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Parafrasi del Paradiso della "Divina Commedia" di Dante, 21 - 30

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view post Posted on 9/5/2010, 21:07     +1   -1




Paradiso: XXI Canto

Già i miei occhi erano nuovamente fissi nel volto della mia donna, e con gli occhi anche l’animo, che si era distolto da ogni altro oggetto. E Beatrice non sorrideva: ma cominciò a parlare dicendomi: “ Se ti mostrassi il mio riso, tu diventeresti come Semele, quando fu incenerita (per aver contemplato Giove nel fulgore della sua luce divina); perché la mia bellezza che, come hai potuto vedere, sempre più risplende, quanto più si sale per i cieli del paradiso, se non si moderasse, risplenderebbe tanto, che la tua facoltà visiva di uomo, di fronte al suo fulgore, sarebbe come una fronda che ‘ La folgore schianta. Noi siamo innalzati al settimo cielo di Saturno, il quale trovandosi. congiunto con la costellazione del Leone, irraggia ora sulla terra la sua influenza mescolata a quella del Leone. Fissa la tua attenzione in quel che vedranno i tuoi occhi, e fa che questi diventino specchi in cui si rifletta l’immagine che ti apparirà in questo cielo”. Chi sapesse qual era l’appagamento del mio sguardo nel contemplare l’aspettò beato di Beatrice, quando io volsi gli occhi ad altro, potrebbe capire, paragonando l’una cosa con l’altra (cioè il piacere di guardarla con quello di obbedirle), quanto mi era gradito obbedire alla mia guida celeste. Dentro al pianeta trasparente che girando intorno al mondo, porta il nome di Saturno, re caro al mondo perché sotto il suo governo ogni malizia umana rimase come spenta, vidi una scala del colore dell’oro su cui risplendeva un raggio di sole, la quale si alzava tanto verso l’alto, che i miei occhi non ne vedevano la cima. E vidi pure scendere giù per i gradini tanti spiriti luminosi, che io pensai che ogni luce che appare nel cielo si diffondesse da questa fonte. E come, secondo il loro istinto, le cornacchie, all’alba, volano a schiera per scaldarsi le ali intirizzite, poi alcune vanno via senza più tornare, altre ritornano al nido da dove erano partite, e altre girando intorno, restano là dove si trovano, in tal modo mi parve si comportassero qui quelle luci sfavillanti che scesero insieme dalla scala, non appena si imbatterono in un certo gradino. E lo spirito che si fermò più vicino a noi, divenne così splendente, che io dicevo dentro di me: “ Intendo bene l’amore che tu mi manifesti ( sfavillando ) ”. Ma Beatrice dalla quale aspetto l’indicazione di come e quando devo parlare o tacere, non fa cenno: perciò io, contro il mio desiderio, credo di agire bene non facendo domande. Per cui essa, che vedeva il motivo del mio silenzio attraverso la contemplazione di Dio che tutto vede, mi disse: “ Sciogli il tuo ardente desiderio di parlare ”. E io cominciai: “ Il mio merito non mi fa degno della tua risposta; ma per amore di colei che mi concede di interrogarti, o anima beata che te ne stai nascosta dentro alla luce, segno della tua letizia, dimmi il motivo che ti ha indotta a fermarti così vicino a me; e dimmi perché in questo cielo di Saturno non si ode il dolce canto paradisiaco, che nei cieli più bassi risuona tanto devoto ”. Mi rispose: “ La tua facoltà auditiva, come quella visiva, è d’uomo mortale; perciò qui non si canta per la stessa ragione per cui Beatrice non ha riso. Sono disceso tanto giù per i gradini di questa scala santa, solo per far festa a te con le parole e con la luce che mi riveste: né un amore più grande che negli altri spiriti mi fece più rapida a scendere; perché un amore maggiore o uguale al mio arde in ogni anima che è di qui in su, per questa scala, così come te lo manifesta il loro risplendere. Ma l’amore divino, che ci fa ancelle pronte ad ubbidire alla volontà divina governante il mondo, assegna in sorte qui a ciascuna di noi l’ufficio che essa compie, come tu vedi”. lo replicai: “ O anima santa che risplendi, io comprendo bene come in questa corte celeste il vostro libero amore basta a farvi eseguire i decreti della divina provvidenza; ma ciò che mi sembra difficile a capire è questo: perché tu sola, fra le tue compagne, fosti predestinata a questo ufficio (di venirmi a parlare) ”. Non avevo ancora pronunciato l’ultima parola, che lo spirito luminoso fece centro del suo punto mediano, girando su se stesso come una veloce macina: poi lo spirito ardente d’amore chiuso dentro la luce, rispose: “ La luce divina converge sopra di me, penetrando attraverso questa luce, nel cui seno sono racchiusa, e la sua potenza, unita alla mia intelligenza, m’innalza tanto al di sopra di me, che io riesco a vedere la suprema essenza, Dio, da cui quella luce deriva, Da questa visione viene la letizia di cui risplendo; perché io uguaglio la luminosità del mio splendore alla visione che io ho di Dio, per quanto essa riluce. Ma anche quell’anima che nel cielo più s’illumina di luce, anche quel serafino che più penetra con l’occhio in Dio, non potrebbe soddisfare alla tua domanda; poiché quello che tu chiedi si addentra tanto nel segreto degli eterni decreti di Dio, che è separato dall’intelligenza di ogni essere creato. E quando ritornerai, riferisci questo al mondo degli uomini, cosicché esso non ardisca più dl indirizzarsi verso una meta cosi alta. L’intelligenza umana, che qui in cielo risplende di luce, sulla terra è avvolta dal fumo dell’errore perciò considera come possa l’intelligenza in terra quello che non può neppure quando il cielo l’ha assunta nella sua gloria ”. Le sue parole mi segnarono il termine della questione, così che io l’abbandonai, e mi limitai a domandare umilmente all’anima chi fosse. “Tra le due sponde d’Italia (del Tirreno e dell’Adriatico), s’innalzano, non molto lontani dalla tua patria, i monti dell’ Appennino tanto alti, che i tuoni risuonano assai più in basso (durante i temporali ), e formano una gobba che si chiama Catria, sotto la quale c’è un sacro eremo ( il monastero di Fonte Avellana), il quale soleva essere destinato solo al servizio di Dio. Così l’anima riprese a parlarmi per la terza volta; poi, continuando, aggiunse: “ A Fonte Avellana mi dedicai con tanta vocazione al servizio di Dio, che solo con cibi conditi con olio d’oliva trascorrevo agevolmente le estati e gli inverni, pago della mia vita di contemplazione . Quel monastero soleva allora fruttare al paradiso larga messe di anime, ora è diventato così sterile, che presto ciò dovrà manifestarsi al mondo. In quel monastero io fui col nome di Pietro Damiano, e Pietro Peccatore mi chiamai nella comunità di Nostra Signora (presso Ravenna) sul litorale Adriatico”. Mi rimanevano pochi anni della mia vita mortale, quando fui chiamato e indotto a prendere quel cappello cardinalizio che oggi passa soltanto da un prelato cattivo a uno peggiore. San Pietro e San Paolo, il vaso d’elezione dello Spirito Santo vennero sulla terra affamati e scalzi, accettando il cibo da qualunque casa ospitale. Ora invece i moderni prelati vogliono chi li sorregga da una parte e dall’altra e chi li conduca, tanto son corpulenti!, e chi seguendoli tenga loro alzato lo strascico. Cavalcando, coi loro mantelli ricoprono anche i cavalli; sicché sotto una stessa copertutura procedono due bestie ( la cavalcatura e il cavaliere ): o pazienza di Dio che sopporti tanta vergogna ! ” A queste parole io vidi numerose luci scendere della scala di gradino in gradino e roteare su di se, e ad ogni giro diventare più luminose. Vennero a fermarsi attorno all’anima di Pier Damiano, ed emisero un grido cosi alto, che non potrebbe trovare un paragone in questa terra: né io potei capire le parole; tanto mi assordò il suo rimbombo simile ad un tuono.

Paradiso: XXII Canto

Sopraffatto dallo stupore (per il grido dei beati ), mi volsi verso la mia guida, come fanciullo che ricorre sempre alla madre, colei nella quale ha maggior fiducia; e Beatrice, come madre che subito viene in soccorso al figlio pallido e ansioso con le sue parole, che sogliono tranquillizzarlo, mi disse: “ Non ti ricordi che sei in paradiso ? e non sai che in paradiso tutto è santo, e che tutto quello che qui si fa deriva da carità ardente ? Ora, dopo che il grido dei beati ti ha tanto sconvolto, puoi comprendere quanto più ti avrebbero sconvolto il loro canto e lo splendore del mio sorriso (cfr. canto XXI, versi 58-60 e 4-12); e se tu avessi potuto capire la preghiera contenuta in quel grido, già ti sarebbe svelata la punizione divina che vedrai prima della tua morte. La spada della giustizia divina non colpisce né troppo presto né troppo tardi, eccetto che nel giudizio di colui che, desiderando la punizione divina o temendola per se, l’aspetta ( con ansia). Ma osserva ormai gli altri beati, perché vedrai anime molto famose, se rivolgi lo sguardo così come ti dico ”. Rivolsi gli occhi, come Beatrice desiderava, e vidi un numero infinito di piccole sfere che illuminandosi a vicenda splendevano più intensamente. Io ero nello stesso stato d’animo di colui che reprime in sé lo stimolo del desiderio, e non osa domandare, tanto teme di eccedere i limiti della discrezione; e la più grande e la più luminosa di quelle gemme si fece avanti, per appagare il mio desiderio rivelandomi il suo nome. Poi dentro la luce che l’avvolgeva udii: “Se tu conoscessi, come conosco io, la carità che arde in noi, avresti espresso il tuo pensiero ( senza timore di essere inopportuno ). Ma affinché tu, indugiando ( a parlare), non debba ritardare il raggiungimento della tua alta meta ( la visione di Dio nell’Empireo), risponderò alla domanda soltanto pensata che tu esiti così tanto ( a tradurre in parole). La vetta di quel monte sulle cui pendici sorge Cassino, fu un tempo frequentata da popolazioni immerse nelle false credenze del paganesimo e restie (ad accogliere la vera fede); ed io sono colui che per primo diffuse in quei luoghi il nome di Cristo, colui che portò sulla terra la verità che ci innalza alla beatitudine eterna; e risplendette sopra di me tanta grazia divina, che riuscii ad allontanare gli abitanti dei borghi circostanti dall’empio culto pagano che aveva attratto a sé tutto il mondo. Questi altri spiriti luminosi furono nella vita tutti dediti alla contemplazione, accesi di quell’ardente carità che produce pensieri e opere sante. Qui si trova Macario, qui si trova Romualdo, qui si trovano quei benedettini che rimasero fedeli alla vita del chiostro tenendosi stretti, con saldo cuore, alla regola ”. Ed io a lui: “ La carità che dimostri rivolgendomi la parola, e la benevola espressione che vedo e osservo nello aspetto luminoso di voi tutti, hanno accresciuto la mia fiducia così come fa il sole con la rosa quando essa (al calore dei raggi) si apre in tutta la sua pienezza. Perciò ti prego, e tu, padre, dimmi se sono degno di ottenere una grazia tanto grande, affinché possa vederti nella tua figura umana, liberata (dalla luce che la fascia)”. Per cui egli rispose: “ Fratello, il tuo alto desiderio sarà soddisfatto nell’ultimo cielo ( nell’Empireo, sede di Dio e reale dimora dei beati ), dove tutti desideri e perciò anche il mio ( che è quello di accogliere la tua richiesta) trovano il loro appagamento, Là ciascun desiderio e compiuto, giunto alla sua pienezza e senza difetti; solo in quest’ultimo cielo ogni parte è perfettamente immobile, perché (esso) non è nello spazio, e non ha i poli celesti intorno a cui girare; e la nostra scala sale fin lassù, per cui si sottrae così alla tua vista. Il patriarca Giacobbe, quando la scala gli apparve così piena di angeli (che salivano e scendevano) ne vide la cima protendersi fino all’ultimo cielo. Ma, per salirla, oggi nessuno alza i piedi da terra, e la mia regola è rimasta solo per sciupare la carta (dove viene trascritta). I monasteri che solevano essere rifugio di santa vita sono diventati spelonche di ladroni, e le tonache monacali son simili a sacchi pieni di farina guasta . Ma la più grave usura (frutto del denaro dato a prestito) non offende tanto profondamente la volontà di Dio, quanto l’avidità delle rendite ecclesiastiche che travia l’animo dei monaci, perché tutto ciò che la Chiesa custodisce, appartiene ai poveri che chiedono la carità in nome e per amore di Dio, non ai parenti degli ecclesiastici o ad altre persone che è preferibile non nominare ( concubine e figli naturali ). La natura umana è cosi debole, che giù nella terra un buon proposito iniziale (quale fu quello offerto dalla Regola di San Benedetto) non dura neppure per il periodo che va dalla nascita della quercia al suo fruttificare ( periodo che è di circa venti anni ). San Pietro diede inizio alla comunità della Chiesa senza possedere né oro né argento, ed io diedi inizio al mio ordine con le preghiere e i digiuni, e San Francesco con la umiltà. E se consideri il periodo iniziale di ciascuna comunità, e poi rifletti fino a che punto essa è degenerata, tu vedrai che il bianco si è mutato in nero (cioè: le virtù iniziali si sono cambiate negli opposti vizi). Tuttavia l’aver fatto retrocedere le acque del Giordano e aprire le acque del mare, quando Dio lo volle, furono cose più mirabili a vedersi di quello che sarà il rimedio divino a questa corruzione”. Così mi parlò, e poi si riunì alla sua schiera, e questa si chiuse in un gruppo compatto; poi, come un turbine, salì roteando verso l’Empireo. La mia dolce guida mi sospinse dietro a loro, su per quella scala, con un solo cenno, tanto la sua virtù riuscì a vincere il peso del mio corpo; e mai sulla terra, dove si sale e si scende con mezzi naturali vi fu un movimento così veloce da poter, si paragonare alla rapidità del mio volo. Così possa io tornare, o lettore, in paradiso per meritare il quale spesso piango i miei peccati e mi percuoto il petto, (come è vero) che io vidi la costellazione dei Gemelli, che segue quella del Toro, ed entrai in essa in un tempo più breve di quello che tu avresti impiegato a mettere e trarre il dito dal fuoco. O stelle dispensatrici di gloria, o luce piena di nobile potenza, all’influsso della quale devo attribuire tutto il mio ingegno, qualunque sia il suo valore, il sole, che ( con il suo calore ) è sorgente di ogni vita sulla terra, nasceva e tramontava in congiunzione con voi, allorché respirai per la prima volta l’aria di Toscana; e poi, quando mi fu concessa la grazia di salire nel cielo ( delle stelle fisse ), che girando provoca anche il vostro movimento, ebbi in sorte di giungere nella parte di questo cielo da voi occupato. A voi ora il mio animo s’ innalza devotamente, per acquistare la forza necessaria ad affrontare l’ardua prova che lo attira a se. “Tu sei così vicino a Dio ” cominciò Beatrice, “ che i tuoi occhi devono ormai essere limpidi e penetranti: e perciò, prima che tu penetri più profondamente nella visione divina (t’inlei: riferito a ultima salute), guarda verso il basso, e osserva quanta parte del mondo ti ho ormai fatto percorrere, così che il tuo cuore si presenti lieto, quanto più gli è possibile, alle schiere trionfanti che avanzano piene di gaudio in questa sfera celeste. ” Ripercorsi con lo sguardo tutti i sette cieli (che avevo attraversato), e vidi la sfera terrestre così piccola, che sorrisi della sua meschina apparenza; e riconosco come migliore il giudizio di coloro che più la disprezzano; e chi pensa alle cose celesti (invece che a quelle terrene ) si può chiamare veramente virtuoso. Vidi la luna (figlia di Latona e di Apollo, in quanto identificata, nella mitologia classica, con Diana) illuminata senza quelle macchie a causa delle quali io l’avevo ritenuta costituita da parti rare e dense. Qui, o Iperione, riuscii a sopportare la vista del sole, tuo figlio, e vidi, o Maia e Dione, come intorno e vicino a lui si muovono i pianeti (Mercurio e Venere ). Di li mi apparve l’influsso temperatore di Giove tra Saturno, suo padre, e Marte, suo figlio; e di li vidi chiaramente il variare delle loro posizioni. E tutti e sette i pianeti mi si mostrarono nella loro grandezza, e nella loro velocità, e nella distanza che intercorre fra la zona dell’uno e quella dell’altro. Mentre mi volgevo con la costellazione dei Gemelli, la terra, che, pur piccola come un’ala, ci rende tanto feroci (spingendoci gli uni contro gli altri per il possesso dei suoi efflmeri beni ), mi apparve tutta, dai suoi luoghi più alti fino a quelli più bassi, dove i fiumi sfociano in mare. Poi rivolsi i miei occhi verso quelli luminosi di Beatrice.

Paradiso: XXIII Canto

Come l’uccello, in mezzo alle fronde amate ( perché tra esse vi è il suo nido), dopo aver riposato presso il nido delle sue dolci creature durante la notte che ci nasconde tutte le cose, il quale, per poter vedere le care sembianze dei suoi nati e cercare il cibo con cui nutrirli, ricerca nella quale gli sono gradite (anche) le più dure fatiche, previene il sorgere dell’alba (fuori dal nido) posato su un ramo scoperto, e attende con vivo desiderio l’apparire del sole, guardando fissamente solo se spunti l’ alba, così Beatrice stava eretta e attenta, rivolta verso quella parte del cielo dove il sole sembra rallentare il suo corso: così che, vedendola assorta e ansiosa, il mio stato d’animo divenne uguale a quello di colui che desidera ciò che ancora non ha, e acquieta il suo animo con la speranza (di poter ottenere l’oggetto del suo desiderio ). Ma poco tempo trascorse tra l’uno e I altro momento, tra il momento dell’attesa, dico, e quello in cui vidi il cielo che si veniva sempre più rischiarando. E Beatrice disse: “ Ecco le schiere delle le anime redente dal sacrificio di Cristo e tutto il frutto Mi sembrava che il suo volto si illuminasse di un fulgore vivissimo, e i suoi occhi erano così pieni di letizia, che sono costretto a procedere oltre senza parlarne. Come nei pleniluni sereni la luna (Trivia: accanto a quelli di Ecate e di Diana, è il nome solitamente usato nella mitologia per indicare la luna) splende in mezzo alle stelle che dipingono con le loro luci il cielo in ogni sua parte, così vidi sopra migliaia di anime luminose uno splendore abbagliante (Cristo), che con la sua luce le accendeva tutte quante, come il nostro sole accende le stelle; e attraverso l’intensa luce (che si irradiava) traspariva la fulgidissima persona di Cristo tanto luminosa ai miei occhi, che essi non potevano sostenerla. Oh Beatrice mia dolce e amata guida! Ella mi disse: “ Ciò che vince la tua facoltà visiva è una forza a cui nessun altra può resistere. In questa luce è Cristo, la sapienza e la potenza che aprì (agli uomini ) la via per salire dalla terra al cielo, via che in passato fu lungamente desiderata ”. Come la folgore si sprigiona dalla nube (in cui è rinchiusa) poiché si dilata in modo tale da non potere più esservi contenuta, e contrariamente alla sua natura ( che la porterebbe a salire ) precipita verso terra, così la mia mente, dilatatasi in mezzo a quei cibi spirituali, uscì di se stessa, e non è in grado di ricordare quello che allora abbia fatto. “ Riapri gli occhi e guardami in tutto il mio splendore: tu hai veduto tali cose, che (ora) sei dotato di forza sufficiente a sostenere la luce del mio sorriso. ” Io ero nella stessa condizione di colui che si risveglia da una visione subito dimenticata e che invano si sforza di richiamarla alla memoria, quando udii l’invito di Beatrice, degno di tanta gratitudine (da parte mia), che non potrà mai cancellarsi dalla memoria, il libro che registra il passato. Se ora incominciassero a cantare tutti quei poeti che Polimnia (musa della poesia lirica) e le altre Muse sue sorelle nutrirono in abbondanza con il loro latte dolcissimo (la poesia), per aiutarmi, non si arriverebbe neppure a descrivere la millesima parte del vero, tentando di cantare il santo sorriso di Beatrice e come esso fosse reso più luminoso dalla divina presenza di Cristo; e così, nel descrivere il paradiso, è necessario che il poema sacro passi oltre ( quelle parti che non possono essere espresse con parole), come colui che trova il suo cammino tagliato da qualche ostacolo (e perciò è costretto a saltare per poter continuare la sua strada). Ma chi considerasse la difficoltà del tema e le deboli forze delle spalle mortali che si caricano di esso, non potrebbe biasimare se queste spalle tremano sotto il suo peso. Non è una rotta che possa essere percorsa da una piccola barca quella che la mia ardita nave va seguendo, né adatta a nocchiero che vuole risparmiare le proprie forze. “ Perché il mio volto ti attira a sé con tanta forza, che tu non ti volgi più a guardare le schiere delle anime beate che sbocciano, come fiori, sotto i raggi della luce di Cristo? In questo giardino si trova la rosa(la Vergine Maria) nella quale il Verbo divino s’incarnò; qui sono i gigli ( gli apostoli ), sotto la cui guida gli uomini intrapresero il cammino della vera fede.” Così disse Beatrice; ed io, che ero completamente disposto a seguire i suoi consigli, ritornai a mettere alla prova i miei deboli occhi (volgendoli di nuovo verso la figura di Cristo, che già li aveva abbagliati; cfr. verso 33). Come talvolta (sulla terra) i miei occhi, prima coperti d’ombra (perché il sole, velato dalle nubi, non li feriva ), videro un prato fiorito illuminato improvvisamente da un raggio di sole che filtrava limpido attraverso lo squarcio di una nube, allo stesso modo vidi numerose schiere di anime splendenti, illuminate dall’alto da raggi fulgenti (quelli di Cristo), senza che potessi scorgere la sorgente di questi raggi, O divina potenza di Cristo, che imprimi il sigillo della tua luce sui beati, ti sollevasti verso l’Empireo, per concedere ai miei occhi che non erano capaci di sostenere il tuo fulgore la possibilità di vedere li (osservando le luci meno intense delle anime trionfanti), Il nome della rosa, il bel fiore che io sempre invoco nella mie preghiere al mattino e alla sera, fece concentrare ogni mia facoltà nello sforzo di ravvisare (fra le luci dei beati, dopo che Cristo era asceso all’Empireo ) lo splendore più intenso (quello di Maria), Non appena l’intensità e la quantità della luce di Maria, che in cielo supera lo splendore dei beati, come in terra superò in virtù ogni altra creatura, si riflessero nei miei occhi, scese attraverso il cielo uno splendore di forma circolare simile a una corona, e cinse la luce di Maria girandole intorno. Qualunque melodia che sulla terra risuoni più dolcemente e avvinca a sé con più forza l’animo (degli ascoltatori), sembrerebbe un fragore di tuono, a paragone del canto di Gabriele, che faceva corona alla Vergine, la gemma più preziosa di cui si adorna il cielo più luminoso (I’Empireo). “ Io sono un angelo ardente d’amore che corono, girandovi intorno, la beatitudine che emana dal grembo che fu dimora di Cristo, supremo desiderio degli angeli e degli uomini; e continuerò a girare, o signora (donna: dal latino domina, “ padrona ”) del cielo, fino a che seguirai tuo figlio (già asceso all’Empireo), e renderai più splendente il cielo più alto per il fatto che tu vi ritorni. ” Così si chiudeva il canto dell’angelo che girava intorno alla Vergine, e tutti gli altri beati facevano eco ripetendo i} nome di Maria. Il nono cielo, che avvolge come in un regale mantello le altre sfere che ruotano intorno alla terra, e che più arde di desiderio e che più riceve vita dallo spirito e dalle leggi di Dio, aveva la sua faccia interna tanto distante dal luogo in cui noi eravamo, che il suo aspetto da dove mi trovavo, non era ancora visibile: e perciò (a causa di questa distanza) i miei occhi non poterono seguire la luce di Maria incoronata da (Gabriele, che si innalzò (verso l’Empireo) seguendo il figlio. E come il bambino che, dopo aver preso il latte, tende le braccia verso la mamma, per l’amore che si manifesta anche negli atteggiamenti esteriori, così ciascuna di quelle anime fulgenti si protese verso l’alto con la sua luce, dimostrandomi chiaramente il profondo affetto che nutrivano per Maria. Poi rimasero lì al mio cospetto, cantando “ Regina del cielo ” con tanta dolcezza, che mai scomparve dal mio animo il senso di gioia che provai (ascoltando quell’inno). Oh quanta è l’abbondanza di beatitudine che si raccoglie in quelle anime simili ad arche ricchissime di frumento, che quaggiù nel mondo furono buone seminatrici! In paradiso si vive e si gode dei meriti che l’uomo ha acquistato con le sofferenze e con il disprezzo delle ricchezze durante l’esilio terreno. In paradiso, accanto a Cristo e ai santi dell’Antico e del Nuovo Testamento, trionfa della vittoria (riportata sul male e sulle tentazioni del mondo) San Pietro, colui che custodisce 1e chiavi del paradiso.

Paradiso: XXIV Canto

“O voi che siete stati scelti a partecipare al grande convito in cui si offre come cibo l’Agnello di Dio, il quale vi sazia con tanta abbondanza, che ogni vostro desiderio resta sempre appagato, se, per grazia divina, questi (Dante) pregusta le briciole che cadono dalla vostra mensa, prima che la morte gli segni il termine della sua vita mortale, considerate il suo immenso desiderio (di partecipare al vostro convito) e irroratelo alquanto ( della sapienza che possedete ): voi attingete sempre dalla fontana della sapienza dalla quale sgorga ciò a cui tende la sua mente. ” Cosi disse Beatrice; e quelle anime gaudiose assunsero la forma di sfere ruotanti intorno ad un’asse immobile, risplendendo, mentre si volgevano, con la luminosità di comete. E come le ruote nel meccanismo (tempra: letteralmente significa “ armonico accordo di suoni”) degli orologi girano con diversa velocità in modo che, a chi le osserva, la prima appare ferma, e l’ultima sembra volare, così quelle corone d’anime che danzavano girando con moto diverso, mi facevano valutare, in proporzione alla loro maggiore e minore velocità il loro grado di beatitudine. Dalla corona che mi appariva più bella (perché, come spiega il Buti. “era quella degli apostoli e discepoli di Cristo” ) vidi uscire una luce cosi splendente di beatitudine, che non lasciò, nella corona stessa, nessun’altra luce più fulgida; e tre volte girò intorno a Beatrice con un canto così divino (per contenuto e melodia ), che la mia immaginazione non è in grado di ripetermelo. Perciò la mia penna passa oltre e rinuncio a descriverlo, perché non solo la nostra parola, ma anche la nostra fantasia possiede mezzi inadeguati per esprimere la bellezza di quel canto. “ O mia santa sorella nella gloria celeste, che ci preghi così devotamente, con la forza della tua carità mi costringi a staccarmi da quella bella corona di beati. “ Poi, fermatasi, la luce benedetta rivolse la parola alla mia donna, dicendo ciò che ho riferito. Ed ella: “ O luce eterna di quel gránde uomo al quale il Signore nostro affidò le chiavi della mirabile beatitudine del paradiso che Egli aveva portato in terra, esamina costui, a tuo piacere, sulle questioni secondarie e fondamentali riguardanti la fede, quella virtù che ti fece camminare sulle acque del mare. Tu non ignori se egli possiede bene la carità e la speranza e la fede, perché il tuo sguardo è rivolto a Dio, nel quale i beati vedono ogni cosa come in uno specchio; ma poiché il regno celeste ha acquistato cittadini in virtù della vera fede, per glorificarla è bene che a costui (Dante) sia offerta l’occasione di parlare di essa”. Come il baccelliere, in attesa che il maestro proponga la questione, prepara le sue argomentazioni, senza parlare ancora, per addurre prove a favore della sua tesi, non per trarne le conclusioni, così, mentre Beatrice parlava, io mi preparavo intorno ad ogni problema, per essere pronto a rispondere a un tale esaminatore (quale era San Pietro) e a una tale professione ( quale è quella della fede). “ Dimmi, o buon cristiano, mostra (con le tue parole) quello che sei che cosa è la fede?” Per questo sollevai il viso verso la luce dalla quale provenivano queste parole; poi mi rivolsi a Beatrice, ed ella mi fece prontamente cenno di esprimere il mio pensiero “ La grazia divina che mi concede di fare la mia professione di fede” comincia’ a dire “ di fronte al suo primo campione, mi aiuti ad esprimere con chiarezza il mio pensiero.” E continuai: “ Come ci ha lasciato scritto la veritiera penna di San Paolo, colui che, o padre, ti fu compagno nell’avviare Roma sul retto cammino, la fede è il fondamento delle cose che speriamo di conseguire nella vita eterna ed è prova per credere alle cose che non vediamo; e questa mi sembra la sua essenza”. Allora udii queste parole: “ Tu pensi rettamente, se comprendi bene perché (San Paolo) definì la fede prima come “sostanza” e poi come “argomento” ”. Ed io di rimando: “ I profondi misteri che qui in cielo mi si rivelano, sono così nascosti agli occhi dei mortali, che (in terra) la loro esistenza è ammessa solo per un atto di fede, sul quale si fonda la speranza della beatitudine eterna; e perciò la fede assume la denominazione di “sostanza” (fondamento sostanziale delle cose sperate). E da questa fede, senza l’aiuto di altre prove, dobbiamo dedurre e dimostrare per via di ragionamento tutte le verità; perciò la fede assume la denominazione di “ argomento” ( prova delle cose non parventi) ”.Allora udii queste parole: “ Se tutto ciò che in terra si apprende per via di insegnamento, fosse compreso con tanta chiarezza, non ci sarebbe posto per discussioni da sofisti ”. Tali parole uscirono da quello spirito ardente di carità; poi soggiunse: “Ormai hai esaminato molto bene la lega e il peso di questa moneta (la fede): ma ora dimmi se tu la possiedi ”. Per cui io: “Si, la possiedo, così lucente (per la bontà della sua lega) e così rotonda (e quindi integra nel suo peso, perché non consumata sui bordi), che riguardo al suo conio non c’è nulla che possa costituire per me motivo di dubbio”. Poi udii queste parole dal profondo di quella luce che li splendeva: “ Questa gemma preziosa (la fede), che è fondamento di tutte le altre virtù, da chi e in che modo ti fu donata? ” Ed io: “ L’abbondante pioggia ( della divina ispirazione ) che dallo Spirito Santo scende sui libri del Vecchio e del Nuovo Testamento ( in su le vecchie e ‘n su le nuove cuoia: il termine cuoia indica qui le pergamene usate per fare i libri), è un argomento che mi ha dimostrato la certezza e la necessità della fede con tanta efficacia, che ogni altra dimostrazione mi sembra debole al suo confronto”. Io poi udii: “ L’Antico e il Nuovo Testamento che ti portano a questa conclusione, per quali ragioni li consideri ispirati da Dio? ”. Ed io: “ La prova che mi dimostra questa verità sono i miracoli avvenuti, per i quali la natura è nelle stesse condizioni di un fabbro che ha materia e mezzi limitati”. San Pietro mi rispose: “ Dimmi, chi ti assicura che quei miracoli siano realmente accaduti? Te lo attesta proprio e soltanto quel libro (la Sacra Scrittura ) di cui si vuole dimostrare (appunto per mezzo dei miracoli) la divina ispirazione, e non altre fonti”. “ Se il mondo si è convertito al Cristianesimo ” dissi “ senza miracoli, questo è un tale miracolo, che

Paradiso: XXV Canto

Se mai avvenga che questo sacro poema alla cui composizione hanno concorso la scienza divina e l’umana esperienza, così che la fatica durata lunghi anni mi ha fisicamente logorato, riesca a piegare la crudele volontà (dei miei concittadini) che mi costringe a stare lontano da Firenze, la mia dolce patria dove io (un tempo) vissi come cittadino pacifico, ma avverso ai faziosi che portano discordia nella città, ritornerò poeta con voce diversa ormai e con diverso aspetto, e nel battistero di San Giovanni, dove fui battezzato, cingerò la corona poetica, poiché lì feci il mio ingresso nella fede che rende le anime familiari a Dio, e poi per questa fede San Pietro mi cinse la fronte (con la sua luce) in modo così mirabile. Quindi da quella stessa corona di beati da cui era uscito San Pietro, il primo dei vicari che Cristo lasciò in terra, venne verso di noi un altro spirito luminoso; e Beatrice, piena di letizia, mi disse: “ Guarda, guarda: ecco uno dei baroni della corte celeste, l’apostolo San Giacomo, per venerare il quale sulla terra si va in pellegrinaggio a Compostella in Galizia”. Come quando il colombo si avvicina al compagno, e l’uno manifesta all’altro l’amore, girandogli attorno e tubando, così vidi San Giacomo accolto dall’altro grande e glorioso principe, San Pietro, mentre entrambi lodavano Dio. il cibo che lassù li nutre. Ma dopo che fu terminato il vicendevole rallegrarsi, ciascuno si fermò dinanzi a me in silenzio, e così fiammeggiante che abbagliava la mia vista. Allora Beatrice disse sorridendo: “ O gloriosa anima che esalasti nei tuoi scritti la liberalità della nostra reggia celeste, fa che risuoni in questo cielo il nome della speranza: tu puoi farlo, perché sei colui che la simboleggi tutte le volte che Gesù dimostrò maggiore predilezione ai tre apostoli ”. “ Alza il capo e riprendi coraggio, perché chi sale quassù dalla terra, deve diventare capace di sostenere la vista del nostro splendore. ” Questo incoraggiamento mi venne dal secondo spirito, San Giacomo; e perciò io volsi lo sguardo verso le due somme luci che prima avevano fatto abbassare i miei occhi per il loro eccessivo splendore. “ Poiché Dio, nostro imperatore, per sua grazia vuole che tu, prima di morire, ti trovi al cospetto dei suoi ministri nella sala più interna della sua reggia, cosicché, dopo aver contemplato il paradiso quale esso è, tu possa con ciò che hai visto ravvivare in te e negli altri la speranza, che in terra accende gli animi all’amore del bene, dimmi cos’è la speranza e in che misura se ne abbellisce la tua mente, e donde essa ebbe principio in te. Così continuò ancora a dire San Giacomo. E Beatrice che aveva guidato a così alto volo le penne delle mie ali, prevenne la mia risposta con queste parole: “ La Chiesa militante non ha alcun figlio che possieda più di lui la speranza, com’è scritto nella mente di Dio, il sole che illumina tutte le nostre schiere: per questo gli è concesso di venire dall’esilio terreno (d’Egitto) nella Gerusalemme celeste, per vedere (il paradiso), prima che sia terminato per lui il tempo della milizia terrena. Intorno agli altri due punti, che gli sono richiesti, non perché tu voglia sapere (quello che già sai), ma perché egli riferisca agli uomini quanto ti è gradita questa virtù, lascio a lui la risposta, perché non gli riusciranno difficili né gli daranno motivo di vantarsi; ed egli stesso risponda alle tue domande e la grazia di Dio gli consenta di farlo”. Come scolaro che parla dopo il maestro rispondendogli pronto e volenteroso intorno a quello che egli ben sa, perché si conosca il suo valore, dissi: “La speranza è un’attesa sicura della gloria celeste, la quale è prodotta dalla grazia divina e dai meriti precedentemente acquistati. Questa nozione della speranza mi viene da molte fonti; ma per primo la istillò nel mio cuore David, colui che fu il più alto cantore di Dio. Nei suoi salmi in onore di Dio egli dice: “Sperino in te quelli che conoscono il tuo nome’’: e chi non sa questo, se ha la fede che ho io? Anche tu poi, con la luce comunicatami da David, mi istillasti la stessa dottrina nella tua epistola, in modo che io trabocco di questo dono, e riverso sugli altri quello che voi fate piovere su di me”. Mentre parlavo, dentro alla luce fiammeggiante di San Giacomo guizzava un lampo improvviso e frequente come un baleno. Quindi parlò: “ L’amore di cui ardo tuttora per la virtù (della speranza), la quale mi accompagnò fino al martirio e al termine della mia battaglia terrena, vuole che io riparli della speranza a te che dimostri d’amarla; e mi è gradito che tu mi dica che cosa essa ti promette”. E io risposi: “ Il Nuovo e il Vecchio Testamento assegnano la meta alle anime che vivono in grazia di Dio, e questa meta mi indica ciò che la speranza promette. Isaia (infatti) dice che ciascuna delle anime elette (ritornata) nella sua terra sarà rivestita di una duplice veste; e la sua terra e questa vita beata. E tuo fratello Giovanni Evangelista ci manifesta questa stessa rivelazione in modo assai più chiaro, là dove parla delle bianche vesti dei beati ”. E dopo la fine di queste parole, si udì dapprima cantare sopra di noi: “Sperino in te”, e a questo canto risposero tutte le corone danzanti dei beati. Poi in mezzo ad esse uno spirito divenne così fulgido che se la costellazione del Cancro avesse una stella tanto luminosa l’inverno avrebbe un mese fatto di un giorno solo. E come una sorridente fanciulla si alza e s’avvia ed entra nel cerchio della danza, non per vanità, ma solo per far onore alla novella sposa, così vidi lo spirito che aveva accresciuto il suo splendore venire verso i due (San Pietro e San Giacomo) che danzavano in circolo al ritmo del canto che era quale si conveniva alla loro ardente carità. Lì si unì a loro accordandosi al canto e alla danza; e la mia donna teneva lo sguardo fisso in loro, simile a sposa assorta e silenziosa. “Questi è l’apostolo Giovanni, colui che nell’ultima cena riposò sul petto di Cristo, e che fu scelto da Cristo in croce al grande compito di sostituirlo come figlio presso Maria. Così disse Beatrice; né per questo le sue parole distolsero il suo sguardo dal restare fisso sugli apostoli più di quanto lo avesse distolto prima di parlare. Come colui che aguzza lo sguardo e si sforza di vedere l’eclissi parziale di sole, e, per voler vedere troppo, restando abbagliato non vede più nulla, così divenni io dinanzi a quell’ultimo splendore finché mi fu detto (dal Santo): “Perché ti abbagli cercando di vedere una cosa che qui non può essere ? Il mio corpo in terra è diventato polvere, e vi starà con gli altri corpi finché il numero di noi beati sarà pari a quello stabilito dall’eternità nella mente divina. Con l’anima e con il corpo in paradiso si trovano solo Cristo e la Vergine, le due luci che poco fa sono salite all’Empireo; e questo tu riferirai giù nel vostro mondo ”. A queste parole la splendente danza dei beati cessò insieme alla soave mescolanza dei suoni che nasceva dal canto dei tre apostoli, così come, al suono del fischio del capovoga, per riposarsi o evitare un pericolo, si fermano tutti i remi, con i quali prima i rematori percuotevano regolarmente l’acqua. Ah quanto mi turbai nell’animo, quando mi volsi per guardare Beatrice, perché non potei vederla, sebbene fossi vicino a lei, e nel felice mondo dei beati!.

Paradiso: XXVI Canto

Mentre io dubitavo e temevo per la mia vista che era venuta meno, dalla fiamma luminosa (l'anima di San Giovanni) che l'aveva abbagliata uscì una voce che attrasse la mia attenzione, dicendo: « In attesa che tu riacquisti il senso della vista che hai perduto tentando di scrutare la mia luce, è opportuno che compensi la mancanza della vista fisica (con l'esercizio di quella spirituale) parlando con me. Incomincia dunque; e dimmi qual è il fine ultimo a cui tende la tua anima, e pensa che la tua vista è (solo) momentaneamente smarrita e non perduta per sempre. perché Beatrice, colei che ti conduce attraverso questo mondo divino, ha nel suo sguardo la virtù risanatrice che ebbe la mano di Anania ». Io dissi: « Presto o tardi, quando Beatrice vorrà, venga il risanamento ai miei occhi che furono come le porte attraverso le quali ella penetrò (nel mio animo) col fuoco di quell'amore di cui io sempre ardo. Dio, il Bene che appaga di sé tutto il paradiso, è principio e fine di tutto ciò che la carità mi insegna ad amare più o meno intensamente ». Quella medesima voce che mi aveva liberato dalla paura per l'improvviso abbagliamento (della mia vista), mi sollecitò (mi mise in cura) a parlare ancora, e disse: « Di certo devi chiarire (il tuo pensiero) passandolo (come avviene per il grano) attraverso un vaglio sempre più sottile: è necessario che tu dichiari chi ha rivolto l'arco del tuo amore verso un tale bersaglio (Dio) ». Ed io: « Questo amore si imprime necessariamente nel mio animo attraverso l'opera della ragione e attraverso la Rivelazione che scende da Dio. Perché il bene, non appena viene riconosciuto come tale, accende amore sé, e un amore tanto più grande quanto più questo bene è perfetto. Dunque verso quell'essenza (cioè Dio in cui c'è una tale superiorità su ogni essere, che ogni altro bene, il quale si trovi fuori di essa, non è che un riflesso della sua luce infinita, più che verso qualsiasi altra essenza deve rivolgersi, con il suo amore, la mente di ogni uomo capace di discernere la verità su cui si fonda questa argomentazione (cioè la dimostrazione di Dio come sommo Bene). Rende manifesta al mio intelletto questa verità colui che mi dimostra che Dio è l'amore supremo al quale tendono tutte le anime. Me la rende manifesta la voce di Dio stesso che a Mosè dice, parlando di se stesso: Io ti mostrerò tutto ciò che è buono ". Me la rendi manifesta anche tu, all'inizio del tuo grande annuncio nel quale proclami sulla terra i misteri divini con voce più alta di qualsiasi altra ». Ed io udii: « In virtù dei ragionamenti umani e della rivelazìone divina che con essi concorda, il supremo dei tuoi amori è rivolto a Dio. Ma, dimmi ancora se tu avverti altri impulsi che ti muovono ad amare Dio, così che tu possa rivelare in quanti modi questo amore ti assale ». Non mi rimase nascosta la santa itenzione di San Giovanni, anzi mi accorsi in quale direzione desiderava che io precisassi la mia dichiarazione. Perciò ripresi a parlare: « Tutti quei motivi che possono far volgere il cuore a Dio, hanno concorso ad alimentare in me la carità, perché l'esistenza del mondo e l'esistenza dell'uomo, il sacrificio di Cristo per salvare l'umanità, e la betitudine eterna sperata da ogni credente, con la viva conoscenza sopra affermata (di Dio come sommo Bene), mi hanno sottratto al mare delle passioni terrene, e mi hanno fatto approdare alla riva del vero amore. Amo le creature di cui è popolato, tutto il mondo creato da Dio in proporzione al bene che Dio concede a ciascuna di esse ». Non appena io tacqui, risuonò nel cielo un inno dolcissimo, e Beatrice cantava con gli altri: « Santo, santo, santo! ». E come all'apparire di una luce intensa ci si risveglia perché la facoltà visiva corre incontro a questa luce che passa attraverso i successivi tessuti dell'occhio, e colui che è stato (così) svegliato rifugge dal fissare lo sguardo su ciò che vede, tanto è inconsapevole quell'improvviso risveglio finché non viene in suo aiuto la riflessione, così Beatrice allontanò ogni impurità (che potesse offuscare i miei occhi) con la luce del suo sguardo, che risplendeva in modo da essere vista a più di mille miglia di distanza: per cui (grazie a questo suo intervento) potei poi vedere meglio di prima; e quasi stupefatto chiesi notizia di un quarto lume che vidi con noi. E Beatrice: « Dentro quella luce contempla con amore Dio, suo creatore, la prima anima che è stata creata dalla virtù divina ». Come fa l'albero che piega la sua cima al passaggio dei vento e poi torna a sollevarsi per la sua forza naturale che lo riporta in posizione verticale, così feci io mentre Beatrice parlava, (piegando il capo) pieno di stupore, ma poi mi rese ardito il grande desiderio di interrogare (Adamo). E incominciai: «0 frutto che, solo, nascesti già maturo, o antico padre per il quale ogni sposa è figlia e nuora, ti supplico, con la maggiore devozione possibile, di parlarmi: tu conosci ciò che desidero sapere e, per poterti ascoltare subito, non perdo tempo ad esportelo ». Come talvolta un animale coperto da un panno si agita, così che il suo desiderio si vede palesemente perché l'involucro che lo copre segue i suoi movimenti, allo stesso modo Adamo (anima primaia: la prima anima creata) lasciava trasparire attraverso la luce che lo fasciava la sua gioia di compiacere alle mie domande. Poi parlò: « Senza che tu me lo abbia manifestato, conosco il tuo desiderio meglio di quanto tu non conosca le cose per te più certe, perché io lo vedo nello specchio veritiero di Dio, che riflette in sé tutte le cose, ma non può essere riflesso da nessuna. Tu vuoi sapere da me quando Dio mi pose nel giardino del paradiso terrestre dave Beatrice ti preparò a salire attraverso i cieli, e per quanto tempo i miei occhi godettero di esso, e la causa precisa dello sdegno divino contro di me, e la lingua che io creai e usai. Ora, figlio mio, non il fatto di aver gustato il frutto proibito fu di per sé la causa della cacciata dal paradiso terrestre ma soltanto l'aver superato i limiti fissati da Dio per l'uomo, Dal limbo (quindi) da dove Beatrice fece muovere in tuo soccorso Virgilio (cfr. Inferno, II, 52 sgg.), per 4302 anni (volumi di sol: rivoluzioni solari) bramai il paradiso; e durante la mia vita terrena vidi il sole ritornare 930 volte in tutti i segni dello Zodiaco. La lingua da me usata era già scomparsa prima che il popolo di Nembrot si accingesse alla costruzione (della torre di Babele) che non poteva mai essere condotta a termine, perché mai nessun prodotto della ragione umana fu immutabile, perché il gusto dell'uomo cambia (continuamente) a seconda del variare degli influssi celesti. A un fatto naturale che l'uomo si esprima con parole; ma che si serva di una lingua piuttosto che di un'altra, è poi dalla natura lasciato all'arbitrio degli uomini, secondo il loro gusto. Prima che io scendessi all'inferno (dove si trova il cerchio del limbo), Dio, il sommo Bene da cui proviene il gaudio celeste che mi avvolge con la sua luce, si chiamava I; ed in seguito si chiamò EL: e questo mutamento è un fatto naturale, perché tutto ciò che è usato dagli uomini (e quindi anche il linguaggio) è simile alle foglie di un albero, dove le une muoiono e le altre germogliano. Sulla vetta del monte del purgatorio (dove si trova il paradiso terrestre) che più di ogni altro si innalza sulla superficie del mare, rimasi, prima del peccato e dopo averlo commesso, dalla prima ora del giorno a quella che segue, cioè la sesta, quando il sole muta quadrante ».

Paradiso: XXVII Canto

Tutti i beati del paradiso intonarono: « Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo! », così dolcemente che la loro melodia mi inebriava. Quello che io vedevo mi sembrava un sorriso dell'universo, perché l'ebbrezza entrava nel mio animo attraverso l'udito e lo sguardo. Oh gioia! oh allegrezza indicibile! oh vita perfetta piena d'amore e di pace! oh beatitudine sicuramente posseduta senza desideri insoddisfatti ! Dinanzi ai miei occhi fiammeggiavano le quattro luci (Pietro, Giacomo, Giovanni, Adamo), e quella di San Pietro che si era avvicinata prima degli altri incominciò a farsi più splendente, e nel suo aspetto si fece rosseggiante, quale diventerebbe l'argenteo pianeta Giove, se esso e il rosso Marte fossero uccelli e si scambiassero le penne. La provvidenza di Dio, che nel cielo distribuisce l'avvicendarsi delle azioni e il compito proprio a ciascuno, aveva imposto il silenzio al coro dei diversi gruppi di beati, quando udii dire (da San Pietro): « Non stupirti, se io muto colore, perché, mentre io parlo vedrai diventare, rossi di sdegno tutti costoro. Bonifacio VIII, colui che in terra occupa indegnamente la mia sede, che è come fosse vacante agli occhi del Figlio di Dio, di Roma, il luogo della mia sepoltura ha fatto la fogna dove scorre il sangue delle discordie civili e donde sale il puzzo dei vizi; per cui Lucifero , si rallegra laggiù nell'inferno ». Allora vidi tutto il cielo dei beati cospargersi di quel color rosso, che tinge una nube alla sera o al mattino quando il sole le sta di fronte, E come una donna onesta, la quale pur restando sicura di sé, soltanto all'udire i falli altrui, si fa vergognosa, così divenne Beatrice mutando aspetto; e un tale oscuramento io credo che sia avvenuto in cielo (solo) quando il Figlìo di Dio fu crocifisso. Poi San Pietro continuò a parlare con voce tanto alterata da quella di prima, che l'aspetto non si era mutato più della voce: « La Chiesa, sposa di Cristo, non fu fondata e nutrita col sangue mio, e dei miei successori Lino e Cleto, per essere adoperata come strumento di lucro, ma, perché fosse guida all'acquisto di questa nostra vita beata, i papi Sisto, Pio, Calisto, e Urbano sparsero il loro sangue dopo molte sofferenze. Noi non intendemmo che una parte della cristianità sedesse a destra dei nostri successori, e un'altra parte a sinistra; né che le chiavi che mi furono affidate (come simbolo d'autorità) diventassero emblema in una bandiera che combattesse contro altri cristiani; né che la mia immagine fosse posta sul sigillo papale impresso sui documenti che concedono privilegi falsi e simoniaci, per cui io spesso arrossisco e divampo d'ira. Da quassù si vedono in tutte le chiese sotto la veste di pastori di anime, lupi rapaci: o soccorso divino, perché ancora stai inerte? Già si preparano a bere il nostro sangue Caorsini e Guasconi: o Chiesa che avesti così buoni inizi, a quale ignobile corruzione per forza di cose tu partecipi! Ma la provvidenza divina che per mezzo di Scipione preservò a Roma la gloria del dominio del mondo, verrà presto in aiuto, così come io vedo. E tu, o figliolo, che a causa del corpo mortale tornerai ancora sulla terra, non tacere e non nascondere (agli uomini) ciò che io non nascondo a te ». Come l'atmosfera sulla terra fa scendere fiocchi di neve, quando la costellazione del Capricorno è in congiunzione con il sole, così vidi l'ottavo cielo adornarsi e fioccare verso l'alto per la moltitudine delle fiamme splendenti delle anime che prima si erano fermate con noi, Il mio sguardo seguiva i loro aspetti, e li seguì finché lo spazio situato in mezzo, per la distanza troppo cresciuta, gli impedì di spingersi oltre. Per cui Beatrice, che mi vide libero dalla cura di guardare verso l'alto, mi disse: «Abbassa lo sguardo, e guarda quale arco hai percorso (muovendoti con questo cielo)». Da quando avevo guardato in giù la prima volta vidi che mi ero mosso per tutto l'arco che la prima zona descrive dalla sua metà al termine, cosicché oltre Cadice vedevo la rotta temeraria tentata da Ulisse, e di qua da Cadice il mar Mediterraneo fin presso il lido dove Europa fu un dolce carico per Giove. E di là mi sarebbe stata visibile una plaga più ampia di questa nostra terra; ma il sole procedeva nel suo corso sotto i miei piedi separato da me trenta gradi e più. Il mio animo innamorato che vagheggiava sempre Beatrice, più che mai ardeva dal desiderio di tornare a guardare verso di lei: e se mai la natura o l'arte crearono, in corpi umani o in pitture, immagini che fossero allettamenti tali da attrarre gli occhi per conquistare l'anima, tutte queste bellezze riunite, sembrerebbero niente a paragone della bellezza divina che io vidi rifulgere quando mi volsi a guardare gli occhi ridenti di Beatrice. E la virtù che i suoi occhi mi largirono, mi staccò dalla costellazione dei Gemelli, e mi spinse nel nono cielo, il più veloce di tutti. Tutte le parti di questo cielo, fulgidissimo e altissimo, sono così uniformi, che io non saprei dire quale di esse Beatrice scegliesse per salirvi con me. Ma ella, che vedeva la mia brama di conoscere, ridendo con tanta letizia, che Dio stesso pareva gioire nel suo volto, incominciò: « La struttura dell'universo, la quale mantiene immobile al centro la terra e muove tutte le altre cose intorno ad essa, incomincia da questo cielo come dalla sua origine; e questo cielo non ha altro luogo che lo contenga al di fuori della mente divina, nella quale s'accende l'amore che lo fa girare e la virtù che esso trasmette ai cieli sottostanti. La luce e l'amore dell'Empireo lo contengono in sé come in un cerchio, così come questo racchiude glí altri; e come questo cerchio possa essere contenuto lo comprende solo Dio, il quale lo circoscrive. Il movimento di questo primo cielo non è misurato dal movimento di un altro; anzi il moto degli altri è misurato dal moto di questo, così come il dieci è misurato dalla sua metà, il cinque, e dal suo quinto, il due. E ormai ti deve esser chiaro come il tempo abbia le sue radici in questo cielo come in un vaso e abbia le sue fronde nei cieli sottostanti. Oh cupidigia umana che sommergi a tal punto i mortali sotto di te, che nessuno è capace di alzare gli occhi sopra le tue onde! Certo negli uomini fiorisce la buona volontà; ma (l'imperversare delle passioni la spegne come) la pioggia continua tramuta le susine buone in susine guaste. Fede e innocenza si trovano solo nei fanciulli, ma poi l'una e l'altra si dileguano prima ancora che le loro guance siano ricoperte dal primo pelo. Vi è chi osserva i dìgiuni, quando è ancora bambino balbettante il quale poi, nell'età matura (quando la lingua si è ormai sciolta), divora ogni cibo in qualunque epoca dell'anno ; e un altro, ancora bambino balbettante, ama e ascolta docile la mamma, e, una volta adulto, quando il suo linguaggio è ormai perfetto desidera poi vederla morta e sepolta. Allo stesso modo (in cui il candore dell'infanzia si corrompe con il passare dell'età) la pelle dell'uomo, naturalmente bianca, diventa nera, appena compare l'Aurora, la bella figlia del Sole che porta il mattino sulla terra e tramontando lascia la sera. Per non stupirti di ciò, pensa che sulla terra non vi è chi governi; per cui la umanità va così rovinosamente fuori strada. Ma prima che gennaio esca del tutto dal periodo invernale a causa della frazione centesimale del giorno trascurata dal calendario, questi cieli del paradiso irradieranno tali influssi, che la tanto attesa tempesta farà volgere le poppe delle navi dove sono le prue (cioè: rimetterà la nave nella giusta direzione), così che la flotta correrà diritta e frutti buoni seguiranno alle promesse ».

Paradiso: XXVIII Canto

Dopo che Beatrice, colei che innalza la mia anima alle gioie del paradiso, parlando contro la presente corruzione degli uomini mi ebbe rivelato la verità, come colui che scorge riflessa in uno specchio (che ha davanti), la fiamma di una torcia che lo illumina alle spalle, prima di averla vista (direttamente) o di avere pensato (che fosse lì), e si volge a guardare per vedere se lo specchio riflette un oggetto reale, e costata che l’immagine riflessa riproduce perfettamente quella vera allo stesso modo in cui il canto si accorda con la musica che l’accompagna, così mi ricordo di aver fatto io guardando nei begli occhi (di Beatrice) dei quali Amore si servì per legarmi a lei. E quando mi volsi a guardare e i miei occhi furono colpiti da ciò che appare in quel cielo (volume; cfr. canto XXIII, verso 112), ogni qualvolta si fissi bene lo sguardo nel suo giro, vidi un punto che irradiava una luce così potente, che l’occhio, che esso abbaglia deve chiudersi a causa della forte intensità di tale luce; e anche la stella che dalla terra appare più piccola, sembrerebbe grande come la luna, se fosse posta accanto ad esso come (nel cielo) una stella è collocata accanto all’altra. Forse non più distante di quanto si vede l’alone circondare l’astro (luce: il sole o la luna) che lo produce o lo illumina, quando il vapore che forma tale alone è più denso, così un cerchio di fuoco girava intorno al punto luminoso tanto velocemente, che avrebbe superato anche il moto del cielo che più rapido si volge intorno alla terra. E questo (cerchio) era circondato da un secondo, e questo da un terzo, e poi il terzo dal quarto, il quarto dal quinto, e poi il quinto dal sesto. Al di fuori del sesto seguiva il settimo così esteso ormai in larghezza, che l’arcobaleno sarebbe troppo stretto per poterlo contenere anche se costituisse (invece di un arco) un circolo intero. Concentrici come i precedenti e sempre più larghi seguivano l’ottavo e il nono; e ciascuno si muoveva con velocità decrescente , a seconda che il suo numero d’ordine fosse più o meno distante dall’ unìtà (cioè dal primo cerchio); ed aveva una fiamma più limpida il cerchio che era meno lontano dal punto luminoso, perché, credo, (essendo più vicino a Dio) tanto più riceve la sua verità. La mia donna, che mi vedeva assorto in un grave dubbio, disse: «Da quel punto dipendono il cielo e tutta la natura. Osserva quel cerchio che gli è più vicino; e sappi che il suo moto è così veloce per l’amore ardentissimo da cui è stimolato ». Ed io: «Se le sfere della terra e dei cieli fossero disposte nell’ordine che io vedo in questi cerchi angelici, la spiegazione data mi avrebbe soddisfatto; ma nel mondo sensibile si possono vedere i cieli tanto più veloci e infiammati di amore divino, quanto più sono lontani dal loro centro (la terra). Perciò, se il mio desiderio deve essere appagato in questo mirabile e angelico cielo che ha per confine solo l’ Empireo, cielo fatto di amore e di luce, Al di sopra del Primo Mobile non c'è più alcuna sfera materiale, ma solo l'Empireo, il cielo fatto di amore e di luce perché sede di Dio. è necessario che io sappia anche come mai il modello non corrisponda alla sua copia, perché inutilmente cerco di capirlo con le mie sole forze ». « Se le tue dita non sono capaci di sciogliere un tale nodo, non c’è da meravigharsi; tanto esso è diventato rigido e resistente, poiché nessuno ha mai tentato di scioglierlo! » Così parlò la mia donna; poi disse: «Ascolta attentamente quello che ti dirò, se vuoi saziarti; ed esercita acutamente il tuo ingegno intorno alle mie parole. I cerchi materiali (i cieli) sono più o meno ampi o stretti in proporzione della maggiore o minore virtù che si diffonde in tutte le loro parti. Quanto più grande è la virtù, tanto più grande è il benefico influsso che essa vuole esercitare; quanto più grande è un corpo materiale, tanto più grande è il benefico influsso che può ricevere, purché sia perfetto in tutte le sue parti. Dunque questo cielo (il Primo Mobile) che trascina con il suo movimento tutto quanto il resto dell’universo, corrisponde al coro angelico (quello dei Serafini) che è più infiammato d’amore e illuminato di sapienza. Per tale motivo, se tu misuri la virtù, non l’apparente dimensione dei cori angelici, vedrai la mirabile corrispondenza di ciascun cielo a ciascuna intelligenza angelica, corrispondendo i cieli maggiori alle maggiori virtù angeliche e i cieli minori alle minori virtù ». Come l’aria rimane luminosa e limpida, quando Borea (il vento di tramontana) soffia da quella parte da cui spira più temperato, per cui viene spazzata e dissolta la nebbia che prima offuscava il cielo, in modo che esso risplende con le sue bellezze in ogni parte (paroffia: letteralmente significa " parrocchia "), così avvenne in me, dopo che la mia donna mi ebbe offerto la sua chiara risposta, ed io vidi (si vide: fu vista; sottinteso: da me) la verità con la stessa chiarezza con cui si vede una stella brillare nel cielo. E dopo che il suo discorso fu concluso, i cerchi angelici sprigionarono faville come fa il ferro incandescente. Ogni scintilla (cioè: ogni angelo) continuava a girare con il suo cerchio infuocato; e il loro numero era così alto da inoltrarsi nelle migliaia più che la progressiva duplicazione degli scacchi. Udivo (gli angeli ) cantare osanna rispondendosi da cerchio a cerchio, al punto fisso (Dio) che (appagando ogni loro desiderio) li mantiene, e li manterrà sempre, nelle sedi nelle quali sono sempre stati. E Beatrice, che vedeva i dubbi che si agitavano nella mia mente (a proposito della disposizione delle gerarchie angeliche), disse: «I primi due cerchi sono quelli dei Serafini e dei Cherubini. Essi (girando) così veloci seguono il vincolo d’amore che li lega a Dio (i suoi vimi: questo termine deriva dal latino vímen, " legame "), per essere simili a Dio quanto più possono; e tanto più possono (assomigliarGli) quanto più si elevano nella contemplazione (rispetto a tutte le altre creature), Le altre sostanze angeliche che girano intorno alle prime due, sono chiamate Troni di Dio, per la qual cosa furono destinati a chiudere la prima terna. E devi sapere che questi tre ordini godono di una beatitudine proporzionata alla profondità della loro visione di Dio, visione nella quale ogni intelletto trova pace. Da quanto ho detto si può capire come la beatitudine si fonda sulla vista (di Dio), non sull’amore, che è una conseguenza (di tale visione); e la visione è in proporzione del merito, il quale nasce dalla grazia divina e dalla buona volontà (con cui essa è accolta): così si procede di gradino in gradino (dalla grazia alla volontà, dalla volontà al merito, dal merito alla visione, dalla visione all’amore). La seconda terna (o gerarchia), che così fiorisce in questa eterna primavera celeste che l’autunno non priva di foglie, canta (sberna: era il verbo usato per indicare il canto degli uccelli alla fine dell’inverno) il suo eterno " Osanna " con tre melodie che risuonano nei tre ordini angelici da cui (questa terna) è formata. In questa gerarchia si trovano le altre intelligenze angeliche: prima le Dominazioni, e poi le Virtù; il terzo ordine è quello delle Potestà. Poi nei due penultimi cori tripudianti si volgono i Principati e gli Arcangeli; l’ultimo è tutto costituito dagli Angeli festanti. Questi ordini in alto contemplano tutti Dio, e in basso esercitano il loro influsso (sui cieli sottostanti), in modo che ciascun coro è attratto verso Dio, e attrae a sé (le cose sottostanti). Dionigi l’Areopagita si dedicò alla contemplazione di questi ordini con tanto desiderio (di pervenire alla verità), che li chiamò e li distinse come ho fatto io ora (che ne ho conoscenza diretta). Ma San Gregorio Magno espresse poi una diversa opinione; per la qual cosa sorrise di se stesso non appena conobbe la verità arrivando in questo cielo. E non voglio che tu ti stupisca se un mortale ha potuto rivelare in terra una verità così misteriosa, perché gli fu rivelata da colui (San Paolo) che la poté contemplare quassù insieme con molte altre verità riguardanti questi cieli ».

Paradiso: XXIX Canto

Quando il sole e la luna, in congiunzione l’uno con il segno dell’Ariete e l’altra con quello della Bilancia, si trovano contemporaneamente sulla linea dell’orizzonte (letteralmente: si fanno entrambi cintura dell’orizzonte ), per il tempo che intercorre dal momento in cui lo zenit è equidistante da essi fino al momento in cui, uno tramontando e l’altra sorgendo, si staccano dall’orizzonte, per tale frazione di tempo, Beatrice, con il volto illuminato dal sor riso, rimase in silenzio, guardando fissamente quel punto (Dio) che mi aveva abbagliato (con la sua luce). Poi incominciò: " lo dico, senza chiedertelo, quello che tu desideri ascoltare, perché l’ho letto in Dio, in cui ogni luogo e ogni tempo sono presenti. Non per acquistare un ulteriore bene per sé, cosa che è impossibile (perché Dio è il Bene supremo e infinito), ma perché lo splendore riflesso della sua luce (cioè le creature) potesse (affermando la propria sussistenza) dire: "Io sono", nella sua eternità, fuori del tempo, fuori dello spazio che circoscrive le cose, Dio, lo eterno amore, spontaneamente, si estrinseca in nuove creature amanti (gli angeli). Né prima della creazione Dio rimase inoperoso, perché l’opera della creazione non ebbe né un prima né un poi. La forma e la materia, unite fra di loro e allo stato puro, uscirono (dalla mente divina): ad un esistenza priva di difetti, coma da un arco munito di tre corde (escono contemporaneamente) tre frecce. come attraverso il vetro, l’ambra o il cristallo un raggio di luce passa così istantaneamente, che tra il suo giungere (in questi corpi) e il penetrarvi tutto non c’e intervallo di tempo, così la triplice creazione si irraggiò da Dio tutta insieme nella pienezza del suo essere senza distinzione di tempo nell’atto di nascere. Insieme con le tre sostanze (sopra nominate) fu creato l’ordine (secondo il quale devono agire) e la struttura: del cosmo; e quelle sostanze che furono prodotte come puro atto (gli angeli) occuparono il luogo più alto dell’universo (I’Empireo); la pura potenza fu posta nel luogo più basso; nel mezzo atto e potenza furono uniti insieme con un tale nodo, che non potrà mai essere sciolto. San Gerolamo vi lasciò scritto che gli angeli furono creati molti secoli prima della creazione del mondo sensibile; ma la verità che ti ho manifestata: (questo vero: gli angeli furono creati insieme con la materia prima e i cieli ) è scritta in molti passi degli autori ispirati dallo Spirito Santo; e te ne accorgerai tu stesso, se leggerai (quei testi) con attenzione; Le pagine della Sacra Scrittura alle quali Dante fa riferimento nei versi 40-4 1 sono quelle della Genesi ( I, 1 ), dei Salmi (CII, 26), dell'Ecclesiastico (XVIII, 1). e per quanto le è concesso di capire se ne rende conto anche la ragione umana, la quale non potrebbe ammettere che le intelligenze motrici dei cieli siano rimaste per tanto tempo senza essere perfette. Ora tu sai dove e quando e come gli angeli furono creati, così che sono ormai soddisfatti tre punti del tuo desiderio (cfr. versi 10-12). Non si giungerebbe, contando, fino al numero venti con la stessa rapidità con la quale una parte degli angeli sconvolse la terra, il più basso dei quattro elementi. Gli angeli fedeli rimasero (nell’Empireo), e incominciarono a svolgere con tanto diletto questo ufficio che tu vedi, che non cessano mai di girare intorno (al punto luminoso). Causa della caduta fu la maledetta superbia di Lucifero, colui che tu vedesti imprigionato sotto tutti i pesi dell’universo. Quelli che tu vedi qui in cielo furono umili nel riconoscere il loro essere derivato dalla bontà di Dio, che li aveva creati capaci di intendere cose così grandi; e perciò le loro capacità intellettuali furono accresciute per mezzo: della grazia illuminante e del loro merito, così che essi hanno una volontà ferma e perfetta (nel compiere il bene). Né voglio che tu abbia qualche dubbio, ma sii persuaso che il ricevere la grazia divina costituisce un merito proporzionale alla misura dell’affetto con cui essa si riceve. Ormai se hai bene ascoltato e meditato le mie parole, puoi capire, riguardo al tema del consorzio angelico, molte cose senza nessun altro aiuto. Ma poiché in terra nelle vostre scuole si insegna che gli angeli sono dotati di intelligenza e di memoria e di volontà, prolungherò il mio discorso, affinché tu possa vedere nella sua purezza la verità che in terra viene distorta poiché in questi insegnamenti si chiamano con uno stesso nome due cose diverse. Gli angeli, dal momento in cui godettero della visione diretta di Dio, non distolsero mai il loro sguardo da Lui, nel quale tutto è presente: perciò in essi la conoscenza non è mai interrotta da un oggetto nuovo, e per tale motivo non hanno bisogno di ricordare un concetto (temporaneamente) dimenticato, così che in terra si sogna ad occhi aperti, sia da parte di coloro che credono (in buona fede) di insegnare la verità, sia da parte di coloro che sono coscienti di non dire la verità, anche se la colpa e la vergogna più grandi sono da addebitare a questi ultimi. Voi sulla terra non procedete tutti sulla stessa via negli studi filosofici; a tal punto vi lasciate trascinare dal desiderio e dalla preoccupazione di apparire (abili e ingegnosi). E tuttavia questa ambizione è tollerata con minore sdegno di quando la Sacra Scrittura viene posposta (alle dottrine filosofiche), oppure di quando ne viene distorto il significato. Non si pensa sulla terra quanto sangue di martiri sia costata la diffusione (della parola divina) nel mondo, e quanto sia gradito (a Dio) chi si accosta ad essa con umiltà. Ciascuno si ingegna ed escogita novità per mettersi in mostra; e queste novità vengono accolte ed esposte dai predicatori mentre viene trascurato il vangelo. C’è chi dice che al momento della morte di Cristo la luna tornò indietro sul proprio cammino e si interpose (fra il sole e la terra), per cui (a causa delle eclissi così provocata) la luce del sole non poté mostrarsi in terra; e costui sostiene una cosa falsa, perché il sole si oscurò da se (non per interposto oggetto); perciò tale eclissi apparve ai popoli della Spagna e dell’India come ai Giudei. In Firenze non vi sono tanti Lapi e Bindi (due nomi molto comuni in quella città) quante sono le favole di tal genere che ogni anno dal pulpito si bandiscono dovunque, così che i fedeli ignoranti tornano dalla predica pasciuti di chiacchiere inutili, e il fatto di non veder il danno (che deriva loro da una tale predicazione) non li giustifica (perché dimostra la loro leggerezza e la loro ignoranza delle verità fondamentali della fede). Cristo non disse alla sua prima comunità ( quella degli apostoli ): "Andate, e predicate ciance al mondo"; ma diede loro una verità sicura. E quella dottrina risuonò sulla bocca degli Apostoli, così che nella lotta per la diffusione della fede, essi non usarono altra arma che il Vangelo. Ora si va a predicare con motti di spirito e sciocche piacevolezze, e purché si rida molto ( da parte degli ascoltatori), il cappuccio (del predicatore) si gonfia (di vanità ), e non si richiede altro ( né da lui né dagli ascoltatori). Ma nella punta del cappuccio (del frate) si nasconde un uccello tale (il diavolo) che, se il popolo lo vedesse, si accorgerebbe di che genere sono le indulgenze (promesse dai frati) nelle quali ripone la sua fiducia; e per tale motivo (per la fiducia nelle indulgenze) è tanto aumentata la stoltezza umana, che tutti sarebbero pronti ad accorrere ad ogni promessa, senza chiedere nessuna testimonianza (che comprovi la concessione dell’indulgenza da parte della legittima autorità religiosa). Di questa incredulità si ingrassa il porco di Sant’Antonio, e (s’ingrassano) persone peggiori dei porci stessi, pagando con monete false (cioè: contraccambiando le offerte dei fedeli con false promesse di indulgenze e di grazie). Ma poiché ci siamo allontanati molto (dal nostro tema), rivolgi ormai la tua attenzione verso l’argomento principale, così che la via (che ci resta da percorrere) si abbrevi in armonia. col (poco) tempo (che ci rimane da passare in questo cielo). Gli angeli raggiungono un numero così sterminato, che non ci furono mai parola o concetto umano capaci di rappresentarlo; e se tu consideri quello che viene rivelato da Daniele, vedrai che nelle migliaia (di cui parla) il numero preciso rimane nascosto. La luce di Dio, che irraggia tutta la natura angelica, è ricevuta in essa in tanti modi diversi, quanti sono i singoli angeli con i quali essa lì si unisce. Per tale motivo, poiché all’atto della visione intellettuale di Dio è proporzionato l’affetto, la dolcezza dell’ amore ( verso di Lui ) nella natura angelica è più o meno intensa. Considera ora l’altezza e l’immensità (la larghezza) di Dio, poiché ha creato un numero così grande di specchi ( gli angeli ) nei quali la sua luce si riflette in modi diversi, conservando la sua immutabile unità come prima (della creazione).

Paradiso: XXX Canto

Il mezzogiorno (l’ora sesta) arde lontano dal punto dove siamo forse a distanza di seimila miglia, e la terra (questo mondo) inclina già il suo cono d’ombra fino quasi a portarlo sul piano dell’orizzonte, quando lo spazio celeste, per noi più lontano, incomincia a rischiararsi, tanto che alcune stelle non sono più visibili fin quaggiù sulla terra; e non appena avanza l’aurora, la luminosa ancella del sole, ecco che il cielo (rischiarandosi) spegne tutte le sue luci, una stella dopo l’ altra, finché scompare anche la più fulgente. Allo stesso modo il coro trionfale dei nove cerchi angelici il quale tripudia sempre intorno al punto centrale che mi aveva abbagliato, e che sembrava contenuto dai cerchi angelici mentre in realtà li contiene nella sua onnipotenza divina, a poco a poco impallidì scomparendo alla mia vista; per cui il non veder più nulla e l’amore per Beatrice m’indussero a volgere gli occhi verso di lei. Se tutto quanto è stato detto finora da me della bellezza di Beatrice, potesse venire racchiuso tutto in una sola lode, questa sarebbe sempre inadeguata ad assolvere tale compito (quello, cioè, di parlar degnamente di lei ). La bellezza che io vidi ( in Beatrice ) non solo va al di là delle nostre capacità umane, ma sono certo che soltanto Dio, il suo creatore, possa goderla appieno. Da questo punto mi dichiaro vinto più di quanto non sia mai stato sopraffatto da un punto qualsiasi del suo tema uno scrittore di stile comico o di stile tragico, perché, come fa la luce del sole riflessa in un occhio debole (il quale resta abbagliato), così il solo ricordo del dolce sorriso di Beatrice mi priva di tutte le facoltà della mia mente (abbagliata da tanto splendore). Dal primo giorno che vidi i suoi occhi sulla terra, fino a questa visione, non mi è mai stato impedito di proseguire il mio canto; ma ora devo rinunciare a seguire, con la mia poesia, l’immagine della sua bellezza, come deve desistere ogni artista giunto al limite estremo delle sue capacità espressive. Cosi risplendente di sovrumana bellezza quale io la lascio da celebrare ad una voce poetica più potente della mia, la quale svolge verso il suo termine il difficile argomento, Beatrice con atteggiamento e voce di guida che ormai ha finito il suo compito ricominciò: "Noi siamo usciti fuori dal Primo Mobile, il più grande dei corpi celesti per entrare nell’Empireo, il cielo che è pura luce; luce della mente divina, traboccante d’amore; amore del vero bene, pieno di beatitudine; beatitudine che supera ogni altro godimento. Qui vedrai la schiera degli angeli e la schiera dei santi del paradiso, e vedrai quella dei beati con le stesse sembianze che essi avranno il giorno del giudizio finale (all’ ultima giustizia, quando ogni anima riprenderà il suo corpo)". Come un lampo improvviso che disperda le facoltà visive, così che l’occhio non può più distinguere oggetti diventati troppo luminosi, così tutt’intorno mi rifulse la viva luce (dell’ Empireo); e mi lasciò avvolto dal velo così intenso del suo fulgore, che non vedevo più nulla. "L’amore divino che rende immobile questo cielo, accoglie sempre con questo saluto chi vi entra, per preparare la candela a ricevere la sua fiamma". Non erano ancora penetrate nella mia mente queste poche parole, che io m’accorsi di essermi elevato al di sopra della mia normale facoltà visiva; e mi illuminai di nuova potenza visiva, tale che non esiste luce tanto viva, che gli occhi miei non sarebbero stati in grado di sopportare. E vidi una luce in forma di fiume fluente di fulgore, tra due sponde coperte di meravigliosi fiori, come a primavera. Da questo fiume uscivano faville splendenti e andavano a posarsi sui fiori dell’una e dell’altra riva, simili a rubini incastonati in oro. Poi, come inebriate dal profumo dei fiori, le faville tornavano a inabissarsi nel mirabile gorgo di luce; e mentre una entrava, un’altra ne usciva. "L’intenso desiderio che ora ti accende e ti stimola ad aver cognizione chiara di quello che tu vedi, piace tanto di più quanto più si accresce; ma bisogna che tu beva dell’acqua di questo fiume prima che in te sia placata una sete di sapere tanto grande": così mi disse Beatrice, il sole dei miei occhi. Soggiunse ancora. "Il fiume di luce e le faville simili a topazi che vi s’immergono e ne escono e il risplendere dei fiori sono anticipazioni velate della verità in essi racchiusa. Non già che essi siano per loro natura difettosi; ma l’insufficienza è in te che non hai ancora occhi tanto potenti da vederli quali sono". Non vi è bambino che cosi precipitosamente si volga col viso per prendere il latte, se si sveglia molto più tardi dell’ora consueta, come io mi volsi al fiume, affinché i miei occhi diventassero migliori specchi (di quelle realtà), piegandomi verso l’acqua che scorre fra le due rive perché, guardando in essa, si possa diventare perfetti; e non appena i miei occhi cominciarono a dissetarsi in quell’onda, essa mi apparve trasformata in un cerchio mentre prima si estendeva in lunghezza. Poi come persone che celate sotto maschere, allorché si tolgono il falso aspetto sotto cui si nascondono, appaiono diverse da prima, allo stesso modo i fiori e le faville (cambiando aspetto) si tramutarono davanti a me in una visione più festosa, così che io potei vedere chiaramente ambedue le corti celesti (quella degli angeli e quella dei beati). O splendore di Dio, per grazia del quale vidi l’eccelso trionfo del regno celeste, dammi la capacità di descriverlo come lo vidi! Nell’Empireo vi è il lume di gloria che rende visibile il Creatore alla creatura che trova la sua pace solo nella visione di Lui. Questo lume si allarga in forma circolare, tanto che la sua circonferenza sarebbe una cintura troppo ampia anche per il sole. Tutta la sua figura visibile è formata da un raggio (emanante dalla luce divina) riflesso dalla superficie convessa del Primo Mobile, il quale da questo raggio riceve la forza vitale che trasmette agli altri cieli. E come un colle si specchia nell’acqua di un lago che è ai suoi piedi, quasi per contemplare la sua bellezza, quando è ricco di verde e di fiori, allo stesso modo, stando sopra al lago di luce, disposte tutt’intorno ad esso, su più di mille gradini vidi specchiarsi tutte le anime beate che dal nostro mondo sono tornate all’empireo. E se il gradino più basso può contenere in se un lago di luce così ampio, (si immagini) quanto sia estesa la circonferenza dei petali estremi di questa rosa! La mia vista non si smarriva nell’immensità e nella profondità di questo spettacolo, ma percepiva quella beatitudine in tutta la sua estensione e intensità. Nell’Empireo, né la vicinanza aggiunge, né la lontananza toglie qualcosa alla possibilità di vedere, perché dove Dio governa direttamente, le leggi della natura non hanno alcun valore. Nel centro luminoso della rosa eterna, che si allarga e si estende per successivi gradini ed emana profumo di lode a Dio, il sole che crea perenne primavera, Beatrice guidò me, che ero nello stesso stato d’animo di colui che tace per lo stupore ma vorrebbe parlare, e mi disse: "Guarda quanto è grande la comunità dei beati vestiti di bianco (delle bianche stole; I’immagine delle bianche stole deriva dall’Apocalisse VII, 9; cfr. Paradiso XXV, 95)! Vedi quanto è ampia la nostra Gerusalemme celeste: vedi come i nostri seggi hanno già tanti posti occupati che ormai qui ci attende solo poca gente. E su quel grande seggio, a cui tieni fissi gli occhi a causa della corona imperiale che già vi è sopra, prima che tu salga a questo banchetto nuziale (cioè: prima della tua morte), verrà a sedersi l’anima, che sulla terra sarà ) augusta, del grande Arrigo, che scenderà a ristabilire l’ordine in Italia prima che essa sia preparata a ciò. La cieca cupidigia dei beni mondani che vi toglie ogni retto discernimento, vi ha resi simili al bambino che muore di fame eppure respinge la balia. Allora sarà a capo della Chiesa un pontefice che riguardo ad Arrigo agirà pubblicamente e segretamente, in modo diverso. Ma sarà tollerato da Dio nel santo ufficio per poco tempo ancora dopo la morte di Arrigo, perché sarà sprofondato nell’inferno, nella bolgia dove Simon Mago riceve il meritato castigo, e farà scendere più in basso (nella sua buca) Bonifacio VIII, il papa di Anagni".
 
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