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Intervista ad Andrea Agnelli: "Ora la mia Juve tornerà grande", "finire tra gli applausi e in Champions,ci sono le risorse."

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Th3BoSS85
view post Posted on 24/6/2011, 14:24     +1   -1




Agnelli «Juve, ecco la svolta. C’è tutto per tornare in alto su ogni fronte»

Il presidente sull’aumento di capitale: «Giorno storico per il club. Parte la fase della qualità e dei campioni» Ecco il piano della riscossa da Calciopoli al futuro

di Andrea MONTI & MIRKO GRAZIANO

TORINO Nel suo ufficio sobrio e modernissimo affacciato su corso Galileo Ferraris a Torino, Andrea Agnelli si allenta appena la cravatta blu, sorride all’amministratore delegato Aldo Mazzia e tira un lungo sospiro al termine di una giornata campale. Ne ricorda tante di così importanti? «No, nella storia recente della Juve non ne ricordo di così belle» . Ieri la società bianconera ha varato l’aumento di capitale di 120 milioni di euro e un piano industriale per i prossimi 5 anni con l’ambizione di tornare presto al vertice del calcio mondiale.

Presidente Agnelli che cosa c’è dietro a questo importante sforzo del mondo Juve?

«Siamo a una vera e propria svolta. È la risposta a chi pensava che la nostra famiglia volesse disimpegnarsi. È stata una giornata fondamentale, estremamente importante per la vita della nostra società. Abbiamo mezzi finanziari adeguati per completare un’operazione che ho iniziato dodici mesi fa. Ho sempre parlato di una prima fase di quantità e di una seconda di qualità. Ecco, siamo entrati nella seconda fase».

Quella che deve riportare la Juve in cima al calcio che conta?

«Esatto. Ora ci sono i mezzi economici per tornare a vincere, ora abbiamo le leadership giuste a tutti i livelli, grazie a Mazzia e a Marotta».

Che campagna acquisti sarà?

«Di qualità, come ho già detto. Cerchiamo gente che sappia vincere, che abbia la giusta esperienza, che completi il lavoro iniziato l’anno scorso. E qualcosa mi sembra che sia già stato fatto nonostante si sia solo alle battute iniziali del mercato».

Si riferisce a Pirlo?

«Proprio a lui. Un’operazione sottovalutata dai media. La verità è che alla Juve è arrivato un grandissimo. E altri ne arriveranno».

Aguero?

«Niente nomi, di sicuro gente di primissima qualità, campioni veri. Ma non bisogna avere fretta. L’anno scorso il colpo migliore (Krasic, ndr) arrivò a fine agosto».

Si dice però che la Juve abbia perso appeal. Un ostacolo in più nella caccia
ai top player?

«Non abbiamo perso un bel niente. Generiamo interesse a tutti i livelli, anche commerciale. Non avremo problemi con nessun tipo di giocatore, statene certi. Oggi, solo il Barcellona può vantare lo ius primae noctis per il resto non temiamo l’appeal di nessuno. Qui non c’è ridimensionamento, né a livello di investimenti né a livello di salari».

Vi aiuterà anche lo stadio di proprietà.

«Decisamente. Puntiamo ad avere ricavi per 30 milioni all’anno sotto questo profilo. In generale, il piano è quinquennale, e dal terzo anno la Juve camminerà con le sue gambe, avrà la capacità di autofinanziarsi».

Sarà però subito Juve da scudetto?

«Il nostro obiettivo deve essere quello di chiudere la stagione fra gli applausi del popolo bianconero. Poi è naturale che la Juve debba sempre puntare al massimo e in questo senso non ci tireremo certo indietro. Scudetto e Champions League sono l’habitat naturale della Juventus. E comunque l’ingresso nell’Europa che conta sarà imprescindibile».

Tutto da buttare nell’ultima stagione? Che voto vi date?

«Non è tutto da buttare, ma i risultati sportivi per un club di calcio sono quasi tutto. Quindi, il voto non può che essere negativo».

Cosa c’è da salvare?

«Va detto che l’anno scorso siamo partiti tardi col mercato e oltretutto l’eredità tecnica e sportiva non erano delle migliori, erano anzi piuttosto difficili. Per esempio, quando la Juve vinse nel ’96 la Champions, fra gli undici titolari della finale c’erano sette giocatori della precedente gestione (fra questi, Peruzzi, Torricelli, Vialli, Del Piero e Ravanelli), mentre noi abbiamo trovato un patrimonio sportivo da rifondare quasi totalmente. Oggi comunque, nonostante i molti innesti, i vecchi salari costituiscono il 62% del monte ingaggi e il 75% degli infortuni riguardano i giocatori della passata gestione, compresi i gravi stop di Buffon da una parte e Quagliarella dall’altra».

La grande arrabbiatura della scorsa stagione?

«A Parma, un pomeriggio nel quale la squadra sembrava in vacanza, eppure si poteva ancora raggiungere l’Europa. Lì mi sono davvero girate. Ecco, mai più tollererò mancanza di grinta e concentrazione in una gara della Juve» .

Conte è stata una scelta «suggerita» anche dalla piazza?

«I fischi dei tifosi rispecchiavano anche la mia delusione. Sono tifoso pure io, non dimenticatelo. Però Conte arriva solo per il suo valore. Ci abbiamo parlato, ci ha convinto con il suo progetto. È bravo, merita una grande, meglio quindi che sia la Juve».

Passa per essere un integralista dal punto di vista tattico. Può essere un limite?

«Io l’ho trovato maturo, determinato, pronto a trasmettere i valori Juve. Ha una grande voglia di vincere, farà benissimo».

Buffon e Del Piero sono rimasti. Cosa si aspetta dalla vecchia guardia?

«Mi aspetto che riacquistino la juventinità. Anzi, che reimparino a trasmetterla a chi arriva a Torino. Se arriva uno di 23-24 anni, tocca a Gigi e ad Ale dare il buon esempio, spiegare perché a destra non si va e a sinistra sì, o viceversa. Li voglio concentrati tutto l’anno».

Delneri ha pagato per tutti?

«Il calcio è un gioco di squadra, quindi la difficile stagione appena conclusa non vede nessuno fuori dalla mischia. É impossibile trovare un solo colpevole. Detto questo, credo che a Delneri vada riconosciuto l’ottimo e serio lavoro svolto. A bocce ferme, abbiamo però ritenuto necessario cambiare la guida tecnica, tenendo fermo quello che per noi è un principio sano: chi comincia la stagione la finisce pure».

Cosa c’è di vero nel presunto dualismo fra Marotta e Nedved?

«Hanno responsabilità differenti. Uno è amministratore delegato con responsabilità a livello di area sportiva, l’altro è un consigliere di amministrazione, che può anche esprimere un giudizio tecnico all’interno delle nostre quattro mura. L’importante è che il gruppo, a decisioni prese, esca sempre compatto. E questo avviene regolarmente».

Quali sono le cinque «stelle» nel cuore di Andrea Agnelli?

«Proprio cinque ne ho acquistate nel nuovo stadio. Per me Montero, per mia moglie Nedved, mia madre ha voluto Capello, a mia figlia e a mia sorella sono andate rispettivamente Del Piero e Pessotto» .

A proposito di Capello, e se andava all’Inter?

«Non è successo».

Già, ma se ci fosse andato sarebbe stata una delusione per lei?

«Non è successo, quindi... ».

Che spazio avranno i giovani nel nuovo progetto bianconero?

«Sono un punto fondamentale».

Investimenti?

«Importanti, importantissimi».

Qual è il piano?

«Vogliamo creare una vera e propria Academy che unisca l’aspetto tecnico a quello dell’istruzione. Rafforzeremo il reclutamento tenendo conto di ogni aspetto quindi».

Martedì la Juve è intervenuta per la prima volta ufficialmente nel Processo di Napoli. Qualcuno ha scritto che la società ha scaricato Moggi. Altri l’esatto contrario. Qual è la vostra posizione su Calciopoli?

«L’avvocato Giuseppe Vitiello ha detto cose assolutamente chiare sia dal punto di vista giuridico che fattuale. In sintesi: le accuse sono infondate. Semmai dovessero emergere comportamenti penalmente rilevanti sarebbero da ascrivere a Moggi personalmente. E comunque riteniamo che questi fatti non sussistano».

E dal ricorso presso la giustizia sportiva cosa vi attendete? Chiederete che vi siano restituiti i due scudetti, compreso quello assegnato all’Inter?

«Dal ricorso ci attendiamo anzitutto risposte. E che la giustizia sia davvero uguale per tutti. La restituzione degli scudetti è altra cosa, e dipende dall’esito del processo penale alla fine dei tre gradi di giudizio. Solo allora si potrà richiederla. Ma l’esito del ricorso, che attendiamo con pazienza da ben 14 mesi, è fondamentale: non si può comprendere il processo di Napoli se non si ricorda come iniziò e che cosa divenne il processo sportivo».

Dunque che cosa fu secondo lei?

«Fu un processo sommario, in tempi brevissimi, istruito in un clima di clamore mediatico che ne condizionò l’esito. Fu proprio la Gazzetta a innescarlo rivelando le intercettazioni. La Procura federale aprì il procedimento sulla scorta di quanto aveva appreso dai giornali» .

In verità, la Gazzetta rivelò che le intercettazioni trasmesse dalla federazione alla magistratura giacevano da mesi in un cassetto. Oltre alla Gazzetta, la Repubblica, il Corriere della Sera, la Stampa e quasi tutti gli altri giornali le pubblicarono. Davvero pensa che Calciopoli sia stata innescata dai media oppure dai comportamenti scorretti di Moggi e degli altri imputati?

«Rivelare intercettazioni coperte da segreto è un reato. Uno può decidere se pubblicarle o no. Ma oggettivamente da quella decisione è scattato il processo. E il clima che lo ha accompagnato fino alla sentenza».

Insomma, lei ritiene che la Juve non fu condannata per quanto emerso da quelle intercettazioni, bensì fu vittima di un massacro mediatico...

«La riprova la trovo oggi su Sette. Testualmente il presidente Giancarlo Abete dice: "Prima si truccavano le partite per conseguire il risultato sportivo, adesso abbiamo dei criminali che usano lo sport per arrivare a facili guadagni". Non ho parole né commenti».

Sia lei sia John Elkann avete dichiarato che la nuova Juve deve guardare al futuro. Ma qual è il peso del passato sulla sua presidenza?

«Il passato evidentemente pesa. La Juve è andata una sola volta in Serie B a causa di Calciopoli. Questo rimarrà sempre. Ma il piano che abbiamo presentato oggi è la dimostrazione che guardiamo avanti, eccome».

Alle spalle di Agnelli, tra foto di famiglia e qualche cimelio, sorride una maglia rosa del Giro d’Italia. Sarà una bella scalata, Presidente.


La Gazzetta dello Sport
 
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