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Parafrasi del Purgatorio della "Divina Commedia" di Dante, 31 - 33

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view post Posted on 9/5/2010, 16:47     +1   -1




Purgatorio: XXXI Canto

«O tu che sei al di là del sacro fiume (il Letè) », rivolgendo direttamente a me le sue parole, che mi erano sembrate tanto dure pur parlandomi solo indirettamente (cfr. canto XXX, versi 103-145) , riprese Beatrice, aggiungendo senza indugio « di', di' se questo (di cui ti rimprovero) è vero: un'accusa tanto grave sia seguita dalla tua confessione ». Le mie facoltà erano tanto sconvolte, che la voce si formò, ma si spense prima che fosse emessa dalla gola e dalla bocca. (Beatrice) per un poco pazientò; poi disse: « A che cosa pensi? Rispondimi; poiché in te i tristi ricordi del peccato non sono ancora stati cancellati dall'acqua del Letè ». Vergogna e paura mescolate insieme mi fecero uscire dalla bocca un "sì" talmente fioco, per intendere il quale furono necessari gli occhi (per indovinarlo dal moto delle labbra), Come si spezza la balestra, quando la sua corda e l'arco scoccano con troppa tensione, e la freccia colpisce il bersaglio con minore impeto, così scoppiai io sotto il grave peso (della vergogna e della paura), dando libero sfogo alle lagrime e ai sospiri, e la mia voce si affievolì uscendo attraverso la bocca. Perciò Beatrice mi disse: « In mezzo ai desideri da me ispirati, che ti conducevano ad amare Dio, il bene oltre il quale non c'è cosa a cui si possa aspirare, quali ostacoli posti di traverso sulla via o quali catene di sbarramento hai trovato, per cui tu dovessi in tal modo abbandonare la speranza di progredire (nel cammino verso Dio)? E quali godimenti o quali guadagni ti si mostrarono nel l'aspetto degli altri beni, perché tu fossi indotto a desiderarli?» Dopo aver amaramente sospirato, a stento trovai la voce per rispondere e con fatica le labbra riuscirono a tradurla in parole. Piangendo dissi: « I beni terreni con i loro falsi allettamenti indirizzarono i miei passi (sulla via del male), non appena scomparve il vostro volto (cioè: dopo la vostra morte)». Ed ella: « Se tu avessi taciuto, o avessi negato i tuoi peccati, la tua colpa non sarebbe meno palese: da un tale giudice è conosciuta (cioè da Dio, a cui nulla sfugge). Ma quando la confessione del peccato prorompe dalla bocca stessa del peccatore, nel tribunale del cielo la giustizia divina attenua la sua severità (rivolge sé contra 'I taglio la rota: la mola, che prima ha affilato la lama, gira in direzione contraria al taglio, cosicché invece di affilarla, la smussa). Tuttavia, perché tu ora senta vergogna dei tuoi errori, e perché un'altra volta, vedendo l'allettamento dei beni terreni (udendo le serene; cfr. la nota alla terzina 19 del canto XIX), tu possa mostrarti più forte, deponi le cause del tuo pianto (cioè la confusione e la paura: cfr. versi 13-21) ed ascolta: così potrai udire come la mia morte avrebbe, dovuto rivolgerti in dìrezione opposta a quella da te seguita (cioè verso la via del bene). Mai la natura o l'arte ti offrirono una bellezza simile a quella delle membra in cui io fui rinchiusa (nel mondo), e che ora si disgregano sotto terra; e se la bellezza più grande (cioè il mio corpo, che si rivelò anch'esso caduco e destinato a scomparire) venne così a mancarti a causa della mia morte, quale cosa mortale doveva poi attirarti a desiderarla? In seguito al primo colpo ricevuto dalle realtà ingannevoli del mondo (e questo colpo, con la mia morte, ti indicò tutta la caducità terrena), avresti piuttosto dovuto sollevarti verso l'alto, seguendo me che (essendo ora solo anima) non ero più una cosa ingannevole. Non avrebbero dovuto farti battere in basso le ali, ad aspettare altri colpi (di nuovi disinganni), né pargoletta né altre cose vane che si possono godere così brevemente. L'uccellino nato da poco aspetta due o tre colpi (cioè due o tre insidie prima di acquistare esperienza); ma invano si tendono reti o si lanciano frecce agli uccelli adulti e quindi già esperti. Come i bambini, per vergogna, se ne stanno muti con gli occhi a terra, ascoltando (il rimprovero) e riconoscendosi colpevoli e profondamente pentiti, nello stesso atteggiamento me ne stavo io; ed ella disse: « Dal momento che ti affliggi per quello che ascolti, solleva il viso, e guardandomi la tua sofferenza diventerà più profonda ». Un robusto cerro si svelle dalle sue radici, sia ai colpi del vento di tramontana sia a quelli del vento australe, opponendo minore resistenza di quella che io dovetti vincere per sollevare il mento al suo comando; e quando indicò il viso per mezzo della barba, compresi chiaramente l'amarezza contenuta in quella espressione (il velen dell'argomento: Beatrice, infatti, ha voluto ricordargli, con il termine barba, che egli è ormai un uomo e come tale deve comportarsi). E non appena il mio volto riprese la sua posizione eretta, il mio sguardo vide che gli angeli (quelle prime creature: perché creati per primi con i cieli) avevano smesso di spargere fiori; e i miei occhi, ancora incerti, scorsero Beatrice rivolta verso il grifone che è una sola persona in due nature. Pur essendo velata e pur restando al di là del fiume mi sembrava superasse in bellezza quella che era un tempo in terra, più di quanto, mentre era ancora in vita, non superasse nel mondo tutte le altre donne. In quel momento e in quel luogo la tormentosa puntura del pentimento mi trafisse così profondamente, che quella che fra tutte le altre cose più mi aveva attirato nel suo piacere, più mi divenne odiosa. Il mio cuore fu a tal punto colpito da una così piena consapevolezza delle mie colpe, che persi conoscenza sopraffatto dal rimorso; e quale allora divenni, lo sa colei che (con i suoi duri rimproveri e la sua celestiale bellezza) fu la causa (del mio smarrimento). Poi, quando il cuore rimise in attività le mie forze vitali, vidi china su di me la donna (Matelda) che avevo incontrato tutta sola, e diceva: « Tieniti stretto a me, tieniti stretto a me!» Mi aveva immerso nel fiume fino al collo, e trascinandomi dietro camminava sulla superficie dell'acqua leggiera come una navicella. Quando giunsi vicino all'altra riva del Letè, si udì cantare « Aspergimi » con tale dolcezza, che non lo so ricordare, e tanto meno esprimerlo a parole. La bella donna aprì le braccia; mi tenne stretta la testa e mi immerse nel fiume finchéì fui costretto ad inghiottire dell'acqua. Mi tolse di lì, e ancora bagnato mi condusse nel cerchio formato dalle quattro virtù cardinali che danzavano; e ciascuna mi coperse (il capo) sollevando il braccio. « Qui nel paradiso terrestre ci presentiamo come ninfe e nel cielo come stelle: prima che Beatrice apparisse nel mondo, fummo destinate da Dio ad essere le sue ancelle. Ti condurremo davanti al suo sguardo; ma renderanno i tuoi occhi capaci di penetrare nella luce beatifica che vi splende dentro, le tre virtù teologali che si trovano sul fianco destro del carro, le quali vedono più a fondo.» Cosi incominciarono cantando; e poi mi guidarono davanti al petto del grifone, dove Beatrice si trovava rivolta verso di noi, e dissero: « Guarda più attentamente che puoi (fa che le viste non risparmi) : ti abbiamo posto, davanti agli occhi splendenti dai quali un tempo Amore. lanciò i suoi dardi contro di te ». Mille desideri più ardenti di una fiamma costrinsero i miei occhi a fissare quelli luminosi di Beatrice. che continuavano ad essere rivolti solo al grifone. Come il sole (si riflette) in uno specchio, allo stesso modo il grifone dalle due nature si rifletteva negli occhi di Beatrice, ora con gli atti caratteristici dell'aquila, ora con quelli del leone. Pensa, o lettore, se io non mi meravigliavo, alla vista del grifone (la cosa) che (se guardato direttamente) restava sempre identico a se stesso, mentre nell'immagine riflessa negli occhi di Beatrice si trasformava (ora nell'uno ora nell'altro dei suoi due aspetti). Mentre il mio animo pieno di stupore e di gioia gustava il cibo delle verità sovrannaturali che, mentre sazia, suscita nuovo desiderio di sé, le tre virtù teologali, dimostrando nei loro atti di appartenere (rispetto a quelle cardinali) ad un ordine gerarchico più elevato, avanzarono danzando al ritmo del loro angelico canto. « Volgi, Beatrice, volgi i tuoi santi occhi » dicevano le parole dei loro canto « al tuo fedele che, per vederti, ha compiuto un così lungo viaggio (ha mossi passi tanti)! Per tua graziosa concessione facci la grazia di liberare dal velo davanti a lui il tuo volto, in modo che egli possa vedere chiaramente la bellezza celestiale (seconda rispetto a quella terrena e materiale) che nascondi.» O tu che rifletti la viva luce eterna di Dio, quale poeta, anche se si è consumato con tenacia nello studio della poesia (sotto l'ombra... di Parnaso: era il monte sacro ad Apollo e alle muse), o ha bevuto alla fonte Castalia (in sua cisterna: si trova sul Parnaso ed è simbolo dell'ispirazione poetica), non sembrerebbe avere la mente impedita, se tentasse di rappresentare te, o Beatrice, quale apparisti là (nel paradiso terrestre), dove solo il cielo con la sua armonia riesce a dare una immagine adeguata della tua bellezza, quando ti mostrasti libera da ogni velo nell'aria limpida?.

Purgatorio: XXXII Canto

I miei occhi erano così fissi e attenti a saziare la decennale sete (che nasceva dal desiderio di rivedere Beatrice, ormai morta da dieci anni), che tutti gli altri miei sensi avevano cessato la loro attività. Ed essi venivano separati con un muro di noncuranza (avean parete di non valer) dalla realtà circostante (quinci e quindi: da una parte e dall'altra) - con tale forza il santo sorriso di Beatrice li attirava a sé con la rete dell'amore di un tempo (antica)! -, quando il mio sguardo fu costretto a volgersi verso la mia sinistra da un imperioso richiamo delle divine creature (quelle dee: le virtù teologali), perché io le udii esclamare "Troppo fissamente (guardi Beatrice)! "; e quella debole capacità visiva che rimane (èe: è) negli occhi appena abbagliati dal sole, mi fece restare per qualche momento senza poter vedere. Ma dopo che la vista diventò di nuovo capace di percepire la luce minore della processione (io dico "minore" in confronto al grande splendore [al molto sensibile] del volto di Beatrice dal quale mi distolsi forzatamente) , vidi che il trionfale corteo si era voltato verso destra, e tornava indietro avendo davanti a sé il sole e le luci (fiamme) dei sette candelabri. Come una schiera di soldati proteggendosi con gli scudi opera una conversione per salvarsi (dal nemico), e si volge indietro seguendo il vessillo, (formando un semicerchio) prima che tutta la schiera cambi direzione, allo stesso modo quella avanguardia (milizia... che procedeva) del regno celeste (formata dai ventiquattro seniori) ci passò davanti tutta quanta prima che il carro voltasse il timone (incominciando anch'esso, la sua conversione). Poi le virtù ritornarono accanto alle ruote, e il grifone mosse il carro (benedetto varco: benedetto carico, perché portava Beatrice), senza che, per questo, alcuna sua penna si agitasse, Matelda, la bella donna che mi aveva fatto varcare (il Letè) e Stazio e io seguivamo la ruota che (volgendosi il carro verso destra) segnò la sua curva con un arco minore (di quello compiuto dall'altra ruota). Così percorrendo la profonda foresta disabitata, per colpa di colei (Eva) che credette al serpente, un canto angelico regolava i nostri passi. Ci eravamo allontanati (dal punto di partenza) di uno spazio forse triplo di quello che percorre una saetta scoccata dall'arco, quando Beatrice scese dal carro. Io udii mormorare da tutti "Adamo"; poi si disposero in cerchio attorno ad una pianta priva di foglie e di ogni fronda in tutti i suoi rami. La sua chioma, che tanto più si allarga quanto più si innalza, per la sua altezza sarebbe ammirata anche dagli Indiani nei loro boschi. « Beato sei tu, o grifone, che con il becco non strappi da questa pianta il frutto dolce al gusto, poiché il veritre di chi ne mangia si contorce dal dolore a causa di esso. » Così attorno all'albero robusto gridarono i componenti della processione; e l'animale dalla duplice natura: « Così si conserva il principio di ogni giustizia». E voltosi al timone che egli aveva tirato, lo portò ai piedi della pianta spoglia, e lo lasciò legato a lei per mezzo di un ramoscello. Come le piante della terra (in primavera), quando scende la grande luce (del sole) congiunta a quella della costellazione dell'Ariete che splende seguendo la costellazione dei Pesci, diventano turgide di gemme, e poi ciascuna rinnova il colore dei propri fiori, prima che il sole passi (giunga li del tempo di Dante con il significato di "pesce"). Il rinnovamento della natura si completa nel breve giro di un mese, prima cioè che il sole, lasciata la costellazione dell'Ariete, entri in congiunzione con quella del Toro (che segue l'ariete). così la pianta che prima aveva i rami tanto spogli, si rinnivò, facendo sbocciare fiori di un colore meno vivo di quello delle rose e più acceso di quello delle viole. lo non ne compresi le parole, né sulla terra si canta l'inno che in quel momento cantò quella gente, né fui capace di ascoltare fino alla fine il dolce canto. Se io potessi descrivere come gli spietati occhi (di Argo) cedettero al sonno udendo cantare (da Mercurio) gli amori della ninfa Siringa, quegli occhi ai quali costò così caro il vegliare continuamente; riuscirei a rappresentare in che modo mi addormentai, come un pittore che dipinga tenendo davanti un modello; ma un altro, se vorrà, provi a ben descrivere l'addormentarsi. Perciò passo senz'altro al momento in cui mi svegliai, e dico che uno splendore mi squarciò il velo del sonno e che una voce (quella di Matelda) mi chiamò dicendo: « Alzati: che fai? » Come nel vedere il primo saggio di quell'albero (Cristo), il quale in cielo rende gli angeli bramosi della sua visione, e li fornisce di cibo come in una perpetua festa nuziale, Pietro e Giovanni e Giacomo quando furono condotti (sul Tabor) e furono tramortiti (dallo splendore della trasfigurazione di Gesù), ritornarono in sé al suono della voce di Cristo la quale ruppe sonni ben più profondi, e si accorsero che dal loro gruppo erano scomparsi tanto Mosè quanto Elia, e che il Maestro aveva cambiato la veste (con la quale era apparso durante la trasfigurazione), allo stesso modo ripresi io i sensi, e vidi china su di me Matelda che prima aveva guidato i miei passi lungo la riva del Letè. E tutto timoroso (di essere stato abbandonato da Beatrice) dissi: « Dov'è Beatrice?» Per questo Matelda rispose: « La puoi vedere sotto l'albero che ha rinnovato le fronde seduta sulla sua radice: vedi il gruppo che la circonda (le virtù cardinali e teologali) : gli altri personaggi della processione risalgono in cielo dietro al grifone intonando un canto più dolce (per la melodia) e più profondo (per il significato) (di quelli che tu hai potuto ascoltare sulla terra) ». E se Matelda disse altre cose, non lo so, poiché ero già tutto intento ad osservare Beatrice, la cui vista mi impediva di prestare attenzione ad altre cose. Sedeva sola sulla nuda terra, lasciata lì a guardia del carro che avevo visto legare (all'albero) dal grifone (biforme fera: la fiera dalle due nature). Le sette virtù la chiudevano come in un cerchio, tenendo in mano i candelabri che non possono essere spenti da nessun vento (d'Aquilone e d'Austro: sono qui indicati i due venti più impetuosi) . « Qui resterai nella selva per poco tempo: e poi sarai insieme con me per sempre cittadino di quella Roma celeste (cioè: del paradiso) della quale Cristo è cittadino. Perciò, ad ammaestramento dell'umanità traviata, osserva ora il carro, e fa in modo di descrivere quello che vedi, dopo sere ritornato nel mondo. » Così disse Beatrice; ed io, che ero del tutto disposto a seguire con umiltà i suoi comandi, rivolsi la mente e gli occhi dove ella voleva. Un fulmine non scende mai da una densa nube con un moto così veloce, quando precipita dalle più alte regioni dell'aria, come quello con il quale l'aquila calava verso l'albero, squarciandone la corteccia, oltre che i fiori e le nuove foglie; e colpì il carro con tutta la sua forza; per la qual cosa esso sbandò come una nave (sbanda) ora su un fianco (da poggia: la poggia è la fune che regge l'antenna sul fianco destro della nave), ora sull'altro (da orza: l'orza è la fune che regge l'antenna sul fianco sinistro della nave) durante la tempesta, quando è in balia delle onde. Poi vidi avventarsi sulla parte interna del carro trionfale una volpe che sembrava digiuna di ogni cibo che potesse ben nutrirla. Ma Beatrice, rimproverandola per le sue colpe vergognose, la costrinse ad una fuga tanto veloce quanto lo consentivano le sue smagrite membra. Poi per la stessa via dalla quale era venuta la prima volta, vidi l'aquila scendere nella parte interna del carro e lasciarla cosparsa delle sue penne; e con lo stesso tono di una voce accorata (esce di cuor che si rammarca), uscì dal cielo una voce e disse: « O navicella mia, di quale cattiva merce sei carica! » Poi mi sembrò che la terra fra l'una e l'altra ruota si aprisse, e vidi uscirne un drago che conficcò la coda nel carro; e come la vespa che ritira il pungiglione, ritraendo a sé la sua coda pericolosa, asportò una parte del fondo del carro, e se ne andò tutto soddisfatto. Quella parte del carro che rimase, come accade per la terra fertile che si ricopre di gramigna (se è lasciata incolta), dalle penne, offerte forse con intenzione retta e generosa, fu ricoperta, e ne furono ricoperte entrambe le ruote e il timone, in un tempo più breve di quello che impiega la bocca ad emettere un sospiro. Il carro sacro così trasformato mise fuori delle teste nelle singole parti, tre sopra il timone e una in ciascuno degli angoli: le prime erano fornite di due corna come quelle dei buoi, ma le altre quattro avevano un corno solo nella parte mediana della fronte: mai fu visto un mostro simile. Seduta sopra di esso, sicura, come una rocca sulla cima di un monte, mi apparve una sfrontata meretrice, che guardava intorno con occhi impudichi; e quasi (a vigilare) affinché nessuno gliela rapisse, vidi ritto di fianco a lei un gigante; e si baciavano l'un l'altra di tanto in tanto. Ma poiché volse verso di me i suoi occhi desiderosi e vaganti, quel crudele amante la flagellò dalla testa ai piedi; poi, pieno di sospetto e reso crudele dall'ira, slegò il mostro, e lo condusse nella selva, tanto che soltanto con gli alberi (sol di lei: riferito a selva) mi impedì (di vedere) la meretrice e la bestia mostruosa.

Purgatorio: XXXIII Canto

Le sette donne (le virtù cardinali e quelle teologali), piangendo, cominciarono dolcemente a cantare, alternandosi ora il gruppo delle tre ora quello delle quattro, i versetti del salmo "O Dio, invaso hanno le genti (il tuo possesso)": e Beatrice, sospirando piena di pietà, le ascoltava con aspetto tale, che Maria ai piedi della croce si sbiancò in volto poco più di lei. Ma quando le altre giovani donne (finito il canto) le diedero la possibilità di parlare, levatasi in piedi, divenuta in volto del colore del fuoco, rispose: "Ancora un poco, e più non mi vedrete: e un altro poco poi mi vedrete di nuovo, o mie dilette sorelle". Poi le dispose davanti a sé tutte e sette, e dietro di sé, solo con un cenno, fece muovere me e Matelda e il savio (Stazio) che (alla partenza di Virgilio) era rimasto con noi. Così procedeva; ma non credo avesse fatto dieci passi (che fosse lo decimo suo passo in terra posto), quando ferì i miei occhi con il fulgore dei suoi;e con aspetto sereno mi disse: «Vieni più in fretta (più tosto), in modo che, se io ti parlo, tu (stando al mio fianco) abbia la possibilità di udirmi bene ». Non appena io le fui accanto, com'era mio dovere (dopo l'invito), mi disse: «Fratello, perché ora che vieni con me non osi pormi alcuna domanda?» Come avviene a coloro i quali parlando davanti ai loro superiori sono dominati da un eccessivo senso di soggezione, per cui non riescono ad emettere chiaramente la voce, cosi accadde a me, che incominciai ( a parlare), ma senza articolare distintamente i suoni « Madonna, voi conoscete la mia necessità, e quello che mi serve per soddisfarla». Ed ella mi rispose: « Io voglio che ormai ti liberi dal timore e dalla vergogna, in modo che non parli più (in modo confuso) come uno che sta sognando. Sappi che il carro colpito dal drago è stato (un tempo) come doveva essere, ma ora non è più tale; però coloro i quali sono colpevoli di questo stato di cose (il gigante e la meretrice), siano certi che la vendetta di Dio non teme prescrizioni. L'aquila che lasciò le sue penne nel carro, per cui quello si trasformò in mostro e poi (divenne) preda del gigante, non rimarrà per sempre senza erede; poiché vedo con certezza, e perciò lo rivelo, che sono già prossime a sorgere quelle stelle le quali, libere da ogni contrasto e impedimento, ci recheranno (con i loro influssi) un tempo, nel quale un inviato da Dio, il cui nome sarà formato dai numeri cinquecento dieci e cinque, ucciderà la meretrice ladra insieme al gigante che pecca con lei. E forse la mia predizione oscura, come gli oracoli di Temi e gli enigmi della Sfinge, ha poca forza di persuasione, perché alla loro maniera chiude il tuo intelletto (non lasciandovi trapelare il significato di ciò che dico); ma presto i fatti saranno le Naiadi che scioglieranno questo difficile enigma senza arrecare danno al bestiame e alle coltivazioni. Prendi nota (di questo nella tua memoria); e nel modo in cui sono state dette da me, scrivi queste parole per gli uomini, la cui vita è una corsa verso la morte. E ricordati, quando le scriverai, di non nascondere in quali condizioni hai visto questa pianta che qui ora è derubata per la seconda volta. Chiunque deruba questa pianta o la schianta, con un sacrilegio offende Dio, che la creò inviolabile perché servisse solo ai suoi fini. Per aver morso il frutto di quella pianta, l'anima del primo uomo, penando in vita e rimanendo esule nel limbo, per cinquemila e più anni bramò Cristo, colui che punì in se stesso (con il suo sacrificio) la colpa di quel morso. II tuo ingegno dimostrerebbe poca acutezza, se non capisse che questa pianta è stata creata tanto alta e con la chioma così capovolta (travolta, perché si dilata verso l'alto, invece di restringersi) per una ragione eccezionale. E se i pensieri mondani non avessero circondato la tua mente di incrostazioni come fa l'acqua del fiume Elsa, e se il diletto offerto da questi pensieri non avesse macchiato (il tuo intelletto) come il sangue di Piramo macchiò i frutti del gelso, anche solo per queste singolari circostanze (per l'altezza e la forma della pianta) riconosceresti dall'albero, considerandolo nel suo significato morale, la giustizia di Dio, che si esprime nel divieto (di toccarlo). Ma poiché vedo che la tua mente si è pietrificata, e, oltre che pietrificata, anche ottenebrata, a tal punto che la luce di verità delle mie parole ti abbaglia, voglio, ciò nonostante, che porti dentro di te il mio discorso, se non scolpito nitidamente, almeno adombrato nelle immagini, per lo stesso motivo per il quale chi ritorna (dalla Terrasanta) porta (come ricordo) il bastone da pellegrino cinto di foglie di palma ». Ed io a lei: « Ora il mio intelletto è segnato dalle vostre parole, come è segnata dal sigillo la cera, la quale non altera la figura impressa. Ma perché la vostra desiderata parola si innalza tanto al di sopra delle mie capacità intellettive, che quanto più queste si sforzano di comprenderla tanto più essa sfugge loro?» Rispose: «(Questo avviene) perché tu conosca bene la dottrina da te finora seguita, e possa costatare come i suoi insegnamenti male riescano a penetrare la mia parola, e veda come la vostra via (la scienza umana) dista tanto da quella di Dio, quanto è distante dalla terra il cielo che più è veloce nel suo giro ». E se dalla presenza del fumo si deduce la presenza del fuoco, questo tuo oblio dimostra chiaramente l'esistenza della colpa nella tua volontà che (nel passato) si è rivolta altrove (anziché a me). Ma d'ora in poi le mie parole saranno semplici, nella misura in cui sarà necessario renderle accessibili alla tua intelligenza ancora inesperta (nel penetrare il significato di ciò che dico)». E il sole diventato più fulgido e più lento percorreva il meridiano del mezzogiorno, che si sposta qua e là, a seconda della posizione di chi osserva, quando si fermarono così come si ferma chi precede come guida un gruppo di persone se scorge qualche novità o qualche traccia di novità, le sette donne ai margini di una zona d'ombra attenuata (smorta, rispetto a quella cupa della selva), simile a quella che l'alta montagna stende sotto il verde fogliame e gli scuri rami sui freddi ruscelli. Davanti ad esse mi parve di vedere l'Eufrate e il Tigri uscire da un'unica sorgente, e, quasi amici (dolenti di separarsi), scorrere lentamente in direzioni opposte. « O luce, o gloria del genere umano, quale acqua è questa che qui sgorga da un'unica fonte e si allontana da se stessa (dividendosi in due corsi) ? » Per questa preghiera mi fu risposto da Beatrice: « Prega Matelda che te lo dica ». E allora (prontamente), come fa chi si discolpa, rispose la bella donna: « Queste e altre cose gli sono già state dette da me; e sono certa che l'acqua del Letè non gliene cancellò il ricordo ». E Beatrice: « Forse un pensiero più urgente, che spesso priva la memoria della facoltà di ricordare, ha oscurato la vista della sua mente. Ma vedi l'Eunoè che si allontana là dalla sorgente: conducilo ad esso, e come sei solita fare, ravviva l'indebolita forza della sua memoria ». Come l'anima nobile, che non adduce scuse, ma fa propria la volontà altrui non appena quest'ultima si è manifestata esteriormente con qualche segno, così, dopo avermi preso per mano, la bella donna si mosse, e a Stazio con grazia tutta femminile disse: « Vieni con lui ». Se avessi, o lettore, maggiore spazio per scrivere, io continuerei a cantare, per quel tanto che è possibile, la dolcezza di quell'acqua che non mi avrebbe mai saziato; ma poiché le carte destinate a questa seconda cantica sono tutte complete, la disciplina dell'arte non mi permette di procedere oltre. Dalle santissime acque dell'Eunoè ritornai rinnovato come (in primavera) le piante giovani rinverdite di fronde recenti, purificato e pronto a salire al cielo.


 
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