gridavano gli altri dopo, « affinché la sollecitudine ad espiare ravvivi in noi la grazia divina. »« O anime nelle quali lo zelo ardente ora compensa forse la negligenza e l'indugio da voi usati per tiepidezza nell'operare il bene, questo che vive ancora, e certo non vi inganno, vuole salire verso l'alto, non appena il sole risplenda di nuovo per noi; perciò diteci da quale parte è più vicino il passaggio (pertugio: per salire al quinto girone).» Queste furono le parole della mia guida; e una di quelle anime disse: « Vieni dietro a noi, e troverai l'apertura. Noi siamo così pieni di ardente desiderio di muoverci, che non possiamo fermarci; perciò perdonaci, se per caso giudichi come una scortesia quella che è la nostra giusta pena. Io fui abate del monastero di San Zeno a Verona sotto l'impero del valente Barbarossa, del quale Milano parla ancora con dolore. E uno che è già prossimo alla morte, presto sconterà (nell'al di là) l'offesa recata a quel monastero, e si dorrà di avere avuto il potere di farla, perché ha messo al posto del suo abate legittimo suo figlio, difettoso nel corpo, e peggio ancora (per i suoi vizi) nell'animo, e generato da un'unione illegittima ». Io non so se dìsse altre cose o se tacque, a tal punto si era già allonanato da noi; ma questo io ascoltai, e ritennì utile ricordare. E Virgilio che mi era di aiuto in ogni necessità disse:- « Volgiti da questa parte: guarda due anime che sopraggiungono rimproverando (con gli esempi) il peccato di accidia ». Stando dietro a tutti dicevano: « Coloro davantì ai qualì sì aperse il mare morirono prima di vedere la Palestina che era stata loro promessa da Dio; e coloro che non sopportarono con Enea le fatiche del viaggio. fino alla fine, si abbandonarono ad una vita ingloriosa ». Poi quando quegli spiríti si furono allontanati da noi tanto da non poter essere più visti, sorse dentro di me un nuovo pensiero, dal quale nacquero numerosi altri pensieri e diversi fra loro (non in successione logica); e passai vaneggiando dall'uno all'altro, tanto che per questo vagare della mente chiusi gli occhi, e il fluido moto dei miei pensieri si cambiò in sogno.

Purgatorio: XIX Canto

Nell'ora (l'ultima della notte) in cui il calore solare non può più mitigare il gelo dei raggi lunari, perché ormai è vinto dal freddo naturale della terra, e talvolta da quello del pianeta Saturno. somigliante a quella che essi chiamano Fortuna Maggiore, in una parte dell'orizzonte che per poco tempo rimane ancora oscura,mi apparve in sogno una donna balbuziente, con gli occhi guerci, e sciancata, con le mani rattrappite, e pallida in volto. lo la osservavo fissamente; e come il sole rinfranca le membra intirizzite che il freddo della notte intorpidisce, così il mio sguardo le rendeva sciolta la lingua, quindi in breve tempo le raddrizzava tutta la persona, e donava al volto sbiancato quel colore roseo che è suscitato dall'amore. Dopo che ebbe così sciolta la lingua, la donna cominciava a cantare con tanta dolcezza che a fatica avrei potuto distogliere da lei la mia attenzione. « Io sono » cantava, « io sono la dolce sirena, che distolgo dalla loro via i marinai in mezzo al mare, a tal punto sono piena di piacere per chi mi ascolta! Io attrassi col mio canto anche Ulisse, sebbene desideroso di proseguire il suo cammino; e chiunque si abitua alla mia compagnia, raramente se ne allontana, a tal punto riesco ad appagarlo totalmente)! » La sua bocca non si era ancora chiusa, quando accanto, a me apparve una donna santa e sollecita per svergognarla. « O Virgilio, Virgilio, chi è costei? » diceva con accento sdegnato; e Virgilio s'accostava tenendo gli occhi sempre fissi su quella donna onesta. Quindi afferrava l'altra, e la scopriva davanti squarciandole le vesti, e me ne faceva vedere il ventre: questo mi svegliò col fetore che emanava. lo mossi gli occhi, mentre il mio valente maestro nei diceva: « Almeno tre volte ti ho chiamato! Alzati e vieni: vediamo di trovare l'apertura nella roccia attraverso la quale tu possa entrare ». Mi alzai in piedi, e già tutti i gironi del sacro monte erano pieni della luce mattutina ormai alta suIl'orizzonte, e camminavamo avendo alle spalle il sole del nuovo giorno. Seguendo Virgilio, tenevo bassa la fronte come chi l'ha oppressa da gravi pensieri, e procede curvo facendo con la persona un mezzo arco di ponte, quando udii dire: «Venite, si passa di qui » con un tono così soave e benigno, come non si sente mai nel nostro mondo terreno. Colui che così ci parlò, con le ali aperte, candide come quelle d'un cigno, ci avviò verso l'alto (alla scala incavata) tra due pareti di duro sasso. Poi mosse le ali e ci ventilò, affermando esser beati « Quelli che piangono » (è la seconda beatitudine evangelica: cfr. Matteo V, 4; Luca VI, 21), perché avranno le loro anime piene di consolazione. Noi due, ci eravamo di poco portati più in alto dell'angelo, quando la mia guida cominciò a dirmi: « Che cos'hai che continui a guardare a terra? » Ed io gli risposi: « Mi fa camminare con tanto dubbio una recente visione che attira a sé la mia mente, tanto che non riesco a fare a meno di pensarci ». Mi rispose: « Hai visto quella vecchia strega ammaliatrice, la quale rappresenta solo i vizi che ormai restano da espiare nei gironi superiori; hai visto come l'uomo riesce a. liberarsi da lei. Ti basti quanto hai sentito, e affretta il passo (batti a terra le calcagne) : volgi gli occhi in alto al richiamo che il re eterno fa ruotare con le sfere celesti ». Come fa il falcone, che prima sta con gli occhi fissi ai piedi, poi si volge al richiamo del falconiere e tutto si protende per il desiderio del pasto, che lo attira in quella direzione, così feci io; e così, per tutta la fenditura della roccia che si apre per dare passaggio a chi sale (quanto si fende la roccia per dar via a chi va suso), procedetti fin dove si riprende a camminare in cerchio (cerchiar: seguendo la curva del girone); Appena fui uscito all'aperto sul quinto girone, vidi anime sparse in esso che piangevano, giacendo bocconi a terra. « L'anima mia si è attaccata alla terra (è il versetto 25 del Salmo CXIX) » le udivo dire con sospiri di dolore casi profondi, che appena si percepivano le loro parole. « O eletti di Dio, le cui sofferenze sono alleviate dalla giustizia e dalla speranza, indirizzateci verso i gradini dell'altra scala (che porta al girone superiore). » « Se voi venite esenti dalla pena che ci fa qui giacere, e volete trovare più presto la via, tenete le vostre destre sempre dalla parte esterna della parete del monte . »Così pregò il poeta e così ci fu risposto poco più avanti di noi, per cui io per mezzo della voce riuscii a indivìduare l'interlocutore invisibile nel volto (perché giacente bocconi a terra); e volsi il mio sguardo verso gli occhi della mia guida, per cui egli acconsentì con un cenno compiacente a quello che chiedeva il mio sguardo che manifestava il desiderio di parlare con quello spirito. Non appena fui libero di disporre di me a mio piacimento, mi accostai a quella creatura le cui parole prima avevano richiamato la mia attenzione, dicendo: « O spirito in cui il pianto matura quella purificazione senza la quale non si può tornare a Dio, sospendi un poco per me la tua penitenza. Dimmi chi fosti e perché avete le schiene rivolte al cielo, e dimmi anche se vuoi che ti ottenga qualcosa nel mondo da dove io, essendo ancora in vita, sono venuto ». Ed egli a me: « Conoscerai poi il peccato per cui il cielo ci ha condannati a stare con le schiene in alto, ma prima sappi che io fui papa (successor Petri). Tra Sestri Levante e Chiavari scende in basso un bel torrente, il Lavagna, e dal suo nome il nome della mia famiglia trae il suo maggiore vanto. Per poco più di un mese io provai quanto pesa il gran manto pontificale a chi lo vuole conservare puro dal fango, tanto che tutti gli altri pesi al confronto sembrano leggieri come piume. La mia conversione, ahimè!, fu tardiva; ma appena fui eletto romano pastore, in questo modo scopersi come sono menzogneri i beni mondani (la vita bugiarda). Vidi che neppure lì (sul seggio papale) il cuore si quietava, né in quella vita terrena si poteva salire più in alto, per cui in me si accese l'amore per la vita eterna. Fino al momento della mia elezione (a quel punto) ero stato un'anima miserabile e divisa da Dio, completamente dominata dall'avidità: ora qui, come vedi, ne sono punito. Quali siano gli effetti dell'avarizia, qui si dimostrano chiaramente nell'espiazione delle anime convertitesi; e il monte non ha alcuna pena più amara della nostra. Siccome il nostro occhio, sempre fisso alla realtà terrestre, non si sollevò al cielo, così qui la giustizia divina lo fa stare rivolto a terra. E come l'avarizia spense in noi l'amore di ogni vero bene, e per questo il nostro operare fu vano, così qui la giustizia divina ci tiene stretti,legati e avvinti nelle mani e nei piedi (impedendoci di agire), e staremo qui immobili e distesi quanto piacerà al giusto re». Io mi ero inginocchiato accanto a lui e volevo parlare; ma appena cominciai ed egli, solo dall'udire più vicina la mia voce, s'accorse del mio atto di riverenza, « Quale motivo » disse « ti indusse a piegarti così in basso verso di me? » E io gli risposi: « Per la vostra dignità la mia coscienza mi fece venire il rimorso di stare diritto ». Rispose: « Fratello, drizza le gambe, alzati! Non cadere in errore (attribuendomi onori speciali): assieme a te e con gli altri sono anch'io un servo di fronte all'unica autorità di Dio. Se hai capito quelle sante parole evangeliche che dicono: "Né sposeranno", ti apparirà chiaro perché io parlo (ragiono) in questo modo. Prosegui ormai la tua strada: non voglio che ti trattenga ancora, perché la tua permanenza disturba il mio pianto, col quale completo ciò che tu dicesti. Nel mondo ho una nipote che si chiama Alagia, buona per indole, purché la nostra famiglia non la renda malvagia col suo esempio; e di là mi è rimasta lei sola (che possa pregare per me)».

Purgatorio: XX Canto

Un volere buono (quello di Dante che desiderava prolungare il colloquio) male combatte (mal pugna: è costretto à cedere) contro un volere migliore (quello di Adriano V; cfr. canto XIX, 140-141) ; perciò per compiacerlo, contro la mia volontà ('l piacer mio) estrassi dall'acqua la spugna (del mio desiderio) non satura (cioè: interruppi il colloquio). Mi mossi; e con me si mosse la mia guida negli spazi non occupati dalle anime, camminando proprio rasente la roccia, come si va sulle mura rasente ai merli, perché gli spiriti, che versano a goccia a goccia dagli occhi (con le lagrime) il male (l'avarizia) che occupa tutto il mondo, sono troppo vicini all'orlo dall'altra parte della cornice. Sii maledetta tu, antica lupa, che più di tutti gli altri vizi fai strage di anime per la tua fame infinitamente profonda ! O cielo, al cui ruotare sembra si creda siano dovuti i mutamenti delle condizioni di quaggiù, quando verrà colui (il Veltro) per opera del quale costei sia allontanata ? Noi procedevamo a passi lenti e piccoli, ed io stavo attento (per scansarle) alle anime, che udivo piangere ed emettere lamenti da muovere pietà; e mi accadde di udire davanti a noi invocare piangendo < Dolce Maria! », così come fa la donna presa dalle doglie del parto; e continuare: < Tu fosti tanto povera; quanto si può vedere da quell'umile stalla dove deponesti la santa creatura che portavi in seno ». Successivamente udii dire: < O eccellente Fabrizio, tu preferisti la virtù nella povertà piuttosto che possedere grande ricchezza con disonestà ». Queste parole mi erano piaciute a tal punto, che mi spinsi innanzi per conoscere quello spirito dal quale sembravano venire. Esso parlava ancora lodando la liberalità che usò San Nicola in favore di alcune fanciulle, per condurre la loro giovinezza a nozze onorate. E io dissi: "O anima che ricordi esempi così insigni di virtù, dimmi chi fosti e perché tu sola richiami alla memoria azioni così degne di lode. Il tuo parlare non sarà senza ricompensa, se è vero che io debbo tornare a completare il breve viaggio di quella vita terrena che corre rapidamente verso il suo termine". E. lo spirito mi rispose: "Ti dirò quanto chiedi, non perché io attenda suffragi dalla terra, ma perché in te brilla così chiara la Grazia prima che tu sia morto. Io fui il capostipite di quella malvagia dinastia dei Capetingi, che copre di malefica ombra tutta la cristianità, tanto che raramente da essa si coglie il buon frutto di qualche persona virtuosa. Ma se Douai, Lille, Gand (Guanto) e Bruges potessero, presto ne farebbero vendetta; ed io la chiedo a Dio che tutto giudica. Sulla terra fui chiamato Ugo Capeto (Ciappeffa dal francese Chapet) da me nacquero i Filippi e i Luigi dai quali la Francia è governata nei tempi più recenti (cessata la dinastia dei Carolingi). Io fui figlio d'un mercante di buoi di Parigi: quando si estinsero tutti i re dell'antica dinastia dei Carolingi, tranne uno che vestì l'abito monacale, mi trovai salda nelle mani la guida del governo del regno, e (mi trovai) tanta potenza di recenti ricchezze, e tale moltitudine di fautori, che la corona regale vacante fu cinta sulla testa di mio figlio Roberto, dal quale ebbe inizio la discendenza dei re solennemente consacrati (di costor le sacrale ossa). Finché la grande dote della contea di Provenza non tolse alla mia discendenza ogni pudore di fronte al male, essa valeva poco, ma neppure operava il male. A questo punto la mia stirpe cominciò la sua rapina con la violenza e con l'inganno: e poi, per fare ammenda (della prima rapina), si impadronì del Ponthieu, della Normandia e della Guascogna. Carlo I d'Angiò venne in Italia e, per fare ammenda, fece giustiziare Corradino di Svevia; e poi, sempre per fare ammenda, fece risalire in cielo Tommaso d'Aquino. Io vedo un tempo futuro, non molto lontano da oggi, in cui uscirà fuori di Francia un altro Carlo, per fare meglio conoscere la malvagità sua e dei suoi. Esce di Francia senza armi e solo con la lancia (della menzogna e del tradimento) con la quale aveva combattuto Giuda, e spinge forte quell'arma nel ventre di Firenze così da farlo scoppiare. Da questa impresa non guadagnerà terre, ma peccato e vergogna, che per lui saranno tanto più gravi, quanto più lieve egli riterrà tale danno. Vedo l'altro Carlo, quello che già fu tratto prigioniero dalla sua nave, vendere sua figlia e patteggiarla come fanno i corsari con schiave qualsiasi. O avarizia, che altro di peggio puoi farci, dal momento che hai asservito a te la mia discendenza, al punto tale che per te non si cura più dei propri figli ? Affinché il male futuro e quello fatto nel passato appaiano meno gravi, ti dirò che vedo entrare in Anagni l'insegna dei re di Francia, e vedo Cristo esser fatto prigionero nella persona del suo vicario. Lo vedo deriso un'altra volta; vedo offrirgli nuovamente l'aceto e il fiele, e lo vedo ucciso in mezzo a ladroni che continuano a vivere (vivi: i due responsabili dell'oltraggio). Vedo il nuovo Pilato diventato tanto crudele, che di questo non si sazia, ma arbitrariamente volge la sua cupidigia contro i Templari. O Signore mio, quando avrò io la consolazione di vedere in atto il tuo giusto castigo che, ancora a noi nascosto, nei tuoi segreti disegni rende dolce la tua ira? Quello che dicevo della Vergine Maria, l'unica sposa dello Spirito Santo, e che ti indusse a rivolgerti a me per averne qualche spiegazione, (con gli altri esempi di virtù) segue come un responsorio tutte le nostre preghiere tanto quanto dura il giorno; ma quando giunge la notte al posto di questi esempi incominciamo a gridare esempi contrari. Allora noi rievochiamo l'esempio di Pigmalione, che l'avida brama di oro fece traditore, ladro e parricida (nel significato latino di uccisore di un parente prossimo); e rievochiamo la misera condizione nella quale l'avaro re Mida si trovò dopo la sua domanda ingorda, per cui (ricordandola) ogni volta non si può non riderne. Poi ciascuno di noi ricorda la follia di Acan, che rubò parte del bottino, cosicché qui sembra colpirlo ancora l'ira di Giosuè. Quindi accusiamo Safira col marito; lodiamo Iddio per i calci del cavallo toccati a Eliodoro; e con infamia viene ripetuto in tutto il monte il nome di Polinestore che uccise Polidoro: infine ci gridiamo a vicenda: "Crasso, tu che lo sai, dillo a noi : che sapore ha l'oro?" Talora (ricordando gli esempi) uno di noi parla a voce alta e un altro a voce più bassa, secondo l'intensità del sentimento che ci sprona a procedere nella purificazione ora con maggiore ora con minore desiderio perciò a ricordare gli esempi virtuosi che di giorno qui (ci) ripetiamo, non ero io solo poco fa; ma qui vicino a me non alzava la voce nessun'altra anima". Noi ci eravamo già allontanati da lui, e ci studiavamo di percorrere la strada con tanta fretta quanta ci permetteva la difficoltà del cammino, quando sentii tremare il monte, come se stesse franando; per questo mi prese quel gelido spavento che suole provare chi è condotto al supplizio: certo l'isola di Delo non veniva scossa dal mare così violentemente, prima che Latona la scegliesse come rifugio per darvi alla luce Apollo e Diana (li due occhi del cielo: cioè il sole e la luna). Poi da ogni parte si levò un grido tanto possente, che il mio maestro (per rassicurarmi) s'accostò a me, dicendo: « Non temere, finché ti guido io ». Per quello che capii dalla voce delle anime più vicine, da cui fu possibile intendere le parole gridate, tutti dicevano: « Gloria a Dio nel più alto dei cieli » (l'inno cantato dagli angeli alla nascita di Gesù; cfr. Luca II, 14). Noi due ce ne stavamo immobili e con l'animo sospeso (sospesi) come i pastori di Betlemme, che per primi udirono quel canto, finché cessò il tremito del monte ed ebbe termine il canto. Poi riprendemmo la strada della purificazione, osservando le ombre giacenti a terra, già tornate al loro pianto abituale. Se in questo la mia memoria non erra, nessuna ignoranza mi rese mai desideroso di sapere con tanto assillo, quanto mi sembrava di averne allora ripensando al terremoto e al canto; né osavo domandare a Virgilio per la sua fretta, né da me solo potevo vedere in quei fatti alcuna cosa che m'illuminasse: perciò procedevo timoroso di chiedere e chiuso nei miei pensieri.
 
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