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Parafrasi del Paradiso della "Divina Commedia" di Dante, 1 - 10

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view post Posted on 9/5/2010, 16:58     +1   -1




Paradiso: I Canto

La luce gloriosa di Dio, colui che è la causa prima e il motore di tutto il creato, penetra e risplende sull’universo, in misura maggiore in un luogo e minore in un altro (a seconda che la cosa creata è più o meno perfetta e quindi più o meno disposta ad accogliere in sé la luce divina). Io fui nell’Empireo, il cielo che riceve in maggior quantità la luce divina, e vidi cose che colui al quale è consentito di ritornare da là in terra, non è capace, (poichè non se ne ricorda) né può (perchè ogni parola sarebbe inadeguata) descrivere; perchè avvicinandosi a Dio, che è oggetto del suo desiderio, la nostra mente si addentra così profondamente (nella sua conoscenza), che la memoria non può seguirla. Tuttavia quel tanto della visione del paradiso che io non ho potuto tesoreggiare nella mia memoria, sarà ora argomento della mia poesia. O eccellente Apollo, riversa in me tanto della tua virtù poetica per l’ultimo lavoro (la terza cantica), quanta tu ne richiedi per concedere l’ambito titolo di poeta. Fino ad ora mi è stato sufficiente l’aiuto delle Muse; ma adesso mi è necessario affrontare l’ultimo argomento con il soccorso di entrambi. Entra nel mio petto, e ispirami quella potenza d’ingegno di cui desti prova quando vincesti e scorticasti Marsia. O divina potenza, se ti concedi a me tanto che io possa esprimere la tenue immagine del paradiso che è rimasta impressa nella mia memoria, mi vedrai venire al tuo diletto alloro, e incoronarmi poi di quelle fronde di cui l’arduo argomento e il tuo aiuto mi renderanno degno. Così di rado, o padre (dei poeti), si colgono le foglie dell’alloro per il fatto che trionfi o un imperatore o un poeta, e ciò è colpa e vergogna dei pervertiti desideri degli uomini, che la fronda dell’alloro dovrebbe esser causa di letizia al già lieto Apollo, quando desta brama di sé in qualcuno. Un grande incendio può seguire una piccola favilla; forse dopo di me (da parte di poeti migliori) si innalzeranno preghiere con voci più efficaci per ottenere ispirazione da Apollo. Il sole (la lucerna del mondo) sorge per gli uomini (a seconda delle stagioni) da diversi punti dell'orizzonte; ma da quella zona in cui quattro cerchi si incontrano formando tre croci, esce con un corso più favorevole e congiunto con una costellazione più proprizia, e plasma e segna con la propria impronta la materia del mondo con maggiore efficacia. Il sole, sorgendo quasi in quello stesso punto, aveva recato il giorno nel purgatorio e la sera sulla terra, e l'emisfero australe era tutto illuminato, e quello boreale avvolto nelle tenebre, quando vidi Beatrice volta a sinistra che guardava con intensità il sole: mai aquila lo fissò così fermamente. E come il raggio riflesso suole aver origine da quello diretto e risalire in alto, a guisa di pellegrino che (giunto al termine del viaggio) vuole tornare (al luogo cui è partito), allo stesso modo dal suo atteggiamento, penetrato attraverso gli occhi nella mia facoltà immaginativa, trasse origine il mio, e fissai gli occhi sul sole oltre ogni nostra possibilità. Nel paradiso terrestre sono possibili molte cose, che non sono concesse in terra alle nostre facoltà, in grazia del luogo creato (da Dio) come dimora propria del genere umano (nel suo stato di perfezione originaria). Io non sostenni la vista del sole molto a lungo, ma neppure tanto poco, da non poter discernere che esso sfavillava all’intorno, come ferro che esce incandescente dal fuoco; e dopo un istante parve che la luce del giorno fosse raddoppiata come se l’Onnipotente avesse ornato il cielo di un altro sole. Beatrice guardava intensamente le sfere celesti; ed io fissai gli occhi in lei, dopo averli distolti dal sole. Osservandola divenni interiormente come si fece Glauco quando assaggiò l’erba che lo rese compagno delle divinità marine. Non si potrebbe esprimere a parole l’elevarsi oltre i limiti propri dell’uomo; perciò basti l’esempio (di Glauco) a colui al quale la grazia divina riserva l’esperienza diretta (poiché al cristiano è permesso l’accesso al paradiso) . Se io ero solo anima, la parte di me che creasti per ultima , Tu lo sai, o Dio, amore che governi il cielo, Tu che con la tua luce (riflessa in me attraverso gli occhi di Beatrice) mi sollevasti (attraverso gli spazi verso il cielo ) . Quando il ruotare delle sfere celesti che tu rendi perpetuo con l’ esser da quelle desiderato, attirò su di sé la mia attenzione con l’armonico suono che Tu regoli e moduli, mi apparve allora una cosi grande parte del cielo illuminata dalla luce del sole, che mai pioggia o fiume formarono un lago tanto ampio. La novità del suono e la grande luce accesero in me un desiderio di conosce, re la loro origine più intenso di qualsiasi desiderio prima avvertito. Perciò Beatrice, che vedeva nel mio intimo come potevo vedere io stesso, per tranquillizzare il mio animo turbato (da questo profondo desiderio), si preparò a parlare, prima che io formulassi la domanda. e disse: “ Tu stesso ti rendi incapace a comprendere con le tue errate supposizioni, cosi che non capisci ciò che capiresti da solo, se le avessi rimosse (dalla tua mente). Tu non sei in terra, cosi come credi; ma nessun fulmine, allontanandosi dalla sfera del fuoco (il proprio sito: la sua dimora naturale ), corse così rapidamente come tu che ritorni al luogo che ti è proprio (al cielo, al quale tende ogni uomo)”. Se io fui liberato dal primo dubbio ( quello relativo alla causa del suono e della luce) da quella breve spiegazione data sorridendo, fui inviluppato in uno nuovo e più grande, e dissi: “ Già mi sentivo tranquillo e soddisfatto riguardo a ciò che aveva provocato in me grande meraviglia; ma ora mi stupisco (ammiro) di come io possa (con il mio corpo) attraversare questi corpi lievi (la sfera dell’aria e quella del fuoco)”. Perciò ella, dopo aver emesso (di fronte alla mia ignoranza ) un pietoso sospiro, volse gli occhi verso di me con quell’atteggiamento che assume la madre verso il figlio che delira, e cominciò: “ Tutte quante le cose create sono armoniosamente ordinate fra loro e questo ordine è il principio informativo il quale rende l’universo simile a Dio (che è perfetto ordine e armonia). In questo ordine le creature superiori riconoscono l’impronta di Dio, ilquale è il fine ultimo dal quale è generato e verso il quale tende l’ordine prima detto. Nell’ordine di cui parlo tutti gli esseri viventi ricevono una particolare inclinazione, secondo le varie condizioni loro assegnate, (che li pongono) più o meno vicini al loro Creatore; perciò si indirizzano a diverse mete attraverso la sconfinata immensità dell’universo, e ciascuno (si muove) secondo un istinto specifico (a lei dato) che lo guida. Questo istinto naturale (questi) è quello che porta il fuoco verso la sua sfera circonda la terra, e la luna); questo è la forza che muove (verso il loro fine) gli animali privi di ragione; questo tiene insieme e mantiene compatta nelle sue varie parti la terra (manifestandosi come forza di gravità): né questo istinto indirizza (al loro fine particolare) solo le creature che sono prive di intelligenza, ma anche quelle ( angeli e uomini ) che sono dotate di intelligenza e di volontà (amore: inteso come la forza che opera una scelta consapevole ) . La provvidenza di Dio, che stabilisce quest’ordine di cose, appaga sempre con la sua luce l’Empireo, il cielo nel quale ruota il Primo Mobile, che si muove più rapidamente di tutti gli altri cieli; e ora verso l’Empireo, come al luogo stabilito per nostra meta, ci sospinge la forza di quella corda (cioè dell’istinto), che ciò che lancia indirizza a buon fine. Certo è che come la forma (di un’opera d’arte) non corrisponde molto spesso all’intenzione dell’artista, perché la materia non si presta ad accoglierla allo stesso modo talora si allontana dalla direzione indicata la creatura, che ha la possibilità di volgersi, pur essendo spinta verso il bene, in un’altra parte (cioè verso il male); e come si può vedere il fuoco del fulmine cadere dalla sua sfera verso la terra (mentre esso tenderebbe, per sua natura, a salire verso l’alto), allo stesso modo l’impulso naturale (che dovrebbe portare al cielo) si volge in basso deviato dall’ingannevole piacere dei beni terreni. Non devi meravigliarti, se giudico giustamente, per il fatto di ascendere verso l’alto, più di quanto non ti meraviglieresti di un ruscello che scenda dalla cima del monte verso il fondo della valle. Meraviglia dovrebbe nascere in te, se, privo ormai dell’impedimento (del peccato), fossi rimasto fermo sulla terra, come (sarebbe causa di stupore) una fiamma immobile al suolo in un fuoco acceso (essendo propria della fiamma salire verso l’alto)”. Dopo di ciò Beatrice rivolse lo sguardo verso il cielo.

Paradiso: II Canto

O lettori, che in una piccola barca (cioè dotati di una intelligenza e di una cultura inadeguate all’altezza di contenuto della terza cantica), desiderosi di ascoltare (il mio canto), avete seguitola nave del mio ingegno che cantando si apre un varco, ritornate ai luoghi dai quali siete partiti: non arrischiatevi ad entrare in mare aperto, perché, forse, non avendo la forza necessaria per seguirmi, vi trovereste smarriti. L’acqua che mi accingo a solcare non è mai stata percorsa da alcuno: Minerva (dea della sapienza) col suo fiato gonfia le vele della mia nave, e Apollo (dio della poesia) è il mio nocchiero e le nove Muse (protettrici delle scienze e della tecnica artistica) mi mostrano la direzione indicandomi l’Orsa Maggiore e l’Orsa Minore. (Invece) voi pochi che fin da giovani rivolgeste la mente alla scienza delle cose divine, della quale sulla terra ci si può nutrire ma senza potersi mai saziare (come, invece, avviene in cielo), voi sì potete spingere per il mare profondo il naviglio (della vostra intelligenza), seguendo la scia (sollevata dalla mia nave) prima che l’acqua torni ad appianarsi. Gli Argonauti che varcarono il mare per recarsi nella Colchide non si meravigliarono, quando videro Giasone trasformarsi in contadino, nella misura in cui vi meraviglierete voi (di fronte alle mirabili cose che io vi esporrò). Il desiderio innato è incessante dell’Empireo, il cielo che riceve la sua forma da Dio, ci portava (in alto) veloci quasi come vedete (girare veloce) il cielo stellato (nel suo moto intorno alla terra). Beatrice fissava lo sguardo in alto, ed io fissavo il mio in lei; e forse nel tempo in cui una freccia è posta sulla corda dell’arco e vola dopo essersi staccata dall’osso della balestra, mi vidi giunto dove una cosa meravigliosa attrasse a se i miei occhi; e perciò Beatrice, alla quale nessun mio pensiero poteva rimanere nascosto, voltasi verso di me, con espressione tanto lieta quanto bella, mi disse: “ Innalza con riconoscenza la tua mente a Dio, che ci ha fatto giungere al cielo della Luna”. Mi sembrava che fossimo avvolti da una nube luminosa, densa, compatta e liscia, simile a diamante colpito dalla luce del sole. Quella gemma incorruttibile ci accolse dentro di se, come l’acqua riceve, senza che la sua superficie si rompa, un raggio di luce. Poiché io ero un corpo, e poiché sulla terra non è pensabile che una materia estesa possa compenetrarsi con un’altra (senza spezzarne la compattezza), il che avviene di necessità se un corpo penetra in un altro, (questo prodigio) dovrebbe maggiormente accendere in noi il desiderio di contemplare (in cielo) l’essenza di Cristo, nella quale si vede come la natura umana si sia compenetrata con la natura divina. In cielo vedremo quei misteri che ora accettiamo per fede, ma saranno noti per la loro evidenza immediata, non perché dimostrati razionalmente, come i principi fondamentali che l’uomo crede ( per intuizione, senza poterli dimostrare ) . Io risposi: “ Madonna, con la maggior devozione possibile, ringrazio Dio che mi ha allontanato dal mondo mortale Ma ditemi: che cosa sono le macchie scure della superficie lunare, le quali laggiù sulla terra fanno credere agli uomini che si tratti di Caino? Beatrice sorrise alquanto. e poi mi disse: “ Se la conoscenza dei mortali sbaglia là dove i sensi non offrono la chiave capace di aprire (la porta alle verità soprasensibili ), ormai non dovrebbero davvero più pungerti gli strali della meraviglia, dal momento che vedi come la ragione seguendo i sensi può compiere solo un breve cammino . Ma dimmi quello che pensi per conto tuo di queste macchie”. Ed io: “ Ciò che a noi (sulla terra) appare variamente luminoso nelle sfere celesti, credo dipenda dalla diversa rarità o densità della materia di questi corpi “ Ed ella: “ Senza’ dubbio riconoscerai che la tua opinione è profondamente erronea, se ascolterai attentamente la dimostrazione che farò contro di essa. L’ottavo cielo (quello delle stelle fisse) vi presenta molti astri, che per la qualità e quantità della loro luce mostrano aspetti diversi. Se soltanto la rarefazione e la densità della materia causassero tale diversità, in tutte le stelle vi sarebbe una sola virtù, distribuita in quantità maggiore o minore o uguale. Ora virtù diverse devono necessariamente derivare da principi formali diversi, e questi principi, eccetto uno, verrebbero ad essere distrutti secondo il tuo ragionamento Inoltre se la rarità della materia fosse la causa di quelle macchie di cui tu chiedi spiegazione, (ne deriverebbe che) o in qualche punto sarebbe privo della sua materia fino alla parte opposta (presentando, cioè, dei buchi) questo pianeta, oppure come un corpo animale alterna parti grasse e parti magre, allo stesso modo il corpo lunare nei suoi strati cambierebbe come i fogli (più o meno sottili di un libro). Se fosse vera la prima ipotesi, essa si renderebbe manifesta durante l’eclissi di sole, perché si vedrebbe per trasparenza la luce solare come quando essa è introdotta in qualsiasi altro corpo di materia rarefatta. Ma questo non succede: perciò è da discutere l’ altra ipotesi; e se accadrà che io confuti anch’essa, la tua opinione (sulla causa delle macchie lunari) sarà dimostrata falsa. Se avviene che questa rarefazione non passa da parte a parte, deve esserci un punto al di là del quale la densità della materia non lascia più passare la luce; e da questo punto il raggio solare viene riflesso come un’immagine con i suoi colori è riflessa dal vetro che nasconde dietro di se una lamina di piombo ( cioè dallo specchio). Ora tu obietterai che il raggio appare più oscuro nel punto di maggiore rarefazione che nelle altre parti, perché lì è riflesso da uno strato più interno del corpo lunare. Da questa obiezione può liberarti un esperimento, se qualche volta vorrai farlo, uno di quelli che costituiscono il fondamento delle varie parti in cui si dividono le scienze umane. Prendi tre specchi; e disponi due di essi alla stessa distanza da te, e il terzo, posto più lontano, incontri i tuoi occhi in mezzo ai primi due. Dopo esserti rivolto verso di essi, fa in modo che dietro le tue spalle sia posta una luce che illumini i tre specchi e ritorni a te riflessa dai medesimi. Benché l’immagine riflessa dallo specchio più lontano non sia estesa in grandezza come quella degli altri due, vedrai come, pur da una maggior distanza, risplenda necessariamente di una luminosità qualitativamente uguale a quella delle altre due. Ora come sotto i colpi dei caldi raggi solari la materia prima della neve (cioè l’acqua) rimane priva (nudo) e del colore bianco e del freddo di cui prima era costituita, allo stesso modo la tua mente è rimasta (sgombra delle erronee opinioni di prima) e voglio infondervi una nuova forma mediante una verità così luminosa, che nel suo rivelarsi scintillerà davanti a te come luce di stelle. Entro l’Empireo, il cielo immobile , ruota un cielo nella cui potenza attiva prende fondamento la vita di tutto ciò che e contenuto nel suo giro. Il cielo successivo, che si adorna di tante stelle visibili, distribuisce quella vita (ricevuta dal Primo Mobile) alle diverse stelle, da esso distinte e in esso contenute. Gli altri sette cieli dispongono in maniera differente le essenze distinte che hanno in se in modo che esse conseguano i loro effetti e attuino i loro influssi. Perché la virtute del Primo Mobile sia pienamente adatta ad agire sulla materia del mondo infralunare, creata informe da Dio, occorre che gli altri sette cieli, dopo aver ricevuto, attraverso il cielo ottavo, questa influenza, la sottopongano a ulteriori differenziazioni (corrispondenti alla diversa natura di ciascuno), moltiplicandone gli effetti. I cieli, questi organi dell'universo, operano cosi, come ormai tu comprendi, di gradino in gradino, in modo che ciascuno riceve l’influenza del cielo superiore e trasmette la sua influenza a quello inferiore. Ora osserva bene come io per mezzo di questo ragionamento giungo alla verità che desideri conoscere, affinché tu poi da solo sappia compiere il passaggio (che conduce alla soluzione del tuo problema). Il movimento e l’influenza delle sfere celesti, come l’azione del martello deriva dal fabbro che lo usa, devono derivare dalle intelligenze angeliche che le muovono; e il cielo che è abbellito da tante stelle (cioè l’ottava sfera), riceve l’impronta dall’alta intelligenza angelica che lo fa muovere e la imprime come suggello (nei cieli sottostanti). E come l’anima dentro il vostro corpo corruttibile dispiega la sua virtù in membra diverse e ordinate alle diverse facoltà sensitive, così l’intelligenza angelica (che muove il Cielo Stellato) svolge la sua azione nelle stelle manifestandola in molteplici modi, continuando il suo movimento nella propria sostanziale unità. Le diversità che appaiono nel Cielo Stellato non sono altro che il riflesso o image delle idee presenti nella mente degli angeli, (qui, in particolare, i Cherubini) che muovono questo cielo. La diversa influenza angelica si unisce variamente nelle sfere sottostanti con la materia incorruttibile del cielo che essa anima, nella quale si trasfonde, cosi come la vita si trasfonde in voi uomini. Per la natura beata (degli spiriti motori) dai quali deriva, l’influenza angelica, unitasi al corpo celeste, risplende nelle diverse parti di esso, come la gioia dell’animo risplende attraverso la vivacità della pupilla. Da questa influenza, non dalla densità e rarefazione della materia, deriva la differente luminosità tra stella e stella: questa influenza è il principio attivo che produce, secondo la sua diversa potenza, l’oscurità e la luminosità”.

Paradiso: III Canto

Beatrice, quel sole che ancor fanciullo mi aveva acceso il cuore d’amore, mi aveva rivelato, portando prove e confutando opinioni erronee, il dolce volto della bella verità ( sulle macchie lunari); e io, per dichiararmi corretto (del mio errore) e persuaso (della verità), levai il capo più diritto tanto quanto conveniva per parlare (a Beatrice con la dovuta riverenza); ma mi apparve uno spettacolo che tenne la mia attenzione così strettamente legata a se, per vederlo, che non mi ricordai di fare la mia dichiarazione. Come attraverso vetri trasparenti e chiari, oppure attraverso acque limpide e tranquille, ma non così profonde che il loro fondo non possa essere visto i lineamenti dei nostri volti si riflettono così tenui, che una perla su una bianca fronte non è percepita con minore difficoltà dai nostri occhi, altrettanto indistinti vidi molti volti nell’atteggiamento di chi sta per parlare; per cui io caddi nell’errore contrario a quello che fece nascere l’amore fra Narciso e la fonte. Non appena io m’accorsi di loro, ritenendole immagini riflesse in uno specchio, volsi indietro gli occhi, per vedere di chi fossero; ma non vidi nulla, e tornai a volgerli davanti a me fissandoli negli occhi della mia dolce guida, la quale, sorridendo, ardeva nelle sue sante pupille. “ Non ti meravigliare se io sorrido ” mi disse “ a causa del tuo pensiero puerile, poiché esso non poggia ancora saldamente sulla verità, ma, come al solito, ti riconduce verso ipotesi vane: ciò che tu vedi sono anime vere (non immagini riflesse ), relegate in questo cielo per inadempimento dei loro voti. Perciò parla con loro e ascoltale e credi (a quanto ti diranno); perché la luce divina che le appaga non permette che esse si allontanino da lei.” Ed io mi rivolsi all’ombra che sembrava più desiderosa di parlare, e incominciai, quasi nello stesso modo di colui che è turbato da un intenso desiderio: “ O spirito creato per la tua salvezza, che scaldandoti ai raggi della vita divina provi quella dolce beatitudine che, se non la si gusta direttamente, non potrà essere mai capita, mi sarà gradito se vorrai soddisfare il mio desiderio rivelandomi il tuo nome e la vostra condizione”. Per questo essa, prontamente e con occhi sorridenti: “ Il nostro amore non si nega ad un desiderio legittimo allo stesso modo dell’amore divino che vuole simile a se tutta la corte celeste. Nel mondo io fui monaca; e se la tua memoria ricorda con attenzione, l’essere io diventata più bella ( passando dalla vita terrena a quella celeste ) non mi nasconderà a te, ma riconoscerai che sono Piccarda, che, posta qui con queste altre anime elette, godo della beatitudine nel cielo che gira più lentamente. I nostri sentimenti che si infiammano soltanto per ciò che piace allo Spirito Santo, gioiscono perché conformati all’ordine universale stabilito da Dio. E questa condizione che appare tanto umile (essendo noi nell’ultimo dei cieli), ci è stata assegnata per questo, perché i voti da noi fatti rimasero inosservati, e non furono adempiuti in qualche parte”. Per questo io le risposi: “Nelle vostre mirabili sembianze traspare una luce sovrannaturale che vi trasfigura rispetto a quello che eravate in terra: perciò non fui sollecito nel ricordare; ma ora ciò che mi dici (di te) mi aiuta, così che mi è più facile riconoscerti. Ma sciogli un mio dubbio: voi che dimorate felici in questa sfera, non desiderate un grado di beatitudine più alto per contemplare più da vicino Dio e per diventare più intimamente amici con Lui ( cioè: per amarlo ed essere amati di più ) ? Piccarda dapprima. sorrise lievemente con quelle altre anime; poi mi rispose illuminata da tanta letizia, che ben mostrava di ardere nel fuoco dell’amore divino: “ Fratello, la nostra volontà è appagata dalla potenza dell’amore; divino, che ci fa desiderare solo ciò che possediamo, e non suscita in noi il desiderio di altro. Se desiderassimo essere collocate in un grado più alto, i nostri desideri discorderebbero dalla volontà di Colui che ci ha giudicate degne del cielo della Luna; cosa che vedrai non aver luogo in queste sfere celesti, se qui è necessario vivere sotto il segno dell’amore, e se tu esamini attentamente la natura di questo amore. Anzi è condizione essenziale a questo stato di beatitudine mantenersi nell’ambito del divino volere, in virtù del quale le nostre volontà singole diventano una sola, così che, il modo in cui in paradiso le anime beate sono distribuite di cielo in cielo, piace a noi tutti come piace a Dio che ci infonde desideri conformi al suo volere. E nella volontà divina è la nostra pace: questa volontà è simile a un mare verso il quale ritornano tutti gli esseri che essa crea direttamente e che la natura ( come causa seconda) produce”. Allora compresi chiaramente come ogni parte del cielo è pienezza di beatitudine, sebbene la grazia divina non scenda nella stessa misura in ogni luogo. Ma come accade che, se un cibo sazia e di un altro rimane ancora il desiderio, si chiede quello (di cui è rimasto il desiderio ) e si ringrazia per quello ( di cui si è sazi ), cosi io ringraziai con l’atteggiamento e con le parole Piccarda, e le chiesi di rivelarmi quale fosse la tela (cioè il voto) che aveva incominciato ma non finito . “ Una vita virtuosa perfetta e un grande merito (acquistato presso Dio) collocano in un cielo più alto una donna ” mi disse “ secondo la cui regola giù nel vostro mondo si prendono l’abito e il velo monacali, affinché fino alla morte si passi ogni giorno e ogni notte con Cristo, lo sposo che accetta ogni voto il quale sia reso conforme al suo volere dall’amore. Per seguire la via di Santa Chiara abbandonai, ancora giovinetta, la vita del mondo, e vestii il suo abito, e promisi di osservare la regola del suo ordine. In seguito uomini, più avvezzi a fare il male che il bene, mi rapirono fuori dal dolce chiostro. Dio solo sa quale fu poi la mia vita. E questo altro spirito splendente che vedi alla mia destra e che si illumina di tutta la luce del nostro cielo, considera come riferito anche a se ciò che io dico di me: fu suora, e le fu strappato dal capo il velo monacale così come avvenne per me (cioè con la violenza). Ma dopo che fu ricondotta tutta al mondo contro la su volontà e contro ogni norma morale e giuridica non abbandonò mai dentro di se il velo monacale. Questo è lo spirito luminoso della grande Costanza che dal secondo imperatore della casa di Svevia generò il terzo e ultimo rappresentante . ”. Così mi parlò, e poi incominciò a cantare “ Ave, Maria ”, e cantando si dileguò come (scompare) nelI’acqua profonda un oggetto pesante . I miei occhi, che la seguirono finché fu possibile, dopo che non la videro più, cercarono Beatrice, oggetto del loro desiderio dominante, e si volsero completamente verso di lei; ma ella risplendette davanti al mio sguardo di una luce così folgorante che dapprima la mia vista non riuscì a sopportarla; e ciò mi rese più timido ad interrogarla (intorno ad altri dubbi ).

Paradiso: IV Canto

Posto fra due cibi, ugualmente distanti e ugualmente allettanti, l’uomo dotato di libero arbitrio morirebbe di fame prima di portarne uno ai denti; allo stesso modo starebbe immobile un agnello tra due lupi affamati e feroci, temendo nella stessa misura l’uno e l’altro; Cosi se ne starebbe un cane tra due daini ( senza inseguirne alcuno): perciò, per il fatto che io tacessi, non mi biasimo, né mi vanto, perché non potevo farne a meno. essendo io premuto in ugual misura dai miei dubbi (e impedito di fare una libera scelta). lo me ne stavo zitto, ma il mio desiderio mi era dipinto in volto. e con il desiderio la domanda assai più efficace che non se l’avessi espressa esplicitamente . Beatrice agì con me come fece Daniele con Nabucodonosor, quando lo liberò dall’ira, che l’aveva reso ingiustamente crudele: e disse: “ lo vedo chiaramente come due dubbi (di ugual forza) ti stimolano a chiedere, in modo che la tua ansia ( di risolverli entrambi ) impaccia se stessa così che non riesce a manifestarsi. Tu ragioni così: “Se la buona volontà persevera nel proposito fatto, per quale motivo la violenza altrui (impedendomi di osservarlo) mi diminuisce la quantità del merito?” Ti dà motivo di ulteriore dubbio il fatto che le anime, secondo l’opinione di Platone, sembrano ritornare ( dopo la morte del corpo) nei cieli. Questi sono i dubbi che premono con uguale forza sulla tua volontà; e pertanto risponderò prima a quello che è più pericoloso Quello dei Serafini che sta più vicino a Dio, Mosè, Samuele, e quello dei due Giovanni che preferisci, e neppure, dico, la Vergine Maria, hanno la loro sede in un cielo diverso da quello dove risiedono questi spiriti che ti sono apparsi or ora, né è stato assegnato alla loro beatitudine un numero maggiore o minore di anni ; ma tutti quanti i beati adornano l’Empireo, il primo cielo, e godono della beatitudine in misura diversa secondo la loro capacità di sentire più o meno intensamente l’amore divino. ( Gli spiriti che hai visto ) ti apparvero nel cielo della Luna, non perché sia loro assegnata in sorte questa sfera, ma per darti un segno sensibile del loro grado di beatitudine che è 1’ultimo nel cielo Empireo. Con segni sensibili occorre parlare alla vostra intelligenza, perché solo dalla percezione sensibile essa apprende le immagini che poi trasforma in concetti. Per questo la Sacra Scrittura s’adatta alla vostra capacita, e attribuisce a Dio piedi e mani, intendendo alludere ad altro ( cioè agli attributi spirituali della divinità ); e la Santa Chiesa vi rappresenta con figura umana Gabriele e Michele, e l’altro arcangelo, Raffaele, che guari Tobia. Ciò che (Platone) dice nel Timeo intorno alla sorte delle anime non è conforme a ciò che si vede nel cielo della Luna, poiché pare che intenda proprio in senso letterale (quello che afferma). Platone sostiene che l’anima (dopo la morte ) ritorna alla sua stella, poiché crede che essa sia stata staccata da li quando la natura l’assegnò al corpo come principio informatore; ma forse la sua opinione è diversa da quello che significano, letteralmente, le sue parole, e può darsi che egli sostenga un principio che non meriti di essere deriso. Se egli intende far risalire a questi cieli il merito e il biasimo degli influssi buoni e cattivi sulle anime, forse il suo pensiero coglie in parte la verità. Questa dottrina degli influssi celesti, male intesa nel suo significato, un tempo fece errare quasi tutto il mondo, tanto che questo giunse a chiamare gli astri col nome di Giove, Mercurio e Marte. L’altro dubbio che ti turba è meno pericoloso, poiché l’errore che può derivare da esso non ti potrebbe allontanare da me (cioè dalla vera fede). Che la giustizia divina possa sembrare ingiusta agli occhi dei mortali, è motivo di fede e non di iniquo atteggiamento di eresia. Ma poiché il vostro intelletto può ben giungere a comprendere questa verità (sui voti inadempiuti), ti accontenterò, dandoti la spiegazione che tu desideri. Se si ha vera violenza solo quando chi la subisce non asseconda minimamente colui che la compie, queste anime non possono essere giustificate completamente a causa di tale violenza, perché, se non vuole, la volontà non si piega, ma si comporta come fa la natura nella fiamma ( che tende sempre ad andare verso l’alto), anche se una forza violenta cerca di piegarla verso il basso. Per cui, se la volontà cede, o di molto o di poco, asseconda la violenza; e così fecero queste anime ( cioè si piegarono alla violenza), mentre avrebbero potuto ritornare nel chiostro. Se la loro volontà fosse stata salda, come quella che tenne San Lorenzo immobile sulla graticola, e quella che rese Muzio Scevola inesorabile con la propria mano ( tenendola sul fuoco), certamente le avrebbe spinte a ripercorrere la strada dalla quale erano state sviate, non appena furono libere (dalla violenza materiale); ma una volontà così salda è molto rara. E da queste parole, se le hai assimilate dentro di te come devi, risulta annullato il tuo ragionamento che ti avrebbe procurato turbamento molte altre volte ancora. Ma ora ti si pone davanti alla mente un’altra difficoltà, tale, che con le tue sole forze non saresti in grado di superare: ti stancheresti prima. Io ti ho fatto capire come cosa certa che un anima beata non può mentire, poiché essa è sempre vicina a Dio, la verità suprema; e dopo questo hai potuto udire da Piccarda che Costanza mantenne salda la volontà di osservare il voto; cosi che sembra che le sue parole in questo punto siano in contraddizione con le mie. Fratello, è già accaduto molte volte che, per fuggire un danno, si sia fatto a malincuore qualche cosa che non si sarebbe dovuto fare; come Almeone, il quale, pregato di questo dal padre, uccise la propria madre, e così, per non mancare all’obbligo della pietà filiale (verso il padre), divenne spietato (verso la madre). Quando: si giunge a questo punto (cioè al punto di commettere il male per fuggire un altro male! voglio che tu comprenda che la violenza altrui si mescola alla volontà (di chi la subisce), e (così unite) fanno si che non si possano scusare (come involontarie) le offese a Dio. La volontà assoluta non acconsente al male; ma vi acconsente solo in quanto teme, se si trae indietro, di provocare un male peggiore. Perciò, quando Piccarda afferma quello, intende riferirsi alla volontà assoluta, e io invece all’altra; cosicché entrambe diciamo la verità ”. Questo fu lo svolgimento del santo discorso ( paragonato a un ruscello, rio) che uscì dalla sorgente (Dio) dalla quale deriva ogni verità; ed esso risolse entrambi i miei dubbi. Io poi dissi: “O amata da Dio, primo amore, o creatura divina, le cui parole mi attraversano e mi riscaldano con tale intensità, che mi vivificano sempre di più, il mio sentimento di gratitudine (per quanto grande) non può bastare a ringraziarvi del dono da voi ricevuto; ma Colui che tutto vede e tutto può vi ricompensi . Io ben comprendo che mai la nostra mente può saziarsi, se non è illuminata da quella verità al di fuori della quale non può esistere nessun altro vero. Appena ha raggiunto questa verità, la nostra mente si riposa in essa come la fiera (si riposa, sazia) nella sua tana; e la può raggiungere: altrimenti (se non), ogni nostro desiderio (di possedere la verità) sarebbe vano. Per questo desiderio il dubbio spunta ai piedi della verità, come un germoglio alla radice della pianta; ed e un impulso naturale quello che ci spinge a salire di colle in colle fino alla vetta suprema. Questo fatto (il dubbio come impulso per la conquista del vero ) mi invita, questo mi dà coraggio, o donna, a chiedervi umilmente la spiegazione di un’altra verità che mi è oscura. Desidero sapere se l’uomo può compensare al vostro cospetto i voti inadempiuti commutandoli con altre opere buone, tali che, pesate sulla bilancia della vostra giustizia, non sembrino piccole”. Beatrice mi guardò con gli occhi così divinamente pieni di sfavillante amore, che la mia facoltà visiva, vinta, dovette distogliersi da lei, e chinando i miei occhi quasi venni meno.

Paradiso: V Canto

“Se io nell’ardore dell’amore divino risplendo ai tuoi occhi in modo superiore a quello che si può vedere (risplendere) sulla terra, tanto che la tua capacità visiva rimane sopraffatta, non meravigliarti, perché tale effetto proviene dalla perfezione della mia vista, la quale, quanto più percepisce la luce divina, tanto più si addentra nel bene percepito (ed è da questo illuminata). lo vedo chiaramente come nel tuo intelletto risplende già la luce della verità eterna, la quale, in chi la vede, accende essa sola è per sempre l’ amore di se; e se qualche altro bene terreno attrae il vostro desiderio, è solo perché in esso traspare una parvenza, mal compresa, della verità eterna. Tu desideri sapere se, in caso di voto inadempiuto, si può compensare (Dio) con altra opera meritoria, tale che metta l’animo al sicuro da ogni contrasto (con la giustizia divina). ”Con tali parole Beatrice cominciò a esporre l’argomento di questo canto; e come colui che non interrompe il suo discorso, ella continuò così il santo ( perché ispirato da Dio) ragionamento: “Il dono più grande che Dio, creando (gli uomini), abbia fatto per sua generosità e insieme quello più conforme alla sua bontà e quello che Egli stesso stima più di tutti (gli altri doni ), fu la libertà della volontà (il libero arbitrio); e di questo dono furono e sono dotate, tutte e soltanto loro, le creature intelligenti, Ora, se tu ragioni partendo da questa premessa, ti apparirà chiara la grande importanza del voto, purché sia tale che Dio accetti quando tu prometti, perché, nello stabilire (col voto) il patto tra Dio e l’uomo, si fa sacrificio di questo tesoro del libero volere, tesoro così prezioso come ti ho detto: e (questo sacrificio) si compie con un atto della volontà stessa. Dunque che cosa si può offrire a Dio in risarcimento (del voto non osservato) ? Se tu credi di poter usare ancora per uno scopo buono quella libertà che hai offerta (a Dio), pretendi di fare opere di bene con una cosa presa illecitamente ad altri. Tu ormai conosci con certezza il punto essenziale della questione; ma poiché la Santa Chiesa dispensa in materia di voto, la qual cosa sembra in contrasto con la verità che io ti ho esposto, devi ancora prestarmi un poco di attenzione, perché l’ardua dimostrazione che hai appresa, ha bisogno ancora di aiuto per essere assimilata. Apri la tua mente a quello che ti manifesto e fissalo bene nella memoria, perché l’aver capito, senza ricordare quello che si è compreso, non forma scienza. Due cose sono necessarie all’ essenza di questo sacrificio (a costituire l’essenza del voto): una è la materia del voto; l’altra è il patto tra Dio e l’uomo. Quest’ultimo elemento del voto non si annulla mai se non quando sia stato completamente adempiuto: e proprio riferendomi ad esso ho parlato prima in termini così assoluti: perciò agli Ebrei rimase sempre l’obbligo di fare offerte a Dio, anche se si poteva permutare la materia del voto, come devi sapere anche tu.L’altro elemento, che ti è stato dichiarato come materia del voto, può ben essere di natura tale, che non si pecca se viene commutato con un altro oggetto. Ma nessuno cambi di suo arbitrio il peso che si è posto sulle sue spalle, senza che girino e la chiave d’argento e quella d’oro;e giudica errata ogni commutazione, se la materia del voto abbandonato non è contenuta per entità nella cosa presa in cambio, come il quattro nel sei. Perciò quella materia di voto il cui valore sia di peso tale da far traboccare ogni bilancia (non potendo trovare il suo contrappeso ), non può essere compensata con alcun’altra offerta; Gli uomini non prendano il voto alla leggiera: siate fedeli (nell’osservare i voti) e nel farli non siate sconsiderati, come fu Jefte riguardo all’offerta (di sacrificare a Dio) la prima persona che gli fosse venuta incontro: a lui sarebbe stato più conveniente dire “Ho agito stoltamente (con questo voto)”, piuttosto che, osservandolo, commettere una empietà: e allo stesso modo puoi giudicare stolto Agamennone, il grande condottiero dei Greci, a causa del quale Ifigenia rimpianse la propria bellezza ( motivo del suo sacrificio), e fece piangere sulla sua sorte tutti gli uomini, gli stolti e i saggi, che udirono parlare di un atto di culto di questo genere. Ma voi, o cristiani, siate più ponderati nel far voti: non siate volubili come una piuma ad ogni soffio di vento, e non crediate che qualunque altra offerta sia come un’acqua che vi liberi (dal debito di un voto inadempiuto). Avete (come guida) i libri sacri del Nuovo e del Vecchio Testamento, e il pastore della Chiesa che vi conduce: questo vi deve bastare per la vostra salvezza eterna. Se una cattiva passione vi stimola a fare diversamente, siate uomini (padroni di voi stessi), e non pecore prive di discernimento, in modo che i Giudei che vivono in mezzo a voi non debbano ridere di voi. Non fate come l’ agnello che lascia il latte materno, e sconsiderato e irrequieto va giostrando con le corna da solo a suo capriccio! ” Beatrice mi parlò così come sto scrivendo; poi si rivolse vibrante di intenso desiderio verso quella parte dove il cielo è maggiormente ravvivato (dalla luce del sole). Il suo silenzio e la trasfigurazione del suo aspetto imposero silenzio al mio ingegno desideroso di sapere, che già aveva pronte nuove domande; e con la velocità di una freccia, che colpisce il bersaglio prima che la corda dell’arco abbia cessato di vibrare, salimmo al secondo cielo. Qui vidi la mia donna così raggiante di letizia, non appena entrò nella luce di quel cielo, che il pianeta (in cui eravamo giunti) divenne più luminoso. E se il pianeta (che è di natura immutabile) si trasfigurò e rise di letizia, come non divenni io che proprio per la mia natura umana sono soggetto ad ogni cambiamento! Come in una peschiera dall’acqua tranquilla e cristallina i: pesci accorrono verso ciò che viene gettato (in essa) dall’esterno perché lo credono cibo per loro, così io vidi più di mille anime luminose accorrere verso di noi, e dentro ciascuna si udiva dire: “ Ecco chi accrescerà il nostro spirito di amore (dandoci modo di illuminarlo con le nostre spiegazioni) ”. E via via che ciascun splendore si avvicinava a noi, si intravedeva l’ anima piena di letizia attraverso l’abbagliante fulgore che si irradiava da lei. Pensa, o lettore, come sentiresti angosciosamente la mancanza di una maggiore conoscenza (di ciò che rimane da raccontare), se la trattazione che qui comincia non dovesse continuare; e capirai da te stesso (senza bisogno che te lo spieghi) come io ardessi dal desiderio di sapere da costoro la loro condizione non appena li potei vedere. “ O spirito destinato alla salvezza, a cui la grazia divina concede di vedere i seggi dei beati nel trionfo dell’Empireo, prima di aver abbandonato la vita terrena, noi siamo accesi dalla luce dell’amore divino che si diffonde per tutto il cielo; e perciò, se desideri avere spiegazioni sul nostro conto, sarai appagato quanto desideri. ” Cosi mi fu detto da uno di quegli spiriti benevoli; e da Beatrice: “Parla, parla liberamente, e credi a loro come si crede ad esseri divinizzati ”. “ lo vedo chiaramente che tu sei chiusa come in un nido nel tuo splendore, e che lo effondi dagli occhi, perché esso lampeggia non appena tu sorridi; ma non so chi tu sia, né perché tu abbia, o anima degna, il grado di beatitudine proprio del cielo di Mercurio, che è velato ai nostri occhi dai raggi del sole. Questo dissi rivolto allo splendore luminoso che prima mi aveva parlato; per cui essa (per la gioia di poter esplicare il suo spirito di carità ) divenne assai più splendente di quanto non fosse precedentemente. Come il sole si nasconde (ai nostri sguardi) da solo per la sua luce eccessiva, non appena il calore ha sciolto i fitti vapori che ne temperavano la luce, nello stesso modo per la cresciuta letizia la figura dell’anima beata si nascose alla mia vista entro la sua luce abbagliante; e cosi tutta fasciata nel suo splendore mi rispose come verrà rivelato nel canto seguente.

Paradiso: VI Canto

“Dopo che l’imperatore Costantino portò l’insegna imperiale da occidente a oriente in senso contrario al moto naturale del cielo, il quale moto l’aveva accompagnata un tempo dietro ad Enea che sposò Lavinia, l’aquila fu trattenuta duecento anni e più nell’estremo lembo d’Europa, vicino ai monti dai quali era uscita la prima volta; e là, all’ombra delle sue sacre ali, governò il mondo passando da un imperatore all’altro, e, cosi mutando, arrivò in mano mia . Fui imperatore e sono Giustiniano, che, per impulso dello Spirito Santo del quale sento ora gli effetti, dal corpo delle leggi tolsi il superfluo e l’inutile. E prima di dedicarmi all’opera della riforma legislativa, credevo che in Cristo ci fosse una sola natura e non due, ed ero soddisfatto di questa fede; ma il santo Agapito, che fu sommo pastore della Chiesa, con le sue parole mi avviò alla vera fede. Io gli credetti; e ciò che allora era fondato solo sulla sua autorità, ora lo vedo con la stessa chiarezza con la quale tu vedi che di due proposizioni contraddittorie una è falsa e l’altra è vera. Appena cominciai a camminare in accordo con la Chiesa, Dio si compiacque per sua bontà d’ispirarmi il grande lavoro (della riforma legislativa), ed io mi consacrai tutto ad esso; e affidai le imprese militari al mio generale Belisario, al quale il favore del cielo fu cosi vicino, che per me fu segno che dovevo lasciare le opere belliche (per dedicarmi a quelle di pace). Qui ora termina la mia risposta alla tua prima domanda: ma la natura di tale risposta mi costringe a far seguire qualche aggiunta, perché tu veda quanto ingiustamente agisca contro l’aquila, la sacrosanta insegna dell’Impero, e chi si appropria di lei (come i Ghibellini) e chi a lei si oppone ( come i Guelfi ). Considera quante imprese valorose l’hanno fatta degna di venerazione; ed esse cominciarono allorché Pallante morì per acquistarle il regno. Tu sai come l’aquila fissò la sua sede in Albalonga per oltre trecento anni, fino al momento in cui i tre Orazi e i tre Curiazi combatterono ancora per il suo possesso. E conosci pure che cosa fece l’aquila sotto i sette re di Roma dal ratto delle Sabine al suicidio di Lucrezia, sottomettendo tuttt’intorno i popoli confinanti. Conosci quello che fece quando fu portata ( come insegna ) dai valorosi Romani contro Brenno, contro Pirro, contro gli altri principati e repubbliche, per cui Torquato e Quinzio che fu chiamato Cincinnato per la chioma arruffata, i Deci e i Fabi ebbero quella fama che io volentieri onoro. Furono vinti dall'aquila anche i Cartaginesi ( il termine Arabi indica qui i popoli dell'Africa settentrionale), che, sotto la guida di Annibale, osarono varcare le Alpi occidentali. L’ aquila atterrò l’orgoglio dei Cartaginesi che al comando di Annibale attraversarono le Alpi, dalle quali tu, o Po, discendi. Sotto il segno dell’aquila ancor giovani celebrarono il trionfo Scipione e Pompeo; e lo stesso segno parve amaro al colle di Fiesole, ai piedi del quale tu sei nato. Publio Cornelio Scipione l'Africano, dopo aver combattuto giovanissimo contro Annibale al Ticino e a Canne, ed aver conquistato la Spagna, ottenne a trentatré anni la grande vittoria di Zama contro Cartagine ( 202 a. C. ) . Poi, avvicinandosi il tempo in cui il cielo volle ricondurre tutto il mondo a una serenità simile alla propria, Cesare per volontà del popolo di Roma prese in mano l’insegna dell’aquila. E quello che l’aquila fece in Gallia dal fiume Varo fino al Reno, lo videro l’lsère e la Loira e lo vide la Senna e ogni valle delle cui acque è pieno il Rodano. Quella che essa fece dopo che con Cesare uscì da Ravenna e passò il Rubicone, fu un volo cosi rapido, che non potrebbe seguirlo né la lingua (per narrarlo) né la penna (per descriverlo). Condusse l’esercito prima verso la Spagna, poi verso Durazzo, e colpì cosi duramente Pompeo a Farsalo che se ne sentì il contraccolpo fino al caldo Nilo. L’aquila rivide la città di Antandro e il fiume Simoenta, da dove si era mossa con Enea e la tomba dove giace Ettore; e poi riprese il volo con danno di Tolomeo. Di là piombò come folgore su Giuba; di qui si volse verso il vostro occidente, dove sentiva la tromba di guerra dei pompeiani. Quello che l’aquila compi con Augusto, l’imperatore che successe a Cesare, l’attestano Bruto e Cassio nell’ inferno, e ne furono afflitte Modena e Perugia. Ne piange ancora la sciagurata Cleopatra, che, fuggendo davanti all’aquila, si procurò una morte repentina e atroce con un serpente velenoso. Con Augusto l’aquila volò fino ai lidi del Mar Rosso; con lui pose il mondo in uno stato di pace così sicura, che il tempio di Giano fu chiuso. Ma ciò che il segno dell’aquila, in nome del quale io parlo, aveva fatto prima e avrebbe fatto poi in favore della società temporale: che gli soggetta, appare una cosa di poco valore, se si guarda con l’occhio chiaro della fede e col cuore puro ciò che avvenne (quando esso era) in mano a Tiberio terzo Imperatore, poiché la divina giustizia che m’ispira, concesse all’aquila, in mano all’imperatore di cui sto parlando, la gloria di fare giusta vendetta della sua ira. Sotto Tiberio, successore di Augusto e terzo Cesare (dal 14 al 37 d. C. ), fu concesso al segno di Roma di placare, con una giusta punizione, l'ira divina causata dal peccato di Adamo. La punizione fu costituita dal sacrificio di Cristo, I'Uomo-Dio, che, raccogliendo in se il peccato di tutta l'umanità, lo espiò con la sua morte, offrendo soddisfazione alla giusta collera di Dio. Cristo venne crocifisso per sentenza di Pilato, Vicario di Tiberio in Palestina, cioè per un atto dell'impero romano. La legittimità e l'universalità dell'Impero furono così solennemente affermate: infatti, poiché tutto il genere umano doveva essere punito nella carne di Cristo"(Monarchia 11, XII 5), era necessario che l'autorità condannante fosse non solo legittima, ma anche universale (Monarchia 11, XII, 1-5). Ora qui meravigliati pure di quello che ti aggiungo: con Tito poi l’aquila corse a far giustizia della vendetta del peccato di Adamo. E quando gli avidi Longobardi attaccarono la Santa Chiesa, Carlo Magno la soccorse sotto l’insegna dell’aquila, vincendoli. Ormai sei in grado di giudicare quei tali (i Guelfi e i Ghibellini) che poco fa ho accusato e le loro aberrazioni, che sono la causa di tutte le vostre sventure. Il partito guelfo contrappone al simbolo universale dell’aquila i gigli d’oro, il partito ghibellino, invece, usurpa l’aquila come insegna di parte, tanto che e difficile distinguere chi sia maggiormente colpevole. I Ghibellini continuino pure la loro attività partigiana, ma sotto un’altra bandiera, poiché è indegno seguace dell’aquila chi la separa sistematicamente dalla giustizia; e questo giovane Carlo con i suoi Guelfi non cerchi di abbatterla, ma ne tema gli artigli che strapparono il pelo a sovrani ben più potenti di lui. Molte volte in passato i figli piansero per le colpe dei padri, e non pensi questo Carlo che Dio voglia sostituire l’insegna dell’aquila imperiale con i suoi gigli! Questo piccolo pianeta (Mercurio) si adorna di spiriti valenti che (nel mondo) sono stati attivi per conseguire onore e fama: e quando i desideri umani tendono a questo, deviando così dal vero fine (Dio), avviene necessariamente che i raggi del vero amore salgano con minore intensità verso l’alto. Ma fa parte della nostra felicità vedere commisurata l’entità dei nostri premi col nostro merito, proprio perché non li vediamo né minori né maggiori ‘del merito. Con questa corrispondenza la divina giustizia purifica i nostri sentimenti a tal punto, che questi non possono mai svolgersi verso il male. Come voci diverse formano un accordo armonioso, così diversi gradi di beatitudine nella nostra convivenza compongono una dolce armonia in questi cieli. E dentro questa gemma che è Mercurio, brilla l’anima luminosa di Romeo, la cui opera, grande e bella, fu mal compensata. Ma i Provenzali che lo calunniarono non ebbero da rallegrarsene in seguito; donde si vede che sbaglia strada chi (come l’invidioso) reputa danno proprio le buone opere altrui. Raimondo Berengario ebbe quattro figlie, e ciascuna di loro fu regina, e questo glielo procurò Romeo, uomo di umile origine e straniero. Le parole calunniose poi spinsero Raimondo a chiedere la resa dei conti a quest’uomo giusto, che gli restituì dodici per dieci. Dopo questo Romeo se ne partì povero e vecchio; e se il mondo sapesse la forza d’animo che egli ebbe nel mendicare a tozzo a tozzo il pane per vivere, sebbene lo lodi assai, lo loderebbe ancora di più.

Paradiso: VII Canto

Salve , o santo Dio degli eserciti, che rendi più luminosi con la tua luce i beati splendori di questi regni! ” Così, volgendosi al ritmo del suo canto mi parve che cantasse quell’anima, sulla quale si raccoglie una duplice luce: Beatrice non permise a lungo che io rimanessi in questo atteggiamento, e incominciò, illuminandomi di un sorriso tale, che renderebbe felice perfino chi si trovasse in mezzo alle fiamme: “ Secondo quello che io, senza possibilità d’errore, penso, ti rende perplesso il fatto che (come) una giusta vendetta abbia potuto meritare una giusta punizione; ma io libererò subito la tua mente (da questo dubbio); e tu ascolta, perché le mie parole ti faranno dono di una grande verità. Per non aver sopportato di porre alla propria volontà quel freno che tornava a suo vantaggio, Adamo l’uomo creato direttamente da Dio, condannando se stesso ( con il peccato originale),condannò tutta la sua discendenza, per cui la natura umana, malata spiritualmente, per molti secoli giacque immersa nel peccato, finché al Verbo di Dio piacque discendere nel grembo di Maria, dove congiunse alla propria natura divina, in unità di persona, la natura umana, che (con il peccato) si era allontanata dal suo Creatore e fece ciò solo per virtù ed opera dello Spirito Santo. Ora rivolgi la tua attenzione a quello che ti dimostrerò. La natura umana quando fu unita a Dio, com’era all’atto della creazione, fu senza la macchia del peccato originale e buona; ma, staccatasi per sua colpa da Lui, fu cacciata dal paradiso terrestre, perché si era allontanata dalla verità e da ciò che costituiva la sua vera vita ( cioè da Dio). Perciò se si valuta la pena della croce in rapporto alla natura umana assunta da Cristo, nessuna pena colpì mai con altrettanta giustizia; se ( invece ) si considera la persona che la patì, nella quale questa natura umana si era congiunta (alla natura divina), nessuna pena fu mai così ingiusta . Perciò da un medesimo atto ( la crocifissione ) derivarono effetti diversi, poiché la morte di Cristo piacque a Dio e ai Giudei; per questa morte la terra tremò e il cielo si aperse. (Dopo quello che ti ho detto) ormai non ti deve più sembrare difficile da capire, quando si afferma che una giusta punizione fu poi punita dal tribunale della giustizia divina. Ma ora vedo che la tua mente, passando da un pensiero all’ altro, è rima, sta chiusa dentro un dubbio, dal quale aspetta ansiosamente di essere liberata. Tu pensi: “Capisco chiaramente ciò che ho udito; ma mi rimane incomprensibile perché Dio, per redimerci, abbia scelto proprio questo modo (la passione di Cristo)”. Questa decisione, fratello, è nascosta agli occhi di coloro il cui intelletto non è stato cresciuto e nutrito dalla fiamma dell’amore di Dio ( perché solo essa può avvicinare l’uomo al mistero divino che è mistero d’amore). Tuttavia, poiché intorno a questo problema molto ha cercato la mente umana, ma poco è riuscita a capire, ti spiegherò perché questo modo ( quello, cioè, della passione di Cristo) è stato ritenuto da Dio il più adatto ( per punire e nello stesso tempo salvare gli uomini ). La divina bontà, che respinge lontano da se ogni sentimento contrario all’amore, ardendo in se stessa (del fuoco della carità), lo irradia intorno a se in modo da diffondere (su tutte le creature) le sue eterne bellezze. Ciò che deriva direttamente da Dio è eterno, perché rimane indelebile l’impronta divina quando è suggellata (sulle creature). . Ciò che discende direttamente da Lui è perfettamente libero, perché non è soggetto all’influsso dei cieli. (Ciò che è creato direttamente da Dio, essendo dotato di incorruttibilità e di eternità) è più conforme a Lui, e perciò gli è più gradito poiché lo splendore divino che irraggia ogni cosa, risplende più intensamente in quella che più gli assomiglia. Di tutte queste doti ( immortalità, libertà, somiglianza a Dio ) si avvantaggia (sulle altre cose create) l’uomo; e se una sola di queste sue proprietà gli viene a mancare, egli necessariamente decade dalla sua condizione di privilegio e di perfezione. Solo il peccato però lo priva di questa libertà (facendolo schivo delle passioni), e lo rende dissimile da Dio; per la qual cosa egli poi si illumina della luce divina, e non ritorna più nella sua dignità originaria, se non riempie il vuoto prodotto dalla colpa nell’anima con un’adeguata espiazione che si contrapponga al cattivo diletto (sperimentato nell’atto di peccare). La natura umana, quando peccò tutta nel suo progenitore, fu privata di questi doni che costituivano la sua dignità, così come venne privata del paradiso terrestre; né essi, se tu esamini con la necessaria sottigliezza, si potevano recuperare in altro modo senza passare per una di queste due vie; o che Dio perdonasse solo per un atto di misericordia, o che l’uomo da se stesso riparasse al suo folle errore. Volgi ora attentamente lo sguardo nell’infinita profondità delle decisioni divine, tenendoti stretto, quanto più puoi, al mio ragionamento. L’uomo, chiuso nei limiti di essere finito, non avrebbe mai potuto offrire adeguata riparazione al suo peccato, perché, ritornando all’ubbidienza, non poteva umiliarsi dopo la colpa originale tanto quanto aveva voluto innalzarsi allorché aveva disubbidito a Dio; e questo è il motivo per cui l’uomo fu escluso dalla possibilità di riparare da solo al suo peccato. Perciò era necessario che Dio reintegrasse l’uomo nella pienezza del suo stato primitivo per mezzo della misericordia o della giustizia, usando una delle due oppure entrambe. Ma poiché ogni opera è tanto più gradita a colui che la compie, quanto più dimostra la bontà dell’animo da cui è nata, la divina carità, che imprime il suo suggello sull’universo, si compiacque, per risollevarvi dal peccato, di procedere per entrambe le vie. Tra il primo giorno (quello della creazione) e l’ultima notte (quella del Giudizio Universale ) non ci fu né ci sarà mai un’azione così alta e magnifica, compiuta secondo misericordia o secondo giustizia: perché Dio si mostrò più generoso nell’offrire se stesso per rendere l’uomo capace di risollevarsi, che non se Egli avesse perdonato il peccato solo per un atto della sua misericordia; e tutti gli altri modi ( di redenzione ) sarebbero stati inadeguati a soddisfare la giustizia divina, se il Figlio di Dio non si fosse abbassato ad assumere la natura umana. Ora per appagare completamente ogni tuo desiderio (di sapere), torno indietro a chiarirti un punto del mio ragionamento, affinché, riguardo ad esso, tu possa comprendere la verità come la comprendo io. Tu ti chiedi: “Vedo che l’acqua, il fuoco, l’aria e la terra e tutti i corpi composti dalla varia unione di questi elementi sono soggetti a corruzione, e hanno una breve vita; eppure anche queste cose sono state create da Dio, per cui, se ciò che è stato detto (cfr. verso 68) è vero, esse dovrebbero essere immuni da corruzione”. Fratello, gli angeli e i cieli, la regione pura nella quale tu ti trovi, possono dirsi, e tali sono veramente, creati da Dio nella pienezza del loro essere; ma gli elementi che tu hai nominato e quelle cose che sono costituite dal loro vario comporsi prendono la loro forma da una causa seconda. La materia prima di questi elementi fu creata direttamente da Dio; creato direttamente fu anche il principio informatore in questi cieli che ruotano intorno a quegli elementi e ai loro composti, La luce e il moto dei cieli estraggono l’anima sensitiva degli animali e quella vegetativa delle piante dalla materia che in potenza è disposta a ciò; ma la somma bontà di Dio infonde direttamente nell’uomo l’anima intellettiva, e la fa innamorare di se in modo che poi senta sempre il desiderio del suo Creatore. E dal fatto che ciò che è creato direttamente da Dio non è soggetto a corruzione puoi dedurre anche la verità della risurrezione dei corpi, se tu consideri come si fece il corpo umano.

Paradiso: VIII Canto

I popoli pagani con loro danno ritenevano che il bel pianeta Venere diffondesse con i suoi raggi l’amore sensuale, volgendosi nel terzo epiciclo; per la qual cosa le genti antiche, chiuse nell’errore del paganesimo, non solo adoravano la dea Venere con sacrifici e con invocazioni accompagnate da voti, ma rendevano onore anche a Diana e Cupido, a quella come madre di Venere, a questo come figlio; e raccontavano che Cupido si era seduto in grembo a Didone; e da Venere, dal nome della quale inizio questo canto, trae il nome la stella che il sole contempla come un innamorato ora mentre essa si trova alle sue spalle, ora mentre si trova davanti a lui. lo non mi accorsi di salire in esso; ma mi resi conto di esservi giunto quando vidi la mia donna farsi più bella. E come nella fiamma si vede la scintilla, e come in due voci (che, cantando insieme, sembrano una sola) si distingue l’altra voce, se una sta ferma su una nota e la seconda si alza e si ad bassa, così nella luce del pianeta Venere scorsi altre luci muoversi in giro più o meno veloci, in proporzione, credo, alla maggiore o minore intensità della loro visione di Dio. Da una fredda nube non discesero mai venti, visibili o no, tanto veloci, che non apparissero ritardati (nel loro procedere) e lenti a chi avesse veduto quelle luci divine affrettarsi verso di noi interrompendo la danza circolare prima iniziata nel cielo degli alti Serafini; e all’ interno di quelle luci che apparvero davanti alle altre risuonava la parola “ Osanna ” con tanta dolcezza, che mai poi rimasi senza il desiderio di riudire quel canto. Poi una di queste si avvicinò di più a noi ed essa sola cominciò a parlare: “ Tutti siamo pronti a soddisfare ogni tuo desiderio, affinché tu tragga da noi motivo di gioia. Noi ci muoviamo con il coro angelico dei Principati nello stesso cerchio e con lo stesso movimento eterno e con lo stesso desiderio di Dio; ad essi tu un tempo, quando eri nel mondo, ti rivolgesti con questa canzone: “ Voi che ‘stendendo il terzo ciel movete”; e siamo così pieni d’amore, che, per compiacerti, non ci sarà meno dolce (rispetto alla danza e al canto) fermarci un poco (con te)”. Dopo che i miei occhi si furono rivolti a Beatrice per chiedere umilmente il permesso di parlare, ed ella li rese paghi e certi del suo consenso, ritornarono allo spirito che con tanta generosità si era offerto (di soddisfare ogni mio desiderio ), e le mie parole, pronunciate con tono di profondo affetto, furono: “Deh, chi siete?” Come lo vidi farsi più grande in ampiezza e fulgore per il nuovo gaudio che, quando gli rivolsi la parola, si aggiunse a quello che già provava come anima beata! Diventato più luminoso, mi disse: “ Il mondo mi ebbe poco tempo con se; e se fossi vissuto di più, si sarebbe evitato molto male, che invece avverrà. La letizia, che si diffonde intorno a me e mi ricopre come fossi un baco fasciato dal suo bozzolo, mi nasconde ai tuoi occhi. Assai mi amasti, e ben ne avesti ragione, perché se io fossi rimasto (più a lungo) in terra, ti avrei mostrato molto più che le fronde del mio affetto (offrendoti anche i suoi frutti ) . Mi aspettavano come loro signore a tempo debito ( dopo la morte di mio padre) la Provenza, che si stende lungo la riva sinistra del Rodano a sud del luogo in cui esso riceve le acque del Sorga, e quella parte d’Italia fatta a modo di corno che protende i suoi borghi di Bari, Gaeta e Catona a partire dal punto nel quale il Tronto e il Verde sfociano in mare. Mi risplendeva già sulla fronte la corona d’Ungheria, la terra che il Danubio bagna dopo essere uscito dal territorio germanico. E la bella Sicilia, che si vela di caligine nel tratto di costa fra il capo Passaro e il capo Faro presso il golfo di Catania, che è investito dallo scirocco più che da altri venti, non per colpa di Tifeo ma per le emanazioni sulfuree del terreno, avrebbe tuttora atteso i suoi re legittimi, che sarebbero discesi attraverso me da Cario e da Rodolfo, se il malgoverno, che sempre rattrista i popoli soggetti, non avesse mosso la popolazione di Palermo a ribellarsi al grido: “Morte, morte ( ai Francesi ) !” E se mio fratello prevedesse le conseguenze del malgoverno, già allontanerebbe da se l’avida povertà dei Catalani, perché non gli potessero nuocere; poiché bisogna veramente che da parte sua, o da parte altrui, si provveda affinché il suo regno già gravato (dalla sua cupidigia) non venga oppresso da nuovi pesi. La sua indole, che derivo avara da antenati liberali e generosi, avrebbe bisogno di funzionari tali che non si preoccupassero soltanto di riempire le loro borse ”. “ Poiché io credo che la profonda gioia che mi danno le tue parole, o mio signore, in Dio, principio e termine di ogni bene, tu la veda con la stessa chiarezza con la quale io la sento in me, tale gioia mi è più gradita; e mi è cara anche per un altro motivo, perché tu la vedi guardando direttamente in Dio (cosi come fanno tutti i beati). Mi hai reso felice, ma ora chiarisci un mio dubbio, poiché, con le tue parole, mi hai spinto a chiedermi in che modo da un seme dolce possa derivare un frutto amaro (cioè: in che modo possano discendere da una nobile stirpe rappresentanti degeneri). ” Io gli dissi queste cose; ed egli mi rispose: “ Se riuscirò a dimostrarti una verità fondamentale, tu potrai volgere gli occhi all’oggetto della tua domanda così come ora gli volgi le spalle (cioè: capirai il problema del quale, per il momento, non riesci a renderti conto). Dio, il Bene che muove e rende lieti i cieli attraverso i quali tu sali, fa si che la sua provvidenza diventi, in questi grandi corpi celesti, virtù ( capace di influire sul mondo sottostante ). Nella mente divina, di per se perfetta, non solo si provvede all’esistenza delle molteplici nature terrene, ma anche a quanto è loro utile: per tale motivo tutto ciò che è generato dall’influenza dei cieli è disposto secondo un fine prestabilito da Dio, come una freccia lanciata verso il suo bersaglio. Se così non fosse, i cieli che tu attraversi produrrebbero effetti tali, che non sarebbero opere ordinate e razionali, ma disordine e distruzione; tuttavia ciò e impossibile, se le intelligenze motrici di questi cieli non sono difettose, e se non è difettoso il primo intelletto ( Dio ), che, in questo caso, non le avrebbe create perfette. Vuoi che ti illumini maggiormente questa verità che ti ho enunciata? ” Ed io: “ No certamente, perché so che è impossibile che la natura venga meno al fine che si è prefissa”. Perciò egli rispose: “ Ora dimmi: sarebbe peggio per l’uomo sulla terra, se non vivesse in convivenza con gli altri? “ Sì ” risposi, “ e di questa verità non chiedo dimostrazione”. “ E potrebbe l’uomo essere cittadino (cioè far parte di un’organizzazione civile), se ciascuno nel mondo non vivesse in condizione diversa (rispetto a quella degli altri ), esercitando funzioni diverse? No certo, se Aristotile, il vostro maestro, vi insegna esattamente. ” Cosi venne svolgendo le sue deduzioni fino a questo punto poi concluse: “ Dunque (se gli uomini devono assumersi compiti differenti) è necessario che ( in ciascuno di voi ) siano diverse le attitudini dalle quali siete indotti a compiere uffici diversi: per la qual cosa uno nasce (con l’attitudine del legislatore, come) Solone, e un altro ( con quella del condottiero, come) Serse, uno (con la vocazione del sacerdote, come) Melchisedech e un altro (con quella dell’arte, come) Dedalo, l’artefice che, volando nell’aria, perse il figlio. Con il loro movimento circolare i cieli , che imprimono nelle creature il suggello della loro influenza, svolgono saggiamente la loro opera (distribuendo fra gli uomini attitudini diverse), ma (nel fare ciò) non distinguono tra casa e casa, tra famiglia e famiglia. Di qui accade che Esaù si differenzia da Giacobbe già al momento del concepimento, e che Romolo discende da un padre di così umile condizione, che se ne attribuisce la paternità a Marte. La natura dei figli sarebbe sempre simile a quella dei padri, se la provvidenza divina (per mezzo delle influenze celesti) non vincesse (la naturale tendenza per cui il figlio assomiglia al padre). Ora la verità che tu non vedevi ti è davanti agli occhi: ma affinché sappia che mi è dolce intrattenermi con te, voglio aggiungerti un corollario. Sempre la disposizione naturale, se trova discordanti da se le condizioni esterne, fa cattiva prova, come ogni seme che venga gettato in un terreno non adatto. E se il mondo laggiù tenesse conto delle inclinazioni poste dalla natura in ciascuno e le seguisse, avrebbe sempre gente valente (adatta, cioè, ad eseguire i compiti affidati dalle influenze celesti ). Ma voi costringete alla vita religiosa chi è nato per la vita militare, ed eleggete re chi è adatto a far prediche: per questo il vostro cammino è fuori della retta via ”.

Paradiso: IX Canto

O bella Clemenza, dopo che il tuo Carlo mi ebbe chiarito (il dubbio manifestatogli), mi predisse le ingiustizie che avrebbero subito i suoi figli; ma soggiunse: “ Taci, e lascia che passino gli anni ”; così che io non posso dire se non che ai torti da voi subiti seguirà un giusto castigo. E già l’anima di quella santa luce si era rivolta a Dio che la appaga pienamente, poiché Dio è il bene capace di soddisfare ogni desiderio. Ahi anime ingannate (dai beni mondani) e creature empie, che distogliete i vostri cuori da un bene siffatto, rivolgendo le vostre menti a cose vane! Ed ecco un’altra di quelle anime luminose si avvicinò a me, manifestando il desiderio di compiacermi col diventare più luminosa esternamente, Gli occhi di Beatrice, che erano fissi sopra di me, come già prima, mi fecero certo del suo gradito consenso al mio desiderio (di parlare). Dissi: “ Deh, spirito beato, soddisfa subito il mio desiderio, e dammi la prova che io posso riflettere in te (come in uno specchio) il mio intimo pensiero (senza esprimerlo)! ” Perciò quella luce che m’era ancora sconosciuta, dall’interno del suo splendore, da dove prima traeva la voce per cantare, continuò con lo stesso atteggiamento di colui al quale piace fare del bene (agli altri); “ In quella parte della corrotta terra italica situata tra l’isola di Rialto e le sorgenti del Brenta e del Piave, sorge, ma non è molto alto, un colle, dal quale un tempo scese una fiamma di guerra che causò gravi danni alla regione. Io ed Ezzelino nascemmo dagli stessi genitori : fui chiamata Cunizza, e risplendo nella sfera di Venere perché (in vita) fui dominata dall’influsso di questo pianeta; ma ora con gioia perdono a me stessa l’inclinazione amorosa che mi ha fatto assegnare a questo cielo, e non me ne affliggo; il che ai comuni mortali sembrerà forse arduo a comprendersi. (Sulla terra) è rimasta grande fama di questo spirito che più degli altri mi è vicino, e che rappresenta una luminosa e preziosa perla del nostro cielo e prima che la sua fama si spenga, questo centesimo anno ( che chiude il secolo) si ripeterà ancora per cinque volte; vedi dunque che l’uomo deve cercare di diventare famoso (per opere virtuose), in modo che la vita mortale lasci dietro di se un’altra vita (quella della buona fama). E a questa conquista della giusta gloria non pensa la turba che vive oggi nel territorio compreso tra il Tagliamento e l’Adige e neppure si pente per quanto colpita da castighi; ma presto accadrà che i Padovani faranno cambiare (col loro sangue ) il colore all’acqua delle paludi formate dal Bacchiglione che bagna Vicenza, essendo gente restia a compiere il loro dovere (verso l’Impero). E a Treviso, dove si congiungono le acque del Sile e del Cagnano, Rizzardo da Camino tiranneggia e procede superbo, mentre già si sta apprestando la rete per farlo cadere.Anche Feltre piangerà per la colpa del suo empio vescovo, la quale sarà così turpe, che mai per un delitto simile alcun condannato entrò in Malta. Troppo grande dovrebbe essere la bigoncia per contenere il sangue dei Ferraresi, e si stancherebbe chi volesse pesarlo a oncia a oncia, sangue che questo prete generoso (verso i Guelfi) donerà per mostrarsi fedele al suo partito; e simili doni saranno conformi al costume diffuso in questa regione. Lassù (nell’Empireo) ci sono intelligenze angeliche che voi chiamate Troni, dalle quali come da specchi è riflessa su di noi la luce della giustizia divina: sì che questi discorsi (pur nella loro durezza) ci appaiono giusti (perché ispirati da Dio stesso). ” Qui Cunizza tacque; e mi mostrò d’aver rivolto la sua attenzione ad altro, per il fatto di essere ritornata alla danza circolare come faceva prima di parlarmi. L’altro spirito gioioso, che mi era già noto come una perla preziosa, si offerse alla mia vista come un fine rubino balascio in cui il sole rifletta i suoi raggi. Nel paradiso per manifestare la letizia si accresce lo splendore, come in terra si accresce il sorriso; ma in terra (poiché non c’è sempre gioia, ma anche dolore) l’immagine esteriore si rabbuia, in proporzione alla tristezza dell’animo. Io dissi: “ O spirito beato, Dio vede ogni cosa, e la tua conoscenza penetra in lui, in modo che nessun desiderio può rimanere nascosto a te. Dunque la tua voce, che sempre rallegra il cielo insieme al canto dei Serafini, gli angeli che s’ammantano di sei ali. perché non soddisfa i miei desideri (con una risposta)? Se io mi immedesimassi nei tuoi pensieri, come tu ti immedesimi nei miei, già non attenderei la tua domanda ”. Allora così incominciarono le sue parole: “ Il Mare Mediterraneo, il bacino più grande in cui si riversi l’acqua dell’oceano che circonda la terra emersa, tra le sponde opposte (d’Europa e di Africa), tanto si distende da occidente verso oriente, che (all’estremità orientale: a Gerusalemme) fa da meridiano là dove prima (all’estremità occidentale: alle colonne di Ercole) si suole vedere come orizzonte. Io vissi sulla riva di quel mare compreso tra le foci dell’Ebro ( in Spagna ) e quelle della Magra, che per un breve tratto fa da confine tra la Liguria e la Toscana. Avendo quasi in comune il tramonto e il sorgere del sole giacciono (sullo stesso meridiano) Bugia e la città dove sono nato Marsiglia, la quale un tempo riscaldò le acque del suo mare con il sangue dei propri cittadini. Quella gente alla quale fu noto il mio nome mi chiamo Folco, e il cielo di Venere è ora segnato dalla mia luce, come io sulla terra fui segnato dal suo influsso amoroso. poiché Didone, la figlia di Belo, non arse di maggior passione (verso Enea), recando oltraggio a Sicheo e a Creusa, di quanto non ardessi io, finché si convenne alla mia età giovanile; né più di me arse di passione la rodopea Fillide che fu abbandonata da Demofoonte, né Ercole quando il suo cuore fu preso da amore per Iole. In paradiso non proviamo pentimento per queste cose, ma si gioisce, non per la colpa commessa, che non torna più in mente, bensì per la virtù divina che ha disposto ( l’influsso di questo cielo su di noi) e ha provveduto (alla nostra salvezza eterna ). Qui si contempla l’arte divina che produce opere così mirabili, e si comprende chiaramente il fine benefico per cui i cieli modellano la terra con i loro influssi. Ma affinché tutti i desideri che sono sorti in te in questo cielo siano interamente appagati, devo procedere ancora oltre (col mio discorso). Tu desideri sapere chi è lo spirito nascosto in questa luce che qui accanto a me risplende con lo stesso scintillio di un raggio di sole in uno specchio d’acqua pura. Ora sappi che là dentro gode la sua pace eterna Raab; e poiché ella è unita alla nostra schiera di spiriti amanti, questa schiera riceve in sommo grado l’impronta della sua luce. Raab fu accolta dal cielo di Venere, in cui termina il cono d’ombra proiettato dalla terra, prima di qualsiasi altra anima redenta dal trionfo di Cristo. Ben fu giusto che Cristo la accogliesse in uno di questi cieli come segno della grande vittoria (sull’inferno) che Egli consegui con la sua crocifissione, perché ella favorì la prima delle imprese gloriose di Giosuè nella Terrasanta, la quale poco torna alla memoria del pontefice. Firenze, la tua città natale, che ( per i suoi vizi) è pianta nata dal seme di Lucifero, colui che per primo si ribellò al suo Creatore e la cui invidia ( verso il genere umano) fu causa di tanto pianto (perché per invidia Lucifero indusse i progenitori al peccato), conia e diffonde il maledetto fiorino che ha messo fuori strada il gregge dei cristiani, poiché ha trasformato i pastori in lupi. Per questo sono lasciati in disparte gli insegnamenti del Vangelo e dei grandi Padri della Chiesa, e si attende solo allo studio delle Decretali, come appare dai margini (annotati e consunti dei libri che le contengono ). Al fiorino e alle Decretali attendono il papa e i cardinali: i loro pensieri non vanno a Nazareth, là dove l’Arcangelo Gabriele diresse il suo volo ( per annunciare a Maria la divina maternità ) . Ma il colle Vaticano e gli altri luoghi insigni di Roma, che furono la tomba dell’esercito dei martiri seguaci di Pietro, saranno presto liberati da questa profanazione ”.

Paradiso: X Canto

Dio Padre, potenza prima ed inesprimibile, contemplando il Figlio (la Sapienza) con lo Spirito Santo ( l’Amore ) che Padre e Figlio spirano eternamente, creò con ordine così perfetto tutto ciò che prende vita nella mente (le cose spirituali) e nello spazio ( le cose materiali ), che chi contempla l’opera del creato non può fare a meno di godere di questa potenza ordinatrice. Alza dunque con me, o lettore lo sguardo ai cieli ruotanti, precisamente quel punto dove il moto diurno di tutti i corpi celesti si incontra col moto annuo dei pianeti; e da quel punto comincia a contemplare con amore l’opera di quell’Artefice che nella sua mente l’ama a tal punto da non distaccare mai l’occhio (della sua provvidenza) da essa. Vedi come da quel punto si distacca il cerchio obliquo (dello zodiaco) nel quale si muovono i pianeti, per soddisfare le esigenze della terra che ha bisogno di essi e delle loro influenze. E se la strada percorsa dai pianeti (lo zodiaco) non fosse obliqua, molta della virtù attiva dei cieli resterebbe inutile, e quaggiù sulla terra sarebbe spenta quasi ogni potenzialità di vita; e se l’inclinazione dello zodiaco rispetto all’equatore fosse maggiore o minore, ne deriverebbe una grave imperfezione all’ordine terrestre nell’emisfero australe e in quello boreale. Ora, o lettore, resta pure seduto sul tuo banco, a meditare su quello di cui ti ho offerto soltanto un assaggio, se vuoi provare la gioia (della scienza) che non lascia avvertire la stanchezza. Ti ho messo in tavola il cibo: ormai puoi servirti da solo, perché l’argomento di cui ho incominciato a scrivere concentra su di se tutta la mia attenzione. Il sole, il più importante ministro esistente nel creato, il quale più degli altri astri imprime nel mondo le virtù degli influssi celesti e con la sua lúue ci dà la misura del ‘tempo, trovandosi in congiunzione con quel punto che ho prima ricordato, girava per le spirali ascendenti dello zodiaco nelle quali sorge ogni giorno più presto ; ed io mi trovavo nel cielo del Sole ; ma non mi ero accorto del mio salire, allo stesso modo in cui l’uomo non s’accorge del sopraggiungere di un pensiero prima del suo manifestarsi alla coscienza. E’ Beatrice colei che in tal modo guida da un cielo inferiore ad un altro superiore con tanta rapidità, che la durata dell’atto non si estende in uno spazio di tempo percettibile. Quanto dovevano essere luminose per se stesse che erano nel cielo del Sole dove io entrai, visibili non per il colore diverso, ma per la luce più intensa (che irradiavano)! Per quanto io chiamassi in aiuto tutto il mio ingegno e l’arte e l’esperienza non riuscirei mai a trovare un’espressione tanto efficace, da far immaginare (quello che vidi); ma si può credere (alle mie parole) e intanto si può desiderare di vederlo (in cielo). E non c’è da stupirsi se la nostra facoltà immaginativa è insufficiente a rappresentare una così intensa luminosità, perché non vi fu mai alcun occhio mortale che potesse vedere una luce superiore a quella del sole. Così era qui la quarta schiera delle anime elette dall’eccelso Padre, che continuamente le appaga, rivelando come genera il Figlio e come lo Spirito Santo spira (da Lui e dal Figlio). E Beatrice cominciò a dire: “ Ringrazia, ringrazia Dio, il sole degli angeli, perché per sua grazia ti ha elevato a questo sole percepibile coi sensi”. Non ci fu mai cuore di uomo mortale così disposto alla devozione e tanto pronto a volgersi a Dio con tutta la sua gratitudine, quale divenne il mio a quelle parole; e tutto il mio amore si concentrò in Lui a tal punto, che cancellò dalla mia memoria Beatrice. A lei non dispiacque; anzi ne fu così lieta, che il fulgore dei suoi occhi sorridenti distrasse la mia mente concentrata in Dio dividendola tra due oggetti (in più cose: fra Dio e Beatrice). Io vidi numerosi splendori, tanto vivi da vincere (la luce del sole ) disporsi in corona attorno a noi, ed erano più dolci nel loro canto di quanto non fossero luminosi nel loro aspetto: così vediamo talvolta la luna ( identificata nella mitologia classica con la dea Diana, figlia di Latona e di Giove) cingersi di un alone, quando l’aria è così satura di vapori, che trattiene in se il raggio lunare che forma la cintura luminosa. Nella corte celeste, dalla quale io sono tornato, ci sono molte gemme così preziose e belle che non è possibile portarle fuori di quel regno (e descriverle); e il canto di quegli spiriti splendenti era una di quelle gemme: chi non mette le ali in modo da poter volare fin lassù, è come se attendesse notizie di quei luoghi da un muto. Dopo che, cantando in modo cosi dolce, quelle luci ardenti ebbero fatto tre giri intorno a noi, muovendosi lentamente come stelle che ruotano vicine ai poli fissi (del cielo), esse mi apparvero come donne che, senza interrompere le movenze della danza, si arrestino in silenzio, rimanendo in ascolto finché non abbiano percepito le nuove note musicali (che annunciano un nuovo giro di danza); e dentro ad una di queste luci udii dire: “ Poiché il raggio della grazia divina, da cui è acceso in noi l’amore del vero bene (Dio) e che poi in virtù di questo amore cresce sempre più, risplende in te così moltiplicato, che ti conduce su per la scala dei cieli, per la quale nessuno può discendere senza che poi possa risalire, chi ti rifiutasse il vino della sua ampolla per soddisfare la tua sete (di sapere ), non godrebbe della libertà (che distingue i beati), proprio come un corso d’ acqua che non va a gettarsi in mare ( perché impedito da qualche ostacolo). Tu vuoi sapere di quali anime si adorna questa corona che, standole intorno, contempla con amore Beatrice, la bella donna che ti dà la virtù necessaria per salire al cielo. Io fui uno degli agnelli del santo gregge che Domenico guida per un cammino dove ci si può arricchire spiritualmente se non si inseguono cose vane. Questo che a destra mi è più vicino, mi fu fratello e maestro, ed è Alberto di Colonia, ed io sono Tommaso d’Aquino. Se vuoi parimenti essere informato su tutti gli altri spiriti, segui il mio discorso con lo sguardo girando gli occhi sulla ghirlanda di questi beati. Quell’altra fiamma è l’espressione della felicità di Graziano, il quale giovò al tribunale civile e a quello ecclesiastico, tanto che la sua opera è gradita a Dio. L’altro che vicino a Graziano adorna il nostro coro, fu quel Pietro che offrì il tesoro della sua sapienza alla Santa Chiesa come la poverella ( del Vangelo) . Il quinto spirito, che è il più splendente tra noi, nelle sue opere spira tale amore, che tutto il mondo laggiù sulla terra brama sapere (se sia salvo o dannato): in questa luce intelligenza di Salomone, nella quale venne infusa una sapienza così profonda, che, se la Sacra Scrittura è verace, non nacque mai un uomo dotato di così grande scienza. Vicino a lui vedi la luce di quel luminare che sulla terra, durante la vita mortale, trattò più a fondo di tutti la natura e l’ufficio degli angeli. Nell’altra luce più piccola sorride quel difensore del Cristianesimo dei cui discorsi si giovò Sant’Agostino. Ora se muovi l’attenzione della mente da una luce all’altra seguendo l’ordine dei miei elogi, già ti fermi con il desiderio di sapere chi sia l’ottava. Dentro è beata perché vede Dio, sintesi d’ogni bene, l’anima santa di Boezio, la quale a chi ben medita le sue opere manifesta la vanità dei beni mondani: il corpo dal quale fu cacciata (con violenza) è sepolto giù in terra nella chiesa di San Pietro in Ciel d’Oro; ed essa giunse nella nostra pace celeste dopo il martirio e l’esilio terreno. Dopo Boezio vedi come fiammeggiano le anime ardenti di Isidoro, di Beda e di Riccardo, che nella scienza della contemplazione fu dotato di intelligenza superiore a quella di un uomo. Questi per cui il tuo sguardo ritorna a me, è la luce di uno spirito al quale, vivendo immerso in angosciosi pensieri, parve di arrivare troppo tardi alla morte: è la luce inestinguibile di Sigieri, il quale insegnando (a Parigi) in via della Paglia, espose con sillogismi verità che gli procurarono l’invidia degli avversari ”. Poi, come un orologio a sveglia che ci chiami nell’ora in cui la Chiesa sorge a cantare le lodi del mattino al suo Sposo perché continui ad amarla, orologio nel quale una parte del congegno tira e spinge producendo un tintinnio con melodia così dolce, che riempie d’amor di Dio l’anima fervorosa, allo stesso modo (in cui si muove questo orologio) vidi la gloriosa corona dei beati muoversi danzando e accordare una voce all’altra con una modulazione e una dolcezza tali che non possono essere conosciute se non in paradiso, là dove la gioia (che ispira questo canto) dura in eterno.



 
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